
Lo sguardo di un grande storico avvicina i ricordi romani di Dante, che nell’ottobre 1301 fa parte dell’ambasceria che si reca da Firenze a Roma per incontrare papa Bonifacio VIII, e si confronta con tre canti della Divina commedia: il X dell’Inferno, dove gli eretici scontano la loro pena e il Poeta incontra Farinata degli Uberti e Cavalcante de’ Cavalcanti; il III del Purgatorio, dove le anime dei morti scomunicati attendono di poter iniziare la loro purificazione (tra questi Manfredi, figlio di Federico II), e l’ultimo del Purgatorio, dove le anime che hanno compiuto l'espiazione attendono l'accesso al Paradiso.
Sommario
1. Introduzione, di Chiara Frugoni. 2. Dante e la Roma del suo tempo. 3. Il canto X dell’Inferno. 4. Il canto III del Purgatorio. 5. Il canto XXXIII del Purgatorio.
Arsenio Frugoni (1914-1970), tra i maggiori storici italiani del Novecento, ha insegnato Storia medievale alla Scuola Normale Superiore di Pisa e all’Università di Roma.
Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale nelle università di Pisa, Roma e Parigi.
L'impero non è semplicemente una forma di governo o di organizzazione politica: ha radici divine, perciò lo si ritiene immortale. Questo libro racconta il modo in cui si è trasformato il concetto di impero nei secoli che vanno dalla caduta dell'impero romano d'Occidente a quella di Costantinopoli (1453). Con una prosa agile e continui rinvii alle fonti storiche, l'autrice guida il lettore in un lungo e affascinante viaggio attraverso gli imperi che si susseguirono durante il Medioevo: da Costantino, il primo imperatore cristiano, a Carlo Magno, considerato il padre dell'Europa moderna, dai fasti del mondo bizantino alla dinastia degli Ottoni che regnò sullo scorcio dell'Anno Mille, nel drammatico "secolo di ferro", fino alla riforma gregoriana della Chiesa e allo scontro epocale che vide su fronti avversi i papi e i grandi imperatori tedeschi: Enrico IV, Federico il Barbarossa, il geniale e sregolato Federico II di Svevia, soprannominato "stupor mundi". Come una Fenice immortale, che arde ma non muore, l'idea del potere universale sopravvisse ai grandi sconvolgimenti che travagliarono la civiltà occidentale dopo la fine dell'impero di Roma, si eclissò in epoche di crisi per poi risorgere, ogni volta splendida, negli imperi del Medioevo. Il segreto di un potere universale. Dalla caduta dell'impero Romano d'Occidente alla fine di Costantinopoli.
Roma, 23 marzo 1944. A via Rasella esplode una bomba che uccide trentatré soldati tedeschi. Da Berlino un ordine atroce: per ogni membro delle SS, Hitler vuole la testa di dieci italiani. Celeste Di Porto, giovane ebrea amante di un fascista, aiuta a scovare nel Ghetto i suoi stessi vicini di casa, che con disprezzo la chiamano «Pantera Nera». Nella città liberata una ricca donna tedesca, Elena Hoehn, viene accusata di spionaggio, colpevole di aver dato rifugio a un carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua destituzione. Nello stesso carcere, alle Mantellate, le due inizieranno un percorso che le porterà a cercare, con sorti alterne, una nuova avventura nel solco di Chiara Lubich e dell'emergente ideale focolarino. Ma sono davvero due donne che affrontano un viaggio spirituale o si tratta di due carnefici dalle mani insanguinate? Corrisponde a verità la leggenda che vuole Celeste rancorosa e incapace di discernere tra il bene e il male, salvata da un'anima pia e compassionevole come Elena? Il desiderio ostinato di entrambe di riscattarsi e calcare il «palcoscenico del mondo» e la brama di riscrivere il proprio trascorso gettano ombre sulle conversioni religiose. Tra delazioni, tradimenti e tentativi di redenzione, attraverso le vicende di figure ai margini della Storia, Anna Foa e Lucetta Scaraffia si addentrano in territori inesplorati del nostro passato e restituiscono, nell'ambiguo rapporto di amicizia fra Celeste ed Elena e nella loro ricerca tormentata di una nuova vita, lo specchio di una società che, sebbene anelante a un rinnovamento spirituale, tendeva a dimenticare le colpe e a rimuovere i delitti.
