Non abbiamo bisogno di molte cose per sopravvivere. Ce ne servono invece alcune, essenziali, per vivere. Jacques Attali ci svela cos'è indispensabile per condurre un'esistenza bella, buona, libera e felice: non solo semplificarsi, vivere con poche cose materiali, ma incontrare, almeno una volta nella vita, i grandi capolavori della creatività umana. Ecco una lista degli "imperdibili della civiltà", raccontati uno per uno dalla penna di un grande pensatore dallo sguardo lungimirante e raffinato. Romanzi e saggi, opere musicali e teatrali, dipinti e sculture, luoghi e monumenti, film e persino serie televisive sono uno strumento privilegiato per aprire il cuore e la mente alla curiosità, alla tolleranza, alla pace; l'unica via per conoscere gli altri, il mondo e se stessi. Ci sono voluti decenni per costruire questo "inventario dell'essenziale", una lista preziosa a cui tutti - in modalità libera, gratuita e senza censure - dovrebbero avere accesso. «La sfida di questi tempi barbari è fare della propria vita un'opera d'arte», esorta Attali, «e allora: leggi, ascolta, guarda, vivi!».
Cosa hanno da insegnarci organismi apparentemente tanto diversi da noi come una quercia, una pianta rampicante o un polpo? Quali dei loro segreti potrebbero aiutarci a costruire un futuro migliore e meno fosco di quello che oggi iniziamo a intravedere? La tecnologia sarà mai in grado di riprodurre la potenza nascosta e pulita del mondo vegetale? La risposta a tutte queste domande è racchiusa nel lavoro pionieristico della donna che ha inventato il primo robot della storia ispirato al mondo delle piante. Perfettamente adattate al loro habitat, le piante rappresentano un'alternativa evolutiva quasi speculare a quella del mondo animale: mentre uomini e animali si sono evoluti privilegiando caratteristiche legate al movimento e alla velocità, il mondo vegetale ha fatto della lentezza l'origine della propria resilienza. Se fino a ieri non avevamo dubbi su quale tra le due fosse la strategia di maggior successo, oggi qualche dubbio c'è, sollevato dalla crisi ecologica globale che abbiamo scatenato. Dal suo osservatorio di protagonista della rivoluzione tecnologica in atto Barbara Mazzolai ci conduce, con rigore scientifico e facilità divulgativa, in un'esplorazione della natura, tra bizzarri animali, piante dalle capacità misteriose, enigmi naturali che ancora oggi arrovellano gli scienziati. Il suo libro offre spunti e riflessioni illuminanti per capire meglio il presente, e un valido aiuto per iniziare a immaginare il futuro del nostro bel «pianeta azzurro».
Il duello sconfinato tra chi aspira a conoscere e chi è ignorante. La massa predilige sempre di più l'ignoranza e se ne vanta beata, pur annegando; gli esseri conoscenti, rari, proseguono in un progresso costante e faticoso, escono dalla caverna platonica e vedono il sole. Con estrema ponderata levità, di questo tratta il volume: di un male che sta dominando e di un bene che si sta prosciugando, sia nel campo quotidiano, nonché umanistico, sia in quello scientifico. Un saggio che lascia solo intravedere le tante complessità delle tematiche che vi soggiacciono, nella sfera pubblica e in quella privata, e in quale senso pubblico e privato riescano a intrecciarsi inesorabilmente nel conscio e nell'inconscio.
