
«Ma d'ongni chosa mi darei pace, pure che fosi chognosciuto la metà di quello ch'io fo» Margherita Datini, lettera del 28 agosto 1398 Nella società medievale, guerriera e violenta, la presenza femminile rimane in ombra: le donne, per lo più analfabete e sottomesse, offese e abusate, a volte addirittura considerate specie a parte rispetto agli uomini, come gli animali, non hanno voce. A meno di non essere obbligate al monastero, dove possono vivere in modo più dignitoso, imparando a leggere e scrivere. Da dove viene tanta misoginia? Una volta affermatosi il celibato dei preti con Gregorio VII, ogni donna è una Eva tentatrice, non compagna dell'uomo ma incarnazione del peccato da cui fuggire. Eppure, da questa folla negletta emergono alcune personalità eccezionali, capaci di rompere le barriere di un destino rigidamente segnato. Illuminate dalla finezza decifratoria di Chiara Frugoni, oltre che da un bellissimo corredo di immagini, incontriamole: sono monache e regine come Radegonda di Poitiers, scrittrici geniali come Christine de Pizan, personaggi leggendari come la papessa Giovanna, figure potenti come Matilde di Canossa, donne comuni ma talentuose come Margherita Datini. Tutte hanno scontato con la solitudine il coraggio e la determinazione con cui hanno ricercato la piena realizzazione di sé.
«Infine Enea arrivò a quella terra d'Italia che è chiamata Laurento, dal nome dell'alloro, su cui regnava Latino... Quello era dunque il luogo che il fato indicava per fondare una città» Origine del popolo romano, 10-11. Favolosi, intemporali: ogni città ha i suoi miti di fondazione, costellati di profezie e oracoli, il suo parterre di eroi. I Romani, che pure attingono a piene mani dalla mitologia greca - appena cambiando i nomi: Ermes/Mercurio, Atena/Minerva, Herakles/Ercole... -, dispongono di un ampio repertorio di racconti autoctoni, che parlano delle origini del loro popolo. Vi si narra di ninfe dei boschi; del fondatore Enea, straniero e designato; dei gemelli abbandonati Romolo e Remo, della lupa che li allattò; del pastore Faustolo che li raccolse; di un fratricidio, a ricordarci che gli albori scontano sempre un atto barbarico; di una serie di re, Romolo appunto e i restanti sei. Tra mito e storia, accanto agli eroi entrano in scena le donne, con il ratto delle Sabine, la sventurata Tarpea, Egeria che dettò le leggi a Numa, Lucrezia e il suo nobile senso dell'onore, le vestali, Clelia e le giovani romane. Un mondo prodigioso, quello che Giulio Guidorizzi dischiude con garbata sapienza, invitandoci a seguire i primi passi di una civiltà destinata a conquistare l'abbagliante titolo di Caput Mundi.
Un immenso patrimonio di figure intellettuali, movimenti e concezioni che furono due volte eretici: per l'ideologia liberale e per i regimi storici del comunismo novecentesco
Il Novecento, secolo del comunismo e del suo fallimento. La somma di queste due affermazioni, tutt’altro che prive di fondamento, ha prodotto la cancellazione di persone, movimenti, concezioni che non hanno solo un significato storico, ma anche un valore per il presente e per il tempo futuro.
