In un tempo così complesso la Chiesa è chiamata a una particolare premura nei confronti di chi ha vissuto lo sgretolarsi dei propri sogni sulla vita coniugale.
Il presente volume è uno strumento utile a riflettere sul contenuto del «Motu proprio» Mitis Iudex Dominus Iesus emanato da Papa Francesco nel 2015 con un particolare riferimento alla parte centrale in cui è presente il discorso ai Vescovi sulla costruzione di un ponte giuridico-pastorale secondo la riforma del processo ordinario e del processo breve.
Per la prima volta, nella storia bimillenaria della Chiesa, papa Francesco ha virtualmente invitato tutti i fedeli del pianeta a esprimere la loro voce e le loro esigenze, a dare il loro parere sulle riforme possibili e necessarie. Ma l'ideale di una «Chiesa sinodale» spesso finisce per ridursi a uno slogan privo di contenuti determinati o per lasciare adito a strumentalizzazioni ideologiche. Questo libro vuole ricostruire storicamente il concetto di sinodalità a partire dal Vaticano II , mostrandone la genesi e l'evoluzione, le variazioni semantiche, le forme di recezione nella dottrina teologica, canonistica e sociologica. Lo scopo è triplice: precisare cosa si debba intendere propriamente per sinodalità; determinare la sua portata in rapporto ai modelli di Chiesa e porre in risalto i limiti e gli equivoci cui è esposta l'attuazione del progetto papale.
Il volume affronta in maniera organica e agile l'ordinamento giuridico della Chiesa cattolica nelle sue basi positive, a partire dal Codice di diritto canonico promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983. Questa nuova edizione aggiornata pone particolare attenzione alle novità normative intervenute negli ultimi anni: dalla riforma della Curia romana, all'apertura alle donne di lettorato e accolitato, alla revisione del diritto penale canonico.
Stefano Di Pinto, avvocato, dirigente della Santa Sede, nonché docente presso la Scuola di Alta Formazione in Diritto Canonico, Ecclesiastico e Vaticano alla LUMSA di Roma, analizza, in questo libro, le fonti del diritto vaticano e il sistema penale, improntato sul codice Zanardelli e sui successivi atti legislativi e concordatari, che conferiscono ad esso una peculiarità assoluta rispetto alla vigente normativa italiana ed estera.
Corredato di ampia appendice normativa, comprensiva del Trattato tra Santa Sede e Stato Italiano del 1929, l’opera mira ad illustrare tanto i profili teorici quanto gli aspetti di ordine pratico della materia.
L'esperienza giuridica canonistica partecipa di una mescita millenaria di tradizione e innovazione, che il lavoro tenta di ri-scoprire alla luce delle categorie filosofico-giuridiche della "autorità" e della "autonomia". Il rapporto tra queste nel recupero della compenetrazione delle relazioni tra diritto canonico e diritti secolari consente all'Autore di offrire una lettura critica imperniata su alcune ipotesi di lavoro in base alle quali verificare le soluzioni più adeguate dinanzi alla attuale crisi delle istituzioni, secolari ed ecclesiali. Anche in questi termini «si comprende l'originalità del lavoro di Andrea Favaro, che rinverdisce il lascito di un "realismo giusfilosofico", recuperando l'impianto della filosofia antica, metodologicamente accresciuto dall'elaborazione tomista, per offrire una visione del diritto fondata sulla radicale problematicità dell'esperienza, e perciò capace di rapportarsi con l'essere dell'uomo. Da qui la riscrittura critica della relazione tra intelligenza e ragione, tra autorità e potere, tra decisione e autonomia, con la quale si ridefinisce il significato della libertà individuale e il ruolo della comunità e si pongono le basi per una ricollocazione dell'elemento istituzionale, nell'ottica di un'attenuazione della mera scientificità del discorso giuridico e la riproposizione di un messaggio autenticamente filosofico» (dalla Prefazione di Alberto Scerbo).
La Chiesa agisce nella storia per la salvezza delle anime, percepita come somma legge orientativa di ogni scelta pastorale. Ogni organizzazione, ogni struttura, deve restare orientata a questo fine. Poiché le trasformazioni storico-culturali impongono di ripensare l'odierna organizzazione pastorale, i canonisti sono chiamati a prestare il loro fondamentale contributo studiando in che modo può essere favorita l'evangelizzazione, a quali condizioni, come pure quali opportunità e quali criticità certe riforme riservano.
Diverse ingiustizie hanno scosso la vita della Chiesa. Alcune hanno colpito fortemente l'opinione pubblica, come gli abusi sui minori e la gestione impropria dei beni ecclesiastici. Altre sollevano ancora accese discussioni su argomenti come la Comunione ai divorziati risposati o le nullità dei matrimoni. Tuttavia, molti cristiani rifiutano il diritto canonico perché ritengono che le leggi siano una questione più umana che divina e, quindi, contrarie alla misericordia di Gesù. L'autore spiega perché, secondo il vangelo, il diritto nella Chiesa resta irrinunciabile. Egli associa il diritto a ciò che è giusto e ritiene che, per questo motivo, le leggi debbano rinnovarsi sempre per garantire la giustizia e facilitare la vita cristiana alle persone.
