Scritto su commissione per una collana di vasta divulgazione, felice punto d'incontro di rigore storiografico e talento narrativo, La domenica di Bouvines, dedicato a una celebre battaglia del 1214, è da molti considerato uno dei capolavori di Georges Duby.
Quel fatidico giorno, nella piana di Bouvines, il re di Francia Filippo Augusto dovette suo malgrado affrontare, uscendone vittorioso, la terribile coalizione dell'imperatore Ottone, del conte di Fiandra Ferrando e del conte di Borgogna Rinaldo. Si trattò di una vittoria fondamentale, che avrebbe rinsaldato decisamente le basi della monarchia francese suscitando per la prima volta il sentimento dell'unità nazionale.
Scandendo il saggio storico in tre tempi, l'evento, la messa a fuoco delle «forze storiche» in campo e la sua trasformazione in leggenda, il grande storico francese propone al lettore un approccio originale e complesso a quella memorabile giornata che avrebbe segnato per secoli il destino degli stati europei. La storia di una battaglia si trova cosí a essere riabilitata e profondamente rinnovata dall'analisi congiunta del contesto sociale, culturale e ideologico, e Bouvines ci appare come un microcosmo, una lente di ingrandimento la cui minuziosa scomposizione permette di cogliere la verità di un'intera epoca e un'intera società.
Una delle piú elevate riflessioni sull'affermarsi dei movimenti di massa, sulle classi dirigenti italiane e sulla possibilità della democrazia in Italia.
L'edizione piú ampia e documentata delle «lezioni sul fascismo» che Palmiro Togliatti tenne a Mosca nel 1935.
Il "Corso sugli avversari" è un ciclo di conferenze tenuto da Togliatti a Mosca tra il gennaio e l'aprile 1935, presso una scuola quadri della Terza Internazionale, rivolto soprattutto a giovani comunisti italiani.
Dopo la vittoria nazionalsocialista in Germania, che apriva nuove tensioni nel già fragile equilibrio europeo, e dinanzi alla minaccia di un'ulteriore espansione dei fascismi, il Corso di Togliatti riflette sulle origini italiane del movimento fascista, la crisi liberale, il rapporto tra fascismo e storia d'Italia. In particolare le lezioni si soffermano sull'edificazione del regime mussoliniano in relazione agli sviluppi della società di massa e, allo stesso tempo, sulle opportunità di lotta che, non solo in Italia, si aprivano sulla base delle prospettive antifasciste unitarie che stavano maturando in Europa e che anche l'Internazionale stava facendo proprie.
Questa edizione, la piú completa in base alla documentazione disponibile, comprende anche due lezioni rinvenute negli anni Novanta ed è corredata da apparati di note, da quanto reperito del materiale didattico predisposto dallo stesso Togliatti per il Corso e da un saggio storico-critico del curatore.
Combattuta dal 431 al 404 a.C., la guerra del Peloponneso contrappose le due grandi città-stato rivali, Atene e Sparta, ed ebbe come posta il predominio sulla Grecia. L'evento, considerato "la guerra mondiale dell'antichità", è al centro di questo libro che ne illustra con chiarezza origini, andamento e conseguenze. Oggetto dell'esemplare resoconto storico di Tucidide, il conflitto che portò Sparta ad assumere il ruolo di potenza egemone continentale e marittima fu anche, in ambito culturale, la cornice di una serie di altissime realizzazioni: in quel periodo Socrate elaborò la propria filosofia; furono attivi i grandi tragici Sofocle ed Euripide e la commedia attica raggiunse il suo punto più alto con Aristofane.
Bruno Bleckmann è professore di Storia antica nell'Università di Düsseldorf. Tra i suoi libri: "Die Germanen. Von Ariovist zu den Wikingern" (2009), "Konstantin der Grosse" (2007), "Herodot und die Epoche der Perserkriege" (2007).
Come e perché è nato lo stato? Esso si costituisce come indiretta conseguenza di una necessità antropologica: la coazione a regolare i rapporti di potere tra gli uomini. Ovunque - dalla Cina ai paesi islamici - si incontrano oggi varianti di quel tipo di collettività che è stato creato dagli europei a partire dal medioevo e successivamente "esportato" nel resto del mondo. Il libro offre una sintesi del percorso ideologico e storico che ha portato alla formazione dello stato moderno, alla sua evoluzione nello "stato totale" dell'età contemporanea, e al suo attuale declino.
Wolfgang Reinhard, storico dell'età moderna, è professore emerito dell'Università di Friburgo. Tra i suoi libri pubblicati dal Mulino: "Il pensiero politico moderno" (2000), "Storia del potere politico in Europa" (2001).
