
Il 16 giugno 1846 Giovanni Maria Mastai Ferretti viene eletto pontefice della Chiesa cattolica. Dalla successiva concessione di una amnistia per i reati politici, il desiderio di cambiamento delle popolazioni italiane ed europee si saldò a una vaga volontà riformista da parte del sovrano pontefice e della curia romana. Per circa tre anni Pio IX assunse le fattezze di una papa liberale e difensore della nazione italiana, per diventare poi il nemico giurato del mondo moderno. Questo libro vuole indagare per la prima volta in profondità quella che è stata liquidata dalla storiografia come una breve e anomala parentesi all'interno della storia italiana ed europea, l'esordio equivoco di un pontificato ricordato soprattutto per la reazione che seguì le rivoluzioni del 1848. Guardare da vicino quel fenomeno, metterlo sotto le lenti dello storico è la sfida di questo volume, che insegue le tracce della figura immaginifica di Pio IX attraverso un ventaglio eterogeneo di fonti, archivistiche e a stampa. Si offre così un allargamento dello sguardo ad ambiti culturali e sociali diversi, restituendo a quella storia il suo respiro autenticamente internazionale e il suo senso più vero.
Una notte, in un vecchio cimitero ebraico, un gruppo di uomini si stringe attorno alla tomba di un maestro della Cabala. Parlano sottovoce. Il più vecchio, un Grande o così viene chiamato espone un piano di conquista. Non una conquista qualunque: la presa del mondo intero. Nessuno sapeva dove si trovasse davvero quel cimitero, né quando fosse accaduta la scena, né tantomeno chi avesse potuto assistervi. Eppure, il racconto si diffuse. Più potente della storia. Più conveniente della realtà. E la finzione produsse effetti terribili.
James Schwarzenbach, cugino della scrittrice Annemarie Schwarzenbach, è un editore colto e raffinato di Zurigo. La sua è una delle famiglie industriali più ricche della Svizzera. A metà degli anni Sessanta entra a sorpresa in Parlamento a Berna, unico deputato del partito di estrema destra Nationale Aktion. Come suo primo atto promuove un referendum per espellere dal Paese trecentomila stranieri, perlopiù italiani. È l'inizio di una campagna di odio contro i nostri emigrati che durerà anni, e che sfocerà nel voto del 7 giugno 1970, quando Schwarzenbach, solo contro tutti, perderà la sua sfida solitaria per un pelo. Com'è stato possibile? Cosa ci dice del presente questa storia dimenticata? E come si spiega il successo della propaganda xenofoba, posto che la Svizzera dal 1962 al 1974 ha un tasso di disoccupazione inesistente e sono proprio i nostri lavoratori, richiamati in massa dal boom economico, a proiettare il Paese in un benessere che non ha eguali nel mondo? Eppure Schwarzenbach, a capo del primo partito anti-stranieri d'Europa, con toni e parole d'ordine che sembrano usciti dall'odierna retorica populista, fa presa su vasti strati della popolazione spaesata dalla modernizzazione, dalle trasformazioni economiche e sociali e dal '68. Fiuta le insicurezze identitarie e le esaspera. "Svizzeri svegliatevi! Prima gli svizzeri!" sono i suoi slogan, mentre gli annunci immobiliari specificano: "Non si affitta a cani e italiani". In una serrata inchiesta fra racconto e giornalismo, Concetto Vecchio fa rivivere la stagione dell'emigrazione di massa, quando dalle campagne del Meridione e dalle montagne del Nord si andava in cerca di fortuna all'estero. E in un viaggio nella memoria collettiva del nostro Paese, nell'Italia povera del dopoguerra, raccoglie le voci degli emigrati di allora e sottrae all'oblio una storia di ordinario razzismo di cui i nostri connazionali furono vittime.
Già da qualche anno i due conflitti mondiali, da tempo non più oggetto di interesse dei soli storici politici e militari, sono stati esaminati considerando anche gli aspetti socio-economici e, soprattutto, il grado di coinvolgimento delle popolazioni civili. Si tratta adesso di "dare voce" anche a chi non la possiede: gli animali, la natura, il paesaggio. Questo volume intende offrire alcuni contributi originali o, per usare le parole di Emilio Sereni, l'autore della Storia del paesaggio agrario italiano, dei «limitati sondaggi», per suggerire nuove ricerche, ispirate anche dalle nuove sensibilità del nostro tempo.
