Il De carne Christi è la prima opera cristologica della latinità, composta da Tertulliano per contrastare l'eresia docetista e gnostica che negava la vera umanità di Cristo. Ma misconoscere la vera umanità di Cristo significa compromettere la realtà della sua opera salvifica, la verità della nostra fede e la certezza della nostra futura risurrezione. L'errore di queste eresie sta nel rifiutare il dato rivelato contenuto nella Scrittura e tramandato dalla Chiesa (argomento della prescrizione), proponendo in modo arbitrario un diverso disegno salvifico che esclude l'incarnazione di Dio (come impossibile o indegna) e rifiuta la redenzione e la risurrezione della nostra carne (non la salvezza della carne ma dalla carne). Tertulliano avverte la pericolosità del sistema gnostico e la necessità di riaffermare la fede della Chiesa sull'identità di Cristo, il Verbo di Dio incarnato, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risorto, Figlio di Dio e figlio della vergine Maria. Il Figlio di Dio, facendosi carne per amore dell'uomo, ha elevato l'uomo alla sua dignità divina; morendo e risorgendo per noi è la nostra unica speranza di salvezza.
Un classico della letteratura patristica sulla vita monastica. La biografia di S. Antonio - monaco nativo di Alessandria d'Egitto, vissuto tra il III e il IV secolo - è il best-seller della letteratura cristiana; è infatti una lunga lettera scritta (IV sec.) in greco dal vescovo Atanasio ai monaci d'Occidente al fine di indicare loro nella figura di Antonio Abate l'ideale monastico puro. La Vita, qui presentata nella prima vera traduzione italiana, è interessante per l'attualità del messaggio, mentre l'introduzione evidenzia l'importanza della trasmissione e della diffusione di idee anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro (ascetismo cristiano e yoga). Note di commento, ricche e puntuali, sotto vari aspetti - filologico, storico, esegetico e storico-religioso - accrescono il valore di questo volume.
Il volume, che raccoglie i contributi presentati in occasione del 'Convegno di Ontologia Trinitaria' tenutosi presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano nei giorni 28-30 aprile 2015, intende in primo luogo ricostruire il concetto di Dio-Trinità quale si è formato ed è evoluto nell'àmbito della storia del pensiero europeo, in particolare nell'antichità cristiana, con uno sguardo anche alle riflessioni medievale e moderna. Si cerca anche di prendere in esame i diversi linguaggi e le diverse logiche con cui, di volta in volta nelle diverse epoche della cristianità, il mistero trinitario è stato detto e concepito. Il saggio propone un ampio percorso in cui vengono alla luce e sono confrontati i tentativi dei più grandi teologi e filosofi europei di pensare la Trinità, nelle letture di autorevoli interpreti italiani.
Il libro raccoglie quattro testi dei padri della Chiesa che prendono in esame il capitolo 15 del vangelo di Luca, dedicato alle parabole della pecora smarrita, della moneta perduta e del figlio prodigo.
Se il tema della misericordia Dei attraversa e anima l’intera Scrittura con uno spirito che assume spazio e dimensioni universali, proprio il capitolo dell’evangelo lucano consente di cogliere, in virtù dei molteplici richiami offerti dalle interpretazioni dei Padri, innumerevoli sfumature.
Sant’Ambrogio, per esempio, suggerisce una lettura trinitaria delle tre parabole con riferimento a Cristo pastore e Cirillo d’Alessandria legge nella moneta ritrovata e nell’effigie che porta impressa un modo per ripristinare nell’uomo l’immagine perduta di Dio. Agostino e Pietro Crisologo riflettono soprattutto sul figlio prodigo, con accenti che stimolano la riflessione sulla profondità inesauribile dell’amore di Dio e rendono avvincente la lettura.
Sommario
Introduzione. Volti della misericordia. Note biografiche degli autori. Nota bibliografica.
I. Le parabole della misericordia. 1. Ambrogio. Trilogia della misericordia. 2. Agostino. Sui due figli.
3. Cirillo di Alessandria. La pecora, la dracma, il padre. 4. Pietro Crisologo. Il padre e i due figli.
Note sugli autori e sul curatore
Ambrogio (340ca–397). Figlio di un funzionario imperiale e avviato alla carriera di magistrato, fu eletto vescovo dal popolo di Milano per acclamazione (374). Da questo momento, era soltanto un catecumeno in attesa del battesimo, si impegnò nello studio sistematico delle Scritture e nella predicazione, attendendo con rigore e fermezza all’ufficio episcopale. La sua opera è ricca di insegnamenti morali e spirituali (De officiis ministrorum, 391; De virginibus, 373); ampia è anche la produzione di opere dogmatiche (tre trattati contro l’arianesimo e due sui sacramenti) e assai significativa è la produzione esegetica (Exameron, due serie di sermoni sui salmi) a cui appartiene anche l’importante commento sul Vangelo di Luca in 10 libri (da cui è tratto il testo antologizzato) che costituisce anche l’unica opera del vescovo milanese relativamente al Nuovo Testamento.
