
Come giunse la Germania nazista alla "soluzione finale" della questione ebraica, a ciò che appare essere il maggior crimine nella storia dell'umanità? In questo volume uno tra i più accreditati studiosi del Terzo Reich mostra come l'antisemitismo, che prese forza tra la fine dell'Ottocento e la Grande Guerra, costituisse un tratto comune dei movimenti di estrema destra negli anni della Repubblica di Weimar, per poi tradursi in persecuzione sempre più violenta con il nazismo al potere. E tuttavia, nonostante le discriminazioni e le violenze, la distruzione del popolo ebraico, pur auspicata nella retorica millenaristica del Fùhrer, non era veramente inscritta nell'agenda del nazismo. Fu la guerra all'Est a far precipitare la situazione: da un lato la conquista di territori, come la Polonia, con una cospicua popolazione ebraica, dall'altro il fallimento dell'attacco all'Urss, che mandò in fumo il progetto di deportare gli ebrei al di là degli Urali. In una micidiale miscela di arbitrio, efficienza tecnologica e burocratica, ottundimento morale, lo sterminio - secondo Mommsen - si nutrì di se stesso, come scivolando su un piano inclinato, e infine, con le deportazioni avviate in modo sistematico a partire dall'estate del 1942, si rivelò per quello che era: il programma di un genocidio.
Questa è l'autobiografia di un "uomo di frontiera", che ha passato la vita ad attraversare i confini, tra Germania e Inghilterra, tra scienza e politica, tra ricerca e divulgazione, tra imparziale distacco e impegno pubblico. Il racconto inizia con gli anni di formazione in Germania e soprattutto con il ricordo del padre, socialdemocratico e laico, dal cui esempio Dahrendorf trae l'attenzione per i problemi della giustizia sociale così come il disagio per ogni verità rivelata, dogmatica, dietro cui si nasconde il totalitarismo. Continua con il nazismo di cui sperimenta il fanatismo, e prosegue fino all'approdo alla London School of Economics e il definitivo distacco dalla Germania.
Nel 1861 si forma il Regno d'Italia: dopo molti secoli di frammentazione statale la penisola è così riunita in un'unica compagine, i cui territori vengono completati nei dieci anni seguenti. È un evento rivoluzionario, vissuto in questi termini dai contemporanei, in Italia e fuori d'Italia. In questo libro l'autore analizza il lungo processo di formazione del movimento nazionale, dai primi slanci patriottici di fine Settecento alle organizzazioni insurrezionali, ai tentativi rivoluzionari della prima metà dell'Ottocento fino all'anno cruciale del regno.
"Questo breve studio ha lo scopo di chiarire ed esporre la problematica relativa ai rapporti esistenti tra Greci e Italici durante la loro lunga convivenza nei territori della Magna Grecia, ossia, dell'Italia meridionale peninsulare. Tale convivenza si protrasse per oltre cinque secoli, cioè dalle prime fondazioni greche intorno alla metà dell'VIII secolo alla totale e salda conquista romana della fine del III." (dall'Introduzione) Ettore M. De Juliis è professore ordinario di Archeologia classica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bari.
Sulla Shoah hanno ormai scritto in molti - forse in troppi - ma un aspetto fondamentale è finora rimasto stranamente in ombra: le donne, che nelle selezioni ad Auschwitz costituirono, insieme ai bambini, quasi il 70% dei prigionieri inviati alle camere al gas. Questo libro, articolato in tre conversazioni con Liliana Segre, Goti Bauer e Giuliana Tedeschi - italiane deportate ad Auschwitz e prigioniere nel campo femminile di Birkenau nel 1944 - mette in luce la diversa esperienza femminile della prigionia e della testimonianza.
In questo libro Arrigo Petacco ci racconta la verità sulle gesta quasi leggendarie del prefetto Cesare Mori, incorruttibile funzionario "piemontese" inviato dal governo fascista in Sicilia per debellare la mafia. La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate. Quella del "prefetto di ferro" è una storia tipicamente italiana, incentrata su un personaggio prima mitizzato poi dimenticato, che Petacco restituisce finalmente alla sua verità storica.
Le vicende clamorose e segrete di editori, autori, libri: le fedeltà e i conflitti, i retroscena dei contratti e delle censure, il funzionamento della macchina editoriale, i successi e gli insuccessi di mercato, i casi letterari dal Gattopardo a Eco, dalla Tamaro a Camilleri, il ruolo dell'informazione e della critica, i mille volti del lettore, e ancora le crisi finanziarie, i passaggi di proprietà, i rapporti con il potere ecomonico e politico. Gian Carlo Ferretti ripercorre la storia dell'editoria letteraria in Italia analizzando i vari aspetti culturali, sociali, economici, politici.
Un'antologia fotografica delle diverse rappresentazioni che l'Italia ha dato di sé attraverso le immagini realizzate nella seconda metà del Novecento. Una storia fotografica del paese dal dopoguerra in poi, che è però al contempo una storia dei diversi percorsi della fotografia, da quella d'informazione e sportiva, alla fotografia pubblicitaria a quella d'arte. Uno sguardo che svela la realtà di forma e strumento d'espressione, ma anche quella di portatrice di contenuti della fotografia. I saggi che compongono il volume sviluppano le diverse tematiche legate all'immagine come memoria storica, documento, rappresentazione e soprattutto linguaggio, nell'ambito specifico dei temi affrontati all'interno delle singole sezioni.
Un saggio che intende dare inequivoca "visibilità" al fenomeno dell'internamento civile nell'Italia fascista attraverso l'inquadramento storico della materia e la mappatura storico-geografica dei campi. L'autore fornisce precise indicazioni sui diversi tipi di campi e sulle pratiche di deportazione e internamento storicamente sperimentate. A partire dall'internamento coloniale e dal confino di polizia, dove affonda ben salde le proprie radici il sistema dei campi allestiti da Mussolini nella Seconda guerra mondiale. L'analisi tratta anche della Yugoslavia occupata, poiché la vicenda dei civili jugoslavi rappresenta, nel quadro dell'internamento civile fascista, un capitolo quasi ignorato della storia italiana del Novecento.
Comparsa neI 1923, "L'arte del Medioevo" è un classico della storiografia artistica del nostro secolo, e un testo fondamentale per la comprensione del Medioevo. Nella prefazione all'edizione italiana Otto Kurz lo definisce un contributo eminente alla storia del linguaggio artistico, e sottolinea il gusto e la sensibilità di cui dà prova lo studioso austriaco, fino a costituire qualcosa di più complesso di una monografia su un'epoca storica. Per Schlosser non basta accettare e ammirare il complesso mondo delle forme del Medioevo: occorre capirne spirito e modi, isolandone gli atteggiamenti tipici e peculiari. Di qui le analisi e i suggerimenti interpretativi su cosa significhi paesaggio o ritratto nel Medioevo, sull'atteggiamento dell'artista.
Il fascismo ebbe un programma totalitario, progettò di 'rifare gli italiani', di 'bonificare' spiritualmente il paese. A questo fine la cultura doveva svolgere un ruolo essenziale. Sulla base di queste premesse l'autrice ha inteso raccontare come in concreto il mondo della cultura abbia contribuito alla diffusione dei modelli fascisti di modernità, misurando la dinamica tra politica culturale e risposta degli intellettuali. In questa prospettiva l'autrice studia particolarmente gli ambiti della narrativa e del cinema, la politica del regime verso i giovani e il mondo delle riviste giovanili, l'esito delle campagne per l'autarchia, l'espansione coloniale, la campagna antisemita, infine la crisi dell'identità nazionale.