Byung-Chul Han, tra i pensatori più importanti e più letti dei nostri tempi, affronta con stile nitido e conciso una delle fratture al cuore della società di oggi: la paura del dolore. Il mondo contemporaneo è terrorizzato dalla sofferenza. La paura del dolore è così pervasiva e diffusa da spingerci a rinunciare persino alla libertà pur di non doverlo affrontare. Il rischio, secondo Han, è chiuderci in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia, perché è solo attraverso il dolore che ci si apre al mondo. E l'attuale pandemia, argomenta il filosofo tedesco-coreano, con la cautela di cui ha ammantato le nostre vite, è sintomo di una condizione che la precede: il rifiuto collettivo della nostra fragilità. Una rimozione che dobbiamo imparare a superare. Attingendo ai grandi del pensiero del Novecento, Han ci costringe, con questo saggio cristallino e tagliente come una scheggia di vetro, a mettere in discussione le nostre certezze. E nel farlo ci consegna nuovi e più efficaci strumenti per leggere la realtà e la società che ci circondano.
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva. Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta. Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un'ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.
"Dio non gode di buona salute nella società attuale. Eppure da tempo c'è una forte rinascita della spiritualità: ricerca di silenzio, di meditazione, di senso, di nuovo rapporto con il creato, con il tempo, con l'universo... La Chiesa è ancora capace di nutrire la sete di spiritualità degli uomini e delle donne di oggi? Solo se ricorda loro che Dio non sta in chiesa (soltanto). Dio sta nel mondo, nel "suo" mondo. Che non è un luogo neutro, ma opera sua. Luogo dove abita il Risorto. Per vederlo non dobbiamo "scappare in chiesa", ma aguzzare lo sguardo. Dio parla nel pane e negli spaghetti che mangio, parla nella neve e nel sole, parla in ufficio e in fabbrica. Dio parla in panetteria e dalla parrucchiera. Perché Lui è lì. Ecco ciò che provo a fare in questo libro: provo a mangiare "da credente", provo a guardare la tavola alla luce della mia fede. A poco a poco il sale, le patate, la pizza, le polpette, le sedie... iniziano a parlare. Spero succeda anche a te. Buon cammino." (Derio) "La vita spirituale non è forse null'altro che la vita materiale compiuta con cura, calma e pienezza: quando il panettiere svolge alla perfezione il suo lavoro di panettiere, Dio è nella panetteria. Il cielo, con Cristo, scende sulla terra un po' più di quanto non faccia d'abitudine, e qui e là, grazie al lavoro dei cuori, trova il suo posto in un angolo, come se gli fosse stata preparata una nicchia nelle reti dei pescatori, o nelle anfore di vino o nelle ceste di pane. La terra, i mestieri e il piacere di parlare non sono mai stati tanto glorificati come nel Vangelo. Qui cielo e terra sono faccia a faccia per la prima e forse ultima volta nella Storia." (Christian Bobin)
Il mondo sta affrontando la peggiore crisi economica dalla Seconda guerra mondiale. Il virus sta facendo danni più gravi di Lehman Brothers. E l'Italia? Bisogna tornare al 1945 per trovare un dato peggiore di caduta del Pil. La crisi ha messo in luce le nostre debolezze, certo, ma anche i nostri punti di forza, compresa la capacità di rispondere bene in condizioni di emergenza. Ma affrontare l'emergenza non basta, e non basta tornare a dove eravamo nel 2019: ora abbiamo davanti a noi la responsabilità della ricostruzione. Carlo Cottarelli si pone al confine tra il mondo che crolla e il mondo che verrà dopo. E, mentre ci accompagna nel labirinto delle possibilità economiche oggi a nostra disposizione, ci mostra come l'Italia abbia bisogno di tornare a crescere in modo sostenibile da un punto di vista sociale, finanziario e ambientale. Dobbiamo salvare la nostra economia, ma per farlo abbiamo bisogno di più uguaglianza, soprattutto nelle opportunità che vengono fornite alle nuove generazioni. Per questo ci vuole la politica, e infatti questo è un libro (anche) politico. Perché parla di come la società italiana dovrebbe funzionare sulla base di un principio ideale: la possibilità per tutti di avere un futuro nella vita, indipendentemente dalle condizioni in cui si è nati. È importante che le agende politiche partano da una chiara enunciazione della società che si vorrebbe realizzare. Altrimenti, la politica diventa personalismo, opportunismo e cinismo.
