
Considerata nella tradizione del pensiero occidentale quale massima attività etica dell’uomo, la politica attraversa oggi un’innegabile e rischiosa fase di delegittimazione che tende a sminuirne il significato, riducendola a mera attività tecnica di gestione del conflitto, indifferente ai fini ultimi del proprio agire. E tuttavia – è altrettanto innegabile – non si può non ‘fare politica’. Ma laddove riemerge il desiderio di autentico impegno, spesso mancano conoscenze, nozioni e strumenti fondamentali per poter consapevolmente operare. Ecco perché questo volume, nel porgere l’invito al tavolo dove si costruisce la ‘città dell’uomo’, si configura come proposta di un percorso di formazione e di accompagnamento alla vita politica. Esso si fonda su una linea interpretativa di tipo antropologico, che riconduce tanto le teorie quanto i problemi concreti a una soggiacente visione dell’uomo; e a quest’uomo, in ultima analisi, si rivolge, sia che egli si ritenga «uomo del mondo e del tempo», sia che si consideri «uomo della creazione e della trascendenza». In questo cammino, si affrontano temi complessi, esposti in forma nitida e dentro una cornice sistematica. Questioni di estrema «attualità e urgenza», sulle quali, sottolinea Carlo Maria Martini nella sua presentazione, «gli autori ragionano e fanno ragionare, rimanendo sempre su un piano oggettivo e realistico, senza fughe utopiche, sforzandosi di saldare idealità e concretezza, progetti arditi e fattibilità».
Luigi Franco Pizzolato è ordinario di Letteratura cristiana antica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Allievo e successore di Giuseppe Lazzati, ne ha proseguito l’opera anche alla guida dell’Associazione di cultura politica «Città dell’uomo». Ha pubblicato una vasta serie di studi su questioni del Cristianesimo antico e, parallelamente, su problemi di politica, con spiccato interesse per gli aspetti antropologici. Filippo Pizzolato è ricercatore di Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Tra le sue pubblicazioni: Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nella Costituzione italiana, Vita e Pensiero, Milano 1999; Il sistema di protezione sociale nel processo di integrazione europea, Milano 2002.
Dei processi Sme-Ariosto, Mondadori, Imi-Sir, che vedono imputati Brelusconi e Previti, gli avvocati Acampora e Pacifico, i giudici Squillante, Metta, Verde e Misiani, si sa poco o nulla. Gomez e Travaglio ricostruiscono giorno per giorno la storia dei tre processi e delle infinite manovre per farli saltare, e pubblicano i documenti più importanti per capire i fatti già accertati, le ragioni dell'accusa e le tesi delle difese. A cominciare dalla requisitoria orale (finora inedita) di Ilda Boccassini, nella trascrizione ufficiale del Tribunale di Milano. E poi i verbali di Stefania Ariosto, le carte svizzere, gli interrogatori di Previti, Pacifico e Squillante, la sentenza di prescrizione del Cavaliere.
Questo libro è un atto d'accusa contro la guerra. Uomini e donne, da diversi punti di vista, lanciano con urgenza un allarme: il sistema politico internazionale e i grandi organi di informazione hanno raggiunto il margine folle di preparare la guerra. Il diritto internazionale, la dottrina politica, il principio etico che ha permesso fino a oggi di raggiungere un precario equilibrio tra le diverse forze e le culture nel mondo, rischia di venire violato con conseguenze disastrose. Il libro segnala la sfiducia sempre maggiore nei confronti dei grandi apparati informativi e il bisogno di riattivare luoghi e strumenti che siano in grado di fornire capacità di argomentazione e di resistenza contro l'ideologia della guerra.
