
Che si parli di Ogm, cellule staminali o situazioni di fine vita, il dibattito pubblico sembra prigioniero di uno schema consolidato. Da un lato i fautori di uno sviluppo illimitato della tecnoscienza; dall'altro, coloro che invocano un argine all'invasione di campo della ricerca in ambiti tradizionalmente appannaggio di scelte e pratiche sociali, politiche o religiose. Paradossalmente i due fronti condividono un medesimo pregiudizio. Entrambi considerano scienza e società come entità internamente compatte, rigidamente separate e reciprocamente impermeabili. Alla scienza spetta di mettere continuamente sul tavolo nuove proposte, che la società attende al varco per boicottarle. In realtà i frequenti cortocircuiti tra discorso scientifico e opinione pubblica, tra le priorità della ricerca e le aspettative di cittadini e consumatori erodono i confini tra scienza e società evidenziando le divisioni entro i rispettivi fronti: si pensi ad esempio alle discussioni su temi quali il clima, l'energia nucleare o la biomedicina. E' questo intreccio - qui illustrato in una stringente argomentazione - ad alimentare l'antagonismo fra scientisti e antiscientisti, in un illusorio gioco delle parti che impedisce di cogliere e di valorizzare pienamente le sfide della tecnoscienza.
Massimiliano Bucchi insegna Scienza, Tecnologia e Società all'Università di Trento. Tra i suoi libri: "Scegliere il mondo che vogliamo. Cittadini, politica, tecnoscienza" (Il Mulino, 2006, tradotto anche in inglese); "Handbook of Public Communication of Science and Technology" (con B. Trench, Routledge, 2008); ha ideato e curato l'"Annuario Scienza e Società" (con F. Neresini, Il Mulino, 2010).
L’espressione «divulgazione chimica» ha spesso avuto il sapore di un ossimoro, anche se «divulgazione» e «chimica» non sono termini concettualmente opposti. Con Joe Schwarcz le cose sono cambiate radicalmente, al punto che Roald Hoffmann, premio Nobel per la chimica nel 1981, ha scritto che «la magia di Joe Schwarcz sta nel convincerci che la chimica è divertente e utile». Questo libro spazia con soave leggerezza dalle qualità più curiose dell’acqua ossigenata all’influenza dell’acetone nel corso dei secoli, passando attraverso ritratti non convenzionali di giganti come Lavoisier e Mendeleev (chi ha mai sentito parlare della storia d’amore di quest’ultimo con una sua studentessa?).
L’autore ha la virtù innata di raccontare in modo divertente argomenti non di rado complessi, ma non solo: a una conoscenza profonda della materia unisce la capacità di trasformare un particolare apparentemente trascurabile in un’occasione per andare al di là della chimica ed entrare nella storia (scientifica, biografica, anche economica). Il lettore, insomma, trova qui modo di scoprire, talora mediante un aneddoto, l’utilità di conoscere la chimica per affrontare vari problemi quotidiani riguardanti la salute e i farmaci, i cibi e i pregiudizi che spesso ci accompagnano: per esempio quello secondo cui le cose naturali sono buone mentre i prodotti della chimica sarebbero nocivi.
L'avventura della scienza: i suoi limiti, le sue condizioni
Considerata di volta in volta scoperta o creazione, dono divino o appropriazione prometeica, la scienza ha segnato l’inizio e lo svolgersi della storia umana. Prodotto di aristocrazie intellettuali, ma sempre e coerentemente assorbita dalle diverse culture, alimentata dalla fruizione comune delle sue applicazioni, la scienza ci appare oggi come un mundus perfetto e concluso, le cui leggi tendono a dominare l’intero operare umano. Eppure, oggi come ieri, rimane aperta la domanda su che cosa si regga la sua autorità. Una domanda che implica una serie di inquietanti interrogativi che l’uomo avverte davanti alla scienza moderna, la quale non sembra più tendere a una conoscenza pacificante e rassicurante, ma a un sempre maggiore potere sugli uomini e sulle cose che lo circondano.
