James Schwarzenbach, cugino della scrittrice Annemarie Schwarzenbach, è un editore colto e raffinato di Zurigo. La sua è una delle famiglie industriali più ricche della Svizzera. A metà degli anni Sessanta entra a sorpresa in Parlamento a Berna, unico deputato del partito di estrema destra Nationale Aktion. Come suo primo atto promuove un referendum per espellere dal Paese trecentomila stranieri, perlopiù italiani. È l'inizio di una campagna di odio contro i nostri emigrati che durerà anni, e che sfocerà nel voto del 7 giugno 1970, quando Schwarzenbach, solo contro tutti, perderà la sua sfida solitaria per un pelo. Com'è stato possibile? Cosa ci dice del presente questa storia dimenticata? E come si spiega il successo della propaganda xenofoba, posto che la Svizzera dal 1962 al 1974 ha un tasso di disoccupazione inesistente e sono proprio i nostri lavoratori, richiamati in massa dal boom economico, a proiettare il Paese in un benessere che non ha eguali nel mondo? Eppure Schwarzenbach, a capo del primo partito anti-stranieri d'Europa, con toni e parole d'ordine che sembrano usciti dall'odierna retorica populista, fa presa su vasti strati della popolazione spaesata dalla modernizzazione, dalle trasformazioni economiche e sociali e dal '68. Fiuta le insicurezze identitarie e le esaspera. "Svizzeri svegliatevi! Prima gli svizzeri!" sono i suoi slogan, mentre gli annunci immobiliari specificano: "Non si affitta a cani e italiani". In una serrata inchiesta fra racconto e giornalismo, Concetto Vecchio fa rivivere la stagione dell'emigrazione di massa, quando dalle campagne del Meridione e dalle montagne del Nord si andava in cerca di fortuna all'estero. E in un viaggio nella memoria collettiva del nostro Paese, nell'Italia povera del dopoguerra, raccoglie le voci degli emigrati di allora e sottrae all'oblio una storia di ordinario razzismo di cui i nostri connazionali furono vittime.
Quando muore colpita da uno sparo, Giorgiana Masi ha diciotto anni. È il 12 maggio del 1977. I radicali hanno organizzato una manifestazione in piazza Navona per celebrare il terzo anniversario del referendum sul divorzio e si sono opposti al divieto del ministro Cossiga che, dopo l'omicidio del poliziotto Settimio Passamonti, ha vietato i raduni di piazza. Manca meno di un anno al sequestro Moro e in Italia c'è un clima da guerra civile. Concetto Vecchio riapre l'indagine su un mistero mai dimenticato nel quale un'intera generazione si è riconosciuta alla fine degli anni settanta. E lo fa in prima persona, avanzando indizio dopo indizio in una ricerca appassionata che getta nuova luce su uno dei capitoli più oscuri della storia italiana. Giorgiana sta fuggendo da una carica delle forze dell'ordine sul ponte Garibaldi a Roma quando cade ammazzata. Ma cosa succede esattamente su quel ponte, e soprattutto: perché succede? Nonostante l'omicidio avvenga in un luogo affollato da centinaia di persone, nessuno ha visto niente. Com'è stato possibile? Vecchio compie un viaggio nella memoria: torna sui luoghi, interroga decine di testimoni, recupera le carte sepolte da quarant'anni, ritrova le facce di allora - come il poliziotto Giovanni Santone, la cui foto con la pistola in mano divenne l'immagine simbolo della tragedia -, mette in scena il duello mortale che per decenni ha contrapposto il leader radicale Marco Pannella al ministro dell'Interno Francesco Cossiga. È un dolente tentativo di ricostruire i fatti, nella consapevolezza che a un certo punto "le domande sopravanzano le risposte". Un'indagine storica con una fortissima impronta narrativa capace di parlare non solo alla generazione di Giorgiana, ma anche ai giovani di oggi.
Ouesto libro è la cronaca appassionata di un caso italiano: il 1977. Un nuovo Sessantotto, culminato nelle morti tragiche di tre militanti: Francesco Lorusso, Giorgiana Masi, Walter Rossi. Ma è anche l'anno che segna la drammatica ascesa delle Brigate rosse, che a Torino uccidono il presidente dell'Ordine degli avvocati Fulvio Croce e il vicedirettore della "Stampa" Carlo Casalegno. Concetto Vecchio, trent'anni dopo, è tornato a Bologna, Roma, Torino, rivisitando i luoghi di allora, e ha ripercorso gli ultimi mesi di vita di Casalegno e dei suoi assassini. Attraverso quasi quaranta testimonianze, tra cui quelle di Gad Lerner, Ezio Mauro, Diego Novelli, Giancarlo Caselli, Giampaolo Pansa, Gianfranco Bettin, Diego Benecchi, Bifo Berardi, Silvio Viale, Renato Nicolini, racconta l'attacco dei giovani del movimento al Pci, la nascita di Radio Alice, il trionfo della controcultura. Spiccano figure indimenticabili come quella di Carlo Rivolta, giovane promessa di "Repubblica" stroncato dalla droga, e di Antonio Cocozzello, un piccolo democristiano che si ritrova incredibilmente nel mirino del terrorismo.
Correva l'anno 1962. A Trento nasceva la storica facoltà di Sociologia, la prima università del dissenso. Dietro ai banchi, quei giovani che hanno urlato la loro rabbia contro il sistema, contro la guerra, per i diritti civili delle minoranze, per una istruzione meno baronale. In prima fila Mauro Rostagno, Marco Boato, Renato Curcio, Margherita Cagol, Marianella Pirzio Biroli: gli "eroi della rivoluzione imminente". In cattedra Francesco Alberoni, Beniamino Andreatta, Gian Enrico Rusconi, Chiara Saraceno, Giorgio Galli. Attraverso più di quaranta testimonianze, Vecchio restituisce il ritratto della stagione che anticipa e per molti aspetti prefigura la ferocia della lotta armata.