George Orwell (1903-1950) non ha certo bisogno di presentazioni. Con La fattoria degli animali e 1984 ha infatti firmato due classici della letteratura del Novecento che seguitano a essere letti e apprezzati in tutto il mondo, Italia compresa. Ne è la riprova l'aggettivo "orwelliano", ormai entrato a far parte del linguaggio comune, che evoca scenari distopici e inquietanti. Tuttavia, come può capitare quando si ha a che fare con autori molto noti, nel corso dei decenni non sono mancate le banalizzazioni della sua opera né le cattive interpretazioni, eludendo così la complessità - e a volte persino la contraddittorietà - di uno scrittore che spese la sua breve vita ad affinare le armi della letteratura per difendere dagli assalti del totalitarismo ciò che gli stava più a cuore, innanzitutto la verità e la libertà. A 75 anni dalla sua scomparsa, il libro di Luca Fumagalli ripercorre la bibliografia di Orwell alla luce delle più recenti acquisizioni, mettendo in evidenza, romanzo dopo romanzo, l'emergere dello "scrittore politico", del socialista anti-ideologico per cui l'unica cosa che contava davvero era la realtà, ossia l'oggettività dei fatti.
Novantaquattro interviste e dieci conversazioni di De Gasperi sui principali temi della vita politica italiana e delle relazioni internazionali: dai governi di coalizione del CLN al «centrismo»; dal duro Trattato di pace al Patto atlantico e alla «nostra patria Europa». Le grandi scelte che hanno orientato la ricostruzione democratica del nostro Paese coerentemente con il trinomio degasperiano «libertà, giustizia sociale, pace».
Un volume ricco di fotografie e racconti inediti per celebrare il centenario della nascita di Andrea Camilleri. Un progetto nato in collaborazione con il Fondo Andrea Camilleri e scritto dalla penna formidabile dell’inventore del detective Saverio Lamanna della serie tv Màkari. "Io e Savatteri siamo della stessa provincia che ha avuto come capotribù Pirandello, verso il quale tutti abbiamo un debito tale che continuiamo a pagare senza riuscire mai a saldarlo." Comincia da un debito questo volume illustrato nato dalla grande amicizia fra i due scrittori e promosso dal Fondo Camilleri in occasione del centenario della nascita dell'autore di Montalbano. Un racconto in parole e immagini che affronta le origini a Porto Empedocle, le memorie del fascismo e l'avvicinamento al Pci, la partenza per Roma e i primi passi da regista, l'incontro con Elvira Sellerio e Leonardo Sciascia fino al grande successo di Montalbano.
Michelangelo è un corpo a corpo letterario lungo trent'anni con la biografia, le creazioni e l'immaginario del Buonarroti. Un'opera fatta di opere: il risultato del confronto tra uno scrittore e l'ossessione artistica della sua vita. Riuscire a contenere con le parole una figura come Michelangelo, guizzante e statuaria, luminosa e sfuggente, è di per sé un progetto impossibile: non può riuscirci la bianchezza levigata del saggio e nemmeno la plasticità rutilante del romanzo; né possono restituirla le lapidarie testimonianze degli archivi. Per raccontare Michelangelo l’unica possibilità è dare forma a un libro michelangiolesco, composto di pagine elaborate e appunti, di documenti e finzione, di manoscritti catalogati e dialoghi inventati. Qualcosa che abbia in sé la risolutezza del Giudizio universale e i lineamenti accennati dei Prigioni. In questo lavoro monumentale Filippo Tuena concretizza tale ambizione, accostando il romanzo sugli ultimi anni dell'artista all'ipotesi sulla sua anoressia, le sue lettere commentate al contrasto tra le sue parole e il silenzio del contemporaneo Raffaello, il racconto del grande fallimento del cantiere della Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo alla riflessione sulle "opere rotte", le statue sfigurate o andate in pezzi e quelle non finite come la Pietà Rondanini. Quello in cui ci guida Tuena è un peregrinare flaneuristico e personale dentro e attorno al mito di Michelangelo, che da più di cinquecento anni continua ad affascinare e intossicare il mondo di estasi e tormento, brama e genio, sogno e peccato.
