
Nel 260 d.C. l'imperatore Valeriano viene catturato dal 're dei re' Shapur I: finirà i suoi giorni in Persia in una vergognosa prigionia. Per i Romani è una catastrofe senza precedenti, ancor più terribile di quella avvenuta a Carre nel 53 a.C. Roma si trova così a dover affrontare la fase peggiore della crisi che affligge l'impero nel terzo secolo. I Persiani premono sui confini orientali, i territori dell'Europa occidentale sono sconvolti dalle incursioni delle popolazioni barbariche, mentre in tutto l'impero infuria la persecuzione dei cristiani voluta dall'imperatore, che vede in questa religione una minaccia per la tenuta dello Stato. La cattura di Valeriano provoca movimenti separatisti all'interno dell'impero stesso che portano l'usurpatore Postumo a creare un impero delle Gallie. Ancora più della disfatta di Carre, la fine ingloriosa di Valeriano peserà come una macchia indelebile nell'immaginario romano.
Negli ultimi anni ha ripreso prepotentemente il centro della sfera pubblica una delle istituzioni più controverse per la cultura e le società moderne: la religione. Questa nuova centralità ha messo in difficoltà soprattutto la sociologia che, con la categoria della secolarizzazione, ne aveva previsto e spiegato il progressivo declino, relegandola, comunque, nell'ambito della sfera privata. Il libro presenta gli approcci con cui la sociologia, a partire dai classici, ha analizzato il fenomeno religioso e i vari tentativi con cui cerca oggi di rendere ragione della sua nuova e imprevista centralità, valorizzando in particolare alcuni tentativi di andare oltre il riduzionismo prevalente.
Questo libro costituisce una novità nel panorama degli studi storici essenzialmente per tre ragioni. La rivoluzione milanese scoppiata il 20 aprile 1814 a poche settimane dalla disfatta di Bonaparte segnò l'ascesa di una classe politica lombarda la cui lotta contro il dispotismo napoleonico, lungi dall'ispirarsi all'ideale "risorgimentale" di uno Stato italiano comprendente l'intera penisola, tese in via primaria alla formazione di uno Stato cisalpino limitato a una parte della valle padana. In secondo luogo, lo studio dei principali provvedimenti approvati dai lombardi nel breve periodo in cui furono al governo. Le misure riguardanti l'espulsione dei "forestieri" dalla pubblica amministrazione rivestono un notevole interesse perché, segnando una netta discontinuità rispetto al regime napoleonico che aveva aperto la carriera impiegatizia a tanti giovani italiani ed europei, lasciano trasparire una politica ben determinata a fondare uno Stato lombardo in cui la gestione della cosa pubblica fosse riservata ai lombardi. In terzo luogo la novità di questo studio investe l'analisi rigorosamente politologica del linciaggio di cui fu vittima il ministro delle finanze Giuseppe Prina: la giustizia di piazza fu la reazione violenta dei cittadini nei confronti di uno Stato, come quello napoleonico, il cui livello d'imposizione fiscale era salito vertiginosamente gravando sulle classi produttive.
L'intera storia dell'umanità è in certo senso storia di migrazioni. Sin dall'antichità classica e medievale, infatti, interi popoli prima, singoli individui poi, hanno lasciato i propri luoghi di nascita alla ricerca talvolta pacifica, talaltra violenta - di nuove terre, di nuove risorse e di nuove opportunità. Un fenomeno, dunque, di lungo periodo quello delle migrazioni, destinato a subire un'accelerazione nell'Ottocento sotto la spinta della congiuntura socioeconomica e dello sviluppo dei mezzi di trasporto. Ed è proprio dalla fine delle guerre napoleoniche, sebbene non manchino cenni sulle epoche precedenti, che prende le mosse questo libro per ripercorrere Le vicende del fenomeno giungendo fino ai nostri giorni.
Il fenomeno dell'immigrazione in Italia spinge a riflettere su un fenomeno analogo e contrario: l'emigrazione degli italiani verso l'America e altre terre verificatasi negli ultimi due secoli. Il volume ne offre un quadro completo attraverso le pagine dei maggiori studiosi e le testimonianze d'epoca: dalla emigrazione prima dell'unità nazionale, alla Grande migrazione nell'età liberale, nel periodo fra le due guerre, nell'età della ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, nella contemporaneità. Uno sguardo insieme storiografico e civile: ricordare i decenni in cui gli emigrati erano gli italiani può servire a capire le storie dei migranti odierni. E nella memoria della sua stessa storia l'Italia può meglio comprendere i flussi migratori epocali che interessano oggi tutta l'Europa.
