
Le elezioni del 1948 sono la prima grande battaglia elettorale dell'Italia repubblicana. I mesi che precedono il 18 aprile segnano una svolta nella storia, nel costume e nella politica del paese. Comunisti e socialisti da un lato, democratici cristiani dall'altro, dopo aver collaborato nello spirito dell'antifascismo e dei Cln, si affrontano in una lotta senza esclusione di colpi, scambiandosi accuse infamanti e ricorrendo a ogni mezzo, a ogni parola, a ogni immagine, pur di prevalere sull'avversario. La propaganda prende il sopravvento sulla comunicazione, lo scontro, non solo quello verbale, sul dialogo. Da quella data anche le tecniche e le strategie dei partiti non saranno più le stesse. Il 1948 fissa infatti stereotipi, temi, slogan