“Tutto ciò che leggerete qui è il frutto di un lungo cammino. Il racconto di quei giorni rivisti con gli occhi di oggi. Occhi che hanno visto molto, ma che spesso hanno rifiutato di guardare tante cose. Occhi che a tratti hanno versato lacrime incandescenti. Ma anche occhi che hanno registrato immagini meravigliose e indescrivibili di vita vissuta, donata e accolta. Una vita nella quale quegli occhi hanno saputo scorgere ogni giorno innumerevoli miracoli. Restituendo gratitudine a Dio per aver colmato uno spazio dolorosamente vuoto tanto da farlo traboccare.” Sono pagine dense, asciutte ed emozionanti quelle che ha scritto Nicoletta Romanoff e che compongono Come il tralcio alla vite. Con profondo rispetto per la propria storia e per quella delle persone che la popolano, condivide qui il percorso intimo della sua vita e della sua fede. A soli diciotto anni subisce un lutto gravissimo e inaspettato, e “diventa” figlia unica. A diciannove accoglie la maternità, guidata dall’amore per un nucleo famigliare desiderato e sperato. È un cammino, il suo, sul quale si affacciano dolori indescrivibili e gioie incontenibili, dubbi e cambi di rotta, strade apparentemente senza uscita in fondo alle quali, però, sempre si apre uno spiraglio di luce. Quello di Dio e della Sua parola, che opera giorno dopo giorno nella vita dell’autrice, e che giorno dopo giorno la sorprende e la accoglie, tanto nelle certezze incrollabili, quanto nei cambi di rotta e negli inciampi. Un’opera toccante che celebra amore, fede e resilienza.
Elezioni presidenziali del settembre 2027: in un'Italia futuribile (ma verosimile) devastata dal cambiamento climatico, non si presenta a votare quasi nessuno. Il pressoché totale astensionismo dà il via a una valanga di emergenze che si traducono in una crisi della democrazia, apparentemente irreversibile quando il premier eletto dal popolo - leader decisionista di una coalizione di destra - sembra svanire nel nulla. Mentre la magistratura indaga su una misteriosa serie di attentati, l'economia crolla e l'Unione Europea guarda con inorridita preoccupazione all'Italia: la Penisola è vittima di una escalation che la rende una democratura passatista e xenofoba e prendono piede le voci di complotti internazionali. A rovesciare le sorti potrebbe essere l'eroico gesto di un capitano della guardia costiera, immigrato albanese naturalizzato: un uomo d'ordine in crisi di coscienza. Un ritratto ironico della politica italiana, uno specchio deformante delle sue pulsioni più profonde e un lucido avvertimento su ciò che potremmo diventare: questo libro ci spiega che la fantapolitica non è poi così lontana come sembra.
Dopo la Germania il Regno Unito è la maggiore economia europea. È in testa per spesa e potenza militare. Di fronte a uno scenario internazionale ad alto rischio la promessa di riavvicinarsi all'Unione europea non potrebbe essere più cruciale, anche per noi Italiani. Londra riscopre interessi e valori comuni. Per capire il ritorno di questo Paese tra i protagonisti internazionali occorre ripercorrere il decennio appena trascorso: dalla Brexit al possibile «reset» verso l'Europa del nuovo governo laburista, dalla fine del lungo regno di Elisabetta al nuovo corso di re Carlo. E il modo migliore per farlo è compiere un viaggio nei luoghi dove si prendono le decisioni che cambiano la storia. Ogni capitolo è una tappa nell'affascinante metropoli inglese che spiega le tendenze in atto nel Paese: palazzi del potere come Westminster e Downing Street per indagare la fine dell'era dei conservatori e il ritorno dei laburisti. Buckingham Palace per raccontare la svolta dei Windsor. L'ambasciata americana per approfondire il rapporto con la presidenza Trump e il dilemma di porsi tra Washington e Bruxelles. Quartieri come l'East End, aree della grande immigrazione e di un clima sociale difficile e Kentish Town, la «nuova Islington» dei laburisti. A raccontare i luoghi del potere di Londra e i «dieci anni che sconvolsero il Regno» (per parafrasare il celeberrimo reportage sulla Rivoluzione bolscevica) è uno dei volti più noti della Rai, a lungo corrispondente da Londra. Che spiega la fase di ripartenza per la Gran Bretagna sia sul versante politico sia istituzionale. Con il nuovo sovrano che ha fatto della sua malattia un segno di vicinanza a tutti i sudditi, all'unisono con la futura regina Catherine, consorte del principe William. Perché tra tabloid e social network la famiglia reale resta un capitolo importante per capire l'enigma inglese e spiegare la nuova fase della vita britannica.
