Ogni epoca ha il suo sistema iconico e le sue modalità di rappresentazione: si è passati così dal ritratto di corte alla foto ufficiale, dalle grandi feste barocche agli eventi televisivi, dai comizi alle conferenze stampa. Il libro riflette sull'immagine come nuovo spazio per lo sviluppo dell'informazione istituzionale, sottolineando conoscenze, capacità tecniche e "grammaticali" proprie di un linguaggio diverso da quello scritto e parlato, in cui anche le professionalità cambiano.
Fin dove è lecito parlare di sesso, di eutanasia o di fecondazione assistita in televisione? È bene che un neonazista, un mafioso, un pedofilo abbiano una loro ribalta nei media, in nome del diritto all'informazione? Questioni che toccano i confini di accettabilità del discorso dei media intorno a temi controversi. Nasce da qui una "preoccupazione etica", una consapevolezza del fatto che il sistema dei media parla contemporaneamente a più persone, propone modelli comportamentali in conflitto, racconta storie reali e in ciascuna di tali occasioni applica e legittima principi morali condivisi. Essi trovano spazio di esemplificazione all'interno di film, fumetti, talk show o reality nei quali non è difficile riconoscersi. Ci si attende però, al contempo, che i media mantengano essi stessi una condotta etica, nel senso di rispettare norme che consideriamo fondamentali per tutelarci come cittadini e come lettori-spettatori. Tali norme sono comprese nel quadro di leggi e codici di autoregolamentazione. La "preoccupazione etica", così, alla fine tocca regole e modelli morali "rappresentati" nei messaggi insieme a regole e modelli morali "applicati" ai messaggi, ponendo l'interrogativo centrale del libro. Se cioè occuparsi di comunicazione comporti un "ragionare etico" parzialmente diverso da quello necessario altrove, tanto da individuare nei media un ambito specifico, e perciò anche originale, di considerazione.
Il volume segue l'affascinante viaggio del libro dall'autore al lettore, dall'idea iniziale al consumatore finale: spiegando le successive fasi della lavorazione, le diverse figure professionali coinvolte (dal redattore ai grafici, dalla direzione editoriale all'ufficio diritti, dagli agenti agli scout, dal marketing all'ufficio stampa, dai venditori ai librai), le diverse tecnologie utilizzate, i trucchi del mestiere. Questo percorso, da sempre all'incrocio tra cultura e mercato, sospeso tra tradizione e innovazione, è corredato da una serie di informazioni storiche (il libro da Gutenberg ad Amazon.com e agli e-books), oltre che di date e tabelle indispensabili per capire il rapporto tra autori, editori, librai, critici e lettori. Un volume di riferimento che risponde alle mille curiosità di chi si avvicina al mondo dell'editoria libraria (e magari anche a quelle di chi ne conosce molto bene una parte, ma non padroneggia l'intera filiera) e illustra la terminologia specifica del settore (in italiano e in inglese).
"Guardati dai capi, dagli eroi, dagli organizzatori, da tutta questa roba. Guardati dai tipi del sistema: non hanno alcuna capacità di capire. Sappiamo che il sistema non funziona, poiché viviamo in mezzo alle sue rovine. Sappiamo che i nostri capi sono dei buoni a nulla, poiché hanno saputo portarci soltanto a questo presente, i buoni capi come quelli cattivi. (...) Quel che il sistema chiama organizzazione - organizzazione lineare - è soltanto il modo di ingabbiarci sistematicamente, che limita arbitrariamente il campo del possibile. Non ha mai funzionato. Ha soltanto prodotto questo presente." C'è tutta la cultura hippie in questa antologia della stampa underground americana, i fogli del dissenso e della controcultura giovanile che, a cominciare dal "Greenwich Village Voice" di New York, entro la metà degli anni Sessanta si erano diffusi a tutti gli Stati Uniti, e specialmente in California. Ingenui, idealisti, provocatori, ribelli, gli articoli raccolti in questo volume raccontano in presa diretta il farsi di un movimento epocale, che ha cambiato per sempre il corso della storia. I capelloni, con le loro chitarre, l'amore libero, le droghe, il misticismo, il pacifismo, la lotta non violenta contro ogni tipo di censura e convenzione borghese, la critica radicale verso gli aspetti degenerativi della società repressiva del benessere, evocano nuovamente in queste pagine il loro sogno di un mondo nuovo e migliore, quell'aspirazione che è stata all'origine dello youthquake.
