
Giuliano, comunemente conosciuto come Giuliano l’Apostata (Giuliano il traditore), è una delle personalità chiave del IV secolo d.C., il secolo in cui si compì il passaggio dall’impero pagano a quello cristiano. Nipote di Costantino – era nato nel 331/2 da uno dei fratellastri di quello –, sopravvissuto alle stragi che nell’estate del 337 portarono all’eliminazione dell’intero ramo cadetto della famiglia regnante, Giuliano trascorse il resto della sua infanzia e buona parte dell’adolescenza in un esilio dorato. Perfezionò quindi la sua educazione, studiando retorica e filosofia in diverse importanti città dell’oriente ellenistico. Le esperienze maturate allora – e in particolare l’incontro con il neoplatonismo –, lo spinsero ad abbandonare il cristianesimo, la religione della sua famiglia, e ad abbracciare il culto degli dei tradizionali. Richiamato a corte nel 355 e nominato Cesare (imperatore ‘in seconda’) dal cugino Costanzo II, si distinse in Gallia per le sue doti di generale e di amministratore. Nel 361 fu proclamato Augusto dalle sue truppe e di lì a poco, con la morte del cugino, si ritrovò unico sovrano dell’impero. Rivelate finalmente le sue vere opinioni religiose, Giuliano intraprese una politica di restaurazione del paganesimo ma il progetto non poté compiersi per la sua prematura scomparsa nel corso di una sfortunata campagna in Persia (363 d.C.). La narrazione segue uno schema biografico tradizionale, ma ampio spazio è riservato pure alla trattazione di alcuni aspetti marcanti della vita sociale, culturale, religiosa e politica dell’epoca.
La purificazione della memoria è un atto di fede nella capacità di poter recuperare l’analisi di fatti che sono stati ignorati, evitati, nascosti, alterati perché disturbano le logiche del potere. Ad essa Giovanni Paolo II invitava tutti i cristiani nella bolla di indizione del Giubileo del 2000.
In tale contesto il compito dello storico è quello di fare bene il proprio mestiere. Con una documentazione essenziale, ma rigorosa, l’autore formula giudizi di grande onestà storica su fatti recenti della vicenda nazionale e non.
Sergio Tanzarella (San Felice al Cancello 1959)
dottore di ricerca in storia, insegna storia della Chiesa presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli (sez. San Luigi). Con P. Vanzan ha pubblicato Nuovi orizzonti per la formazione dei laici, Roma 1989; Chiesa e società nel secolo XX, Roma 1993. Ha curato i volumi: La "nuova" Azione Cattolica Italina (1969-1990), Roma 1991; Costruire la pace sulla terra. A trent’anni dalla Pacem in terris, Molfetta 1993; La personalità dello Spirito Santo, Cinisello Balsamo 1998; le voci. "Pace", nel Dizionario delle idee politiche (Roma 1993); "La Chiesa nei primi secoli. Nonviolenza e pace nella Chiesa antica", nel Dizionario di Teologia della Pace (Bologna 1997). È stato parlamentare nella XII legislatura e attualmente è vicepresidente della Fondazione antiusura e per la legalità "Don Peppino Diana".
L'espressione "controllo delle nascite" (birth control) è stata ideata nel 1914 da una giovane anarchica statunitense, Margaret Sanger. Convinta che l'impiego sistematico della contraccezione avrebbe emancipato la donna dai vincoli sociali e culturali del passato e avrebbe posto fine a povertà, guerre e malattie, la Sanger collaborò con eugenisti e neo-malthusiani, fondò riviste e associazioni internazionali anti-nataliste, avviò numerose cliniche per l'assistenza delle donne intenzionate a prevenire la gravidanza o ad abortire, finanziò la ricerca che condusse alla scoperta della formula della pillola anticoncezionale. Nel tempo, tale attività ottenne un impatto enorme sui costumi individuali e sulle politiche relative alla natalità adottate sia in Occidente, sia in paesi come India e Cina. Il volume, basato sulle fonti a stampa dell'epoca e sulla documentazione raccolta negli archivi statunitensi, costituisce la prima monografia italiana sull'argomento, ripercorrendo in maniera rigorosa ed approfondita le tappe che condussero la Sanger alla definizione del birth control e alla creazione di un movimento ancor oggi in piena espansione.
