Cosa abbiamo imparato dall'ultima pandemia? Ci sono insegnamenti, pratiche ed esperienze utili per il futuro? E soprattutto, cosa avremmo dovuto imparare? Con queste domande, nasceva nel 2021 il progetto Pandemie & Infodemie: un manuale per il futuro e l'idea di raccontare questa crisi grazie a un gruppo di lavoro "ibrido" formato da ricercatori, comunicatori scientifici e società civile. Sfogliare questo volume sarà un salto nel tempo in una duplice direzione: verso il passato, per ricordare quello che è stato e capire come è potuto accadere; ma soprattutto verso il futuro, per interrogarsi sulle misure da intraprendere affinché ricerca scientifica, società e politica collaborino efficacemente per affrontare le sfide dell'avvenire.
Il cattivo è ormai la figura centrale nelle narrazioni immaginative, è spesso il personaggio più sperimentale e complesso, tanto da diventare sistematicamente un modello nonostante incarni il disordine e la devianza da rifuggire. Questa pervasività della violenza del cattivo ha delle ricadute etiche sulle scelte reali? Sì, ma in maniera obliqua. Per comprendere l'odierna accelerazione della trasformazione del cattivo, si devono indagare unitamente l'arricchimento dei mezzi espressivi, che permettono di esperire l'immaginario senza le limitazioni ordinarie, e le ampliate possibilità di fruizione e scelta da parte del pubblico. Sostenuta da uno strutturato impianto teorico, l'analisi di Salvatore Patriarca esplora il male come scelta e la violenza come conseguenza in un percorso che si snoda attraverso filosofia, cinema e televisione, passando dai malvagi "classici", da Giuda a Vito Corleone, per arrivare ai moderni Joker, Dexter e Walter White di Breaking Bad.
Un tempo premiare il merito - misterioso amalgama di talento e impegno - pareva la via maestra per combattere la disuguaglianza, antidoto perfetto contro il nepotismo e i privilegi di classe. Oggi, al contrario, tanti intellettuali, studiosi e politici pensano che sia fonte di discriminazione, selezione, umiliazione dei deboli, e ingaggiano una stupefacente battaglia contro il merito. Nella vita di tutti i giorni non abbiamo alcun problema a scegliere il cuoco più bravo, il chirurgo più esperto, la scuola migliore per i nostri figli, o ad ammirare l'artista più originale, il calciatore che segna più goal, la scienziata che fa una grande scoperta. Perché, non appena si parla di studenti e studentesse, tutto cambia? Perché la parola "merito" nel mondo della scuola e dell'università scatena ogni sorta di paure, accuse, luoghi comuni, pregiudizi? E se invece proprio il talento fosse il più egualitario dei doni, visto che può posarsi su una reggia come su un tugurio? In questo suo nuovo libro, Ricolfi ripercorre la storia delle idee sul merito, dagli ideali che hanno ispirato la Costituzione, passando attraverso le teorie filosofiche e i romanzi distopici del Novecento, fino alla recente e deleteria confusione tra merito e meritocrazia. E mostra quanto retrograda, infondata e lontana dal comune sentire sia la battaglia contro il merito. Sostenere i capaci e meritevoli - a partire dalle ragazze e dai ragazzi dei ceti popolari - è il gesto rivoluzionario che può rimettere in moto l'ascensore sociale. Un gesto che era in cima ai pensieri dei Padri costituenti, ma che finora nessuna forza politica ha avuto il coraggio di far proprio.
De-sincronizzare i tempi della vita urbana, ripensare gli spazi aperti e quelli domestici, cambiare radicalmente il sistema della mobilità, incentivare l'uso delle energie rinnovabili, realizzare architetture verdi, ricostruire un rapporto di reciprocità con le migliaia di borghi abbandonati, valorizzare la biodiversità implementando il nostro patrimonio di boschi e foreste. Stefano Boeri propone soluzioni nuove e radicali per dimostrare che è possibile ripensare la logica e le forme della vita urbana. Immagina un pianeta percorso da grandi corridoi della biodiversità dove le foreste e le città trovano un nuovo equilibrio, dove i borghi storici tornano a essere comunità di vita e le metropoli diventano arcipelaghi di quartieri autosufficienti. Un mondo nuovo che può nascere da un'intelligente accelerazione di tendenze già in atto. Stefano Boeri ci mette di fronte alle sfide più urgenti che le città del futuro dovranno affrontare.
