
Perché ancora oggi in Italia stenta ad affermarsi una cultura politica riformista? Per quale motivo persistono, tanto a destra quanto a sinistra, consistenti tracce di populismo e di estremismo? Perché abbiamo avuto il più grande Partito comunista dell'Occidente e non è riuscita a mettere radici una solida socialdemocrazia di tipo europeo? E su quale terreno affonda le radici il terrorismo, da noi così virulento? Il tentativo di rispondere a queste domande, più che mai attuali, non può prescindere da un'analisi della storia del nostro Paese che ponga al centro il mito della rivoluzione. Un mito non soltanto italiano, ma che in Italia si è dimostrato particolarmente vitale e incisivo. Un'idea potente e trasversale, fonte allo stesso tempo di grandi speranze e di luttuose tragedie: la patologia di un secolo, il Novecento, segnato da guerre e totalitarismi. In questo libro Paolo Buchignani traccia un percorso che, dal Risorgimento agli anni di piombo, mostra la fortuna e la longevità della rivoluzione: «tradita», «incompiuta», via via corredata da varie denominazioni, così seducente e popolare da essere stata per tanto tempo, più o meno consapevolmente e strumentalmente, abbracciata anche da coloro che rivoluzionari non erano. Emerge con forza come, al di là della volontà di uomini, partiti, élite intellettuali, spesso mossi da sincere intenzioni di rinnovamento e di giustizia sociale, il richiamo alla rivoluzione abbia avuto esiti deleteri e abbia costituito un ostacolo rispetto all'affermazione di una cultura politica autenticamente democratica e riformista. Una cultura di cui, specialmente in questa fase storica, si avverte la necessità, per affrontare con efficacia le drammatiche sfide del nostro tempo.
IL LIBRO
Da qualche tempo i celti sono al centro di un interesse vivace e molto esteso. Infatti appassionano non soltanto chi desidera conoscere il nostro passato più lontano, ma anche chi vede nella loro civiltà una radice essenziale di quella europea, o è attratto dalla loro arcana spiritualità.
Ma chi furono nella realtà? Le origini, l’area di diffusione, i tratti caratteristici di queste popolazioni che hanno occupato l’Europa dalle Alpi al Mare del Nord e dalla Slovacchia all’Atlantico nel primo millennio a.C., sono oggetto di dibattito sin dall’Antichità. I progressi della ricerca archeologica e degli studi hanno tuttavia permesso di raccogliere ed elaborare un’imponente quantità di informazioni che ci consente oggi di ricostruire nel dettaglio molti aspetti della loro storia.
Attraverso un fitto dialogo tra fonti scritte e dati raccolti sul terreno, sfatando vecchi cliché e anche recenti fantasticherie, l’autore di questo saggio disegna dei celti un ritratto a tutto tondo, ce ne fa ammirare le capacità tecniche (nella costruzione di edifici, nella lavorazione dei metalli, nello sviluppo di sistemi agricoli innovativi) e le abilità artistiche (i gioielli, gli apparati decorativi), ci aiuta a ricostruirne le pratiche sociali e religiose. I loro insediamenti, le abitazioni, i luoghi di culto e le sepolture ci parlano della loro vita, dei loro rituali, delle loro relazioni, non senza riservarci qualche sorpresa, come la posizione di rilievo spesso occupata dalle donne all’interno delle comunità.
I celti possono così uscire definitivamente dalla sfera del mito per ottenere il posto che spetta loro nella «galleria» dei nostri antenati.
L'AUTORE
OLIVIER BUCHSENSCHUTZ è direttore di ricerca al Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) e membro del laboratorio Archéologies d’Orient et d’Occident dell’École Normale Supérieure (Ulm) di Parigi. Si è occupato degli scavi a Levroux (Indre), sul monte Beuvray (Nièvre) e a Bourges (Cher).
Dall'antichità l'Egitto ha rappresentato un terreno fertile per lo sviluppo delle arti magiche, al punto che gli autori arabi medievali lo consideravano "la Babilonia dei maghi". E nel succedersi delle generazioni, il ricorso alla magia ha percorso trasversalmente culture ed esperienze religiose diverse. Molto più di ogni altra espressione culturale, la magia ha preservato i propri simboli e il proprio linguaggio, al tempo stesso rinnovandoli a contatto con nuove civiltà e sotto climi diversi. Nel filone copto, apporti greci, ebraici, cristiani e musulmani si fondono sopra un sostrato egizio preesistente. Il volume presenta tre manoscritti inediti, conservati nella biblioteca del Centro di Studi Cristiano-orientali presso il convento dei Francescani del Muski al Cairo. Si tratta di tre piccoli testi anonimi che servono da introduzione a una forma di cabala araba applicata ai Salmi. I tre opuscoli illustrano la composizione dei quadrati magici a partire dai valori numerici dei versetti dei Salmi, secondo un metodo originariamente elaborato in ambiente islamico. Il loro scopo eminentemente pratico spiega il loro stile succinto ed essenziale, al punto da farli apparire dei semplici promemoria. Solo l'ultimo manoscritto si presenta come il tentativo di elaborare un trattato esaustivo. Il titolo del libro allude al quadrato magico con cinque caselle per lato (pentagramma) e con casella vuota al centro, chiamato, nella tradizione magica copta, 'sigillo di Salomone'.