Agostino (354–430). Proveniente da una famiglia di piccoli proprietari terrieri della Numidia, arriva alla conversione al cristianesimo nella maturità. Durante il viaggio a Milano del 387 incontra il vescovo Ambrogio e da lui riceve il battesimo. Al suo ritorno in Africa è consacrato prima sacerdote e poi nominato vescovo di Ippona. La sua vastissima produzione letteraria ne riflette l’impegno nella lotta contro le eresie, nell'approfondimento delle questioni teologiche, morali, dottrinali e spirituali. Per la profondità e finezza del suo pensiero, esposto in libri come le Confessioni e la Città di Dio, Agostino si è meritato il titolo di Dottore della Chiesa e l’appellativo di doctor gratiae. Alla sua attività di predicatore fanno capo i Sermoni da cui è tratto quello che qui si traduce (112/A), appartenente alla serie dei discorsi su passi isolati del Nuovo Testamento (Sermones de Scripturis).
Cirillo di Alessandria (†444). Alla morte di Teofilo, di cui era il nipote, Cirillo divenne patriarca di Alessandria nel 412. Dal carattere intraprendente e combattivo, si distinse nella controversia contro Nestorio, che ebbe il suo culmine nella convocazione del Concilio di Efeso (431) con la condanna e la deposizione del patriarca di Costantinopoli e l’affermazione della dottrina cristologica della divinità di Cristo e dell’unione nella sua persona della natura umana e di quella divina – sintetizzata nella formula: Una natura Verbi Dei incarnata – che gli ha fatto guadagnare il titolo nella storia della teologia di doctor incarnationis. Lo scritto che qui si presenta, tratto dal Commentarius in Lucam, all’interno della sua produzione letteraria si situa tra le opere esegetiche, l’altro grande filone, non meno importante e significativo, che il patriarca alessandrino ha sviluppato insieme a quello più specificamente polemico e dogmatico.
Pietro Crisologo (†450). Scarse sono le notizie sulla sua vita. Nel 433 divenne vescovo di Ravenna, ultima capitale dell’impero romano d’occidente. La sua figura storica è possibile in parte ricostruirla a partire dalle sue opere oratorie (179 sermoni nell’edizione delle Opere della collazione degli Scrittori dell’area ambrosiana) e una lettera ad Eutiche in cui invita l’archimandrita bizantino, condannato come eretico per via della confusione che faceva in Cristo delle due nature, a rimettersi all’autorità del papa per dirimere la questione. Dal corpus dei Sermoni, la metà dei quali trattano un argomento biblico, si traduce il V, sul padre e i due figli, dove è chiaramente esplicitato che il suo modo di interpretare le Scritture non è solo quello di studiarne il senso letterale ma anche quello di indagarne il significato spirituale, nell’intenzione «di sollevarsi dal senso letterale a una comprensione mistica e straordinaria della divinità» (V,1).
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.
Nonostante la sua profonda sensibilità per l'argomento, Agostino non mai ha composto alcun trattato sistematico dedicato all'amicizia. Questo tema tuttavia percorre diverse pagine dei suoi scritti, e la sua riflessione arriva sino a innovare, grazie alla ricchezza dell'esperienza cristiana, il contenuto che la tradizione classica gli attribuiva.
Il percorso che qui viene proposto intende verificare la particolare declinazione delle relazioni interpersonali che hanno arricchito la vita del vescovo d'Ippona. La scelta è stata tuttavia di privilegiare i testi rispetto all'ambizione di una ricostruzione della sua teoria dell'amicizia e delle sue definizioni. Per questo, al lettore è affidata la fatica e la bellezza di accostare direttamente le pagine agostiniane, seppure delicatamente guidato e accompagnato da brevi introduzioni e da un sobrio apparato di note, attraverso i quali è facile cogliere qualche ipotesi interpretativa.
Le regole alimentari di Gerolamo, tradotte per la prima volta in italiano, costituiscono la terza sezione di uno scritto molto più ampio, l’Adversus Iovianianum, un testo di carattere polemico finalizzato a contestare le dottrine del monaco milanese Gioviniano, condannato prima a Roma dal papa (390) e poi dal vescovo Ambrogio.