Attraverso il cibo l'uomo entra in relazione col mondo: il passato e il presente di ogni civiltà si leggono nella cucina, dagli ingredienti alle influenze, dall'agiatezza o povertà dei contesti alle relazioni sociali. La storia del cibo è dunque, per eccellenza, storia culturale. Armesto ripercorre questa vicenda millenaria secondo una prospettiva globale, incentrata sulle grandi rivoluzioni che, nei secoli, hanno modificato il rapporto dell'uomo con ciò che mangia: il passaggio dal crudo al cotto; l'attribuzione di significati rituali all'assunzione del cibo; l'introduzione dell'agricoltura; la trasformazione degli alimenti in simbolo che marca le diseguaglianze sociali; i cambiamenti introdotti dall'industria globale; l'emergenza ecologica. Questo viaggio scopre approcci al tema dell'alimentazione diversi nel tempo e nello spazio ma, soprattutto, svela rapporti inattesi e prospettive nuove, mostrando come, nel cibo, storia della civilizzazione, storia della scienza e storia della società si incontrino.
Qual è la radice dell’odio dell’Islam fondamentalista per l’Occidente? Sono davvero le crociate la causa remota dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001?
Fra gli storici e gli studiosi di politica non pochi addossano alle «guerre cristiane» la responsabilità di aver inaugurato l’era della colonizzazione europea allo scopo di accaparrarsi le ricchezze della Terra Santa e di arruolare nuovi credenti. Questa interpretazione giustifica l’idea di una sorta di peccato originale che condizionerebbe i rapporti dell’Islam con l’Occidente – un’idea che si è insinuata nei discorsi e nei dibattiti più importanti e ha spesso informato le scelte di capi di governo od organizzazioni internazionali (come la Comunità Europea e l’ONU).
Per Rodney Stark è arrivato il momento di fare chiarezza, ricollocando al giusto posto – sulla base delle fonti dell’epoca (dell’una e dell’altra parte) e degli studi più autorevoli – tutte le tessere che compongono il complesso mosaico di quelle vicende lontane.
Stark presenta i protagonisti (i papi, i re, tutto il variegato universo umano che prese parte a vario titolo all’impresa, e anche gli «infedeli» con le loro vere o presunte eccellenze), analizza le ragioni e motivazioni rispettive, descrive i complessi intrecci politici, economici e culturali (compreso il ruolo giocato nelle società medio-orientali dalle comunità autoctone di ebrei e cristiani), e naturalmente ricostruisce, con rigore e puntualità, la sequenza degli eventi.
Due conclusioni, fra le altre, si impongono. Innanzitutto le crociate sono state all’origine una reazione obbligata all’aggressività di un’orda che si spingeva sempre più in là e che doveva essere fermata. Poi appare evidente che l’ostilità del mondo islamico per l’Occidente in conseguenza delle crudeltà crociate è un fenomeno suscitato ad arte, in un’epoca a noi vicina, da chi voleva infiammare gli animi per motivi che la storia degli ultimi anni ha perfettamente chiarito.
Titolo originale: God’s Battalions: The Case for the Crusades (2009, HarperCollins)
Traduzione dall’inglese di Gian Luigi Giacone
L'Autore
Rodney Stark è sociologo della religione e docente di Scienze sociali presso la Baylor University, in Texas. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo La vittoria della Ragione, Ascesa e affermazione del cristianesimo, La scoperta di Dio e Un unico vero Dio, tutte edite dalla nostra casa editrice.
L'Indice
5 Introduzione. Avidi barbari in cotta di maglia?
Gli eserciti di Dio
21 1. Gli invasori musulmani
53 2. Il mondo cristiano al contrattacco
81 3. «Ignoranza» occidentale contro «cultura» orientale
113 4. Pellegrinaggi e persecuzioni
143 5. L’arruolamento dei crociati
171 6. Verso Oriente
201 7. Vittorie sanguinose
229 8. I regni crociati
253 9. La lotta per la difesa dei regni
301 10. Le crociate contro l’Egitto
323 Conclusioni. Missione abbandonata
339 Bibliografia
357 Indice dei nomi
In questo volume - secondo dell'opera della Fondazione Valla sulle origini di Roma - la vicenda è quella del primo accrescimento della città. Racconta Livio che, poco dopo la fondazione, Roma era già così forte da eguagliare ogni popolazione confinante, ma "per la scarsità di donne la grandezza sarebbe durata solo una generazione". Allora Romolo architettò un inganno straordinario: predispose dei giochi grandiosi in onore di Nettuno Equestre, ordinando che se ne desse notizia fra i vicini. Fra di essi, con figli e mogli, i Sabini. Un tumulto sollevato ad arte durante lo spettacolo offrì il destro ai romani di precipitarsi a rapire le donne degli ospiti. Mariti e parenti umiliati si radunarono sotto Tito Tazio per rispondere a Roma con le armi. È la prima delle guerre romane del successivo millennio. Ma è anche l'occasione per stabilire una pace su basi nuove, con una lungimirante politica di assimilazione. Gli storici narrano che i romani si diedero a blandire in primo luogo le donne, promettendo loro cittadinanza, beni e prole, e giustificando l'atto con la passione d'amore. Poi, mentre infuriava la battaglia fra Romani e Sabini, le donne stesse s'interposero fra i combattenti, la pace fu stabilita, e di due popoli "si fece un popolo solo". Il volume presenta tutta la documentazione storico-mitica di questi primordi e ne offre un'interpretazione originale: dal ratto delle donne alla prima espansione militare fino alla pace finale con la diarchia Romolo-Tito Tazio.