Le donne sono state spesso accusate di odiare gli uomini, e istintivamente lo hanno sempre negato. Ma se invece non credere agli uomini, disprezzarli, e perché no, persino odiarli, fosse una risposta utile al sessismo dilagante? Se questa reazione offrisse una possibile vita di uscita dall'oppressione, e desse inizio a una nuova forma di resistenza? Forse, proprio odiando gli uomini, si potrà essere finalmente libere. Pubblicato inizialmente da un piccolo editore in Francia, "Odio gli uomini" ha subito minacce di interdizione e di denunce penali da parte di un funzionario del ministero francese per la Parità di genere, con l'accusa di incitamento all'odio. Il libro è oggi diventato un bestseller pubblicato in tutto il mondo, con il quale Pauline Harmange lancia un grido di battaglia, provocatorio quanto urgente, per le donne di ogni luogo e di tutte le età.
""Quis custodiet custodes?" Chi vigilerà sui guardiani della città? È la domanda che ci poniamo, di fronte alla vicenda terribile della Covid-19. Una storia in pieno svolgimento."
Nel settembre del 1993, a Norfolk (Virginia), le acque del fiume Lafayette restituiscono il corpo senza vita della diciassettenne Sarah Wisnosky. Fin dal principio i sospetti ricadono sul fidanzato, il ventiseienne italo-americano Derek Rocco Barnabei, che, al termine di un processo indiziario durato tre settimane, è condannato a morte per violenza sessuale e omicidio. Barnabei si dichiarò innocente e vittima di un complotto. In molti si mobilitarono contro la sentenza. Intervennero esponenti politici, il Parlamento europeo - che adottò all'unanimità una risoluzione sulla pena di morte citando nel documento il caso Barnabei, definendolo controverso, e chiedendo di commutare la condanna in ergastolo -, persino papa Giovanni Paolo II si unì agli appelli. Tuttavia gli estremi tentativi di bloccare l'esecuzione non sortirono alcun effetto. La Corte suprema rigettò i ricorsi presentati e Derek Rocco Barnabei fu giustiziato in Virginia il 14 settembre 2000. Alessandro Milan, agli inizi della sua carriera in una appena nata Radio24, intervistò più volte Barnabei e collaborò a due straordinarie dirette dal braccio della morte. In queste pagine, Milan fonde la puntualità dell'inchiesta giudiziaria con il racconto autobiografico, perché la vicenda di Barnabei non è per lui solo una prova giornalistica, ma un incontro umano che lo investe e lo segna personalmente. Per vent'anni ha cercato risposte agli interrogativi e ai dubbi sulla verità di Derek, seppure nella convinzione che nessuna risposta possa giustificare la barbarie di una condanna a morte. La pena capitale «è sbagliata, sempre e comunque, anche per chi si è macchiato di un crimine efferato oltre ogni ragionevole dubbio». È soltanto una vendetta, «di Stato, ma pur sempre vendetta».
L'odierna ossessione per un'autenticità fondata sul narcisismo dell'Io, la costante ricerca del nuovo e dell'inedito, la bulimia consumistica dell'usa e getta che pervade ogni ambito determinano, nei rapporti e nelle pratiche che caratterizzano la società contemporanea, una sempre più evidente e sintomatica scomparsa delle forme rituali. Tuttavia, la struttura immutabile e ripetitiva, così come la teatralità dei gesti e l'attenzione riservata alla "bella apparenza", conferiscono ai riti un potere simbolico profondamente unificante. Il silenzio, il raccoglimento, il senso di sacralità necessari allo svolgimento del rito fondano un legame tra il sé e l'Esterno, tra il sé e l'Altro - i riti "oggettivano il mondo, strutturano un rapporto con il mondo", creando una comunità anche senza comunicazione. A questa comunità senza comunicazione, propria della società rituale, Han contrappone la comunicazione senza comunità, quel "baccano" in cui, in una società sempre più atomizzante, il soggetto si esprime e "si produce" ritrovandosi a girare a vuoto attorno a se stesso, privo di un mondo e di reali interazioni. Per infrangere questo cortocircuito, e all'interno di una più ampia critica delle patologie del contemporaneo, Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica "potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo", riaprendola al senso di una vera connessione con l'Altro - e reincantando il mondo.
«Una società libera è una conquista morale. Negli ultimi cinquant'anni, in Occidente, questa verità è stata dimenticata, ignorata o negata. Ecco perché oggi la democrazia liberale è in pericolo. La libertà della società non può essere sostenuta soltanto dall'economia di mercato e dalla politica democratica liberale. Ha necessità di un terzo elemento: la moralità, un interesse per il benessere degli altri, un impegno attivo nei confronti della giustizia e della compassione, una volontà di chiedere non soltanto ciò che è bene per me ma ciò che è bene per tutti-noi-assieme». Jonathan Sacks, tra i più amati Maestri contemporanei, ci guida in un viaggio salvifico, dalle misere sponde dell'«Io» agli spazi nobili del «Noi», verso una società più prospera e retta. In "Moralità", l'autore si misura con le sfide più ardue del mondo contemporaneo: l'individualismo, l'alienazione dovuta ai social, la crisi della famiglia e della comunità, la mancanza di princìpi nell'economia e nella politica, le minacce alla libertà di espressione. Sacks completa così la lezione iniziata con "Non nel nome di Dio" e ci consegna il suo testamento spirituale. Un messaggio carico di lucidità e speranza, un'esortazione a ripristinare la nostra umanità e a usare il bene comune come bussola per ogni scelta futura.