È alla sfarzosa incoronazione di Napoleone Bonaparte a Parigi che Juliette Colbert conosce Tancredi di Barolo: è un colpo di fulmine, e pochi anni dopo Juliette diventa Giulia di Barolo, sua moglie, e lo segue nella splendida e terribile Torino della Restaurazione. Nelle prigioni della città sabauda, intanto, è rinchiusa la fiera Angela Agnel, uxoricida: ha accoltellato il marito ubriaco che tentava di abusare della figlia. Donne diverse, vite agli antipodi che il destino si diverte a intrecciare, nel fermento della rivoluzione industriale, delle prime lotte per i diritti dei lavoratori, delle conquiste sociali di cui Giulia di Barolo diventa presto intrepida sostenitrice. C'è tanto da fare, innanzitutto nelle carceri, dove languono prigioniere senza più alcuna speranza di riscatto, ma anche tra i poveri della città che chiedono pane e giustizia. E Giulia trova il tempo per occuparsi anche delle tenute di famiglia nelle Langhe, dove si produce un vinello che, con i nuovi metodi importati dalla Francia, potrebbe diventare un nettare più nobile e corposo. L'aristocrazia torinese si interroga: perché tutta questa frenesia? Forse perché la povera marchesina di Barolo non riesce ad avere un figlio? Magari, se si concentrasse sulla famiglia, le cose cambierebbero? E Giulia è disposta a molto, pur di mettere al mondo il sospirato erede: medicamenti, terapie, persino sortilegi. Ma non è disposta a rinunciare alle sue idee, né al suo amore, né alle sue battaglie. Il sangue delle Langhe scorre in queste pagine avvincenti: nelle vene dei protagonisti, nel frutto dei vigneti, nei crimini che insanguinano i quartieri degradati del popolo e nelle rivoluzioni che si preparano tra i palazzi del potere. E un destino di sangue, traversie e trionfi attende due donne audaci decise a cambiare il loro tempo.
«Molta morale, poca comunità, zero cultura»: questa frase di Pierangelo Sequeri è rimbalzata tra le pareti degli intellettuali cattolici o vicini al mondo cattolico sgretolando un muro di cartone che ha rilevato una certa voglia di discutere sinceramente del binomio cultura-fede cattolica, oggi molto trascurato. Da quell'articolo uscito su "Avvenire", che invitava "ad extra", a uscire cioè da un certo confinamento di idee, produzioni, azioni, è nato un ricco dibattito con protagonisti nomi della cultura quali Carlo Ossola, Roberto Righetto, Chiara Giaccardi, Silvano Petrosino, Antonio Spadaro, Sergio Massironi, Agostino Giovagnoli, Milena Santerini, Davide Rondoni, Roberta Rocella, Andrea Riccardi, Massimo Cacciari. Voci che, riviste, diventano ora una raccolta per provare ad andare tutti insieme oltre. Oltre una certa paccottiglia di pensiero che edulcora la realtà senza risolvere o aggiungere nulla. Oltre quei recinti che tengono sotterrati i tesori accumulati in questi decenni da una riflessione teologica incredibilmente più ispirata, da una spiritualità straordinariamente più vitale, da una concezione di chiesa più comunitaria. Una ricchezza che deve essere messa in circolo, oltre le dispute interne, con nuove forze e pensiero, con la capacità di dialogo che cerca di esprimere questo dibattito.
Scrive Cacciari nell'Avvertenza: «Nessuno come Van Gogh ha visto la tragica letizia del colore, l'immortalità della cosa nell'estremo della sua facies patibilis, la sua eternità in uno con la sua natura terrestre. Solo nutrendosi di essa il nostro esserci può credersi indistruttibile». Un viaggio attraverso l'opera - i simboli, i paesaggi, gli autoritratti, gli oggetti dipinti, i colori - di uno dei pittori più amati, commentata dal filosofo e illustrata con ampio apparato di immagini.