Il colonnello Stanislav Petrov era responsabile del monitoraggio dei satelliti sovietici. Nel settembre 1983, in piena Guerra fredda, quando gli schermi segnalarono cinque missili USA diretti verso l'URSS, invece di dare l'allarme innescando un'escalation nucleare, immaginò che il segnale sullo schermo dipendesse da un'interferenza. Ciò che i satelliti avevano scambiato per missili erano raggi di sole riverberati dalle nubi: il cervello di Petrov aveva sventato un disastro nucleare. «Le cose non sono come sembrano, sono diverse, nascoste e, soprattutto, sono di più di quelle che si vedono a occhio nudo.» Come mostra Paolo Legrenzi in questo libro, la vita mentale è più ricca di quanto non sembri al senso comune. E in questa ricchezza si celano molti meccanismi della mente che hanno dato una base scientifica al tema della vita meravigliosa, più volte sviluppato nella letteratura, nel cinema e nelle altre arti. La vita può, anzi deve, essere stupore e meraviglia. Le scienze cognitive possiedono gli strumenti sia per scoprire le origini e i fraintendimenti del senso comune sia per portare alla luce queste bellezze che spesso sono offuscate, banalizzate. Con la conseguenza che la crescente distanza tra come le cose stanno nel mondo e come noi le immaginiamo rischia di condurre a errori, insoddisfazioni, delusioni e inevitabili conflittualità. Questo libro, ricco di casi concreti ed esempi tratti dalla nostra vita quotidiana, è un vero e proprio inno agli aspetti stupefacenti della vita, ma anche il tentativo di segnalare le principali trappole create da funzionamenti della mente adattivi in mondi lontani, mondi diversi.
Il Teorema di Pitagora riassume in modo esemplare le proprietà uniche ed esclusive dell'angolo retto. Nella tradizione è legato al demone divino del filosofo di Samo, ma risale in realtà a tempi remoti ed è patrimonio comune di diverse culture. Ripresentandosi regolarmente in formalismi complessi, questo celeberrimo Teorema si è rivelato una delle acquisizioni stabili e irrinunciabili della matematica, che continua a servirsene anche nelle sue tecniche avanzate. Ma se da un lato esprime aspetti essenziali del pensiero antico, dall'altro offre un osservatorio privilegiato per scoprire come il calcolo moderno ha provveduto a rimuovere con ogni cura i motivi religiosi e filosofici che hanno segnato la sua origine. La conseguenza di questa rimozione è la rinuncia a una sfera più ampia dell'esattezza, e a quel mondo ideale che per Hermann Weyl ne costituiva l'intimo cuore. Un cuore che questo nuovo, acuminato libro di Paolo Zellini ci permette di avvertire nelle sue pulsazioni più segrete.
Sono molti, e variegati, i temi affrontati in questa straordinaria raccolta di saggi: dalla stregoneria al divieto di conoscere ciò che sta in alto, inteso letteralmente e metaforicamente; dalle pitture erotiche di Tiziano all'«uomo dei lupi» di Freud, interpretato come un lupo mannaro mancato; da Aby Warburg e i suoi continuatori all'intreccio tra riflessioni sul mito e ideologia nazista negli scritti di Georges Dumézil. Che cosa lega ricerche così distanti tra loro? La prefazione alla prima edizione insisteva sulla morfologia, usata «come una sonda, per scandagliare uno strato inattingibile agli strumenti consueti della conoscenza storica». E alla morfologia si ritorna, in una prospettiva diversa, negli scritti inediti che ora si aggiungono, imperniati sulla nozione di «testo invisibile» (e perciò riproducibile) che era stata proposta in Spie. Radici di un paradigma indiziario. In questa nuova edizione Ginzburg rilegge il libro anche a partire da un tema fondamentale che, almeno in apparenza, in Spie mancava: il rapporto tra indizi e prove. È lecito supporre (come aveva fatto, in passato, lo stesso autore) che la ricchezza cognitiva degli indizi avesse indotto a trascurare l'importanza delle prove? Un dubbio da avvocato del diavolo, che ha portato a riesaminare da un'angolazione inattesa la sequenza che, partendo dalla triade Morelli-Freud-Sherlock Holmes, proietta il lettore da un lato verso i cacciatori del Neolitico, dall'altro verso il presente. E un invito a trasformarsi in cacciatori di indizi, per cercare di rispondere a questa e ad altre domande.
