
Speer, numero due del regime, fu insieme a Hitler artefice di quella delirante «architettura da megalomani» che portò alla costruzione della nuova Cancelleria e all'accurata progettazione urbanistica per il futuro «Reich millenario». Divenne poi ministro degli Armamenti durante la Seconda guerra mondiale e costrinse una Germania stremata a proseguire a oltranza il conflitto. Ma fu anche uno dei pochi a opporsi alla distruzione sistematica degli impianti industriali tedeschi, tanto da arrivare a progettare un attentato per porre fine ai piani suicidi che il Führer meditava contro la sua stessa nazione. Condannato a Norimberga, scrisse nel carcere di Spandau, a Berlino Ovest, queste sue memorie autobiografiche che rimangono la più sconvolgente e acuta analisi del nazismo compiuta «dall'interno». Una testimonianza meticolosa e dettagliata sulla nascita e il crepuscolo degli dei nazisti, che descrive con efficacia insuperata Hitler e la sua corte di uomini e assassini.
Questo libro ripercorre la storia dell'Africa dalla preistoria a oggi ricostruendo forme di organizzazione sociale, formazioni politiche e regni, culture e sistemi di credenza, scambi e aggregazioni che hanno caratterizzato per secoli la vita delle popolazioni africane fino all'avvento dello schiavismo, gli sconvolgimenti politici, economici, territoriali e antropologici prodotti dalle potenze coloniali, la decolonizzazione, le guerre per l'indipendenza, la nascita dei nuovi stati e i differenti sistemi economici che ne sono sorti. Ne risulta un quadro d'insieme che tiene unite sia la prospettiva diacronica, interrogando gli stessi problemi in epoche e contesti estremamente diversi, sia la prospettiva sincronica, delineando un'introduzione chiara e approfondita a uno dei contesti salienti della nostra storia attuale.
"La pietra fu usata prima per i sepolcri che per le abitazioni". Con arguzia epigrafica le parole di Miguel de Unamuno riaffermano una verità incisa su millenni di storia umana: la paradossale antecedenza della morte sulla vita. Dalla consapevolezza della fine biologica, stigma della nostra specie, muovono infatti le civiltà per allestire il loro apparato materiale e immateriale, i monumenti che sfidano la caducità, le grandiose visioni religiose che prefigurano l'inconoscibile, i sistemi di pensiero che elaborano il senso della finitezza, i codici morali che regolano la condotta personale e il vivere associato. Senza l'onnipervasività della morte non esisterebbe nulla di tutto ciò. William M. Spellman rende omaggio a questa signoria insieme drammatica e feconda, ripercorrendone i tempi e i modi dal Paleolitico a oggi. Convoca concezioni dell'aldilà e idee di immortalità, incarnata, disincarnata, sociale, ossia affidata al solo ricordo, e reincarnazione, teorie mortaliste, pratiche di congedo dei morenti, culti degli antenati, riti funerari, espressioni del lutto. Ma il grandangolo di Spellman inquadra anche un'assenza. Adesso, nel pieno di una "rivoluzione della mortalità" che ha invertito la spaventosa percentuale di morti premature o violente tipica dell'intera vicenda dell'uomo, è proprio il morire a venire occultato culturalmente. Negare la morte non ci aiuterà a vivere meglio.
Il Palazzo della memoria era un sistema mnemotecnico che prevedeva la costruzione di «strutture, forme mentali» composte di «immagini» organizzate in «spazi capaci di immagazzinare gli infiniti concetti costituenti l'insieme delle conoscenze umane». Nel 1596 Matteo Ricci, missionario gesuita, matematico, cartografo e soprattutto primo sinologo europeo, volle insegnare il metodo ai cinesi, nella speranza che avrebbero finito per interessarsi alla religione che rendeva possibili simili miracoli. A questo scopo preparò un libretto, scritto in cinese, in cui illustrò un unico gruppo di quattro «immagini», ognuna collocata in un suo specifico spazio. E qualche anno più tardi, mosso dal medesimo intento missionario, realizzò quattro disegni religiosi che avrebbero fissato nella memoria dei cinesi i momenti più drammatici della Bibbia. «Intorno a quegli otto frammenti, così lontani da noi, ho deciso di costruire a mia volta questo libro» ci dice Jonathan D. Spence, invitandoci a intraprendere «un viaggio in compagnia di Matteo Ricci» _ ovvero a ripercorrere un'avventura umana e intellettuale che non ha eguali. E possiamo immaginare con quale emozione abbia compiuto il viaggio insieme a quello che si può considerare il suo primo e più eminente maestro, perché la stessa emozione si trasmette al lettore, che si trova a rivivere, a tratti quasi fisicamente, l'esistenza di Matteo Ricci nell'Europa e nell'Asia tra Cinquecento e Seicento: dall'infanzia a Macerata ai molti inconvenienti della vita nelle missioni lontane; dai terrifici viaggi per mare ai tentativi di evangelizzazione dell'India, non sempre coronati dal successo; dall'impatto con la spiritualità orientale ai lunghi anni in una Cina che Spence riesce ancora una volta a restituire amalgamando magistralmente l'acribia dello studioso e il talento del grande narratore.
Frutto di una ricerca archivistica comparata tra Roma e Parigi, l'opera offre un'analisi di longue durée sul processo continuo di adattamento delle Costituzioni in relazione alle metamorfosi delle società francese ed italiana del secondo dopoguerra. Attraverso la rilettura dei processi evolutivi delle Costituzioni, il volume ricostruisce la storia politico-istituzionale in Francia e in Italia dal 1946 al 2000.