I cittadini italiani sono azionisti di maggioranza, a loro insaputa, della Rai, una delle più grandi televisioni pubbliche d'Europa: 13 canali televisivi, 10 canali radio, 11 sedi all'estero, per un totale di 13.000 dipendenti. Bene, nel corso degli anni, circa una settantina, questa proprietà è stata gestita senza cura, ha perso colpi sul mercato, non si è rinnovata come i tempi avrebbero richiesto e oggi ha i conti in rosso. Però gli italiani continuano a finanziarla. Dunque il Servizio pubblico è pubblico nel senso che è nostro, ne siamo proprietari. Ma non solo. La Rai resiste anche come una delle principali fonti di informazione del Paese: in anni in cui sembra che ci siano solo internet, social e app, è bene ricordare che il Tg1 delle 20 ha oltre 5 milioni di spettatori. È facile quindi intuire come, per entrambe queste ragioni, la Rai sia legata a doppio filo alla vita democratica del Paese. Carlo Verdelli è stato il primo direttore dell'informazione del Servizio pubblico tra il 26 novembre 2015 e il 3 gennaio 2017. Il progetto era ambizioso: un piano di riforma di 470 pagine suddivise in cinque volumi di analisi, confronti internazionali e proposte per "svecchiare la Rai, disinfestarla dai parassiti della politica e proiettarla nel mondo di oggi". Ma qualcosa non ha funzionato. Quali sono gli interessi che hanno impedito un rinnovamento così indispensabile e urgente? Perché e a chi conviene che le cose non cambino? Verdelli ci guida nelle stanze e nei corridoi di viale Mazzini, e spiega perché riformare il Servizio pubblico e sottrarlo alle sabbie mobili del potere romano è impossibile. La Rai mancata diventa così "un tassello non marginale di un puzzle complesso. Messo insieme ad altri pezzi, forma l'immagine di un tessuto svolazzante. Sinistro, più che di sinistra". E il problema dell'informazione si conferma essere più che mai cruciale per la nostra democrazia.
La bellezza e le strategie per accentuarla sono state perseguite in tutte le epoche, ma le civiltà del passato hanno cercato di imbrigliarle, arginando qualunque spinta liberatoria. L'ipermodernità contemporanea ha scardinato questo dispositivo e oggi la seduzione si sprigiona in ogni direzione. La parola d'ordine non è più costringere ma "piacere e colpire". E questa ingiunzione è una delle leggi che operano ovunque: nell'economia, nella pubblicità, nella politica. L'economia consumistica tempesta di offerte attraenti la nostra quotidianità intercettando i desideri; nella sfera politica, la seduzione si dispiega tramite l'immagine del candidato, appannando il programma politico, la vita vera. L'autore chiarisce quali sono i punti di forza della società della seduzione, e perché sarebbe catastrofico tornare ai modelli opprimenti del passato. Sottolinea anche le derive di questo parco giochi voluttuoso e spesso vacuo in cui ci troviamo a vivere, e delinea i modi per nobilitarlo senza sacrificarlo.
«Io affermo che in Medio Oriente esistono molteplici sistemi di violenza che vivono in una relazione simbiotica: ognuno fa affidamento sugli altri per sostenersi. I tentativi di rompere questa relazione investendo in una di queste componenti non fanno che dare energia all'intera struttura oppressiva di potere: si tratta del "triangolo vizioso" che dà il titolo al libro». Oggi i cittadini della regione mediorientale sono bloccati in un falso e opprimente dilemma: sono costretti a sostenere gli autocrati in cambio di sicurezza e stabilità oppure a schierarsi con i radicalisti islamici per spezzare il giogo dei tiranni e vendicare le loro angherie. La terza opzione è quella di subire l'intervento militare di governi stranieri, che a loro volta supportano più a meno esplicitamente i tiranni o i radicalisti stessi in vista di vantaggi economici e strategici futuri. Questo triangolo vizioso che abbiamo descritto non è vuoto. Al suo interno ci sono i comuni cittadini che sopportano il peso della repressione, perdono i diritti, la capacità di agire e, in molti casi, le loro vite. Iyad el-Baghdadi, uno degli intellettuali arabi più importanti dell'ultima generazione, attivista di riferimento della stagione delle primavere arabe e oggi rifugiato politico in Norvegia, in queste pagine illumina con uno sguardo nuovo le dinamiche di potere che tengono sotto scacco il Medio Oriente. Proponendo soluzioni concrete per uscire dall'impasse.
