Francesco Borromini è diventato negli ultimi decenni una delle figure centrali nel dibattito sulla storia dell'architettura occidentale, e al suo profilo di artista e alle sue opere sono stati dedicati libri, convegni, un numero impressionante di saggi e persino diversi romanzi ispirati alla sua vita e alla rivalità rispetto a Bernini. Nato a Bissone, sulle sponde del lago di Lugano, nel 1599, Borromini trascorre la sua adolescenza a Milano iniziando la sua formazione intellettuale nel clima creativo della città borromaica. Giunto a Roma intorno ai vent'anni, inizia a lavorare nella Fabbrica di San Pietro come scarpellino e incontra Carlo Maderno, suo lontano parente, che ne scopre le doti di architetto avvalendosi della sua collaborazione nella chiesa di Sant'Andrea della Valle. Alla morte del Maderno Bernini lo sceglie come collaboratore per il baldacchino di San Pietro e per il palazzo Barberini, fino a che, nel 1636, avviene tra i due una rottura che segna l'inizio di una rivalità destinata a diventare leggendaria. Le sue opere principali sono le chiese di San Carlo alle Quattro Fontane, di Sant'Ivo alla Sapienza, di Santa Maria dei Sette Dolori e di Sant'Andrea delle Fratte e gli interventi nei palazzi Falconieri, Giustiniani, Carpegna e di Propaganda Fide. Innocenzo X, nell'imminenza del giubileo del 1650, gli affida l'incarico più importante della sua vita, il restauro della costantiniana basilica lateranense. Nonostante il valore e il significato di questo restauro, che conserva come reliquie le mura della basilica paleocristiana, Borromini rimane insoddisfatto per la mancata realizzazione della volta che aveva progettato. Negli ultimi anni della sua vita il lavoro diminuisce e l'architetto, pur realizzando ancora dei capolavori come il campanile e la cupola di Sant'Andrea delle Fratte, la cappella dei Re Magi e la facciata del palazzo di Propaganda Fide, diventa sempre più malinconico e inquieto fino al gesto estremo del suicidio avvenuto nel 1667, che non gli impedisce però, prima di morire, di ravvedersi e di raccontare il tragico evento in una drammatica confessione rilasciata al suo medico, messa in musica da due musicisti contemporanei, Salvatore Sciarrino e Peter Maxwell Davies.
Nel suo percorso poetico, Paolo Ruffilli ha praticato strade diverse, sempre confermandosi in una coerente, limpida solidità di pronuncia pur nella varietà di tematiche e argomenti. Questo libro permette di seguirne il cammino per un arco di tempo pressoché quarantennale, trattandosi di un'opera unitaria composta a partire dagli anni Settanta, un ampio work in progress arricchitosi nel tempo. Un'avventura poetica ed esistenziale che prende il via con la metafora del viaggio e degli incontri che il viaggio offre, della quotidianità onirica e a volte sgradevole di chi comunque si trova «straniero tra la gente». Fino al ritorno, dal quale riparte la meditazione turbata sul senso delle cose e della vita, nelle incertezze e negli equivoci degli umani rapporti, tra vuoto, amore e violenza, mentre felicità «sempre si confonde / con la dissolvenza». Nel capitolo che dà titolo al libro, Ruffilli si muove a diretto contatto con gli oggetti di cui si popola la vita, e che si impregnano del nostro passaggio, trovando il senso non banale della loro presenza, si tratti del cappello o del bicchiere, della barca o di un diario, del letto o del libro. La sua fitta narrazione è affascinante, minuziosa, affabilissima, una sorta di insolito canzoniere dedicato a una realtà tanto essenziale nel vissuto quanto raramente indagata, come in queste pagine, con la concretezza maniacale dell'osservatore sensibile. Del poeta, appunto, che perlustra oltre la semplice superficie delle cose, e che qui prosegue con apparente orizzontalità il suo viaggio in un "atlante anatomico", dedicandosi alla bocca o alla caviglia come al cuore o al cervello, non senza ironia delicata, producendosi nell'esercizio acuto e antiretorico di un corpo a corpo con il corpo stesso. Nella sezione conclusiva, infine, il poeta pesca nelle profondità e negli anfratti del dire, nella formidabile, paradossale e «visionaria immaginosa verità» della parola, alla quale chiede risposte, ben sapendo, nella sua saggezza, che troppi interrogativi rimarranno inesorabilmente aperti.
