Un viaggio nell'anima e nel cuore dell'Africa di cui avevamo e abbiamo ancora bisogno. E una pagina di storia culturale del Novecento avventurosa come il primo viaggio africano, utile per mettere in comunicazione mondi e creare un rapporto profondo, non solo economico, capace di immaginare vita e futuro per i due continenti, insieme. Dopo un matrimonio imposto e fallito, e un divorzio che si è svolto in condizioni di estrema disuguaglianza delle parti, l'Africa e l'Europa tornano a incontrarsi nelle pagine di un gruppo di filosofi africani di lingua francese, a cui dobbiamo la nascita del pensiero africano contemporaneo: un ricchissimo patrimonio intellettuale, oggi quasi sconosciuto in Italia. Una vicenda storica e politica straordinaria che inizia negli anni Trenta sulle rive della Senna e sfocia nell'Indipendenza dell'Africa e nella nascita della filosofia africana del Novecento. Questo libro, uno dei primissimi contributi che appare in Italia sul pensiero africano contemporaneo, ripercorre il dibattito che ha avviato una gigantesca opera di riabilitazione di quell'uomo (e donna) africani che i filosofi europei avevano giudicato senza storia e privi di ragione. Alla ricerca di un'identità che, uscendo dalla logica del deprezzamento reciproco, possa determinare un nuovo incontro "all'appuntamento universale del dare e del ricevere tra le culture" del XXI secolo (Senghor).
Inquinamento ambientale, riscaldamento climatico, minaccia nucleare: in un mondo ormai sull'orlo della catastrofe, la scienza è una malattia che deve fare i conti con gli incidenti di cui è responsabile. E con il paradosso di un disastro dovuto allo spettacolare successo della tecnoscienza e non al suo fallimento. Diventa allora necessaria, suggerisce Virilio, la creazione di un'Università del disastro, che possa misurare ma anche prevenire gli incidenti prodotti dal successo scientifico. Una specie di ospedale per la scienza e le sue tecniche, dove ripensare la portata devastatrice di un progresso che si rivela disastrosamente suicida.
La meraviglia è consapevolezza della propria ignoranza e desiderio di sottrarvisi, cioè di apprendere, di conoscere, dI sapere. Ecco perché proprio la meraviglia, secondo Aristotele, è l'origine della filosofia, ovvero della ricerca disinteressata di sapere. Stato d'animo raro e prezioso, la meraviglia è la sola espressione della vera libertà. Enrico Berti rilegge il pensiero dei grandi filosofi della classicità e costruisce un percorso attraverso le domande senza tempo che la filosofia occidentale ha continuato a porsi, formulate per la prima volta dai Greci.
Nella tradizione occidentale l'indagine sulla morale affonda le sue radici nella riflessione socratica, in particolare nella domanda che il filosofo ateniese poneva ai suoi concittadini: come si dovrebbe vivere? Nel corso dei secoli il dibattito si è polarizzato intorno all'alternativa tra "bella vita" e "buona vita", dicotomia incarnata dal mito di Èrcole e dalla scelta che l'eroe deve compiere tra Piacere e Dovere. Ma tale antitesi, secondo A.C. Grayling, è solo apparente, frutto di una distorsione alimentata dalla fede religiosa, soprattutto dal cristianesimo, e più in generale dall'approccio morale coercitivo che mortifica l'individuo. In realtà una buona vita, quella che ciascuno di noi auspica per sé, non può e non deve fuggire la bellezza, il piacere e l'appagamento. Si tratta allora, secondo Grayling, di adottare un approccio laico e umanistico che consenta a ogni individuo di costruire la propria buona vita, nel duplice significato di "vita preziosa (che ha un valore reale per chi la vive) e vita piacevole (caratterizzata da affetto, risate, conquiste e bellezza)". E tuttavia non si può vivere al meglio senza un appropriato contesto sociale e politico. Di qui, l'esigenza di affrontare anche temi e problemi centrali nel mondo contemporaneo: il sesso, la famiglia, l'educazione, il ruolo della scienza, la malattia e la "buona morte", così come i rapporti internazionali, la guerra e i suoi crimini, i limiti della tolleranza.
La filosofia dell'educazione, che si occupa del coordinamento pedagogico dei saperi (o scienze) dell'educazione, riveste nella società contemporanea - con le sue complessità e conflittualità - una posizione essenziale, di centralità riflessiva e critica tanto per i singoli che per la collettività. È quindi necessario presentarne i contenuti in modo lineare, rigoroso, organico. A tale scopo questo volume - rielaborazione di una precedente versione - ha semplificato gli orientamenti e la struttura dei diversi capitoli e li ha integrati con schede di documentazione e/o di approfondimento.
Pubblicato originariamente nel 1961, e' il piu' importante contributo di Reale sulla Metafisica di Aristotele.
