
Come accade che, dopo l'interminabile durata dei periodi preistorici, quasi di colpo sboccia questo mirabile fenomeno che è lo stato, cioè una società strutturata lungo linee di potere che inquadrano gli individui in un nuovo organismo supra-personale? Il volume esplora i motori che ne furono la causa, e di cui la Mesopotamia ci offre la prima e più ricca documentazione - dalla tecnica all'ideologia. In questa prospettiva, il fulcro del potere tende inevitabilmente a espandere il proprio raggio di azione fino a volerne escludere ogni altro analogo. È così che vediamo come si arrivi, proprio in Mesopotamia, dal primo stato territoriale nucleare, lo stato-città, fino all'ultima possibile realizzazione, e cioè lo stato universale, l'impero. Al contempo, vi sono esperimenti che mirano a salvaguardare la dimensione personale del singolo. In qualche modo, il sistema giuridico mira a difendere l'individuo. L'ideale di preservare l'integrità della persona all'interno di un organismo essenzialmente supra-personale rimane quindi un problema irrisolto. Un problema che la storia della Mesopotamia antica ci rimanda, avendolo ben inquadrato per le nostre istanze moderne. Il presente volume fa parte de "Il paese delle quattro rive. Corpus mesopotamico", del quale nel 2012 è già comparso presso Jaca Book "'Quando in alto i cieli...'. La spiritualità mesopotamica a confronto con quella biblica"
La sera del 28 marzo 1944 i violenti colpi alla porta di casa fanno riemergere negli adulti della famiglia Perlow antichi incubi. La pace trovata a Fiume, dopo un lungo peregrinare per l'Europa cominciato agli inizi del Novecento in fuga dai pogrom antiebraici, finisce bruscamente: nonna, figli e nipoti vengono arrestati e, dopo una breve sosta nella Risiera di San Sabba a Trieste, deportati ad Auschwitz-Birkenau, dove molti di loro saranno uccisi. Sopravvissute alle selezioni forse perché scambiate per gemelle o forse perché figlie di un padre cattolico, o semplicemente per un gioco del destino, le due sorelle Tatiana (6 anni) e Andra (4) vengono internate, insieme al cugino Sergio (7), in unKinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. In questo libro, le sorelle Bucci raccontano, per la prima volta con la loro voce, ciò che hanno vissuto: il freddo, la fame, i giochi nel fango e nella neve, gli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli, le fugaci visite della mamma, emaciata fino a diventare irriconoscibile. E sempre, sullo sfondo, quel camino che sputa fumo e fiamme, unica via da cui «si esce» se sei ebreo, come dicono le guardiane. L'assurda e tragica quotidianità di Birkenau penetra senza altre spiegazioni nella mente delle due bambine, che si convincono che quella è la vita «normale». Il solo modo per resistere e sopravvivere alla tragedia, perché la consuetudine scolora la paura. Finché, dopo nove mesi di inferno, ecco apparire un soldato con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto. Sorride mentre offre una fetta del salame che sta mangiando: è il 27 gennaio 1945, la liberazione. Che non segna però la fine del loro peregrinare. Dovrà passare altro tempo prima che Tatiana e Andra ritrovino i genitori e quell'infanzia che è stata loro rubata. Le sorelline trascorreranno ancora un anno in un grigio orfanotrofio di Praga e alcuni mesi a Lingfield in Inghilterra, in un centro di recupero diretto da Anna Freud, dove finalmente conosceranno la normalità. Secondo le stime più recenti ad Auschwitz-Birkenau vennero deportati oltre 230.000 bambini e bambine provenienti da tutta Europa, solo poche decine sono sopravvissuti. Questo è lo struggente racconto di due di loro.
Questo volume è il risultato di un ampio studio di carattere storico-giuridico e di analisi storiografica sulle origini e lo sviluppo della famiglia e del matrimonio, frutto di lunghi anni di insegnamento nelle Università italiane e nella Pontificia Università Lateranense accompagnati da una consuetudine di un dibattito a livello internazionale, segno di una dimistichezza di rapporti scientifici nati da una propria scuola riconosciuta come tale della Congregatio Doctorum.