La rivoluzione digitale non cessa di alimentare profezie sul futuro della politica. È in atto una mutazione di civiltà per cui le organizzazioni gerarchiche che hanno dominato le moderne società industriali stanno lasciando il posto a organizzazioni a rete (network) decentrate e orizzontali, analoghe agli organismi di democrazia diretta della Russia rivoluzionaria (i Soviet). Ma il sogno di un Web che si autogoverna rischia di sortire un esito imprevisto: a schiacciare i "cybersoviet", questa volta, non saranno le baionette bolsceviche ma il trionfo di un capitalismo rampante, ben incarnato oggi da Google.
Simile ad un prisma che restituisce una luce differente a seconda del modo con il quale viene illuminato, il tema della "parola giusta" viene declinato nei saggi qui raccolti percorrendo alcune strade significative della riflessione contemporanea. Alcuni punti di riferimento emergono su tutti: le proposte di Karl-Otto Apel, Paul Ricoeur, Chaïm Perelman, Ferdinand Ebner, Martin Buber, Romano Guardini, Franz Rosenzweig, Emmanuel Lévinas.La natura stessa del tema invita a non restare solo su un piano storiografico o accademico, ma ad andare al cuore di ciò che è nelle attese profonde di molti. Occorre rivendicare l'autentico potere creativo e donativo della parola che si rinnova e arricchisce ogni qualvolta viene rivolta a un Tu che diviene il mio interlocutore. Occorre recuperare il senso profondo del nostro comunicare, parlare, interloquire. Un senso per l'appunto "giusto" perché non si darà giustizia né pace se l'uomo non saprà pronunciare quella parola, la "parola giusta", che accende l'amore nell'uomo permettendogli di aprirsi all'incontro con il Tu.
Televisione, giochi al computer, internet, cellulari. Sono i nuovi parco-giochi dei teenager che trascorrono in media più di 5 ore al giorno usando qualche strumento di comunicazione. Ma quali sono i rischi di questo nuovo scenario? A scuola o tra le mura di casa, come aiutare i ragazzi a essere informati e protetti?
Un giornalista televisivo e un prete televisivo dicono il loro amore - odio per la TV e aiutano genitori, educatori, autori, registi e programmisti a cercare strade nuove
Giovanni Anversa: “Il volume è una sorta di percorso dentro la mia esperienza umana e professionale per offrire un punto di vista, piccolo e parziale, sul fare televisione. Le dita della mano mi hanno offerto lo spunto giusto per ragionare, con l’aiuto di autorevoli interlocutori, sui meccanismi che caratterizzano il mezzo, la sua evoluzione, le sue potenzialità. La tv in mano, dunque, non è l’affermazione presuntuosa di chi ne possiede la conoscenza, ma la simbolica osservazione di chi tiene tra le mani un oggetto familiare e nello stesso tempo soverchiante ed estraneo.”
Don Antonio Mazzi: “Bisogna decidere se la televisione è una malattia grave, perniciosa, letale, più o meno come l’Aids, oppure se è quasi una malattia come l’influenza. Come guarire? Posologia: spenta la televisione leggere un libro o cantare in gregoriano, piantare l’insalata, percorrere quaranta chilometri in mountain bike con tutta la famiglia, giocare a Monopoli, comporre un puzzle di 5.000 pezzi fare un’ora di yoga. Il giorno dopo riprendere con tranquillità gli affanni quotidiani tra cui anche qualche mezz’ora di televisione.”