Il lettore è condotto a percorrere rapidamente la storia della scienza, con lo sguardo diretto ai problemi inerenti al suo linguaggio logico-matematico e ai suoi metodi di riprova e di convalida, per poi volgerlo verso il futuro, dove si aprono due diverse prospettive, in cui, rispettivamente, la scienza può preordinare, passo dopo passo, la fine dell’era dell’Homo sapiens, o aiutarlo a cercare il suo bene in un’avventura di cui però nessuno può prevedere la fine.
Sono nutrienti, gustosi e attraenti: sono i frutti spontanei, alcuni dimenticati, che puoi incontrare quando passeggi in natura. Con questo libro tutti possono imparare a riconoscere, raccogliere, conservare e gustare i frutti più diffusi e buoni da mangiare, attraverso tavole illustrare e semplici descrizioni, leggende, ricette e curiosità.
Quando, il 30 aprile del 1965, la rivista Life pubblicò in copertina la fotografia di un embrione umano vivo, vendette in pochi giorni otto milioni di copie in tutto il mondo. Qualche mese dopo uscì la prima edizione di questo libro, e fu subito un fenomeno editoriale. Da allora la nostra conoscenza sulla riproduzione umana ha fatto enormi passi avanti, come pure la tecnica fotografica. Ma l'opera di Lennart Nilsson conserva la sua unicità, a cui deve l'intramontabile fortuna in tutto il mondo. Perché Nilsson è più di un fotografo, e questa è molto più di una semplice storia.
Nel 1859 L'origine delle specie di Charles Darwin scosse il mondo dalle fondamenta. Darwin sapeva benissimo che la sua teoria dell'evoluzione avrebbe provocato un terremoto, ma non avrebbe mai potuto immaginare che, un secolo e mezzo dopo, la controversia avrebbe continuato a infuriare. L'evoluzione è considerata un «fatto» da tutti gli scienziati autorevoli, e per la verità anche dai teologi più illuminati, eppure milioni di persone continuano a negarla o per ignoranza o per obbedienza a una religione, con risultati inquietanti.
Richard Dawkins si inserisce nel dibattito in corso e fornisce un'esauriente panoramica delle prove scientifiche dell'evoluzionismo, prendendo in esame le varie discipline, dalla chimica alla biologia, dall'embriologia alla paleontologia, e le moderne strumentazioni che contribuiscono a confermare sotto molteplici profili la realtà dell'evoluzione e, dopo aver sfatato la leggenda degli anelli mancanti (in realtà ne mancano sempre meno...), conduce il lettore lungo l'affascinante itinerario di studi aperto da Darwin.
E lo fa scavando in una miniera di evidenze scientifiche: analizza gli esempi viventi di selezione naturale e i reperti fossili, gli orologi naturali che hanno segnato le tappe del lungo processo evolutivo e le complesse fasi di sviluppo dell'embrione, le dinamiche della tettonica a placche e i meccanismi della genetica molecolare. Per giungere a una conclusione incontrovertibile: «Non è un caso che ci ritroviamo appollaiati su un ramoscello sottile in mezzo al rigoglioso, fiorente albero della vita. Non è un caso, bensì la diretta conseguenza dell'evoluzione per selezione naturale non casuale».
Mentre in tutto il mondo è in atto il tentativo di minare alla radice l'autorevolezza della scienza, con Il più grande spettacolo della Terra Dawkins sceglie di partecipare alla battaglia contro ogni vecchia e nuova forma di oscurantismo riproponendo la lucida visione delle leggi della vita che porta il nome di uno dei più grandi scienziati di ogni tempo.
Il tema dell'evoluzione non perde d'attualità nella discussione pubblica di qua e di là dell'Atlantico. L'autore del volume, che in questa edizione aggiornata tiene conto delle ricerche più recenti, ci introduce ai fondamenti della teoria dell'evoluzione - formulata per la prima volta da Charles Darwin un secolo e mezzo fa - aiutandoci a coglierne il nocciolo, che risiede in tre spinte concomitanti: la variazione, la trasmissibilità di una parte di questa variazione di generazione in generazione, l'azione della selezione naturale nel contesto ecologico. Ripercorre poi gli altri meccanismi che oggi integrano il nucleo darwiniano della teoria - dalle derive alle migrazioni, dalle simbiosi agli sconvolgimenti della biosfera - fino alla svolta imprevedibile della storia naturale: la comparsa di Homo sapiens, un ramoscello nel ricco "cespuglio" degli ominidi.
