Allorché l'Europa sperimenta la crisi della sua "costruzione" comune e della scienza o dell'opinione che è giunta a orientarla e a legittimarla, ci si interroga nuovamente sulla natura delle associazioni umane e sull'avvenire dei popoli europei. Raymond Aron ha accompagnato l'esperienza novecentesca dell'Europa pensando le idee che hanno trovato in essa asilo e il suo destino sempre sospeso all'alba della storia universale. I saggi raccolti in questo volume illustrano le perduranti lezioni di quella riflessione. Aron discute la natura e l'avvenire delle nazioni - fatto fondamentale della politica europea situandosi nell'elemento dell'azione, ma anche in un orizzonte più vasto in cui la figura spirituale e la matrice politica del Vecchio Continente sono considerate congiuntamente e nel loro significato universale. Lucida testimonianza di un grande pensatore, questa antologia restituisce l'esercizio di responsabilità nella Città di un "buon europeo" e la riflessione imparziale di un classico che non ha smesso di educare tanto il cittadino quanto l'uomo. Pensare l'idea europea, la sua fedeltà storica e il suo compito presente significa ancora pensarla politicamente. Comprendere la vita in comune degli uomini significa ancora meditare la sua fragile architettura, la sottile arte politica che essa richiede, la dialettica che continua a percorrerla tra l'esperienza delle nazioni e la questione della vera unità umana. Prefazione di Alessandro Campi.
«Democrazia dissociativa» è la metafora di origine neuro-psichiatrica che si è voluto utilizzare per caratterizzare sinteticamente i profili del nostro sistema politico negli ultimi venti anni, dominato dalla contrapposizione ossessiva fra «berlusconismo » e «anti-berlusconismo». In senso esattamente opposto al paradigma di «democrazia consociativa» – raccomandato da Arend Lijphart come forma ottimale di democrazia (e in parte sperimentato nell’Italia di Prima Repubblica) – nel nuovo corso si rompono irreparabilmente i legami di rappresentanza e rappresentatività fra una società che, se non coesa al proprio interno, si presenta tuttavia priva di conflitti irriducibili, e la politica ridotta a un’arena di lotta permanente fra «bande», interamente calata in una logica di potere fine a se stessa. Alla luce di questo schema interpretativo, il pamphlet ripercorre le fasi salienti di sviluppo e agonia della cosiddetta Seconda Repubblica, dal primo governo di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi nel 1994, al recente governo dei tecnici affidato a Mario Monti nel 2011.
Circola da tempo un pensiero post-secolare che invoca il ritorno della religione nella sfera pubblica, con l'auspicio che faccia da collante etico-politico per democrazie ormai sfibrate. Ma in una società di fatto monoreligiosa come quella italiana l'attivismo politico del cattolicesimo comporta un rischio serio per l'autonomia della legge civile, come ha mostrato la vicenda del crocefisso nelle scuole pubbliche. D'altra parte l'operazione si presenta rischiosa anche per la Chiesa stessa. Il "progetto culturale" con cui il Cardinal Ruini, presidente della Cei per oltre quindici anni, si proponeva di rilanciare il ruolo pubblico dei cattolici era rivolto a un mondo che non esiste più dagli anni Cinquanta. Da allora sono profondamente cambiati gli interessi e le preoccupazioni dei fedeli, le forme del credere e gli stili di aggregazione. La centralità della coscienza individuale e un reale pluralismo interno hanno preso il posto di gerarchie e liturgie tradizionali. Tentare di tradurre in politica la forza di queste esperienze religiose è dannoso e velleitario per chi ha a cuore il futuro della fede.
Vi siete chiesti perché esiste la giornata nazionale della stipsi? O quella dedicata alla timidezza? Ci fanno sentire costantemente malati, così le aziende incassano miliardi vendendo farmaci inutili. Tutto è business nello sgangherato mondo della sanità italiana. Sono un affare gli anziani: spuntano dovunque residenze assistenziali abusive che sembrano "lager", e il ministero non sa nemmeno quante siano. Sono un affare le mamme: vengono convinte a fare decine di esami inutili e a partorire con il cesareo, così le Asl guadagnano di più. Ci sono policlinici dove gli universitari si spacciano per specialisti, e ci sono ospedali minuscoli senza pazienti, che però restano aperti solo per assicurare il posto (e lo stipendio) ai primari. E poi, tangenti sui grandi appalti, malaffare tra dirigenti, case farmaceutiche che schedano i dottori per corromperli, valvole aortiche che costano il triplo del normale. Tutto, sempre, sulla nostra pelle. L'articolo 32 della Costituzione, "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti", è una bugia. Non vale più. Non per tutti, almeno. La verità è che lo Stato non riesce più a garantire la nostra salute. Nonostante spenda 114 miliardi di euro all'anno in sanità, 2 milioni di italiani non possono accedere alle cure pubbliche. Esodati per colpa di ticket diventati troppo cari a causa dei debiti accumulati da amministratori scellerati.