Tenente dell'esercito del Regno, capo partigiano in Val d'Ossola, braccio destro all'Eni di Enrico Mattei, di cui divenne successore. E poi la scalata a Montedison. Fino al colpo di scena del 1977: le dimissioni da presidente del colosso chimico e l'espatrio in Svizzera, con un immenso patrimonio personale. Un improvviso abbandono della scena pubblica di cui era stato a lungo uno dei principali protagonisti. In mezzo, una miriade di polemiche giornalistiche, scandali e inchieste, da cui uscì miracolosamente indenne. Una coltre di sospetti alimentati dalla sua leggendaria riservatezza: le sue interviste si contano sulle dita di una mano, rarissime le foto, inesistenti i filmati in cui compare. La leggenda nera, che da sempre lo avvolge, dopo la sua morte nel 2004 si è arricchita a dismisura, con Cefis messo in correlazione con le morti di Mattei, del giornalista Mauro De Mauro e di Pier Paolo Pasolini che, nell'incompiuto Petrolio, scriveva proprio di lui. E poi la P2, di cui è stato indicato come il fondatore. Questo libro, grazie a una documentazione inedita (compreso un clamoroso retroscena sulla morte di Mattei), è un profilo autentico e senza sconti. Perché raccontare Eugenio Cefis oggi, nel 2021 in cui ricorre il centenario della sua nascita, significa raccontare l'Italia come mai è stato fatto prima.
L'11 giugno 1289, a Campaldino, nella angusta valle del Casentino, si scontrano due grandi eserciti capeggiati da Firenze e da Arezzo. 20.000 fanti e oltre 2.000 cavalieri divisi da rivalità ideologiche, volontà egemoniche e interessi economici. Infatti le città toscane sono tutte guelfe e Firenze è ormai assurta al rango di vera e propria potenza regionale, i Ghibellini sono ridotti all'esilio e trovano rifugio in sparuti capisaldi come Pisa e Arezzo. La guerra che si apre allora è per una parte una guerra di sopravvivenza, a fronte di un contesto internazionale che vedeva il campo imperiale in gravissima difficoltà, per l'altra è di affermazione di un dominio e di una centralità che non accettano rivali o resistenze. Dopo due anni dall'andamento incerto e dalle sorti altalenanti, il conflitto si decide in un unico scontro. Una battaglia entrata nella storia perché non si trattò soltanto dell'ennesima guerra tra Comuni, così frequenti nel Medioevo italiano, ma anche tra fazioni e persino di guerra civile, militando fuorusciti nell'uno e nell'altro schieramento. A Campaldino, tra i cavalieri della prima schiera, quelli che avrebbero dovuto eseguire le azioni più temerarie, vi è un giovane Dante Alighieri che non dimenticherà facilmente le scene agghiaccianti di quel giorno di sangue, lasciandone traccia nella sua Commedia.
La moda come processo di individualizzazione e di socializzazione, allo stesso tempo mezzo per differenziarsi dagli altri e forma di condivisione sociale. La moda come mezzo di rappresentazione e di mobilità sociale. La moda è usata per creare un certo look e per apparire diversi da quello che si ritiene di essere. La storia propone molti casi di come la moda sia stata usata continuamente per "reinventarsi" e migliorare la propria condizione sociale ed economica. La moda come relazione fra consumo e produzione. La moda non è solo indossata o consumata, ma è anche pensata, creata, prodotta, venduta e promossa. Il consumatore non è quindi l'incontrastato padrone della moda; piuttosto la moda è un "sistema" di interazione fra differenti forze e attori. La moda come mezzo di differenziazione di genere ed età. La moda è anche uno strumento attraverso cui l'uomo e la donna si differenziano. Oggi pensiamo alla moda come arma della donna, ma, per gran parte della sua storia, la moda è stata più importante per l'uomo che per la donna. Inoltre, la moda nel distinguere l'oggi dal domani crea fratture nel tempo. Spesso queste sono generazionali e vedono la moda come strumento di innovazione sociale in cui il nuovo diventa il "giovane". Nel racconto di Giorgio Riello, il ruolo e lo sviluppo della moda all'interno dei processi di cambiamento storici.
