
"Pochissimi 'documenti' mussoliniani - e nessuno di tanta ampiezza e ricchezza di particolari - hanno, per noi, l'importanza di questi Taccuini per cercare di penetrare la personalità di Mussolini" (Renzo De Felice)
"Un vero e proprio passaggio obbligato per chi voglia ricostruire, dal di dentro, l'ideologia del regime" (Dino Cofrancesco)
"La più vasta miniera di annotazioni, giudizi, aforismi mussoliniani" (Gianpasquale Santomassimo)
Fra il 1934 e il 1943 il giovane giornalista Yvon De Begnac ebbe numerosi incontri con Mussolini, di cui intendeva scrivere una monumentale biografia. Davanti al suo biografo l'intervistato si abbandonava a lunghi monologhi sulla sua vita trascorsa, le sue idee, gli uomini e i fatti della sua rivoluzione. Mussolini parlava, De Begnac annotava riempiendo, incontro dopo incontro, migliaia di pagine nei suoi taccuini. Da quell'immenso materiale inedito è nato questo volume, che al suo primo apparire è stato salutato unanimemente come una fonte di straordinaria ricchezza e importanza per cogliere appieno la personalità, le opinioni, la cultura e la vita stessa del duce del fascismo.
Yvon De Begnac (1913-1983), giornalista e scrittore, ha pubblicato "Trent'anni di Mussolini 1883-1915" (1934), una "Vita di Mussolini" rimasta interrotta al terzo volume (1936-1940), "Itinerario della borghesia" (1940), "Pagine nella tormenta" (1942) e un saggio su Filippo Corridoni ("L'arcangelo sindacalista", 1943). Sono del dopoguerra il saggio "Palazzo Venezia. Storia di un regime" (1950) e il romanzo "Colpo di stato" (1960).
Questo è l'unico libro aggiornato sulla storia dello Stato di Israele.Il popolo ebraico abita la piccola terra fra il Giordano e il Mediterraneo da 3500 anni, senza averla mai abbandonata, anche se in maggioranza costretto all'esilio. I tentativi moderni di rifondarvi uno Stato ebraico risalgono alla seconda metà dell'Ottocento, la legittimità di questo Stato deriva innanzitutto dagli accordi internazionali conclusi alla fine della Prima guerra mondiale che istituirono il Mandato per la Palestina, il cui fine esplicito era la costruzione di una "residenza nazionale" per il popolo ebraico. A partire dal 1920 circa, gli ebrei della Terra di Israele hanno dovuto resistere al terrorismo arabo. Dopo la fondazione del 1948, Israele è stato attaccato in cinque grandi guerre dagli Stati arabi confinanti (1948-49, 1956, 1967, 1973, 2023), ha subito numerose ondate terroristiche interne e attacchi dal Libano e da Gaza, sempre con lo scopo di distruggerlo. La guerra in corso è l'ultimo di questi episodi. Il libro li racconta e spiega il funzionamento della democrazia israeliana, le strategie e i problemi di un piccolo Paese che appassiona e divide l'opinione pubblica.
"Un paese in bilico" racconta le vicende italiane più significative dal 1979 al 2011 e l'influenza che alcuni grandi cambiamenti avvenuti sul piano internazionale hanno avuto sul nostro paese. E nel contesto internazionale infatti che la storia italiana è inserita e solo al suo interno sono intellegibili le azioni dei suoi attori politici e sociali. Attraverso questa nuova chiave interpretativa, Alberto De Bernardi rilegge gli ultimi trent'anni della storia italiana al di fuori di stereotipi e luoghi comuni usurati, in larga parte fondati sul mito della perenne eccezionalità del nostro paese. Su uno sfondo internazionale, le trasformazioni spesso drammatiche che hanno attraversato l'Italia ci appaiono per quello che effettivamente sono state: processi concreti di adattamento critico ai mutamenti planetari, secondo dinamiche e fenomeni che sono riscontrabili in molti paesi occidentali.
