«Per colonizzare un territorio non è sufficiente disporre di capacità tecniche e risorse economiche, bisogna anche valutare che l'impresa valga la spesa e la fatica», per questo non c'è da stupirsi se imprese come l'arrivo dei vichinghi in Nordamerica poco dopo l'anno Mille o la feroce irruzione mongola in Occidente rimasero episodi circoscritti. Ben diverso, invece, fu lo scenario a partire dalla seconda metà del Duecento. Quando la curiosità per il mondo circostante, la sete di guadagno e la fede spinsero molti a intraprendere viaggi e spedizioni rischiose, e i contatti e le transazioni si fecero sempre più intensi al punto di dar vita a una vera e propria «globalizzazione» ante litteram. Ma è un errore, per noi occidentali affascinati dalla figura di Marco Polo, mettere l'Europa al centro di questo processo di connessione come se fossimo stati noi a «scoprire» il resto del mondo. Non fu così. Contrariamente a quanto si pensa, gli europei del medioevo erano consci di vivere alla periferia di un mondo ricco, colto, civilizzato e multipolare, dove avrebbero dovuto ritagliarsi un ruolo sviluppando il dialogo e i commerci, non certo cercando di imporsi con gli eserciti. Quelli che Paolo Grillo ci descrive nelle pagine de "Le porte del mondo" sono mercanti, missionari, uomini di cultura e avventurieri, non conquistatori. Soltanto così l'Europa riuscì a inserirsi pacificamente e fruttuosamente in un mondo più vasto e, spesso, più prospero e tecnologicamente avanzato, e ad arricchirsi di nuove risorse e di nuove conoscenze. Paolo Grillo ci conduce in un viaggio attraverso le infinite pianure mongole, il continente indiano e l'Africa, alla scoperta di quella globalizzazione che permise all'Europa di respirare per decenni un'aria nuova, un'aria destinata a condizionare la cultura e l'economia dell'Occidente latino per i secoli a venire.
In politica la realtà non è mai quella che appare. La narrazione dei vincitori «riscrive» la nuda trama dei fatti. Sugli ultimi trent'anni di storia italiana, paradossalmente, si è imposto il racconto dei vinti della storia. È la sinistra di matrice comunista e statalista - la grande sconfitta del secolo scorso, divenuta il sorprendente alfiere del liberismo selvaggio e del conseguente capitalismo finanziario - a raccontare cosa è successo, in sintonia con una parte della magistratura inquirente. Paolo Cirino Pomicino fa il controcanto alla storia «ufficiale» e - a forza di fatti, documenti e ragionamenti - offre una nuova e convincente lettura del passato prossimo e del presente. L'Italia vive una profonda crisi della democrazia, con la crescente invadenza del grande capitale finanziario e la progressiva trasformazione del ceto medio spaccato in due tronconi, il più piccolo dei quali è diventato una nuova classe dominante grazie alla finanza ingegnerizzata, mentre il ruolo dei corpi intermedi è pressoché scomparso. Serve una nuova rivoluzione borghese capace di rilanciare cultura e democrazia nel sistema politico italiano, «anonimo» e sempre più personalizzato. In questo quadro ha fatto irruzione, a fine febbraio, la guerra in Europa Orientale, con l'invasione russa dell'Ucraina. Migliaia di morti, milioni di profughi e danni materiali incalcolabili hanno commosso il mondo e compattato l'Europa e l'Occidente nel sostegno politico e materiale all'Ucraina e nelle sanzioni, durissime, alla Russia. Una svolta tragica, per un nuovo ordine mondiale.
È dal mito di Achille che l’umanità aspira a rendersi invulnerabile, a dotarsi di una corazza capace di garantire sicurezza per sempre. Per quanto comprensibile, è un desiderio vano, un’illusione che abbaglia. Non solo: coltivare questo pensiero magico significa innescare il meccanismo per cui le paure, lungi dal venir sconfitte, si ingigantiscono. Finiamo così per diventare vittime inconsapevoli di chi ci promette un qualche soccorso. Solo l’accettazione della vulnerabilità permette di affrontare in modo razionale l’incertezza futura basandosi sul calcolo dei rischi e sul bilancio costi-benefici. Infatti, mentre l’invulnerabilità si situa su un piano di fantasia (se non di delirio), la vulnerabilità ha a che fare con la gestione di pericoli reali: meglio dunque non perdere tempo con la prima quando si può ridurre efficacemente la seconda.
