
Alighiero Tondi, professore gesuita della prestigiosa Università Pontificia Gregoriana, nell'aprile del 1952 abbandona improvvisamente la Chiesa per entrare nel Partito Comunista Italiano. La sua clamorosa abiura, che tanto scalpore suscitò nell'opinione pubblica, è da sempre rimasta avvolta da un alone di mistero. Chi era realmente Tondi? Quali ragioni stavano dietro la decisione di aderire al marxismo, di predicare l'infondatezza della religione, di scrivere libri controversi che denunciavano le infiltrazioni in Vaticano da parte dell'estrema destra portandolo a diventare un acclamato tribuno che infiammava le piazze italiane? Ma i misteri su Tondi non finiscono qui. Negli anni Sessanta il Partito Comunista lo emargina completamente, abbandonandolo a se stesso, senza fornire alcuna spiegazione. Una situazione inaspettata che lo conduce ad un lungo periodo di riflessione che si conclude con un nuovo colpo di scena: il ritorno al sacerdozio. L'autore ricostruisce l'enigmatico ingresso nel Pci del 1952 e le successive rocambolesche vicende.
In questo volume vengono raccontate le figure femminili che hanno occupato un ruolo di primo piano nella storia dinastica di Roma. Sono esistenze attraversate da complotti, guerre, contrasti familiari, apici di fama e abissi di dolore, lungo un arco di tempo - dal I sec. a. C. al III d. C. - in cui è l'Oriente a caratterizzare l'inizio e la fine di queste storie: l'Egitto di Cleopatra e la Siria di Giulia Domna. I loro profili biografici, accanto a quelli di Livia, Agrippina Minore, Giulia Soemia e Mamea, descrivono le trasformazioni di Roma, i cambiamenti nella politica, nella società, nell'arte, nelle mode. Insieme, compaiono altre donne, vittime di condanne ingiuste o coinvolte in cospirazioni: Ottavia, sorella di Augusto e moglie di Marco Antonio; Agrippina Maggiore, sposa prolifica e ribelle del valoroso generale Germanico; Messalina, scandalosa consorte di Claudio. Gli uomini del loro tempo hanno nomi altisonanti: da Giulio Cesare a Caracalla e Severo Alessandro, sfilano in queste pagine tutti i detentori del massimo potere politico fino all'avvento dell'anarchia militare. Li potremo conoscere meglio attraverso le donne che gli furono accanto, come interpreti di ruoli pubblici, come pedine indispensabili per la successione e la propaganda.
La vicenda di Marco Antonio appartiene alla storia dei vinti. La sua condotta fu diffamata con accanimento dagli antagonisti politici, Cicerone prima e Ottaviano poi; la sua memoria, dopo la morte, fu oggetto di sistematica rimozione in attuazione di un provvedimento del senato; la sua figura fu consegnata ai posteri inquinata dalla manipolazione del vincitore, il futuro Augusto: ne emerse l'immagine di un abile generale romano, soggiogato però dall'amore per la regina d'Egitto Cleopatra, corrotto dalla depravazione dell'Oriente, caduto preda degli eccessi di vino, cibo, lusso, sesso. A dispetto di tale deformazione, la documentazione superstite ci restituisce il profilo di una personalità politica animata da una progettualità innovativa. Nel contesto pubblico l'adesione al progetto cesariano e l'empatia nei confronti dei ceti popolari maturarono in una visione politica che intendeva conciliare le istituzioni della repubblica romana praticabili in Occidente con gli assetti delle monarchie ellenistiche a conduzione dinastica, proprie delle province orientali; a tale impostazione, ispirata a flessibilità e diversificazione, si coniugarono il rispetto, la valorizzazione e l'accoglienza degli usi e costumi del mosaico di popoli che componevano l'impero. Nell'ambito privato egli oppose un consapevole rifiuto delle convenzioni. Ad una esistenza consacrata, secondo le tradizioni, alla morigeratezza, alla sobrietà, allo spirito di sacrificio, all'impegno per l'interesse collettivo, egli contrappose un modello di vita che riservasse spazio ai piaceri individuali: le gioie dell'amore, l'ebrezza del vino, le raffinate prelibatezze della tavola, l'apprezzamento per ogni forma d'arte, la propensione per il lusso, la complicità cameratesca, la solidarietà con l'elemento femminile.