
E' certo che la vita di un uomo non basta a spiegare il segreto di un'opera d'arte, ma che quell'opera per venire alla luce richiedeva proprio quella vita, e non un'altra. Sulla base di questo paradigma psicobiografico, Carotenuto rivela il fondamento della personalità di coloro che hanno scritto la storia della psicoanalisi: Freud, Jung, Rank, Reich e molti altri. Psicoanalizza gli psicoanalisti, mostrando le loro "crepe" psichiche, le loro ferite psicologiche mai del tutto rimarginate. Fino a constatare come il dolore e una certa problematicità siano non solo necessari ma indispensabili per comprendere, ancora prima che per risolvere, la sofferenza altrui.
"'Le parole dei bambini' è un libro che parla di quel che pensano e provano i bambini. Anzi, è un libro che fa parlare i bambini, dando voce, lettera dell'alfabeto dopo lettera dell'alfabeto, al loro mondo di valori, al loro modo di relazionarsi con gli altri e di vivere la realtà esperita attraverso l'originalità, l'ingenuità, la creatività, lo humour e, soprattutto, la magnificenza che li contraddistingue. Perché i bambini possiedono parole che gli adulti non sanno più trovare. Parole del cuore, legate alla loro immaginazione, fantasia, voglia di comunicare, che spesso, però, sono anche intrise dei valori, dei disvalori, delle sicurezze e delle incertezze, delle paure, delle necessità, del disagio e altro ancora che gli adulti trasmettono loro. Così, 'Le parole dei bambini' è una profezia che si autoavvera: alle parole rivelatrici dei 'profeti bambini' - che talvolta suonano come sentenze di assoluzione e talvolta come verdetti di condanna - gli adulti dovrebbero prestare massima attenzione e ascolto. Perché i bambini sono poeti: agiscono con le parole. Hanno il cinismo della sincerità, la qualità dell'innocenza, l'esercizio violento della verità. E tra le mani tengono la molle cera di loro stessi da plasmare. Ogni colpo resta impresso, ogni azione è traccia d anima." (Maria Rita Parsi)
Ginevra, 20 anni, 32 chili, si fa invitare dal fidanzato recalcitrante al ristorante, per poi, ogni volta, offenderlo rifiutando il cibo e accusarlo di aver scelto un locale inadeguato. Teresa, 15 anni, riduce in tanti microscopici pezzi un cracker o una foglia di insalata perché solo così riesce a mangiarli, e conta i piselli prima di metterli nel piatto. Poi, di notte, divora un tozzo di pane preso di nascosto dalla cucina. Enrica, 16 anni, 27 chili, si fa portare ogni giorno dal padre in braccio a scuola, perché non è grado di affrontare la scala che conduce al portone del suo liceo. Anna, ricoverata in clinica, per "ingannare" i medici obbliga la madre a consumare i suoi pasti. Ancora pochi anni fa, l'anoressia era una malattia sconosciuta e poco diffusa: per molto, forse troppo tempo si è stentato a riconoscere che soffrirne non significa essere fissati, pazzi o viziati, ma malati di un disturbo subdolo e sempre più diffuso tra le giovani generazioni. L'intenzione principale di questo libro, e una delle caratteristiche che lo distinguono da altri testi sull'argomento, è quella di aiutare i familiari e coloro che sono vicini a una anoressica a comprendere cosa si nasconde dietro sintomi tanto appariscenti quanto insensati, dietro la guerra continua e inesausta che la malattia dichiara alla vita, alla felicità e alla crescita di tante ragazze.
“Amico beneficato, nemico dichiarato”, dice la saggezza popolare. Gli fai del bene, e credi che ti sarà riconoscente. O quantomeno, senza pretendere tanto, che almeno non ti si rivolta contro. E invece la vita è piena di casi in cui la persona che ha ricevuto un favore sviluppa un senso di rivalsa, magari di odio, verso il suo benefattore. Tecnicamente si chiama “sindrome rancorosa del beneficato”, una sorta di vendetta che scatta per il bene ricevuto, uno di quei meccanismi perversi coi quali la psicologia umana spesso ci sorprende. Partner supercoccolati che tradiscono, amici tolti dai guai che ti rinfacciano chissà che cosa, colleghi aiutati che ti pugnalano alle spalle: Maria Rita Parsi, con chiarezza e competenza, indaga nelle pieghe della nostra psiche per rivelarci i segreti di questo comportamento apparentemente assurdo eppure frequentissimo.
Non avrai altro dio all'infuori di te. Ama te stesso. Ascolta la tua parte impura. Non essere infelice invano. Non cercare di migliorarti. Non cacciare il dolore... La strada per la felicità passa dal coraggio di mettere in discussione i nostri convincimenti, i luoghi comuni della morale che ci appesantiscono inutilmente. Pensieri, giudizi, ideali: spesso gli ostacoli maggiori si nascondono proprio in quello che la nostra cultura ci ha insegnato come positivo, importante, necessario. Raffaele Morelli ci ha abituato alla provocazione. Ama giocare in contropiede rispetto ai nostri pregiudizi per mostrarci inaspettate vie verso il benessere. In questo suo nuovo libro fa piazza pulita dei falsi luoghi comuni della psicologia per mostrarci che cosa conta davvero nella vita, quali sono gli insegnamenti da seguire per imparare a stare bene con se stessi. E questo contro-decalogo diventa così anche una sorta di lezione, un percorso a tappe verso la felicità.