Ferruccio Parri, uno dei maggiori esponenti dell'antifascismo italiano e della Resistenza, è una vera e propria guida. I suoi scritti e i suoi discorsi ci conducono, ancora oggi, attraverso una ragnatela di parole chiave necessarie per contrastare il ritorno di retoriche e pratiche violente e identitarie. Che se fasciste non sono, al fascismo assomigliano molto. «Non vogliamo che su questa pagina della vita italiana, su questa carica morale si possa stendere un comodo lenzuolo di oblio. Questo no, compagni giovani. Ora tocca a voi.»
Cosa significa esattamente merito? Questa parola seducente mantiene ciò che promette? Oppure è una parola ambigua? Grattando la superficie, il merito mostra la sua vera natura: quella di una ideologia che sta trasformando la scuola, l'università, il sistema sanitario, la pubblica amministrazione, il mondo del lavoro nel nome della concorrenza e del mercato. Il concetto di cittadinanza è messo a rischio, e con esso il principio dell'uguaglianza sociale. Dietro al merito si nascondono questioni cruciali per comprendere il nostro tempo.
La mitologia di alberi e boschi, i bestiari delle fiabe, il gioco degli scacchi, la storia e l'archeologia dei colori, l'origine degli stemmi e delle bandiere, la leggenda di re Artù e quella di Ivanhoe. Un grande storico dei simboli alle prese con l'affascinante complessità di segni e sogni del nostro Medioevo. Un viaggio intrigante lungo il labile confine dove reale e immaginario si fondono e creano la storia delle idee, una passeggiata incantata lungo i sentieri della cultura e dei simboli.
«In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza. Come? Suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. Sono otto gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, come otto sono i fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante, e dunque la vita degli esseri viventi tutti.»
Che cos’è la felicità? La parola ‘felicità’ ha a che vedere con la libertà: la libertà da qualcosa di negativo (la malattia, per esempio) e la libertà di fare qualcosa di positivo (viaggiare, per esempio). Questa felicità, intesa come libertà da e di, definisce il primo punto della nostra linea sociale. L’altra parola da collegare alla felicità è ‘identità’. L’identità è la realizzazione di una pienezza di un sé profondo che ognuno dovrebbe conoscere per assecondarlo. È nell’atto di assecondamento di questo sé che noi troviamo la ragione della nostra identità. La ricerca della felicità e dell’identità deve combinarsi poi con un terzo punto: la sicurezza. È difficile partire alla ricerca della felicità e dell’identità se non si è al sicuro. E nel tempo della politica qual è la parola che concilia queste prime tre? Sovranità. Oggi la partita si gioca tra chi pensa che gli individui possono essere ridotti ad un arido soggetto economico intercambiabile senza identità e chi pensa che esistano ancora identità nazionali senza cui non ci può essere felicità né sicurezza.
Note sull'autore
Alessandro Meluzzi, medico chirurgo, specialista in psichiatria. Psichiatra, psicologo e psicoterapeuta, riceve i suoi pazienti presso gli studi di Torino, Roma e Rimini. Negli anni '80 del secolo scorso ha collaborato con Henri Laborit nel laboratorio di Parigi. Baccalaureato in Filosofia e Mistica presso l'Ateneo Sant'Anselmo di Roma. Già docente di Genetica del comportamento umano di Siena, di psichiatria forense dell'Università Sapienza di Roma, di psiconeuroendocrinologia presso l'Università di Torino. Attualmente, è docente del Master in Criminologia dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli, è direttore del Master in Criminologia e Diritto Penale (analisi criminale e politiche per la sicurezza urbana) presso l'Unicusano di Roma, è titolare del corso di Psicologia di Comunità all'IUSTO Rebaudengo dell'Università Salesiana di Torino, è direttore dell'Istituto di Psicoterapia analitico-esistenziale IPAEM. Giornalista pubblicista, autore e opinionista televisivo, ha firmato oltre duecento pubblicazioni scientifiche e oltre trenta monografie in materia di psicologia, psicoterapia, psichiatria e antropologia filosofica. Già deputato e senatore della Repubblica. Dal 2007 diacono della Chiesa greco-melchita in Siria e dal 2015 metropolita primate della Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala.