Le lettere, le conferenze e i documenti relativi alle sue opere costituiscono la testimonianza del generarsi del carisma vincenziano della carità. Il piano dell’opera prevede la pubblicazione nella traduzione italiana dei 12 volumi dell’opera omnia pubblicata negli anni 1920-1921 da Pierre Coste.
L’Enchiridion Theologicum Lullianum è una raccolta di 150 testi che si pone come una summa del pensiero teologico e filosofico di Raimondo Lullo, forma italianizzata di Ramon Llull (1232-1316). La ricerca scientifica su Raimondo Lullo ha reso possibile l’identificazione della predicazione agli infedeli non solo come un proposito determinante della sua attività, ma anche come una condizione epistemologica del pensiero che lo caratterizza e che lo porta a una riflessione teologica sistematica e comprensiva, plurale e diversificata, originale e disseminata in numerose opere. Questi sono alcuni dei tratti che permettono di definire lo stile distintivo della peculiare teologia di Raimondo Lullo nel complesso della teologia del Medioevo, situandolo a fianco ai grandi teologi cristiani suoi contemporanei: Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274) e Tommaso d’Aquino (1225-1274). A quelle finalità Lullo adegua tanto il linguaggio quanto il genere letterario e la forma stilistica. La selezione dei testi è stata realizzata da Jordi Gayà i Estelrich che, per seguire in maniera esaustiva l’evoluzione di ogni tematica, ha proceduto con puntuali riferimenti incrociati ai numerosi scritti di Lullo e privilegiato opere di diversi generi letterari per presentare uno stesso tema. I testi sono riprodotti nella lingua originale (latino o catalano) con la traduzione in italiano a fronte, curata da Simone Sari e da Letizia Staccioli, specialisti riconosciuti dell’opera dell’Autore. Il contatto diretto con le fonti permetterà al lettore di conoscere l’autentico pensiero teologico di Raimondo Lullo, una delle figure più emblematiche della storia della cultura catalana e europea.
CURATORE
Jordi Gayà Estelrich (Sant Joan, Mallorca 1948) è un sacerdote e un ricercatore su Ramon Llull. È professore di Teologia del Centre d’Estudis Teològics di Mallorca. Ha conseguito il dottorato in Teologia presso l’Università di Friburgo nel 1975. È stato il primo segretario dell’Institut d’Estudis Baleàrics. Ha realizzato diverse edizioni critiche e importanti studi dell’opera di Ramon Llull.
Il sapere secondo Heidegger ha il compito di indagare il fondamento stesso dell'essere dell'ente alla ricerca di quella differenza originaria, di quella apertura all'interno della quale l'ente stesso si da. Per Heidegger quando Dio viene fatto oggetto del pensiero lo fa non per una qualche necessità religiosa ma per risolvere, già a partire da Aristotele, una questione prettamente filosofica. Il Dio di cui si occupa la metafisica è il Dio come principio primo. che è causa di sé e dell' intero ente, anche quando di esso ne parlano autori come Bonaventura, che pure a a differenza di Aristotele sono consapevoli del carattere non solamente filosofico di Dio. Il Dio della metafisica è, quindi, secondo Heidegger un Dio ontoteo-logico, in quanto si presenta come il fondamento ultimo della conoscenza, dimenticando l'apertura originaria nella differenza ontologica che rende possibile questa stessa entità. Per tornare oggi, dopo Nietzsche e Heidegger, a parlare di Dio bisogna superare questa impasse ontoteologica e aprire lo spazio alla differenza originaria dell'essere, a quell'abisso an -archico che da essere, proprio perché non è l'essere, riscoprendo quella povertà assoluta d'essere di cui da sempre Bonaventura e la tradizione francescana sono i maestri indiscussi.
Pur costretti dalla loro stessa immagine pubblica a una postura di asciutta razionalità, per tutto il corso dell'età moderna i monaci benedettini cassinesi si mostrarono profondamente fiduciosi non solo nella possibilità dei miracoli, ma anche nella capacità, posseduta da speciali oggetti, di favorirne il verificarsi. Ma quanto era radicata la credenza che taluni oggetti giocassero un ruolo primario nel provocare eventi prodigiosi? La presente ricerca prende in considerazione questo peculiare aspetto dell'esperienza religiosa maturata nella più grande formazione monastica dell'età moderna: la Congregazione benedettina cassinese.
Con la sua nomina a "Dottore della Chiesa" papa Francesco ha richiamato l'attenzione sul pensiero di Ireneo di Lione. La riscoperta di una linea portante della sua teologia, ossia l'approccio sistematico alla creazione, permette al lettore moderno di gustare l'inaspettata fecondità dei suoi scritti. Il libro si divide in due saggi: un'introduzione alla sua "teologia della creazione", in chiave di teologia dogmatica e alla sua "teologia dalla creazione", in chiave teologico-fondamentale. Nel primo si espone l'azione del Dio Uni-Trino nei confronti della creazione, e quindi la vocazione salvifica di questa; nel secondo, in direzione contraria, si segue Ireneo nel partire dall'esperienza della creazione e della sua storia di salvezza come via per entrare nel mistero di Dio.