La scuola oggi viene spesso considerata un luogo destinato al mero apprendimento delle competenze, al "saper fare", anziché il luogo della cultura in cui si impara anche a diventare uomini. Eppure è dalle aule scolastiche che passa il futuro della nostra società. In queste pagine c'è la ricetta per non fallire: un metodo che tenga conto dei talenti di ogni studente, la libertà educativa come pilastro e la responsabilità come fine.
Alla vecchiaia comunemente si pensa come a una stagione di triste declino, d'immobilità, di giorni vuoti. Oppure, oggi più che mai, come a un'età in cui ancora tutto è possibile, in un prolungamento indefinito della giovinezza. Ma non appena laceriamo il velo dei tabù e dei luoghi comuni, l'«età grande» spalanca davanti a noi paesaggi inesplorati. Nel suo nuovo libro Gabriella Caramore fa esattamente questo: risponde all'esigenza di spingere lo sguardo tra le fenditure del tempo, ponendosi in ascolto «della propria carne e del proprio sentire». Senza cedere a nessuna nostalgia, apre il suo cuore al passato, ricorda i turbamenti e gli affetti dell'infanzia e della giovinezza, contempla il panorama delle cose perdute. Ma soprattutto guarda nascere nel presente un desiderio inaspettato: il bisogno di sentirsi vivi, proprio quando ormai s'insinua la consapevolezza della fine. Pur senza rinunciare alle asprezze e ai dubbi del pensiero, le sue riflessioni danno forma a pagine delicate e intense, illuminate da una grazia che incanta. Nel ripercorrere gli snodi di un cammino profondamente umano, e per questo esemplare, "L'età grande" prova così a riscoprire il senso più autentico della nostra vita.
L'umano cambia, perché l'umano è storia. E noi adesso dobbiamo decidere cosa vogliamo diventare. La rivoluzione tecnologica sta rendendo il nostro mondo uno straordinario laboratorio di futuro, anche se pieno di rischi. Per la prima volta, è la forma stessa dell'umano - i suoi limiti e i suoi confini - a diventare l'oggetto di una trasformazione che sposta il percorso evolutivo della nostra specie dalla storia della natura a quella dell'intelligenza, rendendo le sue prossime tappe solo un risultato delle nostre scelte. Davide Sisto racconta questa svolta in un libro acuto e coraggioso, che dà ragione a chi ha detto che «siamo qui perché le cose devono ancora avvenire», e che tutto il nostro passato sarà presto ridotto «a non più che preistoria».
Se la scuola deve servire a formare buoni cittadini, per essere pedagogicamente efficace dovrebbe affrontare soprattutto quegli aspetti che agli occhi dei bambini e degli adolescenti rivestono una immediata familiarità e importanza: l'Italia, la sua storia, la sua geografia, la sua cultura. In una parola, la sua identità. Un tema visto negli ultimi decenni con profonda diffidenza, soprattutto per ragioni ideologiche, e che invece è al centro della proposta di insegnamento presentata in queste pagine. Non una semplice formulazione di nuovi contenuti didattici né un modo nuovo di articolare quelli tradizionali, ma qualcosa di più grande e diverso: dare un significato del tutto nuovo al senso dei programmi di alcune materie d'insegnamento dei primi due cicli della scuola dell'obbligo e, forse, all'intero ambito dell'istruzione nel nostro Paese.
Due figure così lontane, almeno in apparenza. Due uomini che avevano dedicato la vita ad aspetti della realtà così lontani tra loro: la spiritualità e la scienza. Due uomini che vivevano agli antipodi, uno in Occidente, in Germania, agli albori dell'ascesa Nazista, e l'altro in Oriente, in India, agli albori della rivoluzione gandhiana. Cosa mai poteva nascere dall'incontro di queste due figure? Da questo incontro nacque la frequentazione e sincera amicizia raccontata in questo libro avvincente.