Il diritto non comanda, non opprime, ma rende liberi. La responsabilità dell'uomo non serve per imputargli obblighi e punizioni, ma è un presidio per proteggerne la dignità e la nobiltà. Sembrano paradossi per il sentire comune, ma il lettore, alla fine del libro, potrà convincersi della fondatezza di queste affermazioni. Il diritto non sempre assicura la giustizia, il fine cui tutti aspirano. Millenni di storia, però, dimostrano che è la costruzione dell'umano ingegno che più si può avvicinare a questo traguardo. Il libro è un atto di amore e di fiducia per il diritto e per le istituzioni democratiche, in un'epoca in cui la logica del mercato e del profitto sta progressivamente spostando il potere dall'ordinamento giuridico ad altre aggregazioni, con rischi sempre più frequenti di ingiustizie e di svilimento dell'essere umano.
Viviamo in una realtà immersa nella tecnologia, ma una comprensione sistematica di cosa sia la tecnologia non è semplice né banale. A ben guardare la nostra contemporaneità, si affacciano alla coscienza numerose e talvolta inquietanti domande. Che cosa significa essere umani in un'epoca di incomprensibile complessità tecnologica? Come gestire lo sviluppo? Quali sono i limiti da porre? E come far sì che tali limiti siano davvero rispettati? Affrontare tali interrogativi significa analizzare il presente e indirizzare l'innovazione verso un autentico sviluppo umano. Paolo Benanti, che nei suoi studi cerca di mettere a fuoco il significato etico e antropologico della tecnologia, prova a fare il punto su cosa si debba intendere quando si parla di tecnica e tecnologia e a presentare al lettore le domande che questi concetti sollevano nella nostra epoca.
Può capitare di arrivare a Parigi, Rue de Fleurus 27, accompagnati da un misterioso romanzo di inizio Novecento. O di spostarsi da Castellammare di Stabia a Tokyo, passando per la Meseta spagnola, innamorati persi di Roland Barthes e di un ragazzo giapponese. Può capitare anche di dormire in un hotel di Singapore, all'ultimo piano di un grattacielo e di essere svegliati da una voce lontana, che forse viene fuori da un libro, forse dalla vita. Quando si sfiorano, i libri e i viaggi fanno cortocircuito; e con un romanzo in valigia, qualunque itinerario diventa singolare e sorprendente. Alcuni tra i più noti scrittori italiani, da Antonio Tabucchi a Dacia Maraini, da Andrea Camilleri a Melania G. Mazzucco, da Raffaele La Capria a Giuseppe Culicchia, da Carmen Covito a Emanuele Trevi, raccontano i propri viaggi: fughe, avventure impreviste, pellegrinaggi e sogni da fermi, intessuti di parole e gesti in un appassionato dialogo a distanza con gli autori e i libri più amati. In diciannove conversazioni fitte di piogge tropicali, ballerine cambogiane, valigie colme di libri, tiri di boxe fuori tempo massimo, Paolo Di Paolo crea una geografia del viaggio in forma di racconto o di mappa delle emozioni. Con uno scritto di Pietro Citati
In un ritratto rigoroso e incalzante che per la prima volta riavvicina donna e simbolo, tra i mille irresistibili dettagli di un'esistenza e di una Royal Family senza pari al mondo, l'autrice rende ancora più amabile una protagonista della Storia, con noi da quasi un secolo e finora sconosciuta.
Da sempre l'umanità è abitata da un sogno, lo stesso di Dio: essere felice! Eppure, "l'idea" di Dio quasi mai è associata alla felicità, anche se Gesù, parlando di Dio molte volte la evoca: racconta di un Dio che ama i suoi figli e li ha creati perché siano felici. La felicità di donne e uomini è il motivo stesso della venuta del Figlio di Dio nel mondo. Perché allora non considerare i Vangeli come autentiche mappe per la caccia al tesoro della felicità? È proprio dai Vangeli, infatti, che i tredici capitoli di questo libro attingono le caratteristiche della felicità. La felicità è una scelta, è la pienezza di quella gioia di cui il cuore ha bisogno, non è solitaria, è contagiosa e mette in circolo energie in grado di cambiare il mondo. Dalla felicità dipende la qualità della vita. Siamo fatti per lui, ecco il segreto della felicità! Dio desidera la tua felicità perché... Dio è felicità!
