
Nei momenti veramente fatali della vita (come una disgrazia o un’invalidità), davanti alle più inspiegabili ingiustizie dell’esistenza (come una catastrofe naturale o una morte violenta) l’uomo si chiede da sempre «perché?». «Destino» è la risposta più antica a questa domanda, parola vuota ma densa, che riguarda la durata della vita, la natura della morte, la qualità degli eventi fortuiti e le caratteristiche soggettive dell’uomo. Il destino è inspiegabile quando distribuisce malformazioni fin dalla nascita; è assurdo quando uccide neonati per mano di madri folli; è imprevedibile quando dispensa fortune al Superenalotto; è strapotente quando rovina risparmi e investimenti; è inflessibile quando vanifica le cure per un malato. L’idea di destino incontra l’ostilità di chiunque rivendichi la volontà umana di auto-determinarsi e rigetti l’ipotesi di una vita determinata a priori. Esso è immaginato in un altrove che si estende al di là dell’uomo: tessuto dagli dèi o scritto nelle stelle, pianificato da anime già morte o ereditato geneticamente prima ancora di nascere. La sua realtà è avversata da chi cerca dentro l’uomo la ragione e il senso dell’esistenza. La psicologia analitica individua nell’inconscio una categoria che è dentro l’uomo, ma è estranea alla sua conoscenza, che interviene nelle scelte dell’individuo ed è più potente delle sue intenzioni coscienti. Inconscio potrebbe essere un altro nome per indicare il destino. Come il destino, l’inconscio impronta l’inclinazione per certi lavori o a perdere il posto, la propensione ad ammalarsi o a morire di morte violenta; custodisce il nucleo soggettivo di ogni persona e la sua pulsione a individuarsi, la sua specifica mission e ogni altra caratteristica individuale. È depositario di un individuale Piano di Vita, che si realizza attraverso un intreccio di coincidenze apparentemente casuali, ma sensate e significative, che punteggiano la personalissima Via del Destino. L’io dell’individuo non ha il potere di annullare l’inconscio, ma ha la responsabilità di partecipare alla realizzazione della propria Via del Destino. La sua libertà è limitata, ma tanto determinante da poter scegliere, perfino, fra la possibilità di vivere per niente o morire per qualcosa.
Claudio Widmann, analista junghiano, vive e lavora a Ravenna. È Direttore dell’icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy) e docente di discipline inerenti il simbolismo e l’immaginario presso Scuole di Specializzazione in Psicoterapia. È autore e curatore di saggi che trattano temi attinenti la psicologia junghiana, tra cui, per i tipi delle Edizioni Magi, sono stati pubblicati: Il viaggio come metafora dell’esistenza, Il simbolismo dei colori, La psicologia del colore, Le terapie immaginative e La simbologia del presepe.
In questa raccolta di saggi Hillman ci parla di sé e di come è nata la sua visione della psicologia, dell'uomo, del mondo. Tutti i suoi poliedrici scritti sono contraddistinti da un denominatore comune: la centralità del processo immaginativo nell'attività della e sulla psiche. E l'importanza della cura della vita immaginale, quindi, come modo per promuovere nuove visioni, per coltivare il senso estetico nelle relazioni con il mondo, per restituire Anima ai luoghi, alle malattie abitate dagli uomini, al mondo. "Restituendo i sintomi all'anima", dice l'autore, "io tento di restituire un'anima ai sintomi ridando loro quel valore centrale nella vita che è proprio dell'anima". Il costante interpenetrarsi di pensiero e immagine della sua visione consente un avvicinamento tra apparenza e realtà, tra "lo spirito che sviluppa teorie e l'anima che costruisce fantasie" e ci consegna un nuovo stato della mente che sa vedere oltre per immaginare il presente in modo nuovo.
«Una donna schizofrenica in forma grave doveva essere trasferita in un altro ospedale per essere sottoposta a cure psichiatriche. Gli autisti dell'ambulanza vennero mandati in una stanza nella quale la donna stava seduta sul letto, vestita, con la borsa pronta. Nel momento, però, in cui la si invitò ad alzarsi, la paziente diventò con tutta evidenza di nuovo schizofrenica, oppose resistenza, si spersonalizzò e alla fine dovette essere sedata. Quando l'ambulanza era già in viaggio ci si accorse che si aveva a che fare con uno scambio di persona. La signora sull'ambulanza era una donna che intendeva andare a trovare un parente». Ecco uno degli esempi con cui Watzlawick mostra come la normalità nelle relazioni umane sia sempre una costruzione dei singoli individui. Costruzione che, lungi dal portare al relativismo e al nichilismo, paradossalmente consente all'uomo di essere libero.