Perché nell'Italia repubblicana la sinistra non ha - se non rarissimamente espresso una premiership di governo? Perché è apparsa, rispetto a quanto avveniva in altri contesti europei, "figlia di un dio minore"? Mille sono le ragioni del fallimento, prima di tutto culturale, di una famiglia politica, che pure è stata oggetto di ammirazione, negli anni sessanta e settanta, da parte dei progressisti di altri paesi. In questo libro Marco Gervasoni fornisce un'interpretazione storica basata su quello che ritiene un fattore fondamentale per la débâcle della sinistra italiana: il peso abnorme esercitato dal comunismo, unito alla scarsa volontà, prima, e all'incapacità poi, dei socialisti di controbattere a questa egemonia. Da sempre viva, per ragioni sistemiche e ideologiche, la competizione tra le due sinistre, Psi e Pci, si inasprì davanti alla sfida culturale rappresentata da Bettino Craxi a cui il Pci reagì trasformando il segretario socialista nel principale dei propri nemici. Così, se per Craxi Enrico Berlinguer era un politico refrattario alla modernità; per il segretario Pci, il leader socialista era un "bandito politico". Due personalità carismatiche opposte tra loro tanto da far intravedere due Italie: irrimediabilmente in crisi (economica, morale e politica) quella di Berlinguer; dinamica e aperta al mercato e ai consumi, quella di Craxi.
Come progettare il mutamento istituzionale? A quali condizioni determinate riforme hanno o non hanno la possibilità di ottenere gli effetti desiderati? Per Sartori le costituzioni non sono soltanto strumenti di organizzazione giuridica del potere, ma anche struttura di incentivi intesa a indirizzare con premi e penalizzazioni il "buon fare" costituzionale. In questa ottica l'autore propone interventi fattivi sulle strutture politiche democratiche fondati sul controllo comparato e sulla convinzione che molto si può apprendere dall'esperienza di altri paesi.
Questo libro analizza la particolare relazione uomo-strumento che si è affermata nel contesto della società industriale.
Una crisi progressiva sembra investire il Parlamento nazionale, da anni sotto stress a causa dell'agire concentrico di una molteplicità di fattori: il crescente protagonismo degli esecutivi, il proliferare di centri decisionali spesso operanti al di fuori del tradizionale circuito democratico, la cessione di sovranità statale verso l'alto e verso il basso. Negli ultimi anni si è infatti assistito a una profonda evoluzione del tradizionale modello di produzione normativa, in un percorso accidentato, che, accanto allo sforzo di ordinare la complessità delle politiche pubbliche, ha visto nascere elementi di forte instabilità e di "fuga dalla legge". Il volume, con una puntuale ricognizione degli strumenti normativi che, nelle ultime due legislature, hanno "soppiantato" la legge (decreti-legge, ordinanze di protezione civile, legislazione delegata, direttive e regolamenti europei, in alcuni casi persino comunicati stampa che anticipano l'applicazione di norme ancora da approvare), indaga sulle ragioni profonde che, a partire dalla crisi dei partiti, hanno determinato l'attuale "groviglio" politico-istituzionale. Beneficiando del contributo di "testimoni eccellenti", il testo offre una prospettiva di superamento della crisi in atto, prefigurandone un possibile approdo che, pur nei profondi mutamenti intervenuti nella realtà locale e globale, riaffermi la centralità del Parlamento come principale soggetto del processo democratico.
