
Ezio Tarantelli cade sotto una raffica di mitra il 27 marzo del 1985 all'uscita della Sapienza di Roma, dove insegna. Le Brigate Rosse colpiscono così uno dei grandi artefici della riforma del lavoro, l'uomo simbolo della lotta all'inflazione, l'economista che ha osato mettere in discussione la scala mobile e il cui obiettivo fondamentale è stato, da sempre, uno: creare le condizioni per un mondo in cui nessuno debba più subire la disoccupazione. Questo libro è il viaggio del figlio Luca nella memoria del padre. Dopo venticinque anni di silenzio ha raccolto le forze e il coraggio per ricostruirne la vita, la personalità e il pensiero. Attraverso centinaia di testimonianze e decine di interviste, in gran parte inedite, Luca ci restituisce il ritratto di una delle figure più luminose degli Anni di piombo: un intellettuale libero, senza vincoli a partiti o istituzioni e mosso esclusivamente dall'incrollabile fiducia nelle proprie idee e dalla ricerca ostinata di soluzioni concrete alle sofferenze sociali. Un uomo che aveva sognato di ridisegnare il sistema delle relazioni industriali in nome della concertazione e del riconoscimento della dignità e dei diritti di tutte le parti. Le cui proposte, in anticipo di quasi vent'anni sul suo tempo e ancora attualissime, vennero tradite. Queste pagine ci offrono un potente scorcio degli anni Settanta e Ottanta come non ce li ricordiamo, un pezzo di storia rimossa dalla memoria collettiva... Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.
Un'ideologia? Un movimento? Un regime? Un fenomeno storico che appartiene al passato o un modo di pensare ancora presente? Un modello unico che ha avuto solo imitatori più o meno fedeli o un genere tendenzialmente universale che si è concretizzato in una serie di manifestazioni originali e specifiche? Un progetto totalitario con ambizioni di durata millenaria o un espediente autoritario nato dalle paure di ceti sociali intimoriti dalla fragilità dei regimi liberali? In questo volume Tarchi passa in rassegna le diverse interpretazioni date a questo fenomeno complesso.
Nel tratteggiare l'universo culturale fascista questo libro segue tre direttrici: la politica culturale del regime, la condizione delle diverse arti e discipline, l'ideologia che contrassegnò lo stato totalitario. Guardando alla politica culturale messa in atto dal partito e dal governo fascista l'autrice individua le scelte della classe dirigente al potere in Italia dal 1922 al 1945; concentrandosi sugli intellettuali e sugli artisti chiarisce la portata del contributo da essi fornito al fascismo. Viene così delineata l'ideologia fascista come un sistema di visioni, di ideali e soprattutto di miti, capace di orientare l'azione politica e di promuovere una precisa concezione del mondo.
Un approfondito esame storico della politica "cattolica" italiana. Il volume è arricchito da una introduzione di Sandro Magister.
Briganti e soldati, esattori e grassatori, sacerdoti e garibaldini sono i protagonisti di "Ombre nelle campagne", breve saggio in buona parte realizzato avvalendosi dell'ampia documentazione conservata presso l'Archivio di Stato di Torino, relativa ai carteggi tra Ministeri, Comandanti delle Zone Militari e autorità locali negli anni che seguirono l'Unità d'Italia quando si scontrarono, tra sommosse e processioni, il sogno garibaldino e le mire restauratrici borboniche mentre il fenomeno del brigantaggio oscillava, come nelle altre terre del sud, tra il mero banditismo e la coraggiosa resistenza, nel nome di Dio e del Re Borbone, all'unificazione sabauda. Leggendo gli episodi ora tragici, ora quasi comici proposti dall'autore, si evince quel senso di ribellione, sotteso ma pronto a esplodere anche violentemente alla prima occasione, che caratterizzò in quel periodo le popolazioni dell'Italia meridionale.