Il libro è stato paragonato da Umberto Eco a un cucchiaio: un oggetto perfetto e non ulteriormente migliorabile. Ma come si è arrivati a questo risultato? Federica Formiga spiega quali siano gli elementi che identificano il prodotto librario e propone, in un percorso sistematico attraverso i secoli, le tappe del suo sviluppo e i suoi maggiori protagonisti. È tra Quattrocento e Cinquecento che si stabilizza un'accezione di libro come oggetto in grado di contenere testo in quantità considerevoli, prodotto a costi relativamente bassi e capace di resistere nel tempo. Il Settecento e l'Ottocento sono invece i secoli di svolta per gli autori, che iniziano a vivere del lavoro della propria penna, mentre gli editori si aprono alle nuove tecniche di stampa, che hanno lanciato il libro verso la modernità, passando dalla censura e dai diritti editoriali. Infine, agli e-book è riservata l'ultima parte, in cui si cerca di capire quali, forse, nuovi scenari aspettano il libro.
L'opera svolge un'analisi del processo di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dalla nascita alla dissoluzione, e al rapporto con il mondo della religione; tutto ciò, chiaramente, non in maniera generalista, ma precisamente tenendo conto del pontificato di Giovanni Paolo II, del suo rapporto con le Chiese dei Paesi sovietici, e del suo personale aiuto per la loro sopravvivenza. Il tema è approfondito con professionalità e serietà scientifica in più di quaranta contributi contenuti nel volume: sono stati redatti da autori che, nella maggior parte dei casi, appartengono alle aree linguistiche interessate e che quindi hanno potuto compiere le loro ricerche in lingua originale; per facilitarne l'accesso anche al pubblico italiano, vengono proposte per la prima volta con traduzione. Anche nei casi in cui gli autori, invece, siano estranei alla materia studiata e al suo contesto culturale, la ricerca è stata condotta con la maggior cura possibile per mantenere comunque un alto livello scientifico.
Il mito di Napoleone, «l'uomo che suonava la musica dell'avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo "N." (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell'Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano più da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l'introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l'attenzione per l'arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un'ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d'Italia all'Egitto, dalla Russia a Waterloo, all'esilio sull'isola di Sant'Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
Il volume di Hugo Brandenburg, pubblicato per la prima volta da Jaca Book nel 2004, è diventato un'opera di riferimento internazionale sulle prime chiese di Roma, straordinario fenomeno edilizio che, a seguito dell'editto di Milano del 313 emanato da Costantino e dal coreggente Licinio, rese Roma il primo centro di espressione e diffusione di quella nuova arte che definiamo «paleocristiana». La lettura delle Scritture, la salmodia, l'omelia e il banchetto divino che caratterizzavano le riunioni e le pratiche di culto delle prime comunità - e anche dopo l'età apostolica - si svolgevano in ampi ambienti privati, o altri edifici messi a disposizione da un membro della comunità, non costituendo ancora un'associazione religiosa riconosciuta, dotata di proprio status giuridico, e non potendo possedere beni immobili. Diversamente dai templi o dagli edifici di culto pagano, sacralizzati dalla presenza del dio, il cui culto si svolgeva per lo più all'esterno, il servizio divino dei cristiani aveva sempre luogo in ambienti chiusi. Dalla fine del II secolo, con l'accrescersi delle comunità si rese necessario avere specifici spazi destinati al culto, luoghi che verranno definiti domus dei o domus ecclesiae, dal termine greco che in origine designava la comunità stessa, l'assemblea dei credenti, ai quali via via verrà attribuita la sacralità che ne farà il «tempio di Dio». Ma bisognerà attendere l'epoca costantiniana perché questi luoghi inizino a presentare una particolare fisionomia architettonica e acquisiscano nella Chiesa cristiana la fisionomia monumentale che possiamo ancora ammirare.