«Da quando ho iniziato a scrivere questo libro ho cercato un'immagine che potesse rappresentare, almeno per me, un'idea "fisica" di libertà. Così una sera, improvvisamente, mi è tornata alla memoria una sensazione lontana, ma ancora vivissima: quella che accompagnava i miei passi di bambino dal bagnasciuga verso il mare nelle estati trascorse a Milano Marittima con la mia famiglia. Una strana percezione di "transizione" che avvertivo quando la sabbia sotto i miei piedi cominciava a perdere consistenza e sostegno, mentre io non ero ancora in grado di galleggiare sull'acqua.» È in questa immagine della soglia da attraversare, con uno stato d'animo in cui convivono timore e coraggio, paura di abbandonare la realtà conosciuta e attrazione irresistibile verso l'ignoto, che Paolo Crepet condensa la sua personale idea della libertà. Ed è da qui che parte il suo viaggio attorno a un concetto che non rimanda a qualcosa che si può toccare o vedere, bensì a un impulso - a volte appena percettibile, a volte prorompente - presente in ognuno di noi e capace di aprire porte e dischiudere casseforti, sollevare tappeti impolverati, agitare venti imprevisti, sfidare rassicuranti quotidianità. In quanto intima consapevolezza di poter fare, bramosia, miraggio, anelito, visione, la libertà può trovarsi ovunque, anche nei luoghi più impensati: in un carcere, in un convento di clausura, in una stanza d'ospedale, in una sala da concerto, in un laboratorio scientifico, in un centro di accoglienza per migranti. Lo testimoniano le biografie delle persone scelte da Crepet come compagni e guide in questo itinerario esplorativo, poiché ognuna ha saputo conquistare, nel duro confronto con le leggi e le regole della tradizione e del presente, un proprio spazio di libertà in cui coltivare un'idea di futuro e speranza. «Questo libro nasce dalla necessità di avviare una ricerca personale che mi riportasse indietro negli anni, per poter riflettere sul tempo che sto vivendo. Scriverlo è stata una provvidenziale provocazione contro ogni seduzione di autarchico appagamento.»
Nell'epoca dell'incertezza, tra i giovani serpeggia un grande malessere, mascherato da benessere. Un segnale chiarissimo è la dipendenza digitale: l'abuso dello smartphone può portare a disturbi del sonno, a stati di panico e di ansia, a isolarsi dagli amici, dalla famiglia e da ogni attività sociale o sportiva. Una vera e propria malattia che in Italia coinvolge ormai un adolescente su dieci. Paolo Del Debbio ci invita ad aprire gli occhi. Ci racconta le storie di ragazzi la cui esistenza virtuale è arrivata a confondersi con quella reale e ci insegna a riconoscere i campanelli d'allarme della dipendenza. Anche senza contare i casi patologici, troppo spesso la vita dei "nativi digitali" è tanto ricca di stimoli social quanto apatica, priva di slanci e di interessi reali: un viaggio senza meta e senza bussola. Precarietà del lavoro e mancata indipendenza economica si sommano alla crisi di valori fondanti come quelli cristiani o delle grandi ideologie politiche. E se la rete finisce per sostituire le tradizionali fonti di approvvigionamento culturale e sociale, il rischio più grande è quello di allevare generazioni deboli nelle capacità di scelta, privata e pubblica. Non è un fenomeno inesorabile, ma i divieti e i rimproveri non servono a contrastarlo. Dobbiamo invece sforzarci di far immergere i nostri figli nella vita vera, perché crescano a contatto con la strada, la natura e la gente in carne e ossa, non con le foto "filtrate" su Instagram; perché sentano la pelle d'oca dell'empatia profonda, non le emozioni artefatte dei social network. Più liti vere e più riappacificazioni vere, più amori folgoranti, più successi e più smacchi. Una volta provata la bellezza della vita, persino le sue inevitabili asperità la renderanno preferibile alla sua copia virtuale, povera e sbiadita.
Il volume costituisce un profilo dell’italiano di oggi, tracciato ai vari livelli di analisi linguistica, dalla fonetica e fonologia alla morfologia flessiva e lessicale, dalla sintassi al lessico, compresa l’onomastica. Sono affrontati, fra l’altro, diversi aspetti di carattere variazionale, con capitoli dedicati al parlato, allo scritto, al trasmesso dei vecchi e nuovi media, e con approfondimenti sui dialetti, sulle varietà regionali e sulla lingua dei semicolti. Un’importante funzione di raccordo è svolta dal capitolo sulla testualità. Assai ricco il corredo degli esercizi.