Il volume presenta, in un linguaggio accessibile e preciso, le strutture socio-istituzionali, ecclesiastiche e produttive del mondo medievale, viste negli aspetti evolutivi, nei risvolti culturali e nelle articolazioni geo-storiche. Le dimensioni locali e familiari dell'esistenza umana dei vari ceti si integrano negli assai più vasti orizzonti, talora continentali, in cui convivono o si affrontano nomadi e sedentari, razziatori e pacifici coltivatori, guerrieri-contadini e cavalieri di professione, stili di vita, economie e culture diversissimi, religioni dalla forte vis espansiva, non di rado imposte sul filo delle armi, ed eremiti votati a scelte ascetico-esistenziali talora estreme. È questo lo sfondo, assai vario, in cui si trasmettono di generazione in generazione nozioni e tradizioni diverse delle istituzioni che regolano la vita associata. Se a Bisanzio, nell'esperienza statale araba e nel mondo ottomano, esse si riallacciano a una concezione autocratica del potere, nell'Occidente medievale riflettono sviluppi peculiari. Gli sviluppi, cioè, di assetti di vertice che, dopo il dispotismo imperiale romano, sono stati segnati in profondità dall'anarchia dell'età signorile e comunale e si sono modificati grazie a un confronto tra potere politico e ceti sociali, tanto importante da alimentarne i successivi esiti parlamentari.
Non sappiamo perché e come l'Homo sapiens abbia sviluppato la capacità di costruire storie. Possiamo però ipotizzare come presumibilmente siano andate le cose. Cioè come un ominide abbia sviluppato la facoltà di narrare storie e come queste lo abbiano avvantaggiato tra tutte le specie. Si tratta dunque di studiare la narrazione, la fiction e la letteratura nel contesto della teoria dell'evoluzione e delle scienze cognitive, prendendo le mosse dalle recenti acquisizioni dell'archeologia cognitiva che mettono in relazione la produzione di utensili e lo sviluppo di capacità narrative. Si comprende così che la narrazione ha un ruolo decisivo nella costituzione del Sé e delle sue protesi esterne, come da tempo sostengono i teorici della mente estesa e della cognizione incarnata. Questo studio si inserisce nel quadro più ampio di una teoria biopoetica della narrazione e di un'antropologia filosofica che non trascura il bios rispetto allo spirito. Per questo, categorie fondamentali come la compensazione e l'esonero possono essere rilette in chiave evoluzionistica e fornire alcune spiegazioni del comportamento narrativo dell'Homo sapiens: il riequilibrio dei suoi deficit funzionali ed esistenziali e il contenimento dell'ansia.
«Se nessuno avrà mai il coraggio di contrastare il nazionalsocialismo, questo sistema non crollerà mai!». È il 4 ottobre del 1944 e la giovane recluta delle SS, il sudtirolese Josef Mayr-Nusser, ha appena gridato la sua obiezione di coscienza di cristiano alla dittatura: «Signor maresciallo maggiore, io non posso giurare a Hitler». I compagni tentano di convincerlo a tornare sui suoi passi e a salvarsi la vita. Niente da fare: «Intorno a noi c'è il buio - aveva scritto già alla metà degli anni Trenta -, il buio della miscredenza, dell'indifferenza, del disprezzo e della persecuzione. Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace». Il padre di famiglia e presidente della sezione giovanile dell'Azione cattolica di Bolzano viene arrestato, e nel febbraio del '45 sarà condannato a morte e avviato a Dachau. Ma non ci arriverà mai. Il treno della morte è costretto a stazionare a Erlangen a causa di un bombardamento alleato. Josef, stremato per le privazioni e per un edema polmonare, il 24 febbraio 1945 muore sul carro bestiame con in mano il vangelo e il messale. Un libro bellissimo ma, ancor più, necessario. Un libro da proporre nelle scuole medie e in quelle superiori a ragazzi che sono stufi di lezioni «buonistiche» non sostenute da testimonianze coraggiose (dalla premessa di Ettore Masina). Con contributi di Albert Mayr, Ettore Masina, Paolo Bill Valente Scheda storica del Sudtirolo a cura di Leopold Stuerer.
Quali sono i valori culturali, spirituali e sociali che ci rendono italiani? Quale potrebbe essere il nostro più naturale apporto per la costruzione di una società migliore anche a livello europeo? Gli approfondimenti proposti dall'Accademia e dall'Istituto paritario "Marsilio Ficino" (Figline Valdarno), rileggono i movimenti culturali e le personalità che hanno contribuito a costruire nel tempola nostra identità: dall'ambito della cultura alla spiritualità, all'azione politica al sociale, per aiutare, particolarmente le generazioni più giovani, a rintracciare le radici più vive della nostra storia.
Il Binario 21 della Stazione Centrale di Milano è testimonianza diretta della deportazione e della Shoah. Da qui partirono i convogli dei deportati verso Auschwitz. Dal 1997, la Comunità di Sant'Egidio, insieme alla Comunità Ebraica di Milano, ogni anno fa memoria del tragico evento, con le parole dei sopravvissuti e di altri testimoni dei genocidi del XX secolo. Questo libro raccoglie i loro racconti, primo fra tutti quello di Liliana Segre, ebrea milanese, partita il 30 gennaio 1944 per Auschwitz e fra i pochi sopravvissuti. Infine, le parole dei profughi, approdati a Milano nel 2015 e ospitati presso il Memoriale della Shoah, testimoniano come possa essere interrotta, anche oggi, la catena dell'indifferenza.