Don Antonio Mazzi, il prete del Lambro. Il prete dei marciapiedi, delle stazioni, dei disperati. Il prete più massmediatico d’Italia (interviene sui giornali, parla alla radio, è familiare in tutte le tv, scrive libri). Soprattutto il prete che ri-motiva a vivere, accendendo la speranza anche dentro situazioni estreme. Questo prete è don Antonio Mazzi: un uomo che non ha paura di parlar schietto e di andare controcorrente, ama l’essenziale, il senso della misura, i valori, le sfide di un’educazione solida, che parte dalla famiglia, arriva alla scuola, alla società. Ogni giorno è confrontato con i drammi: ma non si arrende all’evidenza della negatività. Anzi, si impone e si batte per l’espansione dell’ottimismo, della gioia e della serenità.
Giovanni Anversa nasce a Viadana (Mantova) il 25/10/1958. Nel 1983 si laurea in sociologia presso l’Università’ di Trento. Dopo gli studi universitari si occupa di critica teatrale e di sociologia della comunicazione e nel 1985 si trasferisce a Milano dove si diploma in organizzazione dello spettacolo presso la Civica Scuola D’Arte Drammatica “Paolo Grassi”. Nel 1990 diventa giornalista professionista e nel ‘91 si trasferisce a Roma per realizzare il programma di Raidue, “Il coraggio di vivere”, una delle prime trasmissioni orientate al sociale. Nei successivi dieci anni realizza e conduce programmi per Raidue dedicati alle tematiche sociali e alla solidarietà da “Ho bisogno di te” a “Diversi”, da “La cronaca in diretta” a “Sotto la tenda” fino a “La giornata particolare” e a “Racconti di vita”. Nella stagione 2000/2001 inizia la collaborazione con Raitre e realizza un’edizione di “Racconti di vita” dedicata a personaggi di grande rilievo nel mondo del volontariato e dell’impegno sociale. Collabora stabilmente, fin dalla sua istituzione, con il Segretariato Sociale Rai e partecipa ai gruppi di lavoro della Sede permanente di confronto tra Rai, Consiglio nazionale degli utenti e Associazioni del terzo settore, del Volontariato e dei Consumatori. Numerosi i riconoscimenti ricevuti per la sua attività professionale.
La storia recente degli Stati Uniti in due aspre e provocatorie interviste dello scrittore americano che mette a nudo il potere e la deriva della democrazia. Per Vidal il popolo americano non ha alcun peso nelle scelte del governo. Questo vale per le questioni sociali e ambientali e per quelle decisive della guerra e della corsa agli armamenti. Un sistema geniale di controllo delle informazioni influenza l'opinione pubblica e orienta la stampa e i media. La verità? È quella costruita dal potere politico ed economico. Una denuncia durissima sulla fine della democrazia americana. Un libro scomodo di uno scrittore che per le sue ragioni e la sua storia, entrambe vicine al vecchio establishment Usa, ne fa un pampleth controccorrente sull'America di oggi.
Oggi non è più possibile tenere separati i discorsi che riguardano i diversi mezzi di comunicazione di massa. C'è l'esigenza di cogliere insieme, in un confronto costante, l'evoluzione del sistema dei media in un paese come l'Italia, che non ha conosciuto a suo tempo una larga diffusione dei quotidiani e che dagli anni Ottanta registra una centralità del mezzo radiotelevisivo. Questa edizione aggiorna la storia della stampa italiana ai profondi rivolgimenti avvenuti nel campo dell'informazione con la diffusione di Internet, discutendone pregi e difetti e non trascurandone gli effetti sulla stampa quotidiana nazionale. Dalle importanti trasformazioni che hanno caratterizzato negli ultimi decenni sia il settore dell'informazione scritta e radiotelevisiva sia il più vasto contesto della società italiana, il libro giunge a esaminare le questioni più scottanti che hanno animato il passaggio nel nuovo millennio. Particolare attenzione viene dedicata all'influenza della televisione sulla stampa e sul mercato pubblicitario.
Com'è nata la società mediatica? E, soprattutto, chi comanda all'interno di questa società? Il libro di Álvarez traccia un interessante profilo del mondo occidentale facendoci vedere quanto e come i media pervadano la società e trasformino i rapporti di potere che si creano all'interno di essa.