Obbediente, ribelle, polemico, profetico. Così, tra paradossi e antitesi, viene spesso presentata la inquieta figura di don Primo Mazzolari (1890-1959), sacerdote cremonese che ha segnato profondamente il panorama religioso e sociale italiano del Novecento. Un uomo dalle molte sfaccettature, difficile da incasellare in definizioni univoche, ma sempre fedele alla sua missione di testimone del Vangelo. Frutto di un'approfondita ricerca storica e di un'attenta analisi delle fonti, il primo volume di questa biografia abbraccia i suoi anni di formazione e quelli drammatici della guerra, il ministero a Cicognara, nel Mantovano, le prese di posizione contro le violenze fasciste. Le idee, i conflitti, le speranze di un uomo dalla fede profonda, un intellettuale acuto, un polemista coraggioso, capace di sfidare le convenzioni e di aprire canali di dialogo anche con i più "lontani". Un trentennio denso di eventi cruciali per l'Italia e per la Chiesa, dalla crisi modernista all'organizzazione politica dei cattolici, dalla democrazia cristiana murriana al Concordato del 1929, vissuto anche da Mazzolari con doloroso sconforto. «La sua profezia si realizzava nell'amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio. Don Mazzolari non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l'amore appassionato e la dedizione incondizionata» (Papa Francesco).
Ognuno di noi è una missione su questa terra. Riscoprire la bellezza e l'urgenza di rispondere a tale missione significa trasformare gli spazi della quotidianità in occasioni di incontro, di crescita, di impegno, di meraviglia: in una parola, di fraternità. In un mondo diviso e sconvolto da venti di guerra e inimicizia, scegliamo di metterci all'opera per costruire ponti, per aprire porte, per colmare distanze, per ritrovare volti e storie di vita oltre i numeri e i luoghi comuni. Abbiamo bisogno di cibo per sostenerci nell'impresa. Queste pagine, bagnate di vangelo, possono essere discrete compagne di cammino nel viaggio di una vita che non si rassegna, ma sceglie, come può, di lasciare il segno. Il fratello è e rimarrà sempre dono e prova. È il mistero dell'amore. In questo binomio si gioca tutto il nostro desiderio di comunione. Proprio nella lotta tra due opposti sperimentiamo spesso la sorpresa di sentirci raggiunti da un amore capace di sfidare l'alterità, senza più subirla come limite ma godendola semmai come opportunità. Anche oggi siamo chiamati a decidere se essere lupo o agnello, mercenario o pastore, la sposa o la prostituta. A noi la scelta.
Le grandi distopie immaginate da Orwell o da Huxley esprimevano la propria visione degli orrori del mondo solido-moderno abitato da produttori e soldati irreggimentati e ossessionati dall'ordine. Essi credevano nei sarti su misura, cioè nella possibilità di confezionare un futuro su ordinazione. Temevano gli errori di misurazione, i tagli scadenti o la corruzione dei sarti, ma non pensavano certo che le sartorie potessero fallire e scomparire. Le distopie del presente rappresentano un mondo in cui i sarti non ci sono più, in cui ci si crea da sé il proprio futuro che nessuno controlla, né vuole o sa controllare. In un mondo come questo non può che crescere lo scoramento e il disfattismo, l'incapacità di agire e la sensazione di essere condannati a soccombere. Eppure, secondo Bauman, questa è soltanto la descrizione di quello che stiamo vivendo. Non è vero che è «sempre la stessa storia»: il futuro non si deduce dal presente, il futuro non è un destino. Ancora una volta Zygmunt Bauman illumina, legge, interpreta e traduce ogni piega del tempo che viviamo.
Donne devianti, donne criminali, donne detenute, binomi complessi da affrontare e, soprattutto, da analizzare di fronte alla complessità del genere e alle implicazioni che emergono nel nuovo, diverso, loro coinvolgimento nelle organizzazioni malavitose. Il volume ripercorre l’evoluzione di donne di camorra che, grazie agli interventi ri–educativi del trattamento penitenziario, scoprono il proprio potenziale partendo da una revisione critica del loro vissuto e dei reati commessi, realizzando un percorso ideale che aiuta a comprendere gli elementi di forza e debolezza di un sistema penale che, nonostante le carenze, è ancora la strada per l’inclusione e la valorizzazione del capitale umano.