L’Altronovecento è un progetto concepito e sviluppato dalla Fondazione Micheletti di Brescia e dall’Editoriale Jaca Book, coinvolgendo, anche tramite vari seminari e incontri, decine di studiosi affinché si venisse a delineare un percorso di movimenti e singole personalità protagonisti del comunismo critico ed eretico del Novecento in Europa e nel mondo. Questo viaggio fra intellettuali, autori e attivisti politici - personalità di assoluto valore, qualche volta di grande fama, in altri casi sconosciute oggi al grande pubblico - raccoglie esperienze e posizioni fra loro diversissime, ma accomunate da alcuni elementi che ne definiscono l’atteggiamento due volte critico e la conseguente duplice eresia. Essi furono anzitutto critici sia del capitalismo liberal-democratico, sia del nazi-fascismo; ma furono anche critici delle varie forme novecentesche di comunismo realizzato, pur muovendo dall’adesione all’idea di comunismo e dal concetto di una sua qualche forma di concreta attuabilità storico-politica. Figure ed esperienze che sono quindi senz’altro eretiche per l’ideologia liberale, ma che sono state tali anche per i regimi storici del comunismo novecentesco e non a caso molti di questi protagonisti sono stati oggetto di attacchi anche furiosi da parte dei portavoce ideologici di tali Stati e dai partiti comunisti che ad essi si rifacevano. La storia politica del comunismo è stata scritta, tanto nell’Occidente liberale quanto oltrecortina, sotto il pieno condizionamento di questa lettura ideologica. È vero però che all’interno delle rivoluzioni del Novecento (tutte potentemente influenzate dal comunismo) si sono manifestate tendenze e comportamenti in aperta contraddizione con i sistemi di aggressione e dominio poi posti in essere dai partiti comunisti al potere. Con la necessità, tutt’altro che esaurita, di spiegare come e perché si produsse lo stravolgimento, sino alla catastrofe. Con quest’opera, di cui qui si presenta il primo volume, si intende quindi restituire un immenso patrimonio di idee e di esperienze, un Novecento «altro» che è tempo di svelare dopo decenni di oblio o di incomprensione.
Concepire un’arte ornamentale proclamando, allo stesso tempo, l’intangibilità delle leggi della natura insieme con l’incontenibile ed esuberante fecondità che quest’ultima aveva ritrovato grazie alla pace: questa è la sfida apparentemente contraddittoria che Augusto ha lanciato a sé stesso e che ha saputo affrontare con successo. Fondata sulla riflessione dei filosofi , della creazione artistica dei Greci, la rivoluzione ornamentale augustea ha soprattutto beneficiato dell’incontro tra il principe e Virgilio, poiché il poeta aveva compreso, sin dall’epoca sanguinosa del triumvirato, che gli scontri che avevano diviso Roma e il mondo nel corso di un secolo dovevano trovare una risoluzione che fosse anche estetica. Non si può che rimanere colpiti, in effetti, dalla straordinaria efficacia dell’arte ornamentale augustea, che rimane una delle creazioni più durature del fondatore dell’impero. Le sue forme traggono certo la loro necessità dalle leggi della natura da esse stesse mostrate, dal geniale equilibrio dell’arte greca di cui rappresentano la continuazione, e anche dall’estrema semplicità del verso virgiliano che illustrano. Sembra che queste forme non vogliano morire, come se si ricordassero di esser state concepite per celebrare la rinascita del mondo.
Questo libro nasce dallo speciale fascino che nel tempo i labirinti hanno esercitato su Franco Maria Ricci. Pagina dopo pagina, grazie a una ricchissima ricognizione illustrata nell'arte, nel mito e nella storia, ne sfilano numerosi: nella forma delle conchiglie, nei mosaici pavimentali o incisi sulle monete, dipinti in miniature o in progetti di architettura e per giardini. Una ricca e raffinata collezione che segna l'atteso ritorno di Franco Maria Ricci all'editoria, curata con la stessa attenzione al dettaglio e alla qualità che ha segnato per cinquant'anni la sua attività. Un libro tributo a un luogo dalla storia millenaria in cui siamo invitati a perderci. Introduzione di Umberto Eco.
Gli Atti delle "sedicesime giornate normanno-sveve" tenute a Bari nell'ottobre 2004: quindici specialisti analizzano il secolo e le modalità della conquista normanna del Mezzogiorno, puntando in particolare a rintracciarne gli elementi cli identità e quelli di diversità: in sintesi, i caratteri originari. Temi di vasto respiro, indagati con nuove chiavi di lettura: i Normanni prima della conquista; i popoli e le etnie, le mentalità e i territori alla vigilia della conquista; gli strumenti e la tattica dell'occupazione normanna; le resistenze e le opposizioni; i regimi signorili e la conduzione delle terre; i segni sul territorio: città e fortificazioni, l'architettura sacra; le istituzioni politico-amministrative: il ducato, i comitati; le istituzioni ecclesiastiche: gli episcopati, le cattedrali, i monasteri; la sacralizzazione della conquista.
