Gli elzeviri che Elémire Zolla pubblicò sul "Corriere della Sera" e altre testate nazionali tra gli anni Sessanta e la fine del Novecento, oggi selezionati da Grazia Marchiano e raccolti per la prima volta in volume, fanno rivivere le conoscenze e le intuizioni geniali di un maestro del nostro tempo e offrono una chiave attualissima d'ingresso dietro le quinte della commedia umana. Miti fasulli, inganni e mistificazioni dei quali il potere costituito si nutre divorando se stesso e le sue prede. Zolla lacera la superficie della realtà visibile - vicende storielle, intrecci mitici, dogmi e credenze di Occidente e Oriente - e ne mette a nudo i veri despoti e registi, gli arcani del potere.
Di Sabrina Harman tutti dicevano che non avrebbe fatto mai male a una mosca. Nella sua unità in Iraq era considerata una che odiava assistere ad atti di violenza, o commetterli. Eppure Sabrina Harman e molti altri suoi commilitoni, fra cui Charles Graner, Lynndie England e Ivan Frederick, sono le stesse persone che ridono beffarde puntando il dito davanti a una piramide umana di prigionieri incappucciati, che sollevano festose il pollice accanto al cadavere di un uomo morto per le torture, che indifferenti stringono una cinghia intorno al collo di un detenuto nudo a terra. Questo libro è la storia di quelle fotografie, di quegli uomini e di quelle donne. Ma è soprattutto la storia agghiacciante di ciò che non si vede, di come quel luogo è diventato il cuore di tenebra del nostro presente, un luogo in cui i prigionieri - il 75 per cento dei quali è risultato poi innocente - venivano quotidianamente picchiati, denudati, umiliati, torturati, privati di dignità e diritti; a volte uccisi. È il racconto di come tutto ciò è diventato normalmente possibile e di come le istituzioni, ricorrendo a ipocriti eufemismi e a fumosi termini tecnici, hanno consapevolmente perseguito questo obiettivo. Ogni giorno ci dicono che siamo in guerra, che certi compromessi sono inevitabili, che fanno parte delle "regole del gioco". Per questo le fotografie di Abu Ghraib ci riguardano tutti: non possiamo ignorare l'orrore, non possiamo far finta che sia un male necessario.
Nel 2008 saranno passati trent'anni dal rapimento di Aldo Moro. Il 16 marzo 1978 venne rapito dalle Br in via Fani, a Roma. Nei 55 giorni di prigionia scrisse numerosissime lettere, alcune delle quali furono secretate dal Parlamento dopo il primo processo. I politici italiani, nonché i giornalisti, si affannarono a dichiarare che le lettere erano prive di valore perché risultanti da una costrizione. Erano certo lettere criptiche, allusive, scritte da un uomo che vedeva progressivamente chiudersi gli spazi di ascolto. Miguel Gotor riordina cronologicamente l'intero carteggio, con alcune lettere mai prima d'ora pubblicate, e ne offre un'edizione critica cui applica il rigore interpretativo della filologia storiografica. Il risultato è un quadro impressionante dell'Italia di quegli anni, con un uomo prigioniero al culmine della sua carriera politica che giudica la nazione e i colleghi politici; senza ipotesi immaginifiche ma con una serie di informazioni suggestive e inquietanti.
Boss, imprenditori, politici e traffici. Passato e presente. Tante storie nello spartito di un'unica storia, quella dell'intramontabile Cosa nostra. È scritta nell'operazione Gotha, che decapita la direziona strategica della mafia. Una cimice nel quartier generale dei "corleonesi" svela tutto. Voci e sussurri trasmettono vecchi riti e nuovi progetti degli "uomini d'onore". Ambiguità e prepotenze, obiettivi politici e sogni di dominio si proiettano con terribile genuinità. Cosa nostra è al bivio. Il "fantasma" Binnu sta per abdicare. La lotta per la successione è già aperta. A contendersela sono anziani leader e "giovani leoni". Una "guerra" è sul punto di esplodere. Per vincerla non bastano kalashnikof, astuzie e tradimenti. Ci vuole forza economica e attivismo sulla rotta Palermo-New York, per dominare il narcosistema internazionale. Non è sufficiente appoggiare politici senza scrupoli con la potente "macchina elettorale" mafiosa. Il futuro chiede una nuova classe dirigente al posto dei vecchi e sanguinari capi. Il futuro non c'è senza i "propri uomini" nelle istituzioni; senza il supporto di consulenti per le questioni legali, gli investimenti, l'occultamento dei fondi; senza l'abilità nel manovrare l'immenso potenziale economico dell'organizzazione.
