
Già quattro anni dopo la sua creazione, avvenuta nel 1831 per volontà di Luigi Filippo, la Legione Straniera ha adottato il principio di "amalgamare" le nazionalità all'interno delle sue unità; come risultato, nei suoi 168 anni di vita, essa ha visto fondersi cento nazionalità diverse, unite da un unico scopo: sacrificare tutto per la Legione. È da questo sacrificio che nasce il mito del legionario che abbandona ogni cosa, affetti familiari compresi, e trascorre prima sedici, durissime, settimane nell'addestramento di base e poi almeno cinque anni all'interno del corpo. Ma chi sono davvero i legionari? Che cosa li ha spinti a tagliare i ponti col passato? E come si vive dentro la Legione?
Grazie ad una meticolosa ricerca d'archivio, Franzinelli ha ricostruito la cronologia della violenza politica che per quattro anni insanguinò città e paesi d'Italia e sancì la vittoria militare delle squadre d'azione, braccio armato dei Fasci di combattimento. Delineando il ritratto di oltre cento personalità, grandi e piccole, questo volume analizza il fenomeno dello squadrismo, considerandolo, da un lato, come cartina di tornasole della crisi dello Stato liberale e della fragilità della sinistra, dall'altro, come strumento privilegiato di quella pratica dell'intimidazione che fu alla base del successo politico del fascismo.
Prima di dire, prima di analizzare, prima di spiegare, di scrivere, di leggere, c'è la parola, la parola cantata, musicata, musicabile, del cantastorie, del poeta, del griot, del teatrante, del recitare, del poetare, del cantare, dell'affabulare. Prima del leggere c'è l'ascoltare. Le cantate qui raccolte costituiscono un diario dei più recenti avvenimenti simbolo per più di una generazione, dalla caduta del muro di Berlino alla seconda guerra del Golfo. Ogni cantata è preceduta da alcune note che brevemente ricordano il fatto.
In poche centinaia d'anni, dal V all'XI secolo, le società che abitavano lo spazio europeo subirono profondi mutamenti. L'antico mondo mediterraneo si disgregò e il vasto territorio che lo circondava a nord, il "barbaricum" abitato da popolazioni tribali, assunse molti caratteri ereditati dal mondo antico. Nacque in quei secoli una nuova civiltà che, pur conservando al suo interno fisionomie differenti, si estese gradualmente a comprendere quasi l'intero continente. Questo percorso è descritto attraverso il riferimento a recenti scoperte archeologiche, fondamentali per penetrare nelle società barbariche che non hanno tramandato testimonianze scritte, riuscendo a rendere evidenti le grandi dinamiche storiche che hanno modellato lo spazio europeo.
Al momento della fondazione nel 1400, quando l'imperatore Yongle della dinastia Ming la scelse come capitale ricostruendola sulle rovine della Dadu mongola, Pechino aveva già un passato millenario ed era stata distrutta e ricostruita molte volte. Per molti secoli era stata fuori dai confini dell'impero cinese fino a diventare capitale di regni ostili alla Cina. La sua storia dunque è anche quella dei popoli che vissero oltre la Grande muraglia e che poi confluirono in parte nell'universo cinese fino a diventarne una delle molte anime. Questo studio ricostruisce queste vicende dagli albori barbarici dell'XI secolo a.C. sino alla fine dell'Ottocento, servendosi di fonti storiche, letterarie, archeologiche e artistiche.
Tra storia e invenzione, questo libro racconta vicende e uomini che hanno animato il concludersi del Secondo Millennio. Una narrazione documentata del tempo generazionale che va dagli inizi della Seconda guerra mondiale alle attuali attese i tempi che ognuno spera nuovi.
Il "problema curdo" costituisce un dilemma cruciale per la stabilità del Vicino e Medio Oriente. In tale questione si fondono e compenetrano tre problematiche attuali: il diritto all'esistenza, quello all'autodeterminazione del popolo curdo, la presenza dell'acqua e del petrolio nel Kurdistan. Non si può continuare a relegare oltre trenta milioni di curdi a un ruolo di eterna minoranza, quando rappresentano un popolo che dal punto di vista numerico è il quarto del Vicino e Medio Oriente. Il libro prende le mosse dall'antichità per arrivare fino alla seconda guerra del Golfo dello scorso anno.
Il 6 giugno 1944 - il D-Day - lo sbarco alleato in Normandia diede inizio all'offensiva che avrebbe posto fine all'oppressione nazista in Europa. Stephen Ambrose ha ricostruito con straordinaria passione i preparativi e lo svolgersi dell'invasione, concentrandosi tanto sui grandi disegni strategici quanto sulle vicende degli umili soldati che spesso dovettero improvvisarsi eroi. Basato su anni di ricerche e su oltre 1400 interviste con veterani americani, inglesi, canadesi, francesi e tedeschi, "D-Day" è la cronaca di una delle grandi battaglie della storia.
Arricchito da cartine, schemi di città, alberi genealogici e fotografie a colori, il libro mette a fuoco l'evento del 12 aprile 1204, quando i crociati conquistarono Costantinopoli: la città venne saccheggiata e sui resti dell'Impero bizantino fu fondato l'Impero latino d'Oriente (1204-1261). In seguito a quell'evento la frattura tra il mondo cristiano cattolico e quello ortodosso si aggravò in modo definitivo, tanto che quella data, a ottocento anni di distanza, pesa ancora come un macigno nelle relazioni tra Santa Sede e Chiese ortodosse e in generale tra Oriente e Occidente.
Un percorso attraverso i sentieri della storia dell'arte che, dai grattacieli postmoderni americani corrono fino ai tempi dei Greci e dei Romani, per scoprire come è mutata nei secoli l'idea di "classico". L'autore scava, dall'oggi in direzione dell'antichità, l'archeologia di un termine che è sempre stato carico di senso, ma di un senso sempre mutevole a seconda degli orizzonti del gusto, della cultura e della società del tempo. Dall'Ottocento, in cui Greci e Romani da "Antichi" contrapposti ai "Moderni" si cristallizzano in classici, si passa alla considerazione di Winckelmann, dell'idealizzazione della grecità e dell'uso del "classico" come repertorio del Rinascimento, fino all'indagine sul significato del "classico" per gli stessi Greci e Romani.