«Chi dubiterebbe ancora del tramonto del mondo borghese? … La causa della borghesia appare sicuramente come una causa persa, più di qualunque altra. Anche coloro che per principi morali, condotta di vita e attitudine mentale sarebbero da annoverare fra gli appartenenti alla borghesia, non vi si riconoscono, e la rinnegano adeguandosi a una moda che ormai ripudia tutto. Voci contrarie non ce ne sono. Insomma, la borghesia non ha più nessuno che la difenda.
Forse è venuto il momento di ripensare a che cosa significhi davvero la forma di vita borghese.»
Joachim Fest è stato tra i più lucidi intellettuali europei degli ultimi decenni. Dal cuore dell'Europa – la Germania – ha vissuto la catastrofe del nazismo e la rinascita del suo paese. E ha mantenuto vivo – e ha ricucito – il rapporto con la tradizione del proprio paese e dell'Europa, nei valori che possono e devono ancora ispirare le nostre vite e il nostro comportamento quotidiano.
Il punto di partenza è la libertà e la responsabilità del singolo, che comprende anche la possibilità di diventare «qualcosa di meglio»: è il nucleo, argomenta Fest, del concetto borghese di cultura, con la sua enfasi sulla critica e sull'autocritica, così come lo ha messo a fuoco Thomas Mann. È proprio nella rinuncia a questo cardine (o alla sua perversione) che si può rintracciare l'origine della tragedia che ha segnato l'intera civiltà occidentale.
In questa chiave, Fest analizza le figure dei «criminali politici» responsabili della follia nazista – Adolf Hitler e Joseph Goebbels –, ma anche quelle dei congiurati dell'attentato del 20 luglio 1944. E fotografa il percorso, tra illusioni e delusioni, di molti intellettuali nell'epoca dei totalitarismi, che invece di farsi «portavoce dell'umanità» si rivelarono «avvocati dell'inumanità».
Sempre lucido e appassionato, Joachim Fest ci offre una lezione preziosa, che illumina il rapporto di ciascuno di noi – individui responsabili che hanno per obiettivo l'autoliberazione – da un lato con la cultura e dall'altro con la politica.
In breve
Dal IV secolo a oggi, potere civile e potere religioso non hanno fatto altro che combattersi per indossare l’uno i panni dell’altro, quando non si sono messi d’accordo, alleandosi, per entrare entrambi in una stessa, unica, veste.
La laicità è il prodotto di una specifica e cruentissima storia di lotte per la libertà religiosa e di coscienza e per la fondazione della convivenza civile su basi indipendenti dalla professione di fede. Significa spazio pubblico a disposizione di tutti per esercitare, in condizioni di libertà e uguaglianza, i diritti di libertà morale (di coscienza, di pensiero, di religione e di culto) e per costruire a partire da questi la propria esistenza: uno spazio voluto dagli uomini indipendentemente da Dio, una ‘città degli uomini’ in cui ci sia spazio per tutti, credenti e non credenti, non una città di Dio in cui ci sia posto solo per i suoi credenti. Non c’è laicità né quando la religione, al singolare o al plurale, si ingerisce nelle cose dello Stato, facendo dello Stato un affare di religione, né quando lo Stato si ingerisce nelle cose della religione, facendo della religione un affare di Stato. Laicità significa divieto di intromissioni. Quello che conta è la non ingerenza. Se si guarda alla storia, questa concezione dei rapporti tra politica e religione appare come un’eccezione, per di più recente, in una vicenda storica pluri-millenaria, in cui si intrecciano dissidi e connivenze. Un conflitto ineliminabile, latente o patente che sia, perché tra Chiesa e società civile ogni accordo non è mai un trattato di pace ma sempre e solo un armistizio. Universalismo religioso, pluralismo civile, laicità: Gustavo Zagrebelsky affronta temi centrali per la nostra democrazia.