All’Università di Vienna Karl Popper ebbe per maestro Karl Bühler. Nel 1928 Popper si laurea con Bühler con una tesi dal titolo Sul problema del metodo nella psicologia del pensiero, qui pubblicata per la prima volta in edizione italiana. L’intento di fondo e dichiarato del lavoro di Popper è quello “di cercare di applicare alla psicologia del pensiero i risultati metodologici più importanti ottenuti da Bühler”. Una descrizione dei fatti psichici è possibile, secondo Popper, solo a patto che si tenga conto del “pluralismo degli aspetti” degli stessi fatti psichici, vale a dire dell’aspetto dell’esperienza vissuta, dell’aspetto del comportamento e dell’aspetto delle creazioni oggettive dello spirito – aspetti che corrispondono alle tre funzioni del linguaggio evidenziate da Bühler. Simile presa di posizione conduce Popper a una serrata critica del fisicalismo, ma anche del comportamentismo, nella persuasione che noi pensiamo per problemi e tentativi di soluzione di questi problemi. Questo lavoro segna, da parte di Popper, l’abbandono della psicologia del pensiero e l’approdo alla Logica della ricerca.
Quello dell'amicizia è un tema fondamentale: riguarda ciascuno di noi. L'amicizia è infatti un vitale rapporto con il prossimo, capace di innescare un dialogo che ci trasforma reciprocamente. È una miracolosa fonte di gioia ma anche un equilibrio fragile, da tutelare. La relazione non esclude la solitudine, che anzi si trova al cuore dell'amicizia. I rapporti amicali non sono poi tutti uguali: mutano nel tempo, a seconda delle diverse età della vita, del genere, dei caratteri, delle condizioni esterne, familiari, sociali e storiche. L'amicizia, non ultimo, ha risonanze in psichiatria, tanto più in una situazione post-pandemica, ed è alla base della cura. Grandi pensatori, poeti e scrittori accompagnano Eugenio Borgna in questa riflessione a tutto campo sul sentimento di amicizia: Friedrich Nietzsche, Emily Dickinson, Rainer Maria Rilke, Thomas Mann e Antonia Pozzi, fra gli altri, prestano le loro parole per coglierne meglio il senso e il valore.
Questa volta l'autore mette in scena il tema dell'amore come forza fondamentale della vita, in tutti i sensi. Amore nel senso opportuno di terapie per l'amore: terapie per curare l'amore, essere in grado di vivere una vita che non rinuncia all'amore; e anche terapie a base di amore.
Nello stile semplice e narrativo che lo ha reso familiare a tanti lettori, nel tono rigoroso e sommesso del grande saggista, Paolo Crepet affronta quello che è forse il vero tabú del nostro tempo. E ci porta per mano a scoprire che nel mondo dominato dall'ossessione dell'efficienza e della prestazione, la vera possibilità di cambiamento coincide proprio con il coraggio dei sentimenti. Perché si fa presto a dire «amare». Ma quante sono le persone che possono dire di essere innamorate sul serio?
E quante quelle capaci di andare oltre l'innamoramento, fino all'amore?
Un'indagine sulle passioni dell'essere umano: la passione dell'invidia e della gelosia, la passione del desiderio e del Male, la passione dell'amore e dell'odio. Ma è a quest'ultima, alla passione dell'odio, che questo studio si dedica in modo particolare. Jacques Lacan l'aveva definita, insieme a quella dell'amore e dell'ignoranza. una "passione dell'essere". L'odio, infatti, diversamente da ogni altra passione ha di mira l'essere dell'Altro. Non colpisce l'immagine, non vuole ciò che l'altro ha, non attacca un aspetto particolare della sua esistenza. L'odio è un'invidia speciale: è, come afferma Lacan, "invidia della vita".
La felicità passa, ma a volte ritorna. È questo il messaggio in codice che viene dalla lettura di questo libro. Come a dire che non dobbiamo deflettere, che non è mail il caso di deporre la speranza. Anche nella condizione più difficile si può farle spazio, affinchè la tanto attesa ritorni.