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, la Germania ha realizzato a tappe forzate il sogno della riunificazione ed è diventata nei decenni successivi il Paese più potente e decisivo delle sorti economiche e politiche dell'Europa, fino a esercitare una sostanziale egemonia. Massimo Nava, inviato in Germania negli anni del crollo del regime comunista e attento osservatore dei successivi sviluppi, racconta i profondi cambiamenti della società tedesca e accompagna il lettore nella genesi della nuova Germania attraverso le vicende dei principali protagonisti e testimoni, da Helmut Kohl a Gerhard Schröder, fino all'ascesa di Angela Merkel, amata in patria e leader indiscussa in Europa. Ma l'egemonia sul Vecchio Continente, al di là di ragionevoli prudenze e riserve sulla storia del Paese, non deve spaventare, è una forza tranquilla e indispensabile, risultato di una sorta di mutamento culturale e identitario, di una rivoluzione di valori e sensibilità in sintonia con il monito di Thomas Mann: non è nata un'Europa tedesca, ma una Germania europea che si è fatta carico dei destini del Vecchio Continente e di cui possiamo finalmente fidarci.
Balzac scriveva che "i ricordi rendono la vita più bella, dimenticare la rende più sopportabile"; Borges nel racconto La biblioteca di Babele lascia che i suoi personaggi individuino nell'oblio "una forma di memoria"; già Dante alla fine del Purgatorio vuole che il fiume Lete permetta alle anime dirette al Paradiso di lavarsi dei propri peccati, rimuovendo così la memoria delle cose cattive del passato. La letteratura ha sfiorato o trattato con cura il tema dell'oblio, e oggi è necessaria una somministrazione sapiente di dimenticanza anche in ambito storico e politico. Per mettere in luce i danni da "eccesso di memoria", Paolo Mieli, con la chiarezza del grande divulgatore e l'accuratezza dello storico, prende in esame decine di eventi ed episodi del nostro passato, dalla storia antica al Medioevo fino ai nostri giorni: dal ruolo - mal compreso e peggio ricordato - di Caracalla imperatore di Roma a Carlo Magno, da Bisanzio "oscurata" da Costantinopoli alla Napoli rivoluzionaria di fine Settecento. Tra amnesie sospette e memorie riluttanti, queste pagine restituiscono peso anche a temi a noi più cari e vicini, quasi quotidiani, come le origini della mafia, l'eredità del fascismo italiano e del nazismo tedesco, indagando il non detto che segna il racconto della Resistenza e spingendosi a commentare il discorso pubblico del nostro presente, tra virus, pandemie, ipotesi cospirazioniste. Una terapia, quella a base di oblio, che Mieli identifica come necessaria, dato che "gli storici avrebbero dovuto far argine in qualche modo al dilagare della memoria". Perché "quando si hanno idee forti sul presente, è pressoché inevitabile che quelle idee si impongano sulle interpretazioni del passato." Eppure, dobbiamo fare di tutto per evitarlo.
Legata indissolubilmente all'elemento naturale acqua, "La Storia di Portuense" ha origine dalle terre sommerse. Intrappolata tra i grandi bacini, l'acqua marina forma quello che i romani chiameranno Campus Salinarum. Intorno alla metà del I secolo d.C., l'imperatore Claudio fa costruire la via che poi darà il nome al quartiere: la via Portuensis. È il collegamento con Portus, il nuovo scalo marittimo dell'urbe. Portuense è anche terra di martiri cristiani. In seguito alle persecuzioni di Diocleziano del 303, infatti, nella chiesetta di Santa Passera vengono sepolti gli eremiti egiziani Ciro e Giovanni, mentre nelle Catacombe di Generosa vengono deposti i resti dei martiri Portuensi, Simplicio e Faustino. Con la decadenza dell'Impero romano, la via consolare diventa una delle strade percorse dagli invasori per arrivare a Roma. È il 455 quando i vandali di Genserico, sbarcati a Portus, la percorrono per arrivare alla scomparsa Porta Portuensis. Solo l'intervento di papa Leone I riuscirà a scongiurare la completa distruzione della città.