Per controbattere alla tesi secondo la quale «l’astinenza non è migliore dell’assunzione riconoscente del cibo» Gerolamo ribadisce l’importanza del digiuno nella tradizione della Chiesa e nella storia della filosofia. Tenersi lontani dai cibi e dai piaceri giova alla meditazione del religioso e all’astrazione del pensatore; lontano da ogni demonizzazione, l’invito è a scegliere «la secchezza al grasso», i cibi leggeri a quelli pesanti, i piatti semplici a quelli elaborati. In tal senso l’opera di Gerolamo diventa una vera e propria «dietetica» che privilegia la verdura, i legumi e la frutta, facendo riecheggiare tutta la sapienza dell’antica medicina ippocratica e galenica, che considerava il cibo anche un farmaco.
Sommario
Introduzione. Nota bibliografica. Le regole alimentari. 1. La tesi di Gioviniano. 2. La posizione di Gerolamo. 3. Il tipo di alimentazione di vari popoli. 4. I cinque sensi vie d’accesso per i vizi. 5. Il caso dei filosofi. 6. Il corpo è un fanciullo, l’anima il [suo] pedagogo. 7.Il Protrettico alla medicina di Galeno. 8. Cura della podagra. 9. Dicearco, Senofonte, Cheremone. 10. Le sette dei giudei. 11. Esempi dalla Scrittura. 12. Gli eretici che rifuggono i cibi. 13. Il digiuno dei cristiani.
Note sull'autore
Secondo Prospero di Aquitania, Gerolamo sarebbe nato nel 331 e morto nel 420. Dopo i primi studi nella natia Dalmazia, si trasferì a Roma e soggiornò a Treviri, Aquileia e in Oriente. Eremita nel deserto di Calcide, ai confini tra la Siria del nord e la regione occidentale dell’Eufrate, venne ordinato prete dal vescovo di Antiochia. Si trasferì a Costantinopoli, poi a Roma e nuovamente in Oriente. Gerolamo è autore della Vulgata, la prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia dal greco e dall’ebraico.
Curatore. Lucio Coco all’attività di docente affianca il lavoro di ricerca sulla tradizione patristica. Ha curato numerose edizioni di Padri della Chiesa greci e latini. Collabora attivamente alla collana dei Testi Patristici dell’editrice Città Nuova presso la quale ha pubblicato in prima edizione importanti opere di Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo. Altri suoi lavori hanno avuto per oggetto la spiritualità medievale (Gertrude di Helfta, Tommaso da Kempis) e la spiritualità della lettura.
Il richiamo alla misericordia è il vero filo rosso che lega la storia dei cristiani. Un capitolo importante di questa storia è costituito senz'altro dai Padri della Chiesa, fra i quali spicca in modo particolare sant'Agostino, il cantore per eccellenza della misericordia divina. Il presente sussidio vuole innanzitutto evidenziare come il tema della misericordia tagli trasversalmente l'insegnamento di questi grandi maestri dei primi secoli del cristianesimo. Propone inoltre alcuni testi tra i più significativi e suggestivi dei Padri della Chiesa d'Oriente e d'Occidente, spesso poco conosciuti dai credenti, un vero e proprio tesoro nascosto da utilizzare in questo Anno Giubilare nella catechesi, nella lectio e nella preghiera, per sostenere e alimentare la nostra fede.
Metodio d'Olimpo affronta in questo dialogo alcune domande che attraversano la storia dell'umanità: qual è l'origine e quali sono le ragioni del male? Com'è possibile che un Dio buono e giusto abbia permesso il male? Perché non lo contrasta visibilmente? Il paradosso di un'esistenza che aspira quotidianamente alla felicità mentre sperimenta il dolore che deriva dall'esperienza del male pervade in profondità il libero arbitrio. Pazientemente Metodio sviluppa il suo ragionamento coinvolgendo dapprima il momento della creazione (Dio ha creato il male?) per poi interrogarsi sul male stesso (cos'è il male?); attraverso un confronto fra opinioni diverse in un dialogo tra tre interlocutori, la riflessione giunge a un punto di svolta decisivo: è il libero arbitrio dell'uomo a determinare la possibilità del male. Il male, in ultima istanza, è il disobbedire a Dio: l'uomo, attraverso il proprio arbitrio, può scegliere di abbandonare il suo creatore ed è questo che determina il male. La visione di Metodio, tuttavia, non è pessimistica e non si limita a constatare il legame tra il male e la libertà degli uomini. Egli compie un passo ulteriore, attribuendo al libero arbitrio una funzione fondamentalmente e profondamente positiva: l'uomo, per essere veramente libero, deve avere a disposizione anche la scelta della disobbedienza affinché, decidendo liberamente di obbedire a Dio, egli possa salvarsi. Il libero arbitrio, insomma, è un dono d'amore di Dio e un privilegio di libertà.