La crisi in cui versa il capitalismo democratico tiene tutti col fiato sospeso e provoca un diffuso senso di impotenza. Nel tentativo di affrontare problemi prima inimmaginabili si adottano misure che agiscono come operazioni di emergenza a cuore aperto sul mondo occidentale, eseguite senza una vera conoscenza del decorso della malattia. La situazione è così grave che ci sembra di capire sempre meno che cosa esattamente stia succedendo e in che modo si sia potuti giungere a questo punto. Wolfgang Streeck, nelle sue Adorno-Vorlesungen di Francoforte, va alla radice della presente crisi finanziaria, fiscale ed economica, che interpreta come una fase all'interno della lunga trasformazione neoliberista del capitalismo del dopoguerra, iniziata già negli anni settanta. Facendo riferimento alle teorie critiche formulate a quell'epoca, analizza in che modo sia evoluta la fondamentale tensione tra democrazia e capitalismo nel corso di quarant'anni e quali conflitti ne siano derivati tra stati, governi, elettori e interessi del capitale. Esamina infine la trasformazione del sistema degli stati europei, da stato fiscale fondato sulle imposte, a stato indebitato, a stato basato sul consolidamento, e si interroga su quali siano le possibilità di ripristinare oggi una stabilità economica e sociale. Dal momento che il futuro che attende l'Europa è la concreta implosione del patto sociale che era stato alla base della democrazia capitalistica.
Suonano quasi ironiche a distanza di qualche anno le parole di Mussari, alla luce delle indagini e delle notizie trapelate che hanno travolto come un ciclone la terza banca d'Italia.
La Procura di Siena ha aperto almeno due fascicoli principali (e altri minori) indagando l'ex top management e arrestando l'ex capo dell'Area Finanza.
Al centro delle inchieste ci sono l'acquisizione di Antonveneta, le operazioni "spericolate" su derivati e altri prodotti finanziari e le presunte "creste" della cosiddetta "Banda del 5%". Un ciclone che scuote le sorti della banca e della città di Siena e dopo il quale nulla sarà più come prima.
Un particolare del "Malgoverno" di Ambrogio Lorenzetti campeggia in copertina, non poteva essere diversamente per un libro, questo di Michele Taddei e dedicato alla città di Siena che ci racconta in modo puntuale la cronaca di dodici mesi, dal 17 marzo 2012 data dello storico sciopero dei "montepaschini" al 21 aprile 2013 con la rielezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica e Bruno Valentini candidato unico alle seconde primarie per la scelta del sindaco nel comune di Siena, dopo quelle di febbraio. Addio l'immagine della città meravigliosa e beata nel suo felice isolamento, rimane l'istantanea di un luogo che in uno stretto lasso tempo, appena un anno, ha vissuto le pagine più brutte della sua storia e che forse nessuno poteva immaginare. Sono le cronache di un anno narrate nel blog del giornalista e scrittore Michele Taddei "Ah, s'io fosse fuoco", dal celebre incipit di una poesia di Cecco Angiolieri, che trovano la forma del libro, per fermare il racconto, per evitare che questi episodi di storia vera non vadano perduti e per offrire al lettore momenti importanti di riflessione. Dallo sciopero di migliaia di bancari monteaschini per le strade medievali al commissariamento del Comune alle primarie del centrosinistra, celebrate due volte in pochi mesi. Sullo sfondo lo scandalo della banca Mps, l'inchiesta giudiziaria che ancora oggi è al centro delle cronache giudiziarie e non solo.
Monza, estate 1988, una casa prende fuoco: è l'avvertimento della 'ndrangheta a un teste perché non riveli nulla al magistrato che già allora indagava sulle infiltrazioni mafiose al Nord. Milano, tribunale: il sostituto procuratore ascolta il dramma di una ragazza tenuta per anni in schiavitù, sfruttata e prostituita. E poi San Marino: un luogo caratteristico e ameno per tanti, ma non per i Pm di Forlì che indagano sull'evasione fiscale e per questo ricevono silenziose pressioni e velate minacce. La vita quotidiana dei magistrati è fatta di tante storie come queste. La scelta di battersi in nome della legge comporta rischi, paure e rinunce, quasi sempre sconosciuti all'opinione pubblica. In questo libro, Lionello Mancini dà voce a cinque toghe e alle loro storie di caparbietà, lotta, fatica e ideali forti, offrendoci allo stesso tempo un quadro esaustivo del mondo giudiziario italiano, utile a comprendere cosa significhi oggi, in questo Paese, lottare ogni giorno per un po' di Giustizia. Prefazione di Giuseppe Pignatone