La repressione dell’alterità religiosa ha accompagnato molta parte della nostra storia. L’avversione verso quanti hanno imboccato itinerari di fede diversi da quelli del gruppo maggioritario ha generato operazioni di censura, violente persecuzioni, guer re sanguinose. Questo libro offre uno sguardo d’insieme sulla storia delle eresie nell’Occidente medievale, lungo l’arco dei cinque secoli che seguirono l’anno 1000. Gli itinerari religiosi dei cosiddetti eretici e dei maggiori gruppi considerati ereticali vengono posti in relazione con lo sviluppo delle istituzioni preposte alla loro repressione, nel periodo compreso tra la riforma gregoriana e i primi processi per stregoneria nell’età moderna. «Eresie» ed «eretici» si profilano come categorie dai numerosi significati, entro le quali le autorità ecclesiastiche facevano confluire spinte ascetiche e rigoriste, proposte di radicalismo evangelico, espressioni di religiosità popolare non conforme o dissidente, ma soprattutto percorsi critici e manifestazioni di disobbedienza al papa e alla Chiesa di Roma.
“La mamma mi ha coperto gli occhi con lo scialle nero, ma io ho visto. Ho visto il tedesco con la mitragliatrice in mano che ci guardava senza espressione. Stava per uccidere, non rideva e non piangeva”.
I ricordi sono vividi, dettagliati, crudi. Come questo, dell'unica sopravvissuta della strage di Pietransieri, in Abruzzo. Sono i ricordi di chi ha assistito in prima persona, salvandosi miracolosamente, agli eccidi dei nazifascisti durante l'occupazione tedesca dell'Italia tra il 1943 e il 1945. Migliaia di civili inermi, per lo più donne, bambini e anziani, in centinaia di località diverse. I processi ai responsabili prima bloccati in nome della ragion di Stato, poi celebrati dopo decenni e terminati con condanne all'ergastolo che nessuno vuole o può eseguire.
Io ho visto nasce per non disperdere la memoria di quegli orrori, per consegnare alla storia e alle future generazioni i racconti di chi ci riporta con i propri occhi a quei momenti, agli attimi in cui per lui tutto cambiò. Racconti brevi, essenziali, accompagnati da una fotografia del protagonista scattata dallo stesso autore. Storie personali, intime, di chi è stato a un passo dalla morte. Con particolari che coinvolgono. E con la descrizione della complessa convivenza di ciascuno con la propria memoria, il proprio futuro, il perdono.
Un guizzo di pazzia attraversa la vita di Francesco di Assisi. La sua pazzia inquieta i contemporanei e anche noi. Inquietante è soprattutto il suo desiderio di oltrepassare, disarmato, le linee crociate per chiedere ospitalità ad al-Malik, il saggio e cortese Sultano d'Egitto. Ma Francesco non ottiene la conversione di al-Malik, né la corona del martirio. Questo esito inconcludente disorienta i suoi biografi: c'è forse una perfezione differente dal martirio? Orientando l'analisi sul significato attribuito all'evento dai testimoni diretti e dagli interpreti delle epoche successive, è l'antropologia dell'ospite disposto a lasciarsi trasformare dall'accoglienza altrui che l'autore intende verificare nell'esperienza di Damietta. Francesco non si reca in visita al Sultano per cambiare l'altro, ma per cambiare se stesso. È questa, dunque, la novità dell'evento di Damietta? È questa la novità di questo "pazzo per Dio"?
Millenni di imposture e truffe. Di bufale. In nome delle quali si sono mossi popoli, flotte, inquisitori, eserciti in battaglia.
Dal favoloso Prete Gianni, alla sapienza di Ermete Trismegisto, alla setta dei misteriosi Illuminati di Baviera che, secondo alcuni, manovrano nell'ombra da secoli e forse ci governano, ai famigerati Protocolli dei Savi di Sion, fino alla invenzione del Nemico e del Complotto come risorsa assai utile se vuoi far fuori qualcuno. Senza dimenticare il Santo Graal, la Donazione di Costantino, gli inafferabili Rosacroce, i perenni Templari, nonché il gonnellino scozzese divenuto dal nulla l'emblema di una nazione.
Se alla domanda "cos'è l'Islam?" si rispondesse indicando semplicemente uno dei capolavori dell'arte islamica, come ad esempio la moschea di Cordoba, quella di Ibn Tûlûn al Cairo, una delle mederse di Samarcanda o anche il Taj Mahal, questa risposta, per quanto sommaria, sarebbe peraltro valida, poiché l'arte dell'Islam esprime senza equivoci quel che denomina.[...] Non è stupefacente né assurdo che la manifestazione più esteriore di una religione e di una civiltà come quelle dell'Islam rifletta a suo modo quel che vi è di più interiore in questa stessa civiltà. La sostanza dell'arte è la bellezza; la bellezza è una qualità divina e comporta in quanto tale un duplice aspetto: nel mondo essa è apparente; riveste, per così dire, le creature e le cose belle. Mentre in Dio, o in se stessa, è beatitudine inferiore; tra tutte le qualità divine che sì manifestano nel mondo, la bellezza è quella che più direttamente richiama il puro Essere. Questo significa che lo studio dell'arte islamica, come di qualsiasi arte sacra, può condurre, quando viene intrapresa con una certa apertura di spirito, verso una comprensione più o meno profonda di verità spirituali che sono alla base di tutto un mondo al tempo stesso cosmico e umano. Considerata in tal modo, la "storia dell'arte " supera il piano della storia pura e semplice, fosse solo per porre queste domande: da dove proviene la bellezza del mondo di cui stiamo parlando?