Da almeno dodicimila anni abbiamo sviluppato tecnologie che hanno aumentato le nostre prestazioni fisiche e mentali, piegando l'ecosistema ai nostri bisogni alimentari e antropizzando il pianeta massicciamente. Ciò ha migliorato enormemente la qualità della vita ma ha generato tre debiti: economico e sociale (noto),ambientale (che comincia a essere noto) e cognitivo (poco noto, di cui iniziamo a renderci conto). Per nessuno di questi fenomeni preso isolatamente c'è una soluzione semplice. Tuttavia le prospettive di successo saranno molto maggiori se vi sarà una collaborazione intersettoriale: il trasporto pubblico e la riduzione del cibo-spazzatura hanno infatti un impatto sull'obesità, sul diabete, sull'inquinamento e perfino sul cambiamento climatico. Urge l'"internazionalismo": ciascuna di queste crisi trascende i confini nazionali e anzi richiede soluzioni globali. Questa constatazione è sorretta da forti prove scientifiche ed è tuttavia in stridente contrasto con i crescenti nazionalismi.
Chi è veramente Gesù? È davvero risorto? Qual è il suo posto nella storia? E cosa ha a che vedere con la nostra vita oggi? A queste e a molte altre domande risponde l'indagine di un legato romano in visita alla Provincia di Palestina. Un percorso appassionante attraverso le testimonianze dei personaggi dei Vangeli.
Il volume raccoglie alcuni studi, sia di riflessione teologico-morale sia di concreta prassi pastorale e ministeriale, che cercano di elaborare un percorso coeso e coerente al senso e al contenuto del ministero sacramentale della Riconciliazione.
Si muove da una delineazione del vissuto post-moderno in cui il penitente vive e da cui decifra l’esperienza del proprio peccato e della propria penitenza e conversione, affrontando alcuni nodi specifici come l’esercizio della coscienza morale e come la rivendicazione di prassi discutibili e discusse. Succede poi un capitolo che riprende una tematica nodale nella prassi ministeriale sacramentale, quella della coscienza morale e della sua formazione nelle coordinate intellettuali e culturali odierne, segnate dalla giusta rivendicazione di una coscienza che sia veramente la propria e non coniugata in modo impersonale. Il terzo capitolo riprende una problematica molto attuale e molto discussa a livello teologico e soprattutto pastorale, la possibile assoluzione dei fedeli divorziati risposati, tenendo in conto quanto la recente esortazione apostolica Amoris laetitia ha offerto circa il discernimento del bene possibile operato dalla coscienza morale. Fa seguito un capitolo sul senso del segreto confessionale, precisato nel suo oggetto e nei suoi soggetti. Termina il volume un capitolo sul rapporto tra confessione e direzione spirituale. È una questione che ha interessato e interessa non solo la teologia morale-spirituale, ma anche la prassi di molti sacerdoti, mentre esula l’esercizio della direzione spirituale operata da parte di laici, consacrate o consacrati non ordinati. Una distinzione sembrerebbe doversi porre, anche per i diversi obblighi concernenti l’una e l’altra.
Carlotti Paolo è ordinario di Teologia morale fondamentale nella Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana, dove dal 2017 è direttore dell’Istituto di Teologia dogmatica e dal 2018 vicerettore. è docente invitato in diversi Centri universitari e consultore presso la Congregazione delle cause dei Santi.
Tra le sue recenti pubblicazioni: La teologia della morale cristiana (2016) e La morale di papa Francesco (2017); La teologia morale italiana e l’Atism a 50 anni dal Concilio: eredità e futuro (2017) e Identità e differenza sessuale. Il gender e la teologia (2018).