Londra, luglio 1535. In una cella della Torre di Londra, Tommaso Moro attende la propria esecuzione capitale. Nelle ore che precedono la sua fine, scrivendo dove può, si dedica all'incontro ormai prossimo con la Divinità, ma anche a distruggere l'immaginetta sacra che di lui - ne è sicuro - faranno i posteri, passando al pettine fitto del rigore morale la sua vita. In un serrato ma dolce dialogo con se stesso, contrappone così le sette virtù cristiane, con le quali lo incoroneranno i posteri, ai sette vizi capitali che la sua retta coscienza invece gli rimprovera. L'autore ne interpreta lo struggimento, suggerendo che ognuno - si chiami o no Tommaso Moro, muoia per mano di boia o col capo affondato in guanciali di trine - nell'attimo che precede il salto nell'ignoto ha la certezza di poter urlare tutto il suo bisogno, nitido e confidente, di misericordia divina.
Prosegue il cammino di Mauro Neri sulle tracce degli eremiti nella storia della Chiesa trentina. Con questo libro l'autore presenta altri venticinque racconti, nati percorrendo gli antichi tratturi che conducevano nel folto dei boschi, o in vetta ai dossi, oppure ancora aII'ombra delle rocce, là dove una minuscola chiesa veniva curata, tenuta pulita e aperta ai viandanti da un eremita che abitava nei paraggi. La figura del "solitario" che si ritira a vita isolata, trovando nel silen- zio della meditazione il motivo di una vita intera, ha stimolato la fantasia dei nostri avi, lasciando tracce nei racconti leggendari nati nei filò o nelle cronache spicciole di paese. Neri ha raccolto questi "semi" e li ha rivestiti di fantasia verosimigliante per far tornare in vita - quanto meno lettera- ria - queste figure che nella maggior parte dei casi rivelano una predisposizione all'aiuto, aII'accogIienza, al chinarsi sui poveri e sugli abbandonati. Valori anche oggi quanto mai in- dispensabili per realizzare un mondo di pace.
I "Padri del mondo" sono tutti i maestri protagonisti della Mishnà, espressamente menzionati nel trattato che si intitola appunto Avot, i "Padri". Si presenta qui la prima traduzione in italiano della versione tradizionale della raccolta dei detti attribuita a Rabbi Natan, maestro babilonese del II-II secolo, che amplifica detti dei Padri e si può considerare come un loro commento. Questo trattato extratalmudico offre al lettore un vero e proprio compendio. della sapienza rabbinica e della sua trasmissione di generazioni in generazione.
Un testo impregnato dell'amore per la Torà, scritta e orale, che è in grado di orientare ancora oggi la nostra vita, perché " su tre cose il mondo sta: sulla Torà, sul culto e sulle opere di misericordia".
Si propone la traduzione italiana, seguita dal testo originale inglese, del Sermone Sincerità e Ipocrisia diH. Newman, figura autorevole per santità di vita. Il Sermone, che interpella quanti desiderano interrogarsi e sincerarsi sul proprio cammino di fede, è preceduto da un sua presentazione, corredata da alcune riflessioni che ne colgono l'attualità.
Maria Filippa Lombardi, consacrata dell'Ordo Virginum, si è laureata in Filosofia; ha conseguito Diplomi in Scienze Religiose e in Ecumenismo; ha insegnato Religione nelle Scuole secondarie di Secondo grado. Formatasi nell'ambito dell'Azione Cattolica, ha sempre lavorato e tuttora lavora in ambito catechistico. È impegnata nella pastorale ecumenica della Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.
Una raccolta di detti, storie e parabole tramandate dai Padri del Deserto, gli eremiti cristiani che, tra il III e il VI secolo, scelsero la solitudine del deserto per dedicarsi alla ricerca di Dio. Attraverso aneddoti incisivi e aforismi profondi, il volume offre una guida essenziale alla spiritualità , resa accessibile anche ai principianti. Con uno stile semplice, ma ricco di saggezza, le parole dei Padri insegnano l'umiltà , la pazienza e la capacità di guardarsi dentro, ispirando un percorso di crescita interiore che, pur nato nel deserto, risuona ancora oggi nella vita quotidiana.
Siniscalco, fine filologo e profondo storico del cristianesimo antico, nel suo percorso umano e scientifico ha tratto frutto dalla giovanile frequentazione di grandi maestri, mantenendo poi nella sua lunga e fortunata carriera un approccio aperto e curioso delle diversità, incentrato sull'incontro umano e intellettuale. Interessato all'interazione fra diverse tradizioni culturali e religiose, ha sempre guardato al fenomeno cristiano come una storia "in cammino", sensibile al contributo dei contesti via via attraversati. I suoi studi si sono così concentrati sulla diffusione del cristianesimo nell'Impero romano, sull'emergere delle Chiese orientali, sulla laicità e il martirio, e tanto altro ancora. In questo volume colleghi, amici e allievi si sono soffermati ciascuno su uno specifico profilo dell'uomo e dello studioso. Ne emerge un ritratto sfaccettato ed al tempo stesso unitario, che si spera possa consentire al lettore di cogliere la sapienza e la profondità del suo magistero.
Le Lettere cristologiche di Atanasio, redatte tra 370 e 372, sono pietre miliari della storia della teologia. La Lettera a Massimo è un limpido sommario del pensiero atanasiano. L'unicità e lo scandalo dell'incarnazione e della croce assumono senso solo considerandone il fine: la salvezza. Solo Dio, non un altro uomo o una creatura, poteva salvare l'uomo, cioè divinizzarlo. E solo avendo un corpo umano, Cristo poteva offrirlo al Padre per tale fine. Con riferimento al culto, invece, la Lettera ad Adelfio afferma la distinzione e l'inscindibilità, in Cristo, di umanità e divinità. Infine, la Lettera a Epitteto, la più famosa delle tre, espone un catalogo di undici opinioni cristologiche dibattute e qui contestate da Atanasio, costituendo il punto più alto a cui si è spinta la sua cristologia. Testo originale a fronte.