Se gli anni Ottanta e Novanta hanno significato enormi cambiamenti nell'Europa centrale e orientale, hanno allo stesso tempo stimolato speranze di un futuro migliore per le nazioni coinvolte nei processi di democratizzazione. Dalla prospettiva del giorno d'oggi, è evidente che questi processi sono ancora in pieno svolgimento. Prova ne sia la diffusa nostalgia per il passato recente, che getta ombre sulla realtà politica e sulle attuali condizioni sociali ed economiche. A questa si va ad aggiungere il rimpianto per i vecchi tempi: il passato è divenuto oggetto di disputa, ma sempre più anche di nostalgia. Questa antologia mostra le diverse facce di questo fenomeno, che negli ultimi anni ha coinvolto la sfera politica, sociale, culturale e artistica.
Che cos'è un conflitto? Che cosa accade in esso, e perché? Si può parlare di una teoria generale del conflitto? E inoltre: ci sono strategie per la trasformazione/risoluzione dei conflitti? Queste sono alcune delle domande poste da un campo di studi in piena crescita in questo decennio, la cui struttura è fortemente interdisciplinare, ma dove frequenti sono anche i tentativi di un'unificazione teorica. Questo libro è uno strumento introduttivo che presenta l'intreccio di problemi generali e casi concreti attraverso un linguaggio chiaro ed evitando tecnicismi.
Nonostante tutti i tentativi del pensiero postmoderno di liberarsene, il "soggetto scabroso", il soggetto cartesiano, continua a tormentare chiunque provi a sostenere un pensiero e una pratica fondati sulla pretesa di avere un effettivo potere di emancipazione e liberazione. In questo libro Zizek, docente presso l'istituto di Sociologia di Lubiana, segue un percorso che lo porta a confrontarsi con il tentativo heideggeriano di superare la soggettività, con le elaborazioni politiche di stampo postalthusseriano, con il femminismo decostruttivista e con le teorie della "società del rischio" elaborate da Giddens e Beck.
Questo libro raccoglie una selezione di articoli pubblicati sul tema della giustizia, pensati e scritti in tempo reale, per raccontare le vicende parlamentari che hanno segnato un intenso anno di dibattiti e di confronto a volte molto duro e decisivo per la tenuta del nostro tessuto democratico. Il falso in bilancio e le rogatorie, Previti e Dell'Utri, Cirami e Berlusconi, le riforme della giustizia e le condizioni delle carceri, la convivenza con la mafia e i pianisti del Senato. Ma anche piazza Navona e il Palavobis, piazza san Giovanni e le donne dei girotondi, Nanni Moretti, i nuovi slogan e gli antichi simboli della lotta alla mafia, evocati con la forza dal rimbalzo degli anniversari.
Se la causa dell'Europa ha avuto un limite è stato quello di aver incontrato un'accoglienza benevola ma anche generica. La sua quasi ovvietà apparentemente le ha spianato la strada, in realtà le ha occultato gli ostacoli. In particolare ha contribuito a frenare il processo di elaborazione di una classe dirigente specifica e il sorgere di quel sentire comune senza il quale non si può saldare in una nuova unità la storia di nazioni e popoli diversi, con destini a lungo separati se non contrapposti. Strada facendo i problemi sono emersi, con una particolare virulenza oggi, di fronte alla prospettiva dell'imminente allargamento dell'Unione ai molti paesi ex-comunisti, e in presenza delle nuove contraddizioni e paure suscitate dalla globalizzazione.
La comunità è una realtà o una metafora? Un'istituzione o un gruppo spontaneo? È un'entità sociologicamente osservabile o un'utopia? Nell'affrontare simili interrogativi, l'autrice ha isolato tre modelli di comunità: quella "faccia a faccia", quella politica, quella etnica e/o culturale. Dalla parziale confusione e sovrapposizione dei vari modelli, e delle diverse problematiche ad essi connessi, scaturiscono ambiguità e contraddizioni. L'idea di comunità è destinata fatalmente a entrare in collisione con il paradigma dei diritti dell'uomo e con gli ideali del razionalismo critico? L'ultimo capitolo tenta di rispondere a questi interrogativi, rivisitando l'ideale anarchico e socialista di una comunità associativa.