La formula dubii definita oltre a dare direzione e orientamento all'istruttoria, diviene il punto di riferimento sia per il giudice sia per le parti in tutte le fasi del processo. Modificarla può significare reimpostare il giudizio dal punto di vista del diritto sostanziale, ma anche sotto il profilo processuale può avere una serie di conseguenze. Pertanto, la materia iudicii una volta determinata è protetta da stabilità ed è tendenzialmente immutabile, benché il divieto di modifica non sia assoluto. Il can. 1514 elenca le condizioni alle quali può essere effettuato validamente un mutamento: a) che la proposta di modifica dell'oggetto provenga da una delle parti; b) sussista una grave causa che giustifica tale modifica; c) il giudice abbia ascoltato le altre parti al riguardo; d) abbia soppesato le ragioni esposte; e) abbia emesso un nuovo decreto con la nuova formula dubii.Il can. 1514 è solo a prima vista un atto processuale fra i tanti; in esso si riscontrano principi fondamentali e costitutivi del processo giudiziale, come la dispositività, il contradittorio, il diritto di difesa, l'imparzialità del giudice con l'obbligo di procedere ex officio nelle cause riguardanti il bene pubblico della Chiesa, l'economia processuale. Il fine ultimo del processo è sempre l'accertamento della verità, affinché tramite la sentenza emessa dal giudice sia raggiunta la conformità della verità reale-oggettiva con quella giuridico-processuale.L'obiettivo principale dello scrivente è stato di offrire un approfondimento completo dell'argomento, affrontando i singoli elementi del can. 1514, tenendo conto non solo del testo del canone, ma pure del contesto delle cause di nullità matrimoniale, con l'intenzione di dimostrare che esso si inserisce organicamente nella normativa processuale e trova applicazione in toto anche nei processi di nullità matrimoniale.
L'Autore, a partire dalla ricerca storico - canonica, esamina la rilevanza canonica del principio della necessitas Ecclesiae nell'esercizio del primato del Romano Pontefice, avendo come riferimento il pensiero di W. Bertrams, professore della Pontificia Università Gregoriana dal 1941 al 1977. Attraverso lo studio delle fonti storiche, conciliari, e dell'Archivio del Dicastero per i Testi Legislativi, fino ai più recenti orientamenti magisteriali e della riflessione canonica; la ricerca giunge ad offrire una nozione del principio della necessitas Ecclesiae riferita all'estensione e ai limiti dell'esercizio primaziale, con prospettive in merito alla discrezionalità e alla possibile auto-limitazione del Romano Pontefice.
L'opera cerca di mostrare che la concezione del diritto divino ecclesiale dipende molto dalla nozione di diritto con cui esso viene messo a fuoco. Dopo aver presentato in tal senso la dottrina di alcuni autori, si esplora la fecondità in questa materia di un approccio realista al diritto inteso come bene giuridico. Per tale via si comprende meglio la piena giuridicità dello ius divinum, e si riafferma la sua indole intrinseca rispetto al mistero della Chiesa nonché la sua concretezza storica. Si coglie altresì il suo essere un diritto eminentemente soprannaturale avente una struttura naturale, si conferma la sua immutabilità nell'essenziale e la sua indispensabilità, si scorgono con più ampiezza il suo contenuto (adoperando il concetto di bene giuridico fondamentale), le diverse modalità della presenza degli aspetti divini nei beni giuridici ecclesiali (come presupposto, come bene assoluto, come principio e come punto di riferimento), e il profondo intreccio tra aspetti divini e aspetti umani dei beni giuridici. In questo modo si evidenzia l'onnipresenza del diritto divino nelle questioni canoniche e pertanto la sua rilevanza pratica.
L'evoluzione storica delle dinamiche relazionali tra diritto della Chiesa universale e diritti delle singole Chiese orientali mostra vari profili di interesse. Sul piano strettamente scientifico la ricostruzione dei modelli di relazione a partire dal Decreto di Graziano e, soprattutto, l'analisi del successivo loro sviluppo nel corso dei secoli evidenzia non solo il valore dottrinale e intellettuale dei singoli autori quanto, soprattutto, la fruttuosità del dialogo tra canonistica e teologia morale. Sul piano più generale la ricerca fornisce ulteriori elementi per dimostrare come a partire dalla Riforma gregoriana si sia andato affermando un romanocentrismo in cui la distinzione tra latinità e romanità e, successivamente, tra universalità e romanità è divenuta sempre più opaca. La deriva uniformante che ne è seguita, facilitata peraltro dai travagli storici del cristianesimo in Oriente, ha diluito le specificità proprie dei diversi iura orientalia, assimilandoli sempre più al diritto latino. Il Concilio Vaticano II e la sua ecclesiologia di comunione, resa viva ed operante nella Chiesa dai Codici latino ed orientale, sono oggi le fondamenta su cui ricostruire una pluralità giuridica che sia specchio fedele della multiformità ecclesiologica della Chiesa.