"La sostenibilità non è una moda, uno strumento di marketing o un'attività marginale rispetto al core-business dell'impresa. È una questione di sopravvivenza." Diecimila anni fa, con l'invenzione dell'agricoltura, la specie umana ha iniziato la sua inesorabile competizione con tutte le altre specie. Il processo si è intensificato esponenzialmente con l'accelerazione tecnologica, l'invenzione dell'impresa moderna e la spinta del liberismo. La specie imperante oggi definisce il successo come estrazione - senza limiti - di valore dalla natura e dalla società. Il profitto è celebrato senza verificare e considerare il corrispondente impoverimento dei sistemi ambientali e sociali e il conto che le generazioni future dovranno pagare. Il paradigma attuale non può più funzionare, è ovvio: un sistema economico che estrae valore illimitatamente dal contesto in cui opera è destinato all'autodistruzione, perché degrada i sistemi naturali e sociali da cui dipende. Oggi si intravede un punto di svolta: le imprese cominciano a riconoscere la necessità di mettere in discussione i capisaldi del capitalismo e il movimento globale delle B Corp promuove un salto evolutivo: concepire il business come forza positiva, uno strumento per creare una prosperità durevole e condivisa. Questa nuova generazione di imprese misura i propri impatti e contabilizza il 'valore totale' che crea (economico, ambientale e sociale) per raggiungere un profilo rigenerativo, capace cioè di creare più valore di quanto se ne prenda per poter funzionare. Questa nuova generazione di imprese inoltre protegge il suo nuovo scopo con forme giuridiche innovative - come Benefit Corporation/Società Benefit - per sancire l'impegno a creare valore per tutti i portatori di interessi, non solo gli azionisti. Una copertina di "Harvard Business Review" del 2011 definiva l'impresa Benefit come un nuovo settore emergente "con la forza di trasformare il corso del capitalismo". Trascorsi undici anni, la visione diventa realtà, una leva straordinaria per affrontare le grandi sfide ambientali, sociali ed economiche del XXI secolo. I proventi degli autori derivanti dalla vendita del volume saranno donati al progetto #UnlockEducation
Il pellegrinaggio, soprattutto il cammino lento, fatto a piedi, è occasione per assaporare la bellezza della natura, la tranquillità del tempo che passa senza la fretta di arrivare, mentre il silenzio che avvolge il pellegrino è capace di imprimere nell'animo la pace e aprire al contatto con Dio. Oggi andare a piedi da un luogo verso un altro, come facevano gli antichi cristiani, è un esercizio prima di tutto dello spirito. «L'immagine del cammino comporta quella fatica, del tempo da trascorrere nel deserto, delle insidie e degli ostacoli da superare. Eppure il cammino, secondo l'esperienza dei pellegrini, non consuma le forze, non spegne il desiderio, non induce allo sconforto, non fa spazio alla tentazione di "tornare indietro" o di abbandonare la carovana, finché resta viva la promessa di Dio e l'attrattiva della città santa. Il popolo in cammino condivide l'esperienza: cresce lungo il cammino il suo vigore.» (Mario Delpini, Arcivescovo)
"A partire dalla Grecia, la scienza è una sorta di dialogo fra il continuo e il discreto» scriveva Simone Weil. Un dialogo inevitabile perché il continuo e il discreto «sono un dato della mente umana, che pensa necessariamente l'uno e l'altro, ed è naturale che passi dall'uno all'altro». Più che categorie della Natura - a cui si potrebbero assimilare le immagini del mare e dei granelli di sabbia - continuo e discreto sono i poli di una fondamentale complementarità del pensiero di tutti i tempi e le loro applicazioni arrivano ovunque: dai numeri irrazionali ai pixel che compongono le immagini digitali, agli algoritmi proliferanti su cui si regge il nostro mondo. In questo libro Paolo Zellini non si limita a ripercorrere - con la precisione e la profondità di indagine che lo contraddistinguono - la storia della millenaria contesa tra due potenze complici e nemiche, ma va molto oltre: ci aiuta finalmente a delimitarne i territori, risvegliandoci dal «sonno dogmatico» che impediva di coglierne i rispettivi ruoli. Fin dall'antichità siamo abituati a pensare il continuo come un primum, un insieme ideale, autosufficiente, ovunque denso e compatto, da cui ogni cosa ha origine. Allo stesso tempo, per ragioni di utilità ed efficacia, accettiamo che quel primum si trovi anche in mezzo ai numeri, e quindi nel discreto. Eppure, afferma Zellini «ciò che conosciamo effettivamente è solo il discreto» e tutto il calcolo moderno si basa sull'informazione insita nelle serie di numeri che approssimano elementi di un continuo che non potremo conoscere mai. Perché dunque non capovolgere la prospettiva e pensare il continuo come «un'approssimazione del discreto»? Questa l'audace tesi di Zellini, che ruota intorno al circolo vizioso par excellence della matematica, lasciandone intravedere una possibile via d'uscita. Ma allora che cosa resta del continuo? È davvero qualcosa di cui dovremmo o potremmo disfarci? Sarebbe un grave errore pensarlo. Anche se inconoscibile, il continuo rimane un presupposto ineliminabile, un abisso senza fondo «più oscuro e impenetrabile dello stesso infinito». E «nelle tenebre di quell'abisso, di quella totalità amorfa e indefinibile che ci circonda da ogni parte, non smette mai di brillare immutato un tesoro".
Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità?
Siamo nel pieno di quella che papa Francesco ha definito una catastrofe educativa: molti adulti si sentono sperduti, impreparati, quasi impotenti di fronte alle nuove generazioni e i giovani si trovano senza punti di riferimento sicuri. In un mondo che cambia con rapidità, è più che mai necessario ripensare il difficile compito di educare. Ripercorrendo quanto scritto negli ultimi trent'anni, mescolando ricordi personali e pubbliche riflessioni, Paolo Crepet offre il frutto della sua lunga esperienza, delineando quello che in molti hanno definito "il metodo Crepet". Un lungo viaggio, che pone al centro il bisogno di ripensare la genitorialità, la scuola, il rapporto tra le generazioni, il futuro. Non possiamo ignorare che la necessità di un profondo cambiamento si scontri con resistenze, timori, egoismi difficili da vincere, freni che privano bambini e ragazzi del diritto di far nascere i propri sogni e di coltivarli, affidandosi alla capacità di sentire le proprie emozioni e di lasciarsi coinvolgere dalla passione per un progetto di vita. Serve dunque la forza di una voce critica, anche scomoda, che scuota da questo torpore educativo e aiuti a invertire la rotta. Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere dunque spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui nessuno può sottrarsi, perché «i bambini ci guardano e imparano da noi bellezze e viltà». Paolo Crepet scrive perciò questo libro "come un portolano utile, per naviganti impauriti da vecchie e nuove tempeste, per chi voglia riafferrare il bandolo di una matassa troppo strategica perché sia lasciata all'ignavia degli indifferenti2.
Le intelligenze artificiali permeano molti aspetti del vivere quotidiano: fare una ricerca in internet, chiedere un prestito, cercare lavoro e anche conoscere una persona attraverso una piattaforma avviene mediante l'azione di vari algoritmi di intelligenza artificiale. Queste tecnologie, proprio perché presenti sullo sfondo dell'esistenza, diventano pressoché invisibili e ci sono sconosciute nella loro vera natura. Cercare di rendere visibile e comprensibile l'azione di questi strumenti onnipresenti e chiedersi cosa fare per gestirli e come non estromettere l'uomo dal decidere è l'obiettivo di questo testo. Il libro affronta la sfida di mantenere l'umanità capace di controllo in un epoca in cui la macchina si fa capace di surrogare le decisioni umane. Cosa la macchina può fare senza il controllo umano? Che decisioni può prendere? Come gestire gli eventuali esiti nefasti di questa delega? Ma soprattutto come far sì che la persona rimanga sempre al centro di quei processi vitali per la sopravvivenza della nostra specie e per una pacifica convivenza sociale?
Il presente volume delinea la "storia d'Israele e Giuda" dalle origini fino alla rivolta di Bar-Kochba nel 132-135 d.C. cercando di superare le difficoltà nate dall'adozione, negli anni, di paradigmi storiografici diversi. Per l'esposizione degli avvenimenti storici, dai periodi più antichi della storia d'Israele fino ai più recenti, sono state consultate fonti archeologiche ed epigrafiche che includono la più recente ricerca storiografica, ma anche documentazione papiracea e archeologica. Ogni capitolo del libro, inoltre, è corredato da alcuni riquadri nei quali sono presentati e commentati alcuni documenti di natura extrabiblica. Il volume si rivolge a tutti i lettori che intendono ottenere le necessarie informazioni storiche per affrontare lo studio della Bibbia in modo consapevole e critico.