Indice
1. Di che cosa andiamo a trattare: universalismo - religioso, pluralismo civile, laicità - 2. Laicità in questione - 3. Secolarizzazione fallita? - 4. Dalla salvezza delle anime... - 5. ...alla rottura dell’unità cristiana della società civile... - 6. ...al bene della società... - 7. ...alla dignità degli esseri umani... - 8. ...alla riconsiderazione della democrazia... - 9. ...alla critica della democrazia e alla riscoperta della religione come «religio civilis» - 10. Il protettorato cattolico sulla società civile - 11. La coincidenza di ragione e verità cristiano-cattolica - 12. La «dittatura del relativismo» 13. I «non possumus» della Chiesa - 14. La verità-ragione nella «sfera politica»: il «non possumus» laico - 15. «Etsi Deus non daretur. Veluti si Deus daretur» - 16. Conflitto inevitabile e non - Note - Indice dei nomi
In breve
Ha ispirato una delle opere giovanili di Giuseppe Verdi e riecheggia nell’inno di Mameli, a ricordare la vittoria degli italici sugli stranieri; è stata messa in scena nei kolossal cinematografici ed è uno dei simboli del partito della Lega Nord, che ha come eroe Alberto da Giussano. Miti, leggende e fantasie letterarie hanno costruito l’immaginario della battaglia di Legnano che ha segnato la storia d’Italia e dell’intera Europa. I fatti però andarono diversamente. 29 maggio 1176: nelle campagne a nord-ovest di Milano, l’imperatore Federico Barbarossa affronta l’esercito delle città italiane raccolte nella Lega Lombarda con un esito che all’epoca pochi si sarebbero aspettati. Perché avvenne lo scontro, come si svolse la battaglia, quali furono le ragioni dei contendenti, quali eventi precedettero il conflitto? Quale disegno politico aveva Federico Barbarossa e cosa rivendicavano i Comuni? Con gli strumenti della storia militare, Paolo Grillo segue passo passo le fasi della battaglia, scende fra le linee dei combattenti e svela cosa c’è dietro quell’amara sconfitta: a Legnano si affrontarono in realtà due forme contrapposte di organizzazione militare. L’Impero, da una parte, con la sua struttura aristocratica, era ben rappresentato dalla celebre e quasi imbattibile cavalleria pesante teutonica. I Comuni, dall’altra, si incarnavano nella collettività in armi dei fanti, che combattevano fianco a fianco ai cavalieri, da uomini liberi, decisi a battersi per la difesa della patria comune. Due mondi diversi, uno prossimo alla fine, l’altro – quello dei cittadini d’Italia – solo all’inizio.
Indice
Introduzione. Una battaglia famosa e ignorata - 1. Le ambizioni di un giovane imperatore - 2. La reazione delle città - 3. Il ritorno dell’imperatore - 4. L’assedio di Alessandria - 5. Montebello, la tregua, la ripresa della guerra - 6. 29 maggio 1176: la battaglia - 7. L’uomo che sconfisse Federico Barbarossa - 8. Dopo la battaglia - 9. Legnano dopo Legnano - Fonti e bibliografia - Indice dei nomi di persone e di luoghi
In breve
È possibile pensare ai richiedenti asilo, ai corpi occupati dei palestinesi, ai profughi e ai clandestini senza distogliere lo sguardo dalle differenze e ricondurre le loro biografie al solo stato di ‘rifugiati’? Le matrici sociali e storiche della sofferenza, della memoria e del lutto possono essere pensate senza ridurre il dolore di queste donne e questi uomini entro il perimetro di un meccanismo psichico già scritto, di un solo concetto: ‘trauma’? Roberto Beneduce interroga modelli e categorie che, all’ombra della retorica umanitaria e del sapere psichiatrico, ignorano spesso differenze, responsabilità e ruoli e lasciano irrisolta la questione dell’impunità di chi si è reso colpevole di sofferenze e umiliazioni. L’antropologia e la clinica fanno qui dialogare gli enigmi dell’oblio e della memoria, del trauma e della cura sul terreno di una Storia contesa.
Indice
Introduzione - Per un’antropologia del sottosuolo - 1. «La questione» - 2. Scienze della memoria ed «esorcismi moderni» - 3. Edipo non abita la Storia - 4. Testimoni e vittime fra narrazione, retoriche umanitarie e ripetizione - 5. Le vertebre spezzate del tempo - 6. Memorie smembrate e Corpi Occupati - 7. Un Dio che aiuti a dimenticare? - Riferimenti bibliografici - Indice dei nomi