Era il 3 gennaio 1983 quando la rivista «Time» assegnò per la prima volta nella sua storia il premio di «persona dell'anno» non a un essere umano bensì al personal computer. Quella celebre copertina sanciva una svolta epocale, l'inizio di una rivoluzione tecnologica che ci avrebbe traghettato verso il mondo nuovo, veloce e leggero dell'Intelligenza Artificiale. Un mondo immateriale, dove però i prodotti della ricerca avanzata sono sempre più concreti. Con il tempo l'Intelligenza Artificiale ha smesso di cercare di riprodurre il nostro modo di ragionare, non è più un "imitation game". È diventata una forma di intelligenza diversa, che partendo dai dati e dall'esperienza è capace di imparare e quindi di parlare, vedere, sentire, guidare, muoversi e interagire con gli esseri umani. Lavora con l'uomo nella medicina elaborando migliaia di immagini, nell'industria, nella finanza, supporta la sicurezza nazionale e può diventare pericolosa se progettata o utilizzata in modo sbagliato. Anche per questo siamo indotti a chiederci fino a dove potrà spingersi e se ci siano dei confini etici da non valicare. Come ogni tecnologia l'Intelligenza Artificiale non è né buona né cattiva, ma può essere usata in modo corretto oppure inopportuno. Certo la scienza, per definizione, è libera, democratica e al servizio dell'umanità, ma proprio per questo serve una struttura normativa internazionale, perché più una tecnologia è potente, più dev'essere affidabile e sicura. Questo libro ci racconta la storia e l'evoluzione dell'Intelligenza Artificiale dalla voce di chi la sta progettando giorno per giorno nei centri di ricerca italiani e spiega come essa sia frutto del pensiero, del controllo e del comportamento umano. Siamo noi i suoi maestri e i suoi giudici. Quindi saranno il nostro sentire, la nostra cultura e il nostro umanesimo a disegnarne il futuro.
Questa inchiesta è un viaggio nell'Italia dei veleni e delle morti per inquinamento ambientale attraverso le denunce di preti e cittadini coraggiosi. In nome della natura da salvare e del Creato da custodire come istanza civile, prima ancora che religiosa, culturale e politica. L'itinerario - da Sud verso Nord - prende le mosse dalla Sicilia e risale in Campania, Puglia, Toscana, Veneto e Piemonte: dall'inquinamento del petrolchimico a quello dei rifiuti, da quello dell'acciaio a quello dell'amianto e dei pesticidi. I sacerdoti incontrati da Mario Lancisi sono uomini semplici, ma di grande statura: caparbi nella denuncia e miti nello stile, attenti alle persone e tuttavia capaci di tenere testa ai potenti di turno; soprattutto ispirati dalla Laudato si', la grande enciclica di papa Francesco, che nel 2015 ha aperto la nuova stagione della "ecologia integrale". Sullo sfondo di questo viaggio contemporaneo si staglia il flagello della pandemia, le cui origini incerte sono oggetto di discussione fra pareri e tesi differenti: c'è forse un nesso causa-effetto tra inquinamento e coronavirus? Forse. I "preti verdi" non si sbilanciano. Preme loro soprattutto richiamare l'attenzione sulla dicotomia irrisolta tra salute e lavoro, che in molti casi - dall'Italsider all'Eternit, dai rifiuti industriali alla cementificazione selvaggia - pone la domanda cruciale: viene prima la borsa o la vita?
È cominciata la seconda guerra fredda. Sarà profondamente diversa dalla prima. Cambieranno molte cose per tutti noi, nella sfida tra America e Cina nessuno potrà rimanere neutrale. L'economia e la finanza, la scienza e la tecnologia, i valori politici e la cultura, ogni terreno sarà investito dal nuovo conflitto. Dobbiamo smettere di parlare di globalizzazione come se fosse irreversibile: la sua ritirata è cominciata. Federico Rampini ci costringe a rivedere i luoghi comuni, ci apre gli occhi. Perché il mondo è cambiato molto più di quanto gli occidentali si rendano conto.