Da qualche tempo si registrano frequentazioni della filosofia differenti rispetto al passato. Non è la filosofia che cambia, ma la richiesta dell'uomo nei suoi confronti. Oggi si chiede alla filosofia di tornare ad essere "pratica sociale", cioè attività pubblica, collegiale e democratica. Centrale in questo volume è la nozione di "comunità di ricerca", che si pone come luogo privilegiato di mediazione fra la filosofia e la politica, attraverso l'argomentazione etica, da un lato, e l'indagine esplorativo-conoscitiva, dall'altro. L'idea di base è che la pratica della filosofia in società possa condurre a stabilire un nesso indissolubile tra pensiero critico, condivisione di valori, costruzione dì conoscenza e attitudine democratica, libertaria e tollerante.
Il giuramento riveste un ruolo essenziale, in quanto "sacramento del potere", nella storia politica e religiosa dell'Occidente. Tuttavia, malgrado i numerosi studi di linguisti, antropologi e storici del diritto e delle religioni, manca una visione d'insieme del problema, che cerchi di dar ragione della funzione strategica che questa istituzione ha svolto all'incrocio di diritto, religione e politica. Che cos'è il giuramento, se sembra mettere in questione l'uomo stesso come animale politico? Da questa domanda deriva l'attualità dell'archeologia del giuramento proposta dal libro. Attraverso un'indagine di prima mano sulle fonti greche e romane, che ne mette in luce il nesso con le legislazioni arcaiche, la maledizione, i nomi degli dei e la bestemmia, Giorgio Agamben situa l'origine del giuramento in una prospettiva nuova, che ne fa l'evento decisivo nell'antropogenesi, ovvero nel diventar umano dell'uomo, iI giuramento ha potuto costituirsi come "sacramento del potere" perché esso è innanzitutto il "sacramento del linguaggio", in cui l'uomo, che si è scoperto parlante, decide di legarsi al suo linguaggio e di mettere in gioco, in esso, la vita e il destino.
Il saggio mette a confronto i fondamenti filosofici del pensiero di Hegel e di Severino. A differenza di altri studi che hanno confrontato il pensiero hegeliano e quello severiniano sotto particolari punti di vista, questo è il primo studio sistematico che fa i conti con le opere dei due pensatori nella loro interezza. Benché non sia stato trascurato l'aspetto filologico e storico-critico del dialogo filosofico, questo studio ha voluto entrare nell’essenza della riflessione portata avanti dai due pensatori. L'hegelismo viene considerato come la forma di epistéme più coerente e rigorosa dell'idealismo tedesco e, conseguenzialmente, il compimento di tutto il pensiero filosofico occidentale a partire dalla sua origine greca. Ciò malgrado l'hegelismo viene ad imbattersi in contraddizioni insolubili, in particolare la non conciliabilità tra dimensione ontologica fondativa e quella storicistica del divenire, cioè il tempo: l’essere e il tempo. Hegel naufraga proprio nel tentativo di pensare rigorosamente l'identità e la non-contraddizione. La filosofia severiniana, invece, oltrepassato il divenire in senso occidentale, rimane fedele al proprio canone della incontradditorietà e si dimostra in grado di rispondere alle incoerenze hegeliane. Prefazione di Emanuele Severino
Il testo tenta di rendere rappresentabile la posizione ed il senso di quel fenomeno epistemologico che con sempre maggiore frequenza oggi viene definito "costruttivismo-costruzionismo". Le rassegne e le mappe proposte conducono lo studioso da un lato a comprendere il senso delle origini e degli sviluppi teorici di questo movimento e, dall'altro, a riflettere sui relativi assestamenti geografici, sui diversi contributi disciplinari nonché sul significato delle attuali dinamiche che danno vita a specifiche espressioni e configurazioni "costruttiviste".
Risale al 2000 l'espressione "modernità liquida", coniata dal sociologo Bauman, per descrivere la nostra cultura, il panorama attuale risulta infatti indeterminato e indeterminabile, in continuo riassestamento, mentre flessibilità, espansibilità e riadattabilità sembrano essere le note tipiche dei nostri modelli e codici di comportamento. I saggi del presente volume raccolgono un'esigenza di solidità, a partire da quegli interrogativi - dalla bioetica all'economia - che non possono essere evitati da chi intende proporre alle giovani generazioni un'autentica cultura.
Posta sotto i riflettori dell'intelligenza e della critica, la pratica religiosa deve inesorabilmente manifestarsi come modesto vettore di socializzazione, con vaghe opportunità consolatorie, incline però alle radicalizzazioni del fanatismo superstizioso e del dogmatismo intollerante? Se la nostra coscienza si lasciasse pazientemente sorprendere dalle congiunture più straordinarie e feriali del vivere - nelle quali l'uomo nasce e muore, genera e lavora, crea e fallisce, ama e soffre - forse scoprirebbe la singolare custodia che la religione offre alla libertà. Proprio in quelle congiunture la libertà cerca le ragioni della propria speranza e le riceve in dono dai suoi legami: da quelli che l'assicurano al senso della vita a Quello che la rassicura della preziosità di sé, accendendo gli indizi di una sua provenienza e di un suo destino non di questo mondo.