Uno Jung a tutto tondo, anche alla luce delle esperienze avute con il mistero (parapsicologia, medianità, alchimia, astrologia, I:Ching, ufo, NDE). Un saggio nato da profonde ricerche e dall'amicizia dell'autrice con Aniela Jaffé, psicologa, analista e stretta collaboratrice di Jung. Una biografia più aggiornata rispetto a "Vita e opere di "Jung" di Hannah o "Jung, la vita, le opere, il pensiero" di Wehr, perché tiene conto di documenti, lettere e diari a oggi inediti che consentono di far luce su aspetti poco noti, o poco citati per motivi di discrezione, sulla vita del maestro svizzero, le cui scoperte nel campo della psiche fanno ormai parte del patrimonio di conoscenze di chiunque abbia a cuore la propria interiorità e la propria evoluzione.
Rainer Maria Rilke (1875 - 1926), scrittore austriaco di origini boeme, è considerato uno dei piÃ^1 importatnti poeti di lingua tedesca del XX secolo. A quasi cent'anni dalla scomparsa e a centocinquanta dalla nascita, Marilena Garis ripercorre i luoghi e le opere di Rilke, alla ricerca di quello spazio interiore di mondo che Rilke ci ha donato.
Un racconto intimo e rivoluzionario. Un viaggio tra scienza, arte e libertà. Corrado d'Elia ci guida alla scoperta di un Galileo più umano che mai: un uomo prima ancora che un rivoluzionario, un figlio, un padre, un amante, un pensatore solitario e inquieto, capace di meravigliarsi davanti alle stelle e di interrogarsi senza sosta sul senso dell'universo. Un libro che va oltre la biografia e la scienza, per entrare nell'anima di un personaggio complesso e straordinario. Galileo, oltre le stelle è un viaggio nelle contraddizioni di un'epoca. È il ritratto affascinante di un uomo che ha cambiato per sempre la nostra visione del cosmo e dell'esistenza, lasciandoci un'eredità che ancora oggi ci interroga. Un invito universale a pensare, a domandare, a cercare. Perché la verità è un viaggio, non un punto d'arrivo.
L'11 marzo 1927 Alcide De Gasperi fu fermato dalla polizia alla stazione di Firenze per un controllo dei documenti. Con la moglie Francesca Romani, era in procinto di prendere un treno diretto a Trieste. Scoperto in possesso di documenti scaduti, venne arrestato e condannato dal regime fascista con l'accusa di espatrio clandestino. Nei mesi di prigionia, De Gasperi scrisse alla moglie, alla primogenita Maria Romana e agli amici le sessanta lettere ripubblicate in questo volume. Sono missive che lasciano trapelare lo sconforto dei momenti più duri, il bisogno di speranza da infondere a se stesso e ai propri cari, il coraggio di una fede religiosa e di ideali politici che restano saldi malgrado le avversità. Sebbene sorvegliate dalla censura del regime, le parole di De Gasperi non perdono una spontaneità che intenerisce e commuove. Quello che emerge è il profilo di un uomo integro, giusto, innamorato della famiglia, del proprio paese e della vita. Un uomo che crede fermamente nelle sue convinzioni, pur non immaginando il ruolo di straordinaria importanza che sarà chiamato a esercitare nel secondo dopoguerra. Rileggere le Lettere dalla prigione significa riscoprire una pagina del passato che non appartiene solo a De Gasperi o all'epoca in cui si è svolta, ma ha pervaso di sé l'intera storia nazionale fino ai nostri giorni.