La guerra tra l'Italia e l'Impero Ottomano per il possesso della Tripolitania e della Cirenaica è stata un evento di particolare importanza sia per la politica interna italiana, sia per l'equilibrio internazionale europeo di quegli anni. Questo libro, a cento anni di distanza dagli avvenimenti, affronta il conflitto italo-ottomano con un approccio multidisciplinare, analizzando l'impatto che la guerra ebbe sul quadro internazionale europeo, sul sistema politico e sulla cultura italiana e, non ultimo, sulle strategie militari adottate. In tal modo, il volume si arricchisce della partecipazione di autori con sensibilità e approcci storiografici diversi, inserendosi nello sforzo di parte della storiografia italiana di recuperare, criticamente, su piani intersecantisi, la memoria storica dell'impegno coloniale italiano.
Indice del volume: Le origini; La civiltà greca; L'arte greca; L'arte antica in Italia; L'arte romana; I primi secoli del Cristianesimo; L'arte romanica; L'arte gotica. Alla fine di ogni sezione si trovano le letture critiche che approfondiscono alcuni temi, più un dizionarietto dei termini e delle tecniche e un indice degli artisti.
Attraverso un'ampia sequenza di inserti fotografici, il volume ripercorre le vicende più significative del nostro Paese in uno dei periodi cruciali della sua storia. Un periodo caratterizzato dalle traversie politiche dei governi di centro-sinistra, da ricorrenti crisi economiche, dalle istanze radicali della contestazione studentesca e dei movimenti extraparlamentari, da grandi conquiste sociali, da sanguinosi eventi terroristici. Introdotto da un saggio di Valerio Castronovo, il volume offre una serie di annotazioni firmate da Guido Vergani e un'antologia di circa 250 immagini.
Il volume propone al lettore che si avvicina alla storia romana con interesse e curiosità personale un valido e originale strumento per approfondirne la conoscenza. La trattazione si sviluppa secondo un andamento cronologico, dalle origini di Roma sino alla divisione politica fra parte occidentale e parte orientale dell'impero dopo la morte di Teodosio I, con l'interposizione di "finestre" tematiche, dalle quali osservare e comprendere meglio gli aspetti salienti della società romana o la stessa storia degli eventi politico-militari. Una particolare attenzione è dedicata alle istituzioni amministrative e alle relazioni sociali, all'ideologia del potere, ai rapporti tra politica e religione. L'esposizione, che tiene conto dei recenti sviluppi del dibattito storiografico, è caratterizzata da citazioni tratte da documenti antichi ed è corredata di un'ampia bibliografia.
Il volume ricostruisce l'esperienza di Radio Bari (1934-43), la prima stazione europea a trasmettere in arabo. Grazie ad una ricerca condotta in numerosi archivi in Italia, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Marocco, emergono da queste pagine i protagonisti di Radio Bari, dai responsabili politici agli autori, agli ospiti, agli speaker, nonché i programmi che la radio ospitò. Le trasmissioni culturali (conversazioni, canzoni, pièce teatrali) furono apprezzate dal pubblico arabo, mentre quelle politiche (i notiziari) non ebbero successo perché scontavano una contraddizione insuperabile della propaganda e, più in generale, della politica estera fascista: Roma corteggiava i nazionalismi arabi e attaccava Londra e Parigi con l'obiettivo di sostituirvisi come potenza egemone nel Mediterraneo e in Medio Oriente, senza considerare che quei nazionalismi si sarebbero opposti con uguale forza al dominio coloniale italiano. Proprio attraverso Radio Bari e la sua "guerra delle onde" con Radio Londra, Radio Paris Mondial e Radio Berlino, il libro, al confine tra storia delle relazioni internazionali, storia transnazionale e storia dei media, mette in luce come la politica araba dell'Italia fascista fosse, nonostante le ambizioni imperiali, destinata al fallimento.