A partire dal IV secolo, è attestato a Roma, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, uno scrinium della Chiesa romana, che aveva la duplice funzione di biblioteca, per conservare i libri, e di archivio per i documenti. Seguendone la storia dai suoi albori, il presente volume si focalizza soprattutto sulla sua trasformazione in Biblioteca dei Papi, dopo il loro definitivo trasferimento in Vaticano nel xv secolo. Una prima sede della Biblioteca Vaticana, all'interno del Palazzo Apostolico presso San Pietro, venne predisposta dal fondatore Niccolò V (1447-1455); dopo un secolo, però, lo spazio non era più sufficiente a contenere quella che era ormai diventata la maggiore biblioteca del mondo, e Sisto V (1585-1590) decise di far costruire il Salone Sistino, una nuova sede nel Cortile del Belvedere. Un gioiello monumentale, che si estende per oltre mille metri quadrati ed è decorato al suo interno con affreschi dedicati alla storia delle biblioteche e dei Concili ecumenici, e con raffigurazioni degli inventori degli alfabeti e della Roma del tempo. Dalla fine dell'Ottocento, poi, la Biblioteca raddoppiò i propri spazi di lettura e decuplicò i propri depositi, fino ad arrivare agli attuali 80.000 manoscritti, circa 1.600.000 stampati (tra cui quasi 9.000 incunaboli), incisioni, disegni, monete e medaglie. Protagonisti assoluti di questo luogo unico al mondo sono naturalmente i libri, o, se vogliamo, i codici, le pergamene, i manoscritti più famosi per apporto culturale, per preziosità del documento e per valore artistico. Questi protagonisti sono menzionati e commentati secondo la cronologia della loro entrata nella Biblioteca, così l'ultimo è il Papiro Bodmer XIV-XV, datato tra il II e il III secolo d.C., con i Vangeli secondo Luca e secondo Giovanni.
Se Roma ha costruito un impero durato oltre due millenni, gran parte del merito va agli uomini che l'hanno fatta crescere e l'hanno resa solida, e quindi alle grandi famiglie e alle gentes cui appartenevano. I Giuli, i Claudi, gli Aureli, i Corneli, gli Emili, i Valeri, i Semproni e tanti altri hanno tenuto nelle loro mani le sorti dell'Urbe, muovendo le trame della sua storia attraverso vincoli di parentela, tradizioni comuni, rituali ancestrali, conflitti e tradimenti. A loro spettavano quasi tutte le massime cariche militari e religiose, nonché le principali decisioni in Senato. Alcune gentes sono riuscite a detenere il potere per secoli, lottando spietatamente per la propria sopravvivenza politica, altre si sono estinte presto, ma ciascuna ha una storia che merita di essere raccontata. In questo libro gli autori narrano l'esaltante, spesso mitica, ascesa delle dinastie più importanti e longeve, ricordando le imprese dei loro esponenti più celebri, ma anche il loro declino tra proscrizioni e guerre civili, condanne all'esilio e la costante minaccia dei parvenu. Tra aneddoti e segreti di ogni stirpe, il lettore scoprirà protagonisti famosi o personaggi più in ombra, e ne seguirà le vicende che li hanno visti condottieri, statisti, consoli, imperatori, letterati e perfino santi e papi. Tra gli argomenti: Gens e familia: chi viene prima? Gli Acili: discendenti di Venere? Gli Antoni: da schiavi a sovrani ombra; I Corneli: otto secoli tra trionfatori e papi; I Claudi: dalla sabina con onore; I Valeri: eroi del popolo; Gli Emili: natali ancestrali; I Cecili: generati da Vulcano.