Il 9 marzo 1941, su consiglio del suo terapeuta Julius Spier, Esther Hillesum comincia ad affidare a un quaderno il doloroso tumulto dei suoi pensieri – la sua «costipazione spirituale», come la definisce con pungente humour. Non si conoscono suoi scritti anteriori a questa data, fatta eccezione per una lettera del 1936 all’amica Pim. Il 7 settembre 1943 Etty salirà con i genitori e il fratello Mischa su un convoglio diretto ad Auschwitz-Birkenau, immane città di schiavi, e di lei si perderà ogni traccia. Il folgorante diario di quei due anni, 1941-1942, sembra insomma esaurire la sua intera esistenza, quasi fosse il residuo di un rogo – o di un sacrificio. Non c’è un prima e non c’è un dopo. Eppure nel 1941 Etty aveva ventisette anni. Chi era davvero? O, per meglio dire, chi era stata prima che l’incontro con Spier la facesse rinascere? Interrogando instancabilmente innumerevoli documenti, testimonianze, carteggi, alberi genealogici e album di famiglia, Judith Koelemeijer è riuscita a colmare il vuoto che circonda il Diario, a dargli uno sfondo: a far luce sulla famiglia di Etty – «strepitoso miscuglio di barbarie e alta cultura» ed epicentro di un sisma psichico che travolgerà, oltre a lei, i fratelli Jaap e Mischa –, sugli studi universitari di diritto e sulla passione per la letteratura russa, sulla vasta rete di amicizie, sui molteplici, spregiudicati legami sentimentali («Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini»), sulla sofferta decisione di lavorare alle dipendenze del Consiglio ebraico nel campo di Westerbork, dove vengono ammassati gli ebrei destinati alla deportazione e dove può sentirsi parte di un destino collettivo che occorre accettare: «essere presenti con tutto il cuore», questo solo conta.
János Esterházy (1901-1957) è stato uno dei grandi protagonisti e testimoni della tormentata storia dell'Europa nel corso della prima metà del XX secolo. Figlio di una nobile famiglia ungherese, interpretò tutta la sua vita pubblica al servizio dei propri connazionali residenti fuori dai confini del loro Stato. Operò in ben cinque sistemi politici, del tutto incompatibili tra loro: nacque sotto la monarchia austro-ungarica, visse nella democrazia cecoslovacca istituita al termine della Prima guerra mondiale, conobbe il breve periodo dello Stato autoritario ceco, poi lo Stato slovacco condizionato e addirittura succube del totalitarismo nazista. Infine, fu vittima del sistema sovietico, fu deportato in Siberia, tornò in Cecoslovacchia e morì in carcere sotto il regime comunista che dominava quel Paese con pugno di ferro. In tutte queste successive stagioni mantenne fede ai valori che costituivano per lui un patrimonio irrinunciabile: la dignità di tutti gli esseri umani, la giustizia, la pace e l'altissima ispirazione della sua fede di cristiano cattolico.
Parlare di Paolo Borsellino come di uno degli eroi della lotta alla mafia gli fa onore, ma rischia di mettere in ombra la singolare statura professionale, umana e spirituale di questo testimone, allo stesso tempo, del coraggio civico e di una fede profonda e vissuta con totale coerenza. Anche facendo ricorso a documenti inediti e a interviste con testimoni qualificati, l'autore mostra che il movente ultimo dell'uccisione di Borsellino è da ricercare nelle sue indagini sul territorio e nell'individuazione delle alleanze e delle complicità che Cosa nostra aveva intessuto con la borghesia mafiosa e con la grande imprenditoria siciliana e nazionale. Alleanze e complicità che erano anche al centro delle investigazioni di Giovanni Falcone e che ne avevano causato la morte. Ma la lettura delle azioni e delle parole di Borsellino durante l'ultimo periodo della sua vita porta a legare il movente della sua uccisione anche alla religiosità del magistrato: egli viene ucciso perché è un cristiano che vive nella storia quella fede su cui ha intessuto la sua esistenza.