Da Gesù agli apostoli, dalle prime comunità cristiane a personaggi come Ireneo, Ambrogio e Agostino, a Benedetto da Norcia e Pier Damiani, i Padri non sono affatto relegati in un passato ormai estinto, ma nostri contemporanei. Chi entra nella loro familiarità potrà sentire che ad essi ci si può affidare, come ad amici sempre presenti e disponibili ad aprire gli scrigni della loro sapienza per donarci, di volta in volta, qualcuno dei loro tesori. "Non valgono quanto alle loro personali opinioni, ma perché ci dicono quello che è ritenuto vero ed è sempre stato considerato tale da tutte le Chiese, ininterrottamente, dal tempo degli apostoli fino ai nostri giorni" (J.H. Newman).
In questo volume biografico, l'Autore rivisita le opere del protagonista e ricostruisce le vicende biografiche e spirituali dell'ex-latifondista convertitosi insieme con la moglie Terasia all'ideale monastico.
La ricca raccolta di liriche latine preparata da un giovane poeta contemporaneo, che scrive unicamente in latino, permette, oggi soprattutto, di recuperare e riflettere sul complesso e organico substrato culturale talora lasciato ai margini della cultura ufficiale. Con questa raccolta Mauro Pisini, efficacemente sostenuto dal prof. Manlio Sodi e da altri appassionati cultori d’un sapere senza limiti né di spazio né di tempo, ha richiamato in vita una consuetudine viva qualche secolo addietro, e ha sfidato l’impossibile con coraggio davvero eroico.
Il prof. Pisini non solo è vero poeta, ma sa dimostrare che anche in piena epoca tecnologica un elevato sentimento dell’anima si può compiutamente esprimere in latino, una lingua più viva che mai. Con quest’opera, unica nella sua solida impalcatura formale, il poeta tocca tutte le corde che un’anima nel nostro tempo riesce a percepire, ad assimilare e ad estrinsecare.
La lettura talvolta può presentare qualche difficoltà soprattutto a quanti non hanno eccessiva dimestichezza con l’antica lingua di Roma, che in questo volume, almeno per l’aspetto formale, rivive gli splendori dell’età augustea. Del resto i maestri, dai quali l’Autore è stato allevato, appartengono tutti a quel periodo, anche se non mancano i più significativi autori sia del Medioevo sia del Rinascimento sia delle epoche successive, che rivivono nelle sottili allusioni in più luoghi del volume.
L’opera permette di compiere un percorso “corpo a corpo” (Comminus), quasi un insieme di incursioni in tematiche che il prof. Pisini ha saputo affrontare ed esprimere anzitutto in lingua latina. Affiancano il lavoro dell’Autore Chiara Savini, docente di lettere, che ha curato le versioni dei testi, e il poeta Nicola Scapecchi, autore delle note.
Scorrendo le varie sezioni si è condotti come in un viaggio immaginario con brani poetici da leggere e ascoltare per realizzare autentici colloqui con se stessi, con la natura, con i sentimenti… con quelle realtà e situazioni della vita che contribuiscono – se ben “letti” – a cogliere in profondità il mistero che avvolge ogni persona, i suoi rapporti con gli altri e la natura.
Ciò costituisce un invito a cogliere i valori di pagine di letteratura che, se pur in latino, offrono un ampliamento e uno sviluppo anche a quella italiana, come pure di quelle altre letterature legate alle lingue neolatine che, in qualche modo, dipendono nella loro storia dalla cultura di Roma.
In edizione latino-italiana, l'opera storica più significativa del monaco cassinese formatosi alla corte dei Longobardi. Nel 774 d.C. cade la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi: con questa data si chiude la storia dei Longobardi come popolo autonomo e sovrano, e il regno longobardo passa ai Carolingi. Cambia così la storia del mondo occidentale. Tra le sue opere più celebri, l'Historia Langobardorum di Paolo Diacono, storico illustre dell'Italia altomedievale, si inserisce nel filone della storiografia a indirizzo nazionale non romano. L'opera, che giunge fino alla fine del regno longobardo con la morte di Liutprando (744), annovera tra le fonti: tradizioni, saghe e canti popolari, relazioni di viaggiatori, osservazioni personali, luoghi veduti, avvenimenti di cui è stato testimone, epitaffi di Droctulfo a Ravenna, di Cedoaldo a Roma, di Ansprando a Pavia e opere di scrittori latini: Naturalis historia di Plinio, Eneide di Virgilio, Metamorfosi di Ovidio, Epitome di Giustino, Storia di Sesto Aurelio Vittore (sec. IV d. C.), commentario di Servio a Virgilio; prefazione al Digesto.