"Il nucleare impossibile", illustra, attualizzandole, le ragioni per cui, negli anni Ottanta, l'Italia decise di uscire dal nucleare a seguito dell'incidente di Chernobyl, sottolineando in particolare: che il nucleare non è ad emissione zero e che, sulla base di tecniche di valutazione integrata risulta che il ciclo nucleare presenta fasi di lavorazione ad alta intensità di emissione di CO2 che il ricorso al nucleare non esaurisce la problematica della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, sia in termini di continuità di forniture sia di disponibilità di fonti di energia; che la generazione di energia da fonte nucleare è ben lungi dall'essere economicamente conveniente; che a fronte del rilancio del nucleare resta irrisolto il problema dei residui radioattivi, del ritrattamento, del combustibile misto (MOX) e del rischio di proliferazione militare; che il programma nucleare italiano, in questo contesto, si rivela insensato per molte ragioni (carenze nella ricerca, carenze nel sistema industriale e tecnologico, sicurezza). L'esame della situazione a livello mondiale conferma tutti questi dubbi e punti critici. Un esempio specifico rappresenta l'approfondimento dell'operato della SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari). La SOGIN, nel suo comportamento, testimonia dell'impossibilità di un nucleare italiano accettabile da un punto di vista della credibilità scientifica, della valutazione ambientale e della sicurezza.
"Questo libro di Citati è in fondo l'antologia segreta dei suoi sogni, e dei misteri sui quali gli preme di far luce: gli ori luminosi degli Sciti, e la strana luce del dio Apollo; le visioni iniziatiche dell'A-sino d'oro di Apuleio; l'accecante oscurità delle Lette-redi Paolo; e il Dio di Agostino, nelle Confessioni. I giochi del Tao, e la Bibbia vista dall'Islam... E Dante, e Mozart, e Montaigne... E il prodigio delle favole e dei racconti mitici". Hector Bianciotti
Questo libro è un quartiere di persone indebitate fino al collo. È una raccolta di voci intrecciate l'una all'altra da vincoli economici e narrativi - e in mezzo, c'è il credito al consumo, È l'immersione di uno scrittore nei lunghi in cui la curva del benessere italiano ha iniziato a incrinarsi, dove a ogni finestra e dietro ogni porta vivono debitori e creditori, uomini e donne che prestano e chiedono denaro, vivono di espedienti per 'fregare le banche', recuperano crediti, saldano un conto in rosso e ne aprono subito uno nuovo. Non sanno e non vogliono rinunciare all'illusione del lusso e si prono in pasto alla complessa divinità del denaro fantasma. Le loro sono storie di tutti i giorni, storie di persone nascoste e insieme comuni - le nostre storie.
C'era una volta. C'era una volta chi si dava come compito quello di incalzare il potere e di controllarlo: un'elite culturale temuta e ascoltata. C'erano una volta i "maestri", i Pasolini, i Moravia, gli Sciascia, i Calvino, ma anche i Bobbio, i Galante Garrone, gelosi custodi del libero pensiero. E ora? L'Italia non potrebbe essere quella che è senza la complicità del sistema mediatico e grazie all'assenza degli intellettuali, "una categoria - scrive Beha - più 'del portafogli che del pensiero". A cominciare dai giornalisti. Ma è il quadro d'insieme che preoccupa ("Stiamo rispondendo a Obama con Geronzi"): un gigantesco concorso di colpa che attraversa molte categorie professionali, in nome del denaro e in virtù di una normalizzazione della banalità da troppi accettata. Il resoconto di Beha, lucido ma non rassegnato ci induce a reagire, così come molte associazioni di liberi cittadini hanno cominciato a fare. Contro il Golpe Bianco che ci sta svuotando. In appendice, le "Resistenze ai Nuovi Mostri".
"Fra i critici del mondo moderno, ormai innumerevoli, René Guénon merita di essere segnalato come uno dei più radicali, dei più limpidi e coerenti... "Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi" è certamente la sua opera più completa e più rigorosa, e quindi anche la più utile ... Guénon - e in particolare questo suo libro, a preferenza di altri - merita di essere letto per togliersi dalla comoda illusione che il mondo sia necessariamente come noi siamo abituati a pensare che debba essere". (Sergio Quinzio)
Nel mondo contemporaneo ci sono molti più schiavi che in qualunque altro momento della storia dell'umanità. Skinner descrive questa lucrativa rete di schiavi che attraversa i cinque continenti e interessa 27 milioni di persone e la racconta nel dettaglio, da Haiti al Sudan, dall'India all'Europa dell'Est e dall'Olanda ai ghetti delle città americane. Sono storie nelle quali Skinner da direttamente la parola a chi subisce la schiavitù, a chi è riuscito a fuggirla, ai mercanti di schiavi e a chi cerca di combatterli. Storie spesso tragiche di persone abbandonate a se stesse dalla comunità internazionale e che, nonostante le sofferenze che patiscono, riescono ancora trasmettere l'intima speranza di riacquistare, prima o poi, quella dignità che viene loro negata.
Carola ed Elena, amiche e scrittrici, si scambiano lettere di riflessione, accusa, affetto subito prima e subito dopo la nascita di Mina, secondogenita di Carola. All'amica Carola, panciuta e felice, Elena esprime il proprio stupore, anzi la propria costernazione per uno stato d'animo che non comprende, e ne nasce un intelligente, serrato, profondo dibattito sulla femminilità e sulla maternità: per Carola un binomio appagante, per Elena un generatore di mediocrità, di infelicità, di regressione. La maternità non è "scontata". Tanto meno scontata è la maternità felice. Quanto è possibile starne fuori? C'è un prezzo da pagare? Il vuoto e il pieno del mondo passano attraverso un figlio? Elena e Carola non sono di fronte a un aut aut ma sono al centro di un gioco dialettico che strappa emozione e intelligenza delle cose laddove l'una e l'altra sembrano più protette e segrete.