L'avventura coloniale italiana in Etiopia ha rappresentato l'ultimo capitolo della colonizzazione europea in Africa. La conquista dei territori del Corno fu condotta dal governo italiano con largo impiego non solamente di tutti i mezzi che la tecnologia militare di allora offriva, ma anche con l'uso di armi non convenzionali, senza che la comunità internazionale facesse alcun serio tentativo per fermare i massacri in corso. Questo comportamento può essere spiegato con ciò che viene definito "razzismo omologato", cioè un razzismo collaudato e accettato da buona parte dell'allora comunità internazionale che vedeva la distinzione tra bianchi e non bianchi.
L'Italia tra nuovi assetti e antichi problemi: un paese in declino o in trasformazione?
Esattamente un secolo e mezzo fa, l'Italia è diventata una nazione. Dopo il rinascimento, il nostro paese era stato relegato in un ruolo marginale: dopo l'unità, ha iniziato un percorso che l'ha portato tra le maggiori potenze economiche del pianeta.
Sul fronte della modernizzazione e della ricchezza, i successi dell'Italia unita sono dunque numerosi e innegabili. Tuttavia la storia recente del nostro paese resta segnata da due grandi tragedie come il fascismo e la distanza tra Nord e Sud. Due conseguenze, secondo alcuni, del fallimento delle élites politiche e intellettuali che dall'Ottocento si sono impegnate a «fare gli italiani». E due sintomi di quella irrisolta «crisi della nazione» che è tornata di attualità anche oggi, quando il nostro paese cerca una nuova collocazione nello scenario internazionale, tra spinte alla globalizzazione e resistenze identitarie.
La storia dell'Italia unita racconta così una vicenda problematica, ricca di luci ma anche di ombre. Il volume è articolato lungo cinque narrazioni parallele, che approfondiscono altrettanti aspetti fondamentali: la politica internazionale; l'evoluzione del sistema politico e gli eventi che l'hanno segnato, a cominciare dalle due guerre mondiali; il modello di sviluppo, con i due miracoli economici; l'evoluzione della società; l'identità del paese attraverso la cultura.
Tenendo presente le diverse prospettive adottate via via dagli storici per leggere il «caso italiano», De Bernardi e Ganapini offrono così una ricostruzione della vicenda italiana che tiene conto della lezione del passato, ma si apre anche alle sfide del presente: un saggio che vuole intervenire nel discorso civile del paese con gli strumenti propri del «mestiere dello storico», evitando tanto la museificazione della memoria quanto le trappole del sensazionalismo.
Non fu solo un sogno. Fu la visione lucida e profetica di un gruppo di politici e di intellettuali che colsero l'urgenza di un nuovo inizio mentre ancora imperversava la carneficina della Seconda guerra mondiale. Proporre oggi questa raccolta significa tornare lì dove tutto è cominciato, rileggere le parole di chi lanciò la sfida rivoluzionaria degli Stati Uniti d'Europa per rispondere alla tragedia generata dai nazionalismi, dalla logica di dominio, dalla guerra. Ora che il progetto europeo non sembra più capace di accendere l'immaginazione politica, e quasi nessuna forma di entusiasmo, prima di constatarne l'irreparabile fallimento, è importante tornare alle origini. È determinante rileggere le parole scritte e pronunciate da alcuni dei principali protagonisti. Ritrovare le idee, le ambizioni, le visioni di chi si è battuto per costruire un mondo finalmente libero dal desiderio egemonico di sopraffazione. Gli scritti e i discorsi raccolti in questo libro, che coprono un arco temporale che va dal 1944 al 1957, sono qui riproposti non solo e non tanto per il loro valore archeologico ma per la forza che sanno restituire a un progetto politico che oggi forse più che mai ha raggiunto il suo minimo storico in termini di capacità di coinvolgimento e d'identificazione dei cittadini. Non stiamo parlando dell'ambizione di un gruppo di anime belle: in queste pagine c'è l'antidoto a un mondo altrimenti condannato a distruggere quei valori fondanti della civiltà occidentale che sono la libertà e l'uguaglianza. Un mondo che purtroppo vediamo terribilmente sempre più vicino. Contributi di: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Edgardo Monroe, Winston Churchill, Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Prefazione di Ferruccio De Bortoli.
