
Dal 476 all’anno Mille: dopo la caduta dell’Impero Romano assistiamo al tramonto del mondo antico e al lento formarsi di un nuovo amalgama con i popoli barbari, al diffondersi del cristianesimo, alla costruzione del rapporto complesso con l’Islam, tutti elementi attraverso i quali si iniziano ad abbozzare i tratti dell’Europa che verrà. Uno sguardo totalmente nuovo, limpido, vivace e insieme profondo, per leggere vicende ed eventi lontani, ma a noi vicini in molti imprevedibili modi.
Umberto Eco, con la collaborazione dei più importanti medievisti delle diverse discipline, vi accompagna in un viaggio coinvolgente e sorprendente attraverso l’arte, la storia, la società, la letteratura, la musica, la filosofia, le scienze di questo periodo così intenso della storia della civiltà europea.
Curatori
Umberto Eco, Laura Barletta, Pietro Corsi, Riccardo Fedriga, Giuseppe Ledda, Luca Marconi, Valentino Pace, Cecilia Panti, Ezio Raimondi.
Coordinatori
Andrea Bernardoni, Giovanni Di Pasquale, Dario Ippolito.
Autori
Umberto Eco, Alessandra Acconci, Gianfranco Agosti, Ivana Ait, Simona Artusi, Giuseppe Albertoni, Giacomo Baroffio, Laura Barletta, Elisabetta Bartoli, Carolina Belli, Anna Benvenuti, Andrea Bernardoni, Armando Bisogno, Giuliana Boccadamo, Luciano Bottoni, Tommaso Braccini, Giuseppina Brunetti, Glauco Maria Cantarella, Filippo Carlà, Alessandro Cavagna, Elena Cervellati, Antonio Clericuzio, Maria Conforti, Pietro Corsi, Diego Davide Renato De Filippis, Manuela De Giorgi, Lucio De Giovanni, Marco Di Branco, Giacomo Di Fiore, Catia Di Girolamo, Giovanni Di Pasquale, Roberto Gamberini, Manuela Gianandrea, Isaia Iannaccone, Dario Ippolito, Giancarlo Lacerenza, Giuseppe Ledda, Pierluigi Licciardello, Claudio Lo Jacono, Ernesto Mainoldi, Luca Marconi, Fabrizio Mastromartino, Donatella Melini, Ernst Erich Metzner, Silvana Musella, Valentino Pace, Cecilia Panti, Amalia Papa Sicca, Andrea Paribeni, Massimo Parodi, Stefania Picariello, Giorgia Pollio, Massimo Pontesilli, Ezio Raimondi, Marcella Raiola, Alessandra Rizzi, Pasquale Rosafio, Umberto Roberto, Silvia Ronchey, Carlo Luigi Schiavi, Giulio Sodano, Maria Elisa Soldani, Tullio Spagnolo Vigorita, Francesco Stella, Patrizia Stoppacci, Francesco Storti, Giorgio Strano, Francesco Paolo Tocco, Adriana Valerio, Giovanni Vitolo, Francesca Zago, Irene Zavattero.