Alla tragedia di Giulio Regeni, scomparso il 25 gennaio 2016 al Cairo, il mondo della politica non ha ancora risposto... A combattere per ottenere verità e giustizia per Giulio e per tutti i Giulio d'Egitto ci sono però i genitori, Paola e Claudio, insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini. Ma non sono soli. Anzi: con loro c'è l'onda gialla che parla di Giulio, indossa i braccialetti, appende nei principali comuni, università e luoghi di cultura quello striscione giallo per chiedere verità e giustizia. Perché Giulio era un cittadino italiano, un cittadino europeo che aveva scelto lo studio e la cultura come strumento di solidarietà e giustizia sociale. Nato a Trieste e cresciuto a Fiumicello, in Friuli-Venezia Giulia, aveva conseguito la laurea a Leeds (UK), un master a Cambridge e aveva un dottorato in corso a Cambridge. Al Cairo stava lavorando a una tesi, rivolta agli aspetti socio-economici principalmente dell'Egitto, in cui affrontava anche tematiche sindacali. La lotta dei genitori di Giulio Regeni affinché sia fatta chiarezza sulla sua cattura e la sua uccisione deve essere anche la nostra. Perché la verità e la giustizia sono diritti e spettano a tutti i cittadini. Con la collaborazione di Alessandra Ballerini.
"E' lo Spirito che guida la Chiesa. E' lui che può orientare la vita verso i camini della santità. E' lui che soffia, nonostante tutto".
"Ecco la grazia di prendere a cuore e in mano l'annuncio del Vangelo, senza rassegnazione o vittimismo".
Ci sono storie che vanno raccontate. Per senso della memoria, perché rappresentano un pezzo importante della nostra storia. Vanno narrate anche quando accadono a Casal di Principe o a Castel Volturno. È terra del clan dei casalesi che, in un capovolgimento semantico e culturale, ha scippato il nome ad una comunità. Ma questi sono luoghi in cui vivono soprattutto tante persone perbene. Domenico Noviello era una di queste. Uno degli “altri Casalesi”. Uno dei veri Casalesi.
In questo volume, Paolo Miggiano ne ripercorre l’impegno antiracket e la rettitudine morale, testimoniata oggi dai figli, che mostrano, con fragile fierezza, il loro dolore di sopravvissuti all’immane tragedia. L’altro Casalese è un libro sulla camorra e l’anticamorra, ma restituisce dignità narrativa a una persona che non si è chinata alle imposizioni dei clan. Quella di Domenico Noviello è una storia importante. Una storia non proprio troppo comune, ma che può ripetersi e accadere ovunque. La sua è la storia di un uomo che non voleva affatto diventare un eroe, ma essere solo un uomo normale. Noviello fu ucciso perché lasciato solo. Per la sua morte ci dobbiamo sentire tutti un po’ vittime, ma anche un po’ carnefici. Per questo la sua è una storia che dobbiamo conoscere.
Nura vive a Gerusalemme, in una casa dal grande cortile, con mamma, fratelli, nonno e... Abu Elias, uno zio scorbutico e solitario, dai grandi baffi ben curati che incutono soggezione: le ricordano le lettere arabe, quelle che fa tanta fatica a leggere e scrivere. Abu Elias è un famoso cantastorie. Nura si ferma spesso ad ascoltarlo, restando quasi ipnotizzata da quei grandi baffi che vanno su e giù, su e giù, seguendo i movimenti delle labbra... Una notte, la bambina viene svegliata da un lieve fruscio, accompagnato da una strana sensazione sul viso, come di... peli! Un grande Baffo è comparso nella sua stanza. È uno dei baffi di Abu Elias! Comincia un viaggio meraviglioso, nel cuore della notte, in volo sopra i tetti della sua amata e martoriata città. Un'avventura in compagnia di quel curioso ammasso di peli che sa leggerle nel pensiero (!) e che la porterà a non avere più paura dello zio, a riscoprire la bellezza della scrittura araba e, soprattutto, a far diventare realtà il suo più grande sogno: unire parole e musica per diventare la prima cantastorie di Gerusalemme. Età di lettura: da 7 anni.
Sono 150 anni che il Circolo di San Pietro risponde alla vocazione di essere "il braccio della carità del Papa", svolgendo attività di volontariato in ogni angolo di Roma: migliaia di pasti serviti, altrettanti pacchi viveri distribuiti dalle Cucine economiche; tanti pernottamenti nelle Case famiglia e negli asili notturni... In queste pagine l'attività del passato e del presente è percorsa con racconti in cui sono i protagonisti di ieri e di oggi a parlare e raccontarsi.