All’inizio del Novecento, 700mila greci vivevano sulle sponde del Mar Nero. Di fede cristiano–ortodossa, nei secoli avevano salvaguardato la loro identità etnica, culturale e religiosa, pur facendo parte dell’Impero ottomano. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, il genocidio degli armeni (1915) è seguito dalla persecuzione dei greci e degli assiri. La politica attuata tra il 1916 e il 1923 nei confronti dei greci del Ponto porta a massacri, deportazioni, marce forzate in pieno inverno, arruolamento degli uomini in battaglioni di lavoro. Dei 700mila abitanti, 353mila sono uccisi e dispersi. I sopravvissuti fuggono in Grecia.
Questa è la storia vera di una di loro: Eratò Espielidis (1897–1989), nata sulle sponde del Mar Nero a Kotyora, l’odierna Ordu, e della sua famiglia. Dall’infanzia felice nella sua casa sul mare all’angoscia di giovane sposa cui è portato via il marito e di madre che lotta per la sopravvivenza del suo bambino di due anni, la vicenda di Eratò – nonna dell’Autrice – è emblematica della tragedia vissuta da molte famiglie greche del Ponto: persero casa, terre, lavoro e nel 1923 raggiunsero la Grecia come profughi. Ma, prima di partire, vissero nel terrore per le persecuzioni turche.
Questo libro rievoca la loro vita inizialmente pacifica con i vicini musulmani, quindi il deteriorarsi delle relazioni e il successivo dramma.
L’AUTRICE
Maria Tatsos, di origine greca, è giornalista professionista. Laureata in scienze politiche e diplomata in lingua e cultura giapponese presso l’Isiao di Milano, attualmente lavora come freelance per diversi periodici femminili, collabora con il Museo Popoli e Culture del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e con il Centro di Cultura Italia–Asia. Tiene corsi di scrittura autobiografica ed è autrice di alcuni libri, che spaziano dai diritti dei consumatori alle religioni asiatiche.
Trasmessa in radio alla fine degli anni novanta, «Le voci dei vinti» portò per la prima volta all'attenzione del grande pubblico le testimonianze di chi si unì alla Repubblica Sociale Italiana. L'altra faccia della guerra civile veniva raccontata direttamente da uomini e donne che, per fedeltà al fascismo o per paura di essere giustiziati, si ritrovarono a combattere contro i loro stessi connazionali. Le storie raccontate seguivano parabole simili: dal senso di tradimento dopo l'armistizio, alla fuga precipitosa al nord per unirsi alla «Decima» o alle Brigate Nere, alle vicende dimenticate del Servizio Ausiliario Femminile, fino ai campi di addestramento in una Germania crepuscolare, alla resa finale, alle foibe e alle vendette verso i «traditori». La trasmissione provocò feroci dibattiti, interrotti solo dall'intervento della Commissione di Vigilanza RAI. Per i successivi vent'anni Sergio Tau ha continuato a raccogliere i racconti degli ultimi reduci della Repubblica di Salò, consapevole della necessità di preservare le testimonianze di tutte le voci di quella che ancora oggi è una delle pagine più controverse nella storia italiana. Grazie al ricco testo introduttivo di Pietrangelo Buttafuoco, il libro di Tau è un documento unico per comprendere come le storie personali di uomini e donne si siano intrecciate alla vicenda più tragica dell'Italia fascista, fuori da ogni retorica celebrativa o ideologicamente riduttiva dell'esperienza repubblichina.
Taviani, ministro della Difesa dall'agosto 1953, visse da vicino la fase finale della questione di Trieste; il suo diario offre in presa diretta, e con il corredo di documenti inediti, la cronaca giorno per giorno di quel periodo che precedette il ritorno della città all'Italia. Accanto alla questione di Trieste sono però registrate nel diario altre vicende cruciali dell'Italia di allora: le trattative del CED (Comunità Europea di Difesa), il caso Pisciotta, il caso Montesi con le sue ripercussioni nella DC sicché il libro si presenta come una testimonianza ad ampio raggio su un anno cruciale e denso di avvenimenti del nostro dopoguerra.