Nato da un’esperienza di dialogo con i ragazzi nella scuola e a essi principalmente rivolto, il libro costituisce anche per il lettore adulto una possibilità di approfondimento sulla nascita e lo sviluppo della civiltà europea. Lo smarrimento dell’identità causato dal nichilismo dominante può indurre alla paura e al risentimento. Invece, la scoperta dello straordinario patrimonio di umanità generato nei popoli che si sono lasciati investire dall’annuncio cristiano apre a una nuova concezione della persona e della storia. Lungo i secoli questa concezione, in cui sono confluiti l’apporto biblico, quello greco e quello romano, ha dato forma alla fisionomia dell’uomo europeo. Dopo i cenni sulla crisi della modernità, gli autori segnalano alcuni esempi delle moltissime realtà di vita buona oggi attive in Italia, in Europa e nel mondo. Realtà generate «dal basso», cioè non dalle istituzioni, ma dalla libera aggregazione delle persone. A riprova che le radici sono ancora vive e continuano a produrre.
La Summa contra hereticos (XIII secolo) è uno dei testi più noti e citati tra quelli della produzione antiereticale e, nello specifico, anticatara del basso medioevo. La complessa tradizione manoscritta, finora poco nota, attesta una diffusione europea per quest’opera, la cui circolazione è stata determinata dall’utilizzo del testo in ambienti conventuali. La storiografia precedente ne ha messo in luce l’approccio originale per la conoscenza del catarismo particolarmente in riferimento ai contestuali giudizi relativi alla moralità ereticale senza approfondirne, tuttavia, gli aspetti di produzione e fruizione specifici di un trattato operativo di matrice scolastica.
Viene proposta ora un’edizione critica commentata, a lungo attesa dalla comunità scientifica internazionale, con le caratteristiche di un’opera pensata e organizzata quale strumento funzionale tanto all’approfondimento dello sviluppo dottrinale del catarismo nel XIII secolo quanto alla collazione tra fonti di medesimo ambito. Gli specifici e paralleli risultati di ricerca a cui i curatori sono pervenuti consentono di guardare alla Summa non come semplice contenitore di informazioni – peraltro erroneamente considerate, da una certa pretesa decostruzionista, delle mere invenzioni prodotte dai polemisti – ma come un’opera organica e tipica di un’esigenza ecclesiologica comune a un’intera generazione di autori controversisti.
Il Diario del capitano dei bersaglieri Giuseppe De Carli inizia il 10 luglio 1943, il giorno dello sbarco in Sicilia delle truppe alleate. L’«Operazione Husky» fu colossale: circa 1.400 navi con migliaia di mezzi da sbarco e circa 150mila uomini. Contrariamente a quanto si pensa, sia lo sbarco sia l’avanzata anglo-americana non furono agevoli. Le forze tedesche e i reparti italiani opposero una tenace resistenza, impegnando gli Alleati in duri combattimenti con notevole spargimento di sangue. Questo Diario inedito racconta con cruda verità il dramma di quei giorni, manifesta con impressionante evidenza lo sconvolgimento della coscienza di un capitano dopo l’8 settembre 1943 e, estendendosi il testo sin quasi alla fine della guerra, descrive la difficile con­dizione dei militari italiani nelle mani degli angloamericani dopo l’Armistizio e la dichiarazione italiana di guerra alla Germania.
Enrico Cattaneo è un ragazzo di 19 anni chiamato a portare le armi e spedito in Grecia quando lo Stato fascista aveva già arruolato tutte le classi militari idonee e da ultimo si era visto costretto a richiamare dei ragazzi che non avevano fatto il servizio militare e la cui istruzione fu rabberciata in pochi giorni. Disperso con altri pochi nella lotta coi partigiani greci, spinto dalla fame si consegna a un reparto tedesco. Poi dopo l’otto settembre, rifiutatosi di combattere con loro come militare dell’esercito fascista della Repubblica di Salò, viene fatto prigioniero e deportato in Russia ove attraversa vicende di ogni genere fino a che, miracolosamente, riesce a tornare a casa.
L’Introduzione è di Edoardo Bressan, storico, professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Macerata.
La Presentazione del Diario di Enrico Cattaneo è di Luigi Trezzi, storico economico, professore ordinario presso l’Università degli studi di Milano Bicocca.
Le Note storiche sono di Paolo De Carli, giurista pubblicista, professore ordinario presso l’Università degli studi di Milano.