
"Tante cose ci arrivano dal Medioevo: il libro, i nostri abiti, il calendario, il genere letterario del romanzo, gli atteggiamenti nei confronti dei poveri, le reazioni di fronte alle epidemie. Ma il Medioevo è anche lontano da noi. Ci è spesso estraneo e questo charme esotico costituisce una parte importante del fascino che esercita. Il miracolo e il diavolo non sono più onnipresenti, la morte improvvisa non è più considerata la peggiore possibile e, a dispetto dell'arte astratta, il nostro occhio si è abituato sin dal Rinascimento a concepire la pittura e osservare la realtà secondo le regole della prospettiva". Jacques Le Goff sintetizza così il senso del volume conclusivo di un'opera che introduce al mondo medievale e ai suoi echi immaginari.
Nel linguaggio del Vasari, il termine "maniera" era sinonimo dell'odierno "stile". Egli chiarì le parti reciproche fra le tre "maniere" succedutesi nell'arco di tempo che va da Cimabue a Leonardo, Michelangelo e Raffaello, culminando in quella che definì "maniera moderna". Vasari predicava l'obbligo di uniformarsi alla maniera moderna, mentre condannava coloro che non le si attenevano, lasciandosi andare a tormenti e furori affidati a grafismi parossistici. In Pontormo o Rosso Fiorentino, in Tintoretto o Parmigianino, sorta di ribelli e contestatori ante litteram, molti hanno visto gli antenati dell'arte contemporanea. Questo saggio si propone di ribadire le consonanze tra quella stagione e gli esiti più intensi della contemporaneità.
George L. Mosse (1918-1999) è stato uno dei maggiori storici del nazismo e del fascismo, di cui ha profondamente rinnovato l'interpretazione. Il libro è un racconto affascinante e scorrevole di una vita fuori del comune che attraversò tre continenti ed è anche la storia di molti dei maggiori eventi del secolo scorso. L'autore lo scrisse negli ultimi mesi della sua vita. Vi descrive la sua infanzia nella Berlino di Weimar, il suo esilio a Parigi e in Inghilterra, la vita di collegio e di studio a Cambridge, il secondo esilio negli Stati Uniti, i lunghi soggiorni a Londra e Gerusalemme e affronta questioni di identità personale, come l'essere ebreo e sionista.
La magia è una sorta di crocevia in cui convergono diverse strade della cultura medievale. È anzitutto un punto di intersezione tra religione e scienza; in secondo luogo è un campo in cui cultura popolare e cultura dotta si incontrano; ma è anche un punto di incrocio tra immaginazione e realtà, dove le convenzioni romanzesche incontrano la vita quotidiana. La magia, quindi, è un punto di partenza per escursioni in molti territori della cultura medievale, nei quali ci guida Kieckhefer con competenza, con passo piano, talvolta anche con umorismo.
Case contadine e residenze signorili, castelli e ville rustiche, torri e palazzi del patriziato cittadino, dimore borghesi e abitazioni povere. Nei modi di abitare dell'uomo medievale, l'evoluzione e le caratteristiche degli aspetti materiali, economici, culturali della civiltà europea, anche nei suoi con il Vicino ed Estremo Oriente. Nei primi secoli del Medioevo, l'irrompere delle popolazioni barbariche nel territorio dell'impero romano portò alla convivenza e al confronto diretto di diverse culture. A partire dal Mille, la cilviltà europea dovette poi a sua volta confrontarsi con altri mondi e civiltà. Soldati, viaggiatori, missionari, mercanti si spinsero verso mondi e culture diverse. Il racconto di quanti percorsero le vie terrestri e marittime che portavano in quei lontani paesi permette di gettare lo sguardo su quelli che erano i modi di abitare e gli stili di vita di altre civiltà.
Il volgere del nuovo secolo, il passaggio delle generazioni, la difficile elaborazione del lutto della Shoah, insieme alle domande che nascono dalla crisi mediorientale, ci portano ad interrogarci sulle radici europee dell'identità ebraica. Questo libro racconta sei secoli di storia degli ebrei in Europa, dal Trecento fino alle soglie del Novecento: una storia che è quella degli ebrei dell'Occidente cristiano, delle condizioni della loro esistenza, dei rapporti con la cultura esterna, di esilio e migrazioni, chiusura nei ghetti e vitalità sociale e culturale.