Il 14 luglio 1948, alle ore 11.30, Togliatti cade a pochi metri da Montecitorio, ferito da tre colpi di pistola. Il libro descrive l'attentato a Togliatti, il ritratto dell'attentatore, la degenza ospedaliera della vittima, i disordini di quei giorni e il bilancio politico che se ne trasse. Il momento storico è di grande importanza e consente suggestivi agganci col presente. L'attentato rappresentò la coda avvelenata della contrapposizione frontale e durissima della campagna elettorale dell'aprile del '48, di cui quest'anno ricorre il cinquantenario.
Dicembre 1944. Milano è diventata l'ultima roccaforte del fascismo in agonia. Nella città devastata dai bombardamenti, Mussolini gioca una carta disperata: lascia il rifugio sul lago di Garda per parlare ai suoi fedeli convocati al teatro Lirico. Il colpo di teatro gli riesce, ma sarà anche il colpo di coda di un uomo ormai segnato dal destino: Hitler si ucciderà nel bunker di Berlino e Mussolini verrà fucilato a Dongo, nell'aprile del 1945. Ma nelle intenzioni di Giovanni Pesce, comandante dei Gruppi di Azione Patriottica e medaglia d'oro della Resistenza, il duce avrebbe dovuto morire cinque mesi prima, durante la sua permanenza a Milano. Questa è la storia di un attentato mancato, "incorniciata" nel tragico e spietato mondo in cui maturò.
Giovane dal talento straordinario, ossessionato dal successo, tormentato, fragile, arrogante, sospettoso, costantemente preoccupato per la situazione economica della sua famiglia, indisponente e aggressivo con i rappresentanti del potere e alla costante ricerca di una forma artistica che "andasse più in profondità delle apparenze, fino a toccare lo spirito e capace di condizionare profondamente il pensiero della sua epoca". È questo il ritratto di Michelangelo fatto dallo storico dell'arte John T. Spike, uno dei più autorevoli rinascimentalisti americani, dopo anni di studi in cui ha raccolto una mole impressionante di documenti poco noti, diventati solo recentemente di interesse accademico. Si avvicendano i racconti delle agitazioni politiche del primo Cinquecento italiano e le storie più singolari - come il trasporto del David attraverso le strade di Firenze o il progetto di Leonardo di deviare il fiume Arno per vincere la guerra contro Pisa - fino a creare un ritratto ricco di passione intellettuale della gioventù del Buonarroti.
Il nano, con la sua presenza viva ma ambigua, è un personaggio che esprime la sintesi del conflitto tra Natura e Artificio. Allo stupor e alla maraviglia del mondo medievale e umanistico per questo ‘artificio d’uomo’ si associavano quesiti medici e giuridici. Nei confronti del nano la produzione artistica e la pubblicistica scientifica rivelano inquietudine e paura del ‘diverso’ e del ‘mostro’. Immagine complessa per la combinazione di più motivi culturali, il nano costituisce una figura ricca di significati nella civiltà letteraria e artistica tra Medioevo e Rinascimento. Inteso come animale o buffone, accostato al mostro o al bambino, il nano ha sempre proposto alle certezze della normalità un enigma che viene da lontano, dai misteriosi cortei egizi e dalle ambiguità dei miti greci. Questo libro analizza la storia e la produzione artistico-letteraria sui nani, tratteggiandone figure e destini oltre l’oblio d’un personaggio così emarginato.
Per raccontare la straordinaria storia del Vaticano basterebbe, forse, ripercorrere quei secoli in cui alcuni dei più eccelsi maestri del pensiero, dell'architettura e delle arti figurative di tutti i tempi si incontrano alle corti papali. Alberti, Bernini, Bramante, Leonardo, Maderno, Michelangelo, Raffaello sono solo alcuni dei geni che competono tra loro per rendere sublime il tempio custode delle spoglie dell'apostolo Pietro. Eppure, il viaggio nel tempo che si compie leggendo il volume "La Storia del Vaticano", a cura di Valerio Maria Piozzo, inizia prima della nascita dell'arte, dell'uomo e persino della storia, quando l'area del Vaticano è sommersa da un vasto mare caldissimo. Nel Medioevo si assiste all'ascesa del papato, che assume in sé il potere divino e temporale. Quest'ultimo dura fino al 20 settembre 1870, quando gli ideali risorgimentali corrono con i bersaglieri alla presa di Roma, detronizzando il legittimo sovrano Pio IX. Il racconto ci conduce così al Novecento, con Hitler che vorrebbe occupare il Vaticano e arrestare Pio XII, l'unica autorità a rimanere a Roma durante l'occupazione e per questo ricordato come "defensor Urbis".
Mai come negli ultimi anni si è parlato tanto di memoria, mai i politici europei hanno invitato a ricordare il passato con tanta insistenza; eppure, fin dalla caduta del muro di Berlino, nell'autunno 1989, l'Europa intera sembra essere in preda a una sorta di "malattia mentale" che le impedisce di trarre utili lezioni dalla storia. Perché? Questo il cruciale interrogativo che si pone Barbara Spinelli, che riporta l'attenzione su alcuni casi esemplari di questa memoria vana: i confini balcanici e le stragi di Milosevic; il dopo guerra fredda nei paesi dell'est; la Germania postunificazione; l'Italia di Tangentopoli; l'Austria di Haider.
Il testo ripercorre la storia di uno dei personaggi più complessi, controversi, inquietanti, tormentati e contraddittori della storia, Giuliano detto l'Apostata, l'imperatore che si allontanò dalla fede cristiana e cercò di tornare al paganesimo greco-romano, con il proposito di ripristinare, in tutto l'Impero, la religione dei templi e dei sacrifici. In questa biografia, l'autore ripercorre e approfondisce le motivazioni molteplici che stanno alla base dell'"abiura" di Giuliano, incapace di conciliare il patrimonio della classicità con la religione di Cristo.