Questo volume costituisce il primo tentativo di scrivere una storia comparata della presenza dei cattolici nelle Resistenze dei vari paesi europei. Basata su un'ampia storiografia in più lingue e sulla rilettura della stampa clandestina, oltre che di svariate testimonianze, la ricostruzione delle vicende di paesi come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania e Austria, Cecoslovacchia e Polonia consente di presentare ai lettori italiani figure di uomini e donne talvolta sconosciuti persino agli storici specialisti. L'analisi segue il filo del rapporto tra cattolici, fede religiosa e ricorso alla violenza. In questa prospettiva intende contrastare la tentazione ricorrente di applicare ai cattolici di allora le categorie dell'oggi, come il pacifismo o l'obiezione di coscienza, insieme all'accusa di essere stati imbelli e "attendisti". L'educazione cattolica di allora non disdegnava infatti di formare anche al dovere militare. Il problema, semmai, era quello della legittima autorità cui obbedire. Queste pagine contribuiscono così a bilanciare la tendenza storiografica che, nel corso degli ultimi decenni, ha posto in primo piano la Resistenza civile, senza armi, a scapito di quella - che pure ci fu - combattente.
Bollini arrivò a morire con eroismo grazie alla solida formazione ricevuta all'interno del suo oratorio e nella Giac, la Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Da qui la necessità di alzare lo sguardo verso un orizzonte più ampio, ovvero quello costituito dalla partecipazione alla lotta di Liberazione dei giovani e degli uomini che nell'antica associazione militavano o avevano militato pochi anni prima. Il rapporto tra Ac e Resistenza è stato studiato finora sotto molti profili, ma per lo più in modo disorganico oppure apologetico o, ancora, all'interno della più vasta storia dei cattolici nella Resistenza. Le pagine che seguono non hanno certo la pretesa di colmare questa lacuna, ma vorrebbero sollecitare gli studiosi ad affrontare in modo più organico e completo questi argomenti, oltre che invogliare gli attuali appartenenti all'Azione Cattolica (e, certo, non solo loro) a riscoprire e valorizzare un patrimonio di idealità e di fede che non deve andare disperso.
Un volume dedicato alla Resistenza delle donne fra il 1943 e il 1945. Gli interventi a carattere storico di Giorgio Vecchio e Elisabetta Salvini, insieme alle numerose testimonianze raccolte, consentono di colmare un vuoto nella dettagliata ricostruzione di un fenomeno complesso e unico nella storia del nostro Paese. Dopo decenni nei quali si è identificata la Resistenza con la figura eroica del partigiano con il fazzoletto rosso al collo e il fucile in mano, oggi emerge la consapevolezza di una molteplicità di altre importanti figure, tra cui quelle di molte donne, di ogni classe sociale, e di tanti cittadini comuni, di preti, suore e frati.
Le mutevoli forme istituzionali del cristianesimo rappresentano un elemento tutt’altro che secondario nel processo di costruzione dello Stato moderno. I percorsi storici tracciati in questo volume costituiscono altrettante riflessioni sull’attitudine culturale delle forme istituzionali del messaggio cristiano a proporsi, nella storia europea, come stabili interlocutrici dei processi di integrazione politica della società.
La stele dell'arcangelo Gabriele (Hazon Gabriel) ha riscosso un ampio riscontro accademico tanto per l'oscurità del suo rinvenimento, quanto per l'enigmatico contenuto, variamente interpretato nel corso degli ultimi quindici anni di ricerca. L'arcangelo Gabriele, mediatore celeste, consegna una fumosa visione con una premessa che farebbe pensare al contesto di una battaglia cosmica. Grande attenzione c'è stata intorno a un possibile rimando alla risurrezione "dopo tre giorni". Il testo, edito per la prima volta nel 2007, è stato considerato una delle testimonianze più significative nell'ambito della storia deuterotemplare a ridosso tra I secolo a.C. e I secolo d.C. Il volume, seguendo una metodologia storico-critica, presenta il testo della stele, con la sua prima traduzione scientifica in italiano, il contesto del giudaismo sul finire del Secondo Tempio e le possibili interpretazioni, non mancando di cogliere possibili nessi col Nuovo Testamento e con i Papiri Greci magici.
Grazie all'opera di artisti e intellettuali, nel Rinascimento emerge una consapevolezza inedita del divenire storico che favorisce il culto del nuovo nelle arti, in letteratura, in filologia e nelle scienze. Il nuovo prendeva il posto del culto, una liturgia umana subentrava a quella divina. Questa rivoluzione tocca anche la cultura ebraica, motore e agente di un rinnovamento senza precedenti. Lo studio di Giuseppe Veltri ricostruisce la vita intellettuale ebraica nel Rinascimento italiano ed europeo, mettendo in luce momenti salienti del dibattito del tempo: la coscienza storica del divenire e la secolarizzazione, la funzione della poesia dantesca come ponte fra mondo ebraico e mondo cristiano, l'uso del volgare come simbolo del connubio delle diverse tradizioni, la nascita del criticismo, l'atteggiamento scettico come strategia e sintomo della crisi politica e intellettuale, il dibattito sull'immortalità dell'anima.

