
L'Archivio di storia della cultura non ha certo problemi di identità, confessati o nascosti come quando l'indicazione di una nuova serie o la discontinuità grafica lo denunciano o lo mascherano. Ha semmai, tra le ragioni del successo di un indirizzo innovativo, da distinguere quel che sotto la formula ha adeguato temi tradizionali al nuovo linguaggio e quel che ha contribuito, proprio attraverso il nuovo linguaggio, a dire cose nuove a una cultura fin troppo incline all'empiria dell'usa e getta, ristabilendo ogni volta gli strappi delle mode nel circolo virtuoso tra narrazione e pensiero. Tessitore, il più autorevole studioso europeo del moderno Historismus, ha suggerito un'equivalenza tra la sua "storia della cultura" e lo "storicismo degli storici", che è valsa nelle vicende tormentate della storiografia italiana contemporanea a tener desto in ogni forma il colloquio tra gli storici generali e gli storici della cultura, sospingendo a una fertile contaminazione dei linguaggi verbali e no.
Gli Stati Uniti d'America nacquero il 4 luglio 1776 con la Dichiarazione d'indipendenza. Perché diventassero qualcosa di simile a ciò che conosciamo oggi, in termini di territorio, popolazione e forma di governo, dovette tuttavia passare almeno un secolo. Tra il 1776 e il 1876 il paese definì i suoi confini; aumentò la popolazione; abolì la schiavitù razziale; si trasformò da piccola repubblica in grande democrazia elettorale (maschile). Attraversò guerre di conquista con le nazioni vicine (native e di origine europea), conflitti sociali e politici, una sanguinosa guerra civile (1861-65). Il volume illustra la storia di questo primo secolo di vita degli Stati Uniti, sottolineando la forte carica espansiva, geografica, politica, ideale, che lo caratterizzò.
Specchio della nazione, oggetti di culto civile e politico, arredo invisibile del paesaggio urbano, spine conficcate in gola alla città. I monumenti sono simboli sacri per alcuni ma vista insopportabile per altri. Le vicende delle loro origini sono dense di disaccordi, e spesso rivelano ciò che si agita nel ventre della storia più di quanto facciano gli atti di iconoclastia. C'è accanimento ideologico nel modo in cui certi monumenti americani sono discussi, criticati, talvolta vandalizzati, spesso rimossi dalle stesse autorità pubbliche? Oppure sono proprio quei monumenti un tentativo di cancellare la storia, di celebrarne certi aspetti celandone altri? Raccontando la vicenda di alcuni monumenti in una società conflittuale quale è quella degli Stati Uniti, Arnaldo Testi affonda lo sguardo nel cuore magmatico del paese e della sua storia. A emergere è il ritratto di un'America immaginata e imperfetta e delle sue autorappresentazioni, delle polarizzazioni e dei compromessi che l'hanno percorsa, e delle tensioni che oggi l'attraversano. La storia è sempre fastidiosa, continua a tormentarci, a renderci felicemente difficile la vita anche quando viene scritta nella pietra e nel bronzo, e diventa memoria.
La caduta di Roma, ampiamente analizzata, eclissa troppo spesso la storia senza pari della sua ascesa e del suo successo. Eppure, l'Impero romano fu una grande costruzione politica che unì per cinque secoli una moltitudine di etnie che parlavano decine di lingue e veneravano una cifra perfino superiore di dèi. Quali segreti hanno permesso ai romani di conquistare territori talmente vasti? E, data l'eccezionalità di tale conquista, che dire della loro capacità di tenere unito quell'enorme spazio? Per capire queste differenti imprese, l'autore esamina i miti fondanti della città latina, gli impulsi della politica imperialista, le ragioni delle vittorie militari, la forza morale della res publica e la capacità di integrare gli stranieri. I segreti dei successi e della durata dell'Impero romano, poco studiati, diventano un argomento dal fascino senza fine.
L'Unione europea è oggi uno spazio giuridico-economico, finanziario e monetario, ma non ancora identitario. Le fa difetto quel patrimonio simbolico mediante il quale le nazioni hanno saputo proporre agli individui un interesse collettivo, una fratellanza, una protezione. Ma, come ci insegna questo libro, non tutto è perduto: due secoli fa il comune sentire fra un contadino bavarese e uno junker prussiano, tra un pastore sardo e un borghese toscano era tutt'altro che scontato. L'autrice ricostruisce il processo di formazione delle identità, ed in particolare nel campo dell'arte, della letteratura, dell'estetica, dell'architettura, dei riti collettivi.
Lo Spitfire, già presente in Egitto per contrastare la superiorità della Luftwaffe fino alla battaglia di El Alamein, fu successivamente impiegato anche nel Nordafrica francese. Nei cieli della Tunisia, i velivoli britannici subirono pesanti perdite nella lotta per la supremazia aerea contro le unità da caccia italiane e germaniche, prima della resa dell'Asse nel 1943. Le squadriglie degli Spitfire (RAF, RCAF, RAAF e SAAF) svolsero un ruolo cruciale nella neutralizzazione degli aeroplani italo-tedeschi durante i combattimenti per la conquista della Sicilia e l'invasione dell'Italia e nei successivi drammatici mesi di guerra nella Penisola. In occasione dell'operazione Dragoon, decollando dalle loro basi italiane, coprirono gli sbarchi nella Francia meridionale, eseguendo anche numerose sortite sulla Jugoslavia in appoggio ai partigiani di Tito. Nel corso delle campagne nordafricane e italiane, quasi 100 piloti di Spitfire si guadagnarono lo status di assi o accrebbero la loro già consolidata reputazione di valorosi combattenti dei cieli.