Il gesto eroico di Oskar Schindler, che salvò centinaia di ebrei dalla Shoa, venne riconosciuto e commemorato con un albero nel Giardino dei giusti solo alcuni anni fa. Ma la storia dell'imprenditore tedesco e della sua famosa lista non è altro che una delle molte vicende di piccoli eroismi quotidiani che durante l'ultima guerra hanno salvato la vita a migliaia di persone. Un uomo, di nome Moshe Bejski, uno dei tanti che fece parte della "lista di Schindler", giunto in Israele alla fine della guerra, ha dedicato la sua vita per ritrovare e commemorare i "giusti" di ogni parte del mondo, perché di essi non fosse persa la memoria e perché per sempre il popolo ebraico potesse essere loro grato. Questo libro ricostruisce la sua vicenda.
Riproducendo i materiali che avevano segnato ascesa e caduta del regime, De Felice ha inteso fornire la visione diretta di una traiettoria storica: in altri termini il fascismo non è sempre stato la stessa cosa e nell'arco dei suoi vent'anni - dai fasci di combattimento alla presa del potere, dalla costruzione del regime alla guerra, fino all'esperienza della Repubblica Sociale - ha cambiato più volte la propria fisionomia e, con essa, il suo rapporto con gli italiani. Non esiste cioè "il fascismo", ma uno sviluppo storico del fascismo. Da questa raccolta di documenti emerge un fascismo che parla mediante le sue voci, un realtà storica molto diversa dal monolite che si tende a descrivere, caratterizzata da diversità e multiformità.
In questo volume Karl Christ riassume, in una efficace sintesi, la storia dell'impero romano da Augusto (63 a.C.-14 d.C.) a Diocleziano (243-316). L'opera si apre sul momento di passaggio dello stato romano dal regime repubblicano a quello monarchico, e offre un panorama dei maggiori avvenimenti storici che hanno segnato il periodo. Vengono poi descritti gli aspetti strutturali dell'impero, relativamente all'organizzazione del potere, alla stratificazione sociale, all'economia, al diritto, all'amministrazione, alla cultura, alla scienza e alla religione.
Come giunse la Germania nazista alla "soluzione finale" della questione ebraica, a ciò che appare essere il maggior crimine nella storia dell'umanità? In questo volume uno tra i più accreditati studiosi del Terzo Reich mostra come l'antisemitismo, che prese forza tra la fine dell'Ottocento e la Grande Guerra, costituisse un tratto comune dei movimenti di estrema destra negli anni della Repubblica di Weimar, per poi tradursi in persecuzione sempre più violenta con il nazismo al potere. E tuttavia, nonostante le discriminazioni e le violenze, la distruzione del popolo ebraico, pur auspicata nella retorica millenaristica del Fùhrer, non era veramente inscritta nell'agenda del nazismo. Fu la guerra all'Est a far precipitare la situazione: da un lato la conquista di territori, come la Polonia, con una cospicua popolazione ebraica, dall'altro il fallimento dell'attacco all'Urss, che mandò in fumo il progetto di deportare gli ebrei al di là degli Urali. In una micidiale miscela di arbitrio, efficienza tecnologica e burocratica, ottundimento morale, lo sterminio - secondo Mommsen - si nutrì di se stesso, come scivolando su un piano inclinato, e infine, con le deportazioni avviate in modo sistematico a partire dall'estate del 1942, si rivelò per quello che era: il programma di un genocidio.
Questa è l'autobiografia di un "uomo di frontiera", che ha passato la vita ad attraversare i confini, tra Germania e Inghilterra, tra scienza e politica, tra ricerca e divulgazione, tra imparziale distacco e impegno pubblico. Il racconto inizia con gli anni di formazione in Germania e soprattutto con il ricordo del padre, socialdemocratico e laico, dal cui esempio Dahrendorf trae l'attenzione per i problemi della giustizia sociale così come il disagio per ogni verità rivelata, dogmatica, dietro cui si nasconde il totalitarismo. Continua con il nazismo di cui sperimenta il fanatismo, e prosegue fino all'approdo alla London School of Economics e il definitivo distacco dalla Germania.