Riunirsi in assemblea, parlare in pubblico, prendere decisioni collettive: dagli inizi del XII secolo fino ai conflitti del Trecento, i cittadini dei grandi e piccoli centri urbani dell'Italia comunale vissero intensamente l'esperienza del consiglio come luogo di elaborazione della politica. L'assemblea, quale forma caratteristica della vita pubblica nella città medievale, conobbe un rilievo particolare per la precocità, le dimensioni e l'effettiva capacità decisionale che i consigli comunali seppero assumere. Ma chi poteva far parte dei consigli? Di cosa si discuteva? In che modo si poteva esprimere il parere personale? Come si affrontavano i conflitti d'opinione? La discussione animava le aule universitarie e le opere dei giuristi, ma soprattutto si accendeva nelle tumultuose sedute dei consigli cittadini, che le fonti cronachistiche e i verbali delle assemblee restituiscono con eccezionale vivacità. In un percorso cronologico che dà spesso voce ai racconti dei contemporanei, Lorenzo Tanzini segue il percorso evolutivo che partendo dalla pratica di partecipazione ancora confusa delle origini comunali condusse a forme molto articolate di consigli a dimensioni variabili, fino al definirsi nel Trecento di strutture decisionali tanto più efficaci quanto più ristrette.
Ezio Tarantelli cade sotto una raffica di mitra il 27 marzo del 1985 all'uscita della Sapienza di Roma, dove insegna. Le Brigate Rosse colpiscono così uno dei grandi artefici della riforma del lavoro, l'uomo simbolo della lotta all'inflazione, l'economista che ha osato mettere in discussione la scala mobile e il cui obiettivo fondamentale è stato, da sempre, uno: creare le condizioni per un mondo in cui nessuno debba più subire la disoccupazione. Questo libro è il viaggio del figlio Luca nella memoria del padre. Dopo venticinque anni di silenzio ha raccolto le forze e il coraggio per ricostruirne la vita, la personalità e il pensiero. Attraverso centinaia di testimonianze e decine di interviste, in gran parte inedite, Luca ci restituisce il ritratto di una delle figure più luminose degli Anni di piombo: un intellettuale libero, senza vincoli a partiti o istituzioni e mosso esclusivamente dall'incrollabile fiducia nelle proprie idee e dalla ricerca ostinata di soluzioni concrete alle sofferenze sociali. Un uomo che aveva sognato di ridisegnare il sistema delle relazioni industriali in nome della concertazione e del riconoscimento della dignità e dei diritti di tutte le parti. Le cui proposte, in anticipo di quasi vent'anni sul suo tempo e ancora attualissime, vennero tradite. Queste pagine ci offrono un potente scorcio degli anni Settanta e Ottanta come non ce li ricordiamo, un pezzo di storia rimossa dalla memoria collettiva... Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.
Un'ideologia? Un movimento? Un regime? Un fenomeno storico che appartiene al passato o un modo di pensare ancora presente? Un modello unico che ha avuto solo imitatori più o meno fedeli o un genere tendenzialmente universale che si è concretizzato in una serie di manifestazioni originali e specifiche? Un progetto totalitario con ambizioni di durata millenaria o un espediente autoritario nato dalle paure di ceti sociali intimoriti dalla fragilità dei regimi liberali? In questo volume Tarchi passa in rassegna le diverse interpretazioni date a questo fenomeno complesso.
Nel tratteggiare l'universo culturale fascista questo libro segue tre direttrici: la politica culturale del regime, la condizione delle diverse arti e discipline, l'ideologia che contrassegnò lo stato totalitario. Guardando alla politica culturale messa in atto dal partito e dal governo fascista l'autrice individua le scelte della classe dirigente al potere in Italia dal 1922 al 1945; concentrandosi sugli intellettuali e sugli artisti chiarisce la portata del contributo da essi fornito al fascismo. Viene così delineata l'ideologia fascista come un sistema di visioni, di ideali e soprattutto di miti, capace di orientare l'azione politica e di promuovere una precisa concezione del mondo.
Un approfondito esame storico della politica "cattolica" italiana. Il volume è arricchito da una introduzione di Sandro Magister.
Briganti e soldati, esattori e grassatori, sacerdoti e garibaldini sono i protagonisti di "Ombre nelle campagne", breve saggio in buona parte realizzato avvalendosi dell'ampia documentazione conservata presso l'Archivio di Stato di Torino, relativa ai carteggi tra Ministeri, Comandanti delle Zone Militari e autorità locali negli anni che seguirono l'Unità d'Italia quando si scontrarono, tra sommosse e processioni, il sogno garibaldino e le mire restauratrici borboniche mentre il fenomeno del brigantaggio oscillava, come nelle altre terre del sud, tra il mero banditismo e la coraggiosa resistenza, nel nome di Dio e del Re Borbone, all'unificazione sabauda. Leggendo gli episodi ora tragici, ora quasi comici proposti dall'autore, si evince quel senso di ribellione, sotteso ma pronto a esplodere anche violentemente alla prima occasione, che caratterizzò in quel periodo le popolazioni dell'Italia meridionale.

