Cresciuto in una devota famiglia cattolica nei Paesi Bassi, Paul Glaser, già adulto, scopre di avere origini ebraiche. Turbato da questa rivelazione casuale, Paul cerca di capire cosa è successo alla sua famiglia durante la Seconda guerra mondiale, il motivo di un silenzio così lungo sulla propria identità, e il motivo della misteriosa frattura fra suo padre e Rosie, zia di Paul. Rosie Glaser, ebrea non praticante, è una donna magnetica, sensuale, esuberante, astuta, innamorata del ballo che neppure quando i nazisti prendono il potere si spaventa, e anzi apre una scuola di ballo nell'attico dei suoi genitori, naturalmente illegale. Tradita dagli uomini di cui si fidava, arrestata dalle SS, finisce ad Auschwitz. Nel campo di concentramento è determinata a sopravvivere, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione, anche la sua passione per il ballo, anche la sua capacità seduttiva, messa a dura prova negli stenti cui è costretta. Delle milleduecento persone che sono arrivate con lei ad Auschwitz, solo otto sono sopravvissute. E tra loro c'è Rosie. Illustrato da una ricca selezione di foto, "Ballando ad Auschwitz" è insieme la cronaca di una indagine e di una scoperta che cambiano la vita di un uomo, Paul Glaser; è anche il ritratto di una donna straordinaria, segnata dall'amore, dal tradimento e dal coraggio.
In un film ormai celebre del 1984, il regista francese Claude Lazmann documentò l'orrore dei campi di sterminio nazisti attraverso il racconto di decine di testimoni, senza ricorrere ad immagini di repertorio. Quelle narrazioni sconvolgenti confluirono poi nel libro che qui viene riproposto. In queste pagine, sono riportati i dialoghi che accompagnano i fotogrammi del lungo filmato. Introduzione di Frediano Sessi. Prefazione di Simone de Beauoir.
Nel 1961, quindici anni dopo il processo di Norimberga, a Gerusalemme si celebrò lo storico processo ad Adolf Eichmann. L'allora giovane Stato d'Israele, nato solo nel 1948, volle con tutte le sue forze celebrare il processo davanti a una Corte di giustizia ordinaria, per dimostrare al mondo cosa fosse stata la Shoah. Un processo storico, dunque, che segnò un discrimine fondamentale poiché solo successivamente alla sua celebrazione si posero i pilastri per la costruzione memoriale della Shoah in Israele e in Europa. Eppure, nonostante l'importanza, il processo ancora oggi è assai poco conosciuto nelle sue mille pieghe, nei suoi mille risvolti, e, soprattutto, nelle sue mille e mille storie. In questo volume sono raccolte le storie degli ebrei italiani, dei nazisti che in Italia operarono e, in fondo, dell'Italia intera. deposizioni dei testimoni raccolte da oscuri cancellieri nelle aule dei tribunali: insieme costituiscono un testo talvolta inimitabile, scarno ed essenziale, lontano dal registro letterario, ma spesso denso di un'espressività e di una suggestione che mozzano il respiro. Tra i tanti materiali e documenti si segnala in modo particolare la lunga deposizione di Herbert Kappler. In appendice due deposizioni rese da Primo Levi, l'una nel 1960 e l'altra nel 1971. Prefazione di Anna Foa e Livio Crescenzi.
Perché i nazisti spesero tante energie per sterminare milioni di uomini, donne e bambini, soltanto perché erano ebrei? Perché Hitler riteneva gli ebrei la maggior minaccia per il Terzo Reich? Chi sapeva quello che succedeva e chi poteva fare qualche cosa? Perché gli ebrei non hanno opposto resistenza? Annette Wieviorka risponde alle domande di sua figlia Mathilde su Auschwitz e la distruzione degli ebrei d'Europa. Domande crude e dirette che esprimono l'incredulità di chi non può concepire l'assurda tragedia dei lager nazisti.
A Cesare Beccaria (1738-1794), giurista, uomo di lettere, economista, non si deve solo l'abolizione della tortura. Il suo celebre trattato (1764) ebbe enorme fortuna nel mondo: Thomas Jefferson e i padri fondatori degli Stati Uniti lo lessero direttamente in italiano; in Francia incontrò l'apprezzamento di Voltaire e dei filosofi dell'Encyclopédie che lo tradussero. Questo sintetico profilo ne illustra la figura e l'opera, e ci ricorda come il riformismo beccariano abbia ispirato i governi illuminati, e posto le basi del diritto penale moderno.