Non c’è tregua per l’Austria, dal tradimento di Heinrich von Habsbach che la priva del suo reggitore, ultimo erede della potente famiglia Babenberger, nel 1246, fino al terribile secondo assedio turco di Vienna nel 1683. È tutto un succedersi di scontri e di guerre, che coinvolgono profondamente la comunità alpina di Wiesenberg. È come un’unica tempesta, provocata dalle ambizioni dei reggitori, dalle eresie e dalle aggressioni esterne, che costringono i pacifici abitanti a trasformarsi in guerrieri o in esuli, talvolta sbalestrati fino alla Germania settentrionale, dove un ramo della famiglia Adler partecipa alle alterne vicende dell’Hansa germanica. Ecco l’altro tema chiave della trilogia: l’esilio, le vicende che costringono le famiglie a dividersi e a trapiantare rami altrove. Cuore delle famiglie, anche e soprattutto nell’infuriare della tempesta, restano sempre le nonne, motivo conduttore della narrazione. Dopo le dure prove delle guerre hussite, del primo assedio turco di Vienna del 1529, della spaventosa guerra dei Trent’Anni, il periodo termina con le eroiche gesta per salvare l’Europa dalla marea islamica durante il secondo assedio di Vienna.
L’Isola misteriosa, come la Trilogia Romana dello stesso autore, è composta di tre racconti, concatenati l'uno all'altro, che ci offrono un affresco di vita e cultura siciliana prima e dopo il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908. I protagonisti sono figure storiche, come sant’Annibale Maria di Francia, Sir Alexander Nelson Hood, discendente del celebre ammiraglio, e un professore di igiene di Catania di cui l’autore non fa il nome, ma ha caro il ricordo. Parole e dialoghi sono basati su memorie e documenti autentici e le vicende umane sono giudicate alla luce della filosofia e della teologia della storia. La terra di Sicilia dischiude in queste pagine una parte del suo mistero.
«Siamo siciliani, caro professore, abbiamo la Sicilia non solo nel cuore, ma anche nel sangue. La nostra non è l’isola sensuale e scettica che ci viene dipinta. Questi sono i nostri difetti, ma chi ci parla delle nostre virtù, della nostra vocazione? C’è un’isola segreta, che non è solo un luogo geografico, ma è la terra intima del nostro cuore, quel tesoro che conserviamo nel profondo e non vogliamo svelare né agli altri né a noi stessi. Riscopriamo la nostra identità attraverso coloro che nella storia hanno scoperto questo segreto, realizzando così la propria vocazione.»
Si può parlare di un «Sessantotto cattolico»? E se è esistito, è stato solo una componente della contestazione giovanile, irrilevante e risucchiata dall'attrazione a specifiche e ramificato a livello europeo, se non su scala globale? Quali ne sono i riferimenti culturali, le reti di collegamento, i momenti e i luoghi in cui si è sviluppata una riflessione comune? Esiste davvero, insomma, una sorta di filo rosso che unisce gli studenti della JEC parigina e gli universitari cattolici che a Madrid scendono in piazza contro Franco, le avanguardie cattoliche della contestazione belga e gli studenti italiani che si sono mobilitati sin dall'inizio degli anni Sessanta? A tali interrogativi vuole rispondere questo libro, che analizza le direttrici di marcia che hanno portato i giovani cattolici europei «verso il Sessantotto », considerando un arco temporale ampio, che comprende il passaggio tra anni Cinquanta e Sessanta e gli orientamenti del mondo studentesco europeo del decennio che precede la contestazione. Italia, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Spagna: paesi che hanno avuto un Sessantotto spesso dirompente, alimentato proprio dalla gioventù cattolica. Gli studenti cattolici hanno in parte anticipato le istanze di contestazione, dal protagonismo generazionale alla vocazione antiautoritaria, declinandola in ambito ecclesiale e sociale. Come i loro compagni, anzi ancor prima dei loro compagni, hanno vissuto i lunghi anni Sessanta come un anticipo di contestazione, mettendo in sinergia, non senza contraddizioni, tensioni spirituali, esperienze associative e aspirazioni sociali.