Il decennio della “degenerazione morale” o quello dell’ultima modernità italiana? Da tempo si discute di un periodo recente della nostra storia al quale si guarda ora con nostalgia ora con disprezzo. In realtà gli anni ottanta sono anni di modernizzazione economica e sociale, anni in cui la società italiana abbandona rapidamente i caratteri dei decenni precedenti, l’economia prende forme più vicine a quelle a noi contemporanee: si affermano nuovi soggetti economici che pongono al centro il rapporto con il territorio, dalle piccole imprese alle reti dei distretti industriali. Soprattutto, si afferma compiutamente una società con uno spirito nuovo nella quale segnano il passo la ricerca della libertà individuale, la fine delle ideologie politiche, il perseguimento della soddisfazione personale attraverso la realizzazione professionale e il guadagno. Tutto questo in un contesto europeo e internazionale in cui gli eventi e i processi storici che si svolgono al di là delle frontiere entrano per la prima volta a viva forza nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Gervasoni ricostruisce la vivacità dell’Italia di quegli anni guardando ai processi economici e a quelli aggregativi, ai consumi, alle culture di massa, dall’audiovisivo alla musica; una società meno diseguale e più disincantata nei confronti delle grandi idealità collettive e pubbliche, in cui la politica, portatrice di senso, capace di mutare la storia, fece di tutto per rallentare la corsa trovandosi per molti versi estranea al mutamento e all’accelerazione dei tempi. «Gli anni ottanta – scrive l’autore – nel loro essere miscela di nuovo e di vecchio, di continuità e di rottura, di splendore e di miserie, furono l’ultimo vero decennio del Novecento e il primo del xxi secolo: il punto di passaggio e di transizione tra due universi socio-culturali molto diversi, in cui si sovrapposero fenomeni novecenteschi in dissoluzione con stimoli del secolo che stava per aprirsi».
Il fascismo fu vera dittatura, ma anche, se non una farsa, certamente un grande spettacolo. E Mussolini ne fu il regista unico: regista di se stesso e del suo pubblico. Molto più del cinema o dell'architettura, la fotografia, al pari della parola, è stata il principale veicolo del consumo totalitario. Con essa l'immagine del duce diventa personale, portatile, trasferibile, riproducibile e collezionabile. Grazie a un numero molto ampio di fotografie inedite tratte da album e archivi privati, che si affiancano a quelle canoniche e già note del Ventennio, Pasquale Chessa offre una nuova e convincente lettura del fascismo come messa in scena del potere.
L'idea che l'Italia fascista abbia accolto come profughi persone perseguitate dal nazionalsocialismo appare in contraddizione con i punti in comune tra i due sistemi politici e i loro rapporti sempre più stretti in politica estera. Le cifre però parlano chiaro: quasi 18.000 persone, in prevalenza ebrei e di cui almeno 5.000 provenienti dall'Austria, trovarono rifugio in Italia fra il 1933 e il 1945. Per molti di loro il nostro paese fu solo un luogo di transito; altri però si fermarono e, nonostante il successivo internamento in campi o località isolate alle condizioni di soggiorno obbligato, riuscirono a sfuggire alla deportazione nei luoghi di sterminio nazisti e poterono contare sulla generosità e disponibilità della popolazione locale, documentate da molti racconti autobiografici di esuli. Il volume raccoglie i contributi di autori italiani, austriaci e tedeschi, oltre a numerose testimonianze e resoconti di profughi, che affrontano il tema, poco noto al grande pubblico italiano, della storia dell'esilio austriaco in Italia: ne esce un quadro storico e umano complesso, insieme rigoroso e commovente, indispensabile per meglio comprendere quel tragico periodo di oppressione.
Di tutte le civiltà che esistevano nell'anno Mille, quella dell'Europa occidentale sembrava la peggior candidata per un futuro radioso. Paragonati agli imperi scintillanti di Bisanzio o dell'Islam, i regni frammentati affacciati sull'Atlantico sembravano poveri, impauriti e poco sviluppati. Ma l'anarchia di quegli anni non era il presagio per la fine del mondo, ma la fucina di un ordine radicalmente diverso. Millennium è la storia di quell'anarchia. È l'avvincente panoramica dei secoli che precedono e seguono l'anno Mille, dell'epoca di Guglielmo il Conquistatore, di Papa Gregorio VII e degli abati di Cluny, di vichinghi, monaci e servi della gleba, dei castelli e dell'invenzione della cavalleria, della prima crociata lanciata da Urbano II, oltre che del primo conflitto tra Stato e Chiesa. È la narrazione di come la cultura dell'Europa -irrequieta, creativa e dinamica - è stata forgiata dalle convulsioni di quello straordinario periodo.