Giovanni Pesce, comandante partigiano responsabile dei Gap di Torino e di Milano, è stato un protagonista della Resistenza e della Liberazione. Giovanissimo ha aderito al Partito comunista e combattuto nelle Brigate internazionali contro Franco. Tornato in Italia, è catturato e mandato al confino. Per lui, giovane proletario emigrato con poca cultura, l'incontro a Ventotene con il fior fiore dell'antifascismo diventa fondamentale. Liberato intorno all'estate del 1943, dopo l'arresto di Mussolini e l'armistizio dell'8 settembre, inizia la clandestinità, prima a Torino, poi a Milano. Per Giovanni, primula rossa dell'antifascismo italiano, saranno mesi di azioni militari avventurose, leggendarie, coraggiose, drammatiche. Proprio nella Milano occupata dai nazisti, stremata, affamata, disseminata di luoghi dell'orrore, avviene l'incontro di una vita: i due partigiani Giovanni e Nori si conoscono, si innamorano e non si lasciano più. Le loro vite si intrecciano indissolubilmente con la lotta antifascista: i Gap colpiscono, attaccano e fanno azioni di guerriglia, i tedeschi arrestano, torturano, uccidono. Nella città crocevia di spie e delatori al servizio del nemico, Nori cade in un'imboscata e viene deportata. E l'ultima separazione perché insieme, Giovanni e Nori, rimarranno tutta la vita, condividendo e facendo sulla propria pelle la storia di quegli anni.
Un piccolo villaggio, i fratelli, gli amici, le corse nei campi, il bagno in un fiume limpido: questa è la storia vera di Leon, quella di un mondo spazzato via all'improvviso dall'invasione dei nazisti. Quando nel 1939 l'esercito tedesco occupa la Polonia, Leon infatti ha soltanto dieci anni. Ben presto lui e la sua famiglia vengono confinati nel ghetto di Cracovia insieme a migliaia di ebrei. Con coraggio e un pizzico di fortuna Leon riesce a sopravvivere in quello che ormai sembra l'inferno in terra e viene assunto nella fabbrica di Oskar Schindler, il famoso imprenditore che riuscì a salvare e sottrarre ai campi di concentramento oltre milleduecento ebrei. In questa testimonianza rimasta a lungo inedita, Leon Leyson racconta la propria storia straordinaria, in cui grazie alla forza di un bambino l'impossibile diventa possibile. Età di lettura: da 10 anni.
Per cinquant'anni un terribile segreto è rimasto nascosto, chiuso dentro a un baule in soffitta: foto, documenti, pagine di diario. È il racconto drammatico e insieme commovente - dell'Olocausto visto attraverso gli occhi di una ragazzina che ha sperimentato sulla propria pelle la deportazione, la morte dei suoi cari, la liberazione dalla prigionia. Una ragazzina che però ha chiuso dentro al suo cuore questa tragica esperienza, senza farne parola con nessuno, nemmeno con il marito, per decenni. Finché, ormai anziana e prossima alla morte, ha deciso che il mondo dovesse conoscere la sua storia. Una voce vera e diretta dell'orrore nazista nelle sue semplici parole di bambina. Una storia di dolore, perdono, amore e perdita. Da non dimenticare, per non dimenticare.
Residuo d'un lavoro, vagheggiato fin dalle prime esperienze giovanili maturate nell'Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli (1947-52), L'Europa di Croce, il cui punto di riferimento principale è la Storia d'Europa nel secolo decimonono (1932), intende - al di là delle vicende narrate - segnare le linee essenziali del tracciato dell'Europa moderna, seguito nell'intreccio tra la molteplicità irriducibile dei "contenuti" culturali, e l'assunzione della "forma", del "dover essere", capace di integrare quei "contenuti", storicamente e socialmente condizionati. È il problema, tanto dibattuto e contrastato della generazione seguita al Dilthey, all'avvento delle "scienze umane" o "scienze dello spirito", che hanno prodotto una frattura sostanziale nella storia del pensiero occidentale, una fase che ha inizio da più d'un secolo, con in più, ai giorni nostri, l'esigenza d'una risposta intuitiva di immediata comprensione.
Questo volume è la ripresa del lavoro "Dal bene comune al bene del comune. I trattati politici di Remigio dei Girolami nella Firenze dei bianchi-neri", già pubblicato su "Memorie domenicane", N.S., 16, 1985 e qui riproposto, con il corredo di nuove puntualizzazioni e il sussidio di una traduzione italiana ampiamente commentata che accompagna l'edizione di due testi latini. Remigio parte dal presupposto aristotelico che il bene del popolo o della città è più importante del bene del singolo membro della comunità e applica questa premessa ai problemi e ai profondi contrasti della società e della vita politica del Comune: il dualismo caratteristico della vita politica fiorentina si manifesta dapprima come lotta politica senza esclusione di colpi tra Guelfi e Ghibellini, per riproporsi poi, dopo la vittoria dei primi, nel contrasto non meno duro tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri. È merito di Panella aver unito, a un'impegnativa analisi dottrinale che affianca il pensiero remigiano ai dibattiti dello Studio francescano di Santa Croce, una vasta ricerca archivistica per ricostruire il momento storico da cui nasce il De bono comuni, e datare il trattato e in tal modo situarlo, comprenderlo, valutarne le implicazioni.
Protagonista della storia contemporanea della Corea è Kim Il Sung. Delle sue imprese l'autore di questo trattato sottolinea la fondazione dell'ARPC (Armée Révolutionnaire Populair Coréenne). Kim Il Sung è stato uno dei primi a fornire una sistemazione teorica ed organizzativa alla guerriglia e ad affidarle la funzione di liberazione nazionale e di riscatto di un popolo teso verso la sua indipendenza. Dopo anni difficili, di guerre e di ribellioni, il popolo coreano, sotto la guida di Kim Il Sung, ha percorso un cammino cosparso di durezza e complessità ma di grandi vittorie.