L'emergenza Covid-19 ha rappresentato uno spartiacque epocale proprio mentre eravamo immersi in un'età di profondi mutamenti: l'affermazione della tecnoscienza nella sfera dell'economia e della società; l'avvento, nell'età del web e dei Big Data, di nuovi strumenti di potere e di gestione del consenso; l'emergenza ambientale. In questo scenario, denso di pesanti incognite, si stanno giocando diverse partite volte a ridefinire gli equilibri mondiali. Da un lato gli Stati Uniti e la Cina si stanno scontrando per stabilire chi avrà l'egemonia globale. Allo stesso tempo, una risorgente Russia e alcune potenze regionali (come l'India, il Giappone, l'Arabia Saudita, l'Iran e la Turchia) stanno assumendo un ruolo di rilievo e una autonomia fino a ora sconosciuta. Intanto l'Unione Europea si trova in grande difficoltà. Il suo indebolimento non si deve solo a cause di ordine strutturale e agli effetti della globalizzazione, ma al fatto che s'è inceppato il processo d'integrazione nei versanti nevralgici della politica estera e della sicurezza, del welfare e delle innovazioni di sistema. Un libro in cui un grande maestro della storia economica presenta un'analisi penetrante dello stato di salute del pianeta e dei rischi che ci troviamo ad affrontare.
Il 20 settembre 1870 non è soltanto una giornata fondamentale per l'Italia che completa la sua unità con la conquista di Roma. È anche un evento memorabile della storia mondiale perché decreta la fine del millenario potere temporale dei papi e segna l'inizio di una diversa presenza della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo. Gli italiani si muovono dopo le sconfitte francesi nella guerra contro la Prussia. Dopo il crollo dell'impero di Napoleone III, infatti, la Francia non intende intervenire più a difesa del papa. A questo punto, ci sono le condizioni per la conquista di Roma, obiettivo finale del Risorgimento. Fino all'ultimo si cerca una soluzione pacifica. Ma Pio IX respinge le profferte italiane e acconsente alla difesa armata chiesta dai suoi soldati, pronti a battersi come nuovi crociati. Il libro ricostruisce in dettaglio l'avvicinarsi delle truppe italiane a Roma, l'organizzazione delle difese pontificie e l'assalto alla città. Segue poi gli sviluppi successivi, dai festeggiamenti al plebiscito di annessione, all'avvio di una nuova politica nel quadro del sistema costituzionale rappresentativo italiano. A 150 anni da una data chiave della storia nazionale, una ricostruzione affascinante di 24 ore che hanno cambiato per sempre il corso degli eventi.
Per una meravigliosa e tremenda ambiguità linguistica, la morte e la vita sono iscritte nella stessa parola bios: bíos è vita, biós è arco. Noi siamo così un cerchio incompiuto, imperfetto, un arco, in cui inizio e fine non coincidono. Solitari restare a riva a osservare le tempeste della vita o salire a bordo senza troppo curarci dei compagni di viaggio? Seguire le leggi del cosmo o le leggi dell'io? Scegliere la politica o l'antipolitica? Il negotium o l'otium? Credere o capire di fronte a Dio e alla morte? Seguire la lezione dei padri o la rivoluzione dei figli? Basta volgere lo sguardo al mondo classico di Atene e Roma per trovare i nostri più naturali interlocutori, coloro che ci hanno preceduti nelle nostre stesse domande. Lucrezio e Seneca hanno fatto il controcanto al presente ponendosi le domande ultime. Non importa quali risposte abbiano dato, importa invece la loro allergia al pensiero unico, tanto da averci prospettato concezioni diverse e rivali del mondo. Importa il coraggio di sperimentare, in solitudine e in autonomia, cosa significa sopportare la verità quando la vita ti viene a trovare. A loro dobbiamo rivolgerci per ricordarci come eravamo e come potremmo essere.