Che cos'è l'andare in montagna senza la conquista della cima? Un atto di non violenza, un desiderio di comprensione, un girare intorno al senso del proprio camminare. Opera di narrativa che prende spunto da un viaggio realmente accaduto, taccuino di viaggio, ma anche il racconto illustrato, caldo, dettagliato, di come vacillano le certezze col mal di montagna, di come si dialoga con un cane tibetano, di come il paesaggio diventa trama del corpo e dello spirito. Perché l'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è una montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. Per affrontarla serve una vera spedizione, con guide, portatori, muli, un campo da montare ogni sera e smontare ogni mattina, e soprattutto buoni compagni di viaggio. Se è vero che in montagna si cammina da soli anche quando si cammina con qualcuno, il senso di lontananza e di esplorazione rinsalda le amicizie. Le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate. Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza.
Se non si è matti non si può..., davvero l'amore deve essere senza misura per essere vero. Solo chi ama rimane nel cuore dell'uomo e nel cuore di Dio. Il missionario non è altro che un uomo, una donna innamorato/a. Il missionario sa che la sua vita ha senso solo se donata. Una vita donata non è mai persa, è una vita riuscita, una vita piena, una vita colorata.
Il Nyokodo, il "luogo dell'amore a se stessi", è una piccolissima capanna di legno, di soli quattro metri quadrati, costruita nel cuore del quartiere di Nagasaki ridotto in cenere dalla bomba atomica. È in quella dimora che Takashi Paolo Nagai trascorse gli ultimi anni di vita, in ricercata povertà materiale e di spirito, immobilizzato a letto dalla leucemia, ma in una corsa inarrestabile alla scoperta di sé e del significato della vita e della morte. Qui scrisse libri e accolse centinaia di visitatori, sempre testimoniando come la fede e la speranza cristiane siano in grado di vincere la distruzione della guerra e della morte e riportare vita e pace in un mondo che sembrava annientato per sempre. Pensieri dal Nyokodo raccoglie suoi brevi scritti, meditazioni e lettere tradotti per la prima volta dal giapponese. È un'opera preziosissima per seguire, in familiare intimità con lui, i passi di Takashi verso l'incontro finale con Cristo.
Da dove vengono figure e miti della nostra vita quotidiana? Molto spesso da fonti greche e latine. - I conflitti e le ambivalenze nei rapporti tra genitori e figli, le gelosie tra fratelli, la contrapposizione tra il ruolo maschile e quello femminile nella società, gli entusiasmi generosi dell’adolescenza si rispecchiano nelle antiche vicende di Edipo e Clitennestra, di Atreo, degli eroi, delle Amazzoni, ecc. - L'attualità del mito è resa evidente dal suo persistere nel linguaggio quotidiano, con espressioni come: “la tela di Penelope,” “il letto di Procuste”, “il tallone di Achille”. - Un libro per tutti, con 16 immagini a colori.
Forte, fortezza, casamatta, rocca, bastione, cittadella: il paesaggio della penisola è ricco d'innumerevoli strutture difensive sopravvissute a secolari, talvolta millenarie, fasi di riadattamento e riutilizzo. In esse cogliamo il sedimento tutto italiano di architettura e storia militare, ma anche di scienza, arte, cultura e società. Dall'Orlando furioso al Deserto dei Tartari, tanti luoghi del nostro immaginario evocano queste fortificazioni. L'itinerario che ci propongono queste pagine spazia da costruzioni molto antiche (Castel Sant'Angelo) e medievali (San Leo, Castello Sforzesco) a fortezze spagnole (Castel dell'Ovo a Napoli), contro i pirati (Trapani e Ustica in Sicilia), alpine (Fenestrelle), risorgimentali (Gaeta, Peschiera), fino a quelle più recenti del Novecento.
Romanzo per ragazzi ambientato nel Sud Sudan. Sunday e Monday, due ragazzi appartenenti a etnie “nemiche”, fanno lotta, si incontrano e si scontrano durante la festa della fiera del bestiame. Per difendere se stessi e i propri diritti dalla prepotenza dei militari dovranno però imparare a collaborare. Tra inseguimenti e avventure, fughe e piani ben orchestrati, i due ragazzi troveranno un luogo in cui sconfiggere i soldati con le armi dell’astuzia e costruire una pace sincera. Il Sud Sudan è una giovane e bella nazione africana nata soltanto nel 2011, è terra di scontri tra etnie diverse, ma benedetta dalle abbondanti acque del Nilo, dalle ricchissime foreste, da un terreno fertile e da un sottosuolo ricco di petrolio e di altri minerali.