"Campo dei Fiori" è una biografia: la biografia di una statua. Ma è anche un libro sull'Italia, sulle tante debolezze del fronte laico e sulla ostinata chiusura a ogni idea di modernità presente nella Chiesa cattolica di allora. È l'avvincente ricostruzione di una lotta politica che ebbe numerosi protagonisti: il movimento studentesco romano, Francesco Crispi e la massoneria, Ettore Ferrari e Giovanni Bovio, papa Leone XIII e i gesuiti della "Civiltà Cattolica", Francesco De Sanctis, Antonio Labriola, Giuseppe Garibaldi. E anche un certo Armand Lévy, di professione rivoluzionario, ex comunardo, esule, ebreo e socialista, sconosciuto ai più, ma che svolse un ruolo decisivo nella fase preparatoria del monumento. Si trattò di una vera e propria battaglia laica e anticlericale: una delle poche combattute nel nostro Paese e che è giusto non dimenticare. Non tanto per celebrarla quanto per conoscerla, anzi forse è meglio dire per decifrarla: attraverso la comprensione di uno scontro che fu violentissimo e dei tentativi compiuti per disinnescarlo, come delle alleanze e degli opportunismi che di volta in volta furono messi in campo per vincere la partita o per rinviarla per sempre.
Attraverso il conflitto tra partiti e toghe, una delle firme di punta del "Corriere della Sera" racconta gli ultimi trent'anni di storia del nostro Paese. La prima vittoria elettorale di Berlusconi e il processo Andreotti, il braccio di ferro tra il Cavaliere e i magistrati nella stagione delle leggi ad personam, le scalate bancarie dei primi anni Duemila e il tramonto di Di Pietro. E ancora: la piazza del 'vaffa' e l'odio per la casta, il grillismo giudiziario, gli scandali sessuali e la fine del berlusconismo, l'avventura di Matteo Renzi e il crollo del Pd, il processo sulla Trattativa e lo scontro con Napolitano. Infine, la stagione dei populismi, da Salvini a Giorgia Meloni; gli scandali del Csm, da Palamara ad Amara; gli scontri tra vecchi sodali, come Greco e Davigo; la morte di Berlusconi, che non chiude lo scontro.
Perché ancora oggi in Italia stenta ad affermarsi una cultura politica riformista? Per quale motivo persistono, tanto a destra quanto a sinistra, consistenti tracce di populismo e di estremismo? Perché abbiamo avuto il più grande Partito comunista dell'Occidente e non è riuscita a mettere radici una solida socialdemocrazia di tipo europeo? E su quale terreno affonda le radici il terrorismo, da noi così virulento? Il tentativo di rispondere a queste domande, più che mai attuali, non può prescindere da un'analisi della storia del nostro Paese che ponga al centro il mito della rivoluzione. Un mito non soltanto italiano, ma che in Italia si è dimostrato particolarmente vitale e incisivo. Un'idea potente e trasversale, fonte allo stesso tempo di grandi speranze e di luttuose tragedie: la patologia di un secolo, il Novecento, segnato da guerre e totalitarismi. In questo libro Paolo Buchignani traccia un percorso che, dal Risorgimento agli anni di piombo, mostra la fortuna e la longevità della rivoluzione: «tradita», «incompiuta», via via corredata da varie denominazioni, così seducente e popolare da essere stata per tanto tempo, più o meno consapevolmente e strumentalmente, abbracciata anche da coloro che rivoluzionari non erano. Emerge con forza come, al di là della volontà di uomini, partiti, élite intellettuali, spesso mossi da sincere intenzioni di rinnovamento e di giustizia sociale, il richiamo alla rivoluzione abbia avuto esiti deleteri e abbia costituito un ostacolo rispetto all'affermazione di una cultura politica autenticamente democratica e riformista. Una cultura di cui, specialmente in questa fase storica, si avverte la necessità, per affrontare con efficacia le drammatiche sfide del nostro tempo.
IL LIBRO
Da qualche tempo i celti sono al centro di un interesse vivace e molto esteso. Infatti appassionano non soltanto chi desidera conoscere il nostro passato più lontano, ma anche chi vede nella loro civiltà una radice essenziale di quella europea, o è attratto dalla loro arcana spiritualità.
Ma chi furono nella realtà? Le origini, l’area di diffusione, i tratti caratteristici di queste popolazioni che hanno occupato l’Europa dalle Alpi al Mare del Nord e dalla Slovacchia all’Atlantico nel primo millennio a.C., sono oggetto di dibattito sin dall’Antichità. I progressi della ricerca archeologica e degli studi hanno tuttavia permesso di raccogliere ed elaborare un’imponente quantità di informazioni che ci consente oggi di ricostruire nel dettaglio molti aspetti della loro storia.
Attraverso un fitto dialogo tra fonti scritte e dati raccolti sul terreno, sfatando vecchi cliché e anche recenti fantasticherie, l’autore di questo saggio disegna dei celti un ritratto a tutto tondo, ce ne fa ammirare le capacità tecniche (nella costruzione di edifici, nella lavorazione dei metalli, nello sviluppo di sistemi agricoli innovativi) e le abilità artistiche (i gioielli, gli apparati decorativi), ci aiuta a ricostruirne le pratiche sociali e religiose. I loro insediamenti, le abitazioni, i luoghi di culto e le sepolture ci parlano della loro vita, dei loro rituali, delle loro relazioni, non senza riservarci qualche sorpresa, come la posizione di rilievo spesso occupata dalle donne all’interno delle comunità.
I celti possono così uscire definitivamente dalla sfera del mito per ottenere il posto che spetta loro nella «galleria» dei nostri antenati.
L'AUTORE
OLIVIER BUCHSENSCHUTZ è direttore di ricerca al Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) e membro del laboratorio Archéologies d’Orient et d’Occident dell’École Normale Supérieure (Ulm) di Parigi. Si è occupato degli scavi a Levroux (Indre), sul monte Beuvray (Nièvre) e a Bourges (Cher).
Dall'antichità l'Egitto ha rappresentato un terreno fertile per lo sviluppo delle arti magiche, al punto che gli autori arabi medievali lo consideravano "la Babilonia dei maghi". E nel succedersi delle generazioni, il ricorso alla magia ha percorso trasversalmente culture ed esperienze religiose diverse. Molto più di ogni altra espressione culturale, la magia ha preservato i propri simboli e il proprio linguaggio, al tempo stesso rinnovandoli a contatto con nuove civiltà e sotto climi diversi. Nel filone copto, apporti greci, ebraici, cristiani e musulmani si fondono sopra un sostrato egizio preesistente. Il volume presenta tre manoscritti inediti, conservati nella biblioteca del Centro di Studi Cristiano-orientali presso il convento dei Francescani del Muski al Cairo. Si tratta di tre piccoli testi anonimi che servono da introduzione a una forma di cabala araba applicata ai Salmi. I tre opuscoli illustrano la composizione dei quadrati magici a partire dai valori numerici dei versetti dei Salmi, secondo un metodo originariamente elaborato in ambiente islamico. Il loro scopo eminentemente pratico spiega il loro stile succinto ed essenziale, al punto da farli apparire dei semplici promemoria. Solo l'ultimo manoscritto si presenta come il tentativo di elaborare un trattato esaustivo. Il titolo del libro allude al quadrato magico con cinque caselle per lato (pentagramma) e con casella vuota al centro, chiamato, nella tradizione magica copta, 'sigillo di Salomone'.
La repressione dell’alterità religiosa ha accompagnato molta parte della nostra storia. L’avversione verso quanti hanno imboccato itinerari di fede diversi da quelli del gruppo maggioritario ha generato operazioni di censura, violente persecuzioni, guer re sanguinose. Questo libro offre uno sguardo d’insieme sulla storia delle eresie nell’Occidente medievale, lungo l’arco dei cinque secoli che seguirono l’anno 1000. Gli itinerari religiosi dei cosiddetti eretici e dei maggiori gruppi considerati ereticali vengono posti in relazione con lo sviluppo delle istituzioni preposte alla loro repressione, nel periodo compreso tra la riforma gregoriana e i primi processi per stregoneria nell’età moderna. «Eresie» ed «eretici» si profilano come categorie dai numerosi significati, entro le quali le autorità ecclesiastiche facevano confluire spinte ascetiche e rigoriste, proposte di radicalismo evangelico, espressioni di religiosità popolare non conforme o dissidente, ma soprattutto percorsi critici e manifestazioni di disobbedienza al papa e alla Chiesa di Roma.