“Si può vivere legati l’uno all’altro nella buona e nella cattiva sorte e scoprire a un certo punto che esiste un mondo parallelo, in cui il partner conduce, silenziosa e segreta, un’altra vita. In quel mondo la persona che si pensava di conoscere fin in ogni piega dell’anima interpreta ruoli inediti, lontanissimi da ciò che credevamo noto e indiscutibile. Eppure, a chi è capace di guardare dentro se stesso con lucidità e con un po’ di spietatezza accade quasi sempre di scoprire, isolando indizi lungamente trascurati, che molto di ciò che appare improvviso e nuovo era presente fin dall’inizio. Certe laceranti sorprese non arrivano a tradimento da un altrove sconosciuto; ignorate (ma spesso oscuramente intuite), costituiscono sin dall’inizio il retroterra della maggior parte dei rapporti che legano tra loro gli uomini e le donne, i genitori e i figli, gli amici e i nemici.” Ogni relazione (coniugale, familiare, amicale...) presenta lati oscuri. E sono proprio questi lati oscuri dell’amore che Gianna Schelotto affronta, racconta e spiega in questo suo nuovo saggio. Con una sensibilità psicologica e un’abilità di scrittura capaci di insinuarsi nell’animo di chi legge, proprio come si insinuano i dubbi.
"Se il Novecento è passato alla storia come il secolo dell'odio, il nuovo millennio si è aperto all'insegna di un'emozione ancor più primitiva: la rabbia. E la rabbia ad armare la mano di quegli uomini che non sopportano il rifiuto di una donna, a trasformare un mediocre studente nell'autore di una strage, a prendere un tizio qualunque, alla guida di un'auto, e mutarlo in una belva primordiale. Ma c'è una rabbia meno clamorosa e più subdola, capace di avvelenare la vita, in casa, sul lavoro, in coda agli sportelli." Piccola o grande che sia, la rabbia in sé è un fatto naturale, è l'ombra inseparabile della nostra quotidianità. È illusorio pensare di eliminarla, fondamentale invece è imparare a comprenderla, in noi stessi e negli altri, a interpretare il suo linguaggio, verbale e fisico, a distinguerla dalle tante altre emozioni che proviamo, per poterla gestire ed elaborare in modo costruttivo. È l'obiettivo di "È inutile che alzi la voce", in cui Massimo Picozzi, noto psichiatra e criminologo, e Catherine Vitinger, esperta di tecniche di difesa e di gestione del conflitto, si misurano con questo spinoso tema. La rabbia, se ben orientata, in certe situazioni ha una funzione positiva, vitale: può aiutarci a far valere i nostri diritti, a trasmettere con forza un messaggio educativo, a impartire istruzioni per fronteggiare prontamente un'emergenza. Esiste, al contrario, una rabbia cieca e folle, che può portare in un attimo a distruggere relazioni...
"C'è qualcosa dentro di noi che sa curarci meglio di qualsiasi farmaco. Se ci rendiamo conto di questa realtà, la prospettiva terapeutica cambia completamente. Si aprono porte e percorsi inimmaginabili... Facciamo un consumo esasperato di medicinali, costosi e spesso pieni di controindicazioni, e ci dimentichiamo così che in noi esiste un "sapere innato" capace di guarirci. Questa autoguarigione non riguarda solamente i cosiddetti disturbi psichici (come ansia, panico, depressione...) ma interessa anche alcune patologie ben "radicate" nel corpo (per esempio tachicardia, asma, eczema, ipertensione, colite...). Tra mente e corpo non c'è nessuna differenza, e quando a parlare è la "carne" dell'individuo, significa soltanto che il disagio si esprime meglio attraverso il versante organico. Si tratta solo della punta di un iceberg: la malattia interessa sempre l'individuo nella sua interezza." In cosa consiste questa nostra facoltà di autoguarigione? Quali sono le sue leggi, il suo linguaggio segreto? E cosa dobbiamo fare per innescarla? Mettendo in campo le sue profonde conoscenze di medicina psicosomatica, Raffaele Morelli ci rivela le chiavi intime e le mosse pratiche per capire e sfruttare al meglio questa energia che ci fa guarire.
Tutti abbiamo storie da raccontare, storie con cui spiegare e dare un senso alla nostra vita. Ma perché questo succeda, raccontarle non basta. Ci vuole qualcuno che le ascolti, le comprenda... e ce le restituisca. Qualcuno che, se ci siamo persi, ci aiuti a ritrovarci. In venticinque anni come psicoanalista, Stephen Grosz ha ascoltato migliaia di storie, e da tutte ha imparato qualcosa sugli esseri umani, e su stesso. Con ognuno dei suoi pazienti ha trovato un lessico speciale, da cui poter trarre "lezioni" universali. In queste pagine ce le racconta, e lo fa con attenzione alla potenza delle parole semplici, lontano da ogni gergo specialistico. Nei brevi, intensi resoconti dei percorsi terapeutici, oltre a delineare un sottile autoritratto dell'analista, il cui "compito è quello di accompagnare sulle scena" che è fonte della sofferenza e "lasciare che quella faccia il suo lavoro", ci presenta un'umanità che si confronta con tutto ciò che la fa sentire viva e fragile: l'amicizia, l'amore, la genitorialità, il senso di colpa, la paura della morte. Seguendo il percorso dei suoi pazienti scopriamo che c'è un po' di noi in ognuno di loro. In Peter, che mente per nascondere un'infanzia dimenticata e violenta. In Lily, che ironizza su ciò che la fa soffrire e si sente assolta dalla risata del terapeuta. Nel professor R., che a 71 anni "tira fuori dalla scatola la sua omosessualità" e finalmente si sente "a casa".