Telmo Pievani insegna Filosofia della Scienza presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca ed è coordinatore scientifico del Festival della Scienza di Genova. Tra le sue recenti pubblicazioni: "Creazione senza Dio" (Einaudi, 2006), "In difesa di Darwin" (Bompiani, 2007), "Nati per credere" (con V. Girotto e G. Vallortigara, Codice Edizioni, 2008).
All'alba del nuovo millennio, quali sono le condizioni del pianeta Terra? Una rassegna di 170 fotografie illustra lo stato del pianeta, secondo un andamento binario che racconta da un lato le meraviglie del mondo, gli splendidi paesaggi naturali, dall'altro l'interazione uomo-natura e le contaminazioni che quest'ultima ha subito.
Un viaggio attraverso i continenti, dall'Alaska al Brasile, passando anche nella Nuova Caledonia, proprio per documentare come il Coeur de Voh, la foresta a forma di cuore resa celebre dalla foto di Arthus-Bertrand Yann, sia ormai bruciata e ridotta a un cumulo di rami secchi.
In che modo dunque l'opera dell'uomo sta incidendo negativamente, incrinando gli equilibri naturali e deturpando i paesaggi? Il volume di notevole impatto visivo segue il pensiero di Al Gore, premio Nobel per la pace nel 2007, il cui messaggio è quello di considerare il mutamento climatico come il pericolo reale per la sorte del pianeta, e inserisce un cambiamento di prospettiva nei confronti della salvaguardia della Terra e del risparmio energetico.
La sensibilizzazione al problema passa attraverso gli splendidi scatti di Luca Bracali, supportato nell'editing dal fotografo cileno Patricio Estay, che documentano gli scempi dell'umana mano
Un testo di studio sul dialogo possibile fra le scienze fisiche e matematiche e la fede.
Quando un cane si rotola sull’erba appena falciata diciamo che è felice. Quando invece si accascia a orecchie basse sul pavimento dopo avere ricevuto un rifiuto diciamo che è abbattuto. Ma la sua gioia e la sua delusione corrispondono davvero a ciò che noi umani intendiamo quando usiamo queste parole? Fino a che punto il cane è simile all’uomo?
Sì, perché il luogo comune in cui si rischia di cadere è sempre lo stesso: proiettare sul nostro cane sensazioni ed emozioni che in realtà appartengono a noi. L’antropomorfismo a ogni costo è il rischio che un etologo non vuole correre: per questo la «sfera emotiva» degli animali scivola in secondo piano rispetto all’analisi dei comportamenti.
In questo che ormai è considerato un grande classico, Jeffrey Masson si è concentrato sull’esplorazione del misterioso universo interiore del «nostro migliore e più sincero amico», infrangendo così un tabù. E lo ha fatto da pioniere, con gli strumenti che la professione di psicoanalista gli ha insegnato a usare. Attingendo al mito, alla letteratura, agli studi scientifici – da Senofane a Voltaire, da Freud a Lorenz, da Thomas Mann a Kundera – ma soprattutto alle storie personali e a quelle degli amanti dei cani.
Racconti che divertono, che commuovono, che descrivono «i moti del cuore» canino: gratitudine, lealtà, solitudine, delusione, aggressività, malinconia, sogni, percezione delle altre specie – esseri umani inclusi. C’è la storia di Dudley, ex randagio che durante un terribile incendio in California si rifiuta di allontanarsi dalla sua padrona morta asfissiata dal fumo; quella di Bobbie, capace di tornare a casa percorrendo tremilaseicento chilometri dall’Indiana all’Oregon in un inverno glaciale; quella di Hachi-Ko, l’akita diventato eroe nazionale giapponese (e protagonista del nuovo film con Richard Gere), che per dieci anni ogni sera si reca alla stazione per aspettare il padrone ormai deceduto. Ma soprattutto ci sono Sima, Sasha e Rani, i tre cani di Masson – veri protagonisti del libro. Un omaggio dell’autore alla loro emozione per eccellenza: l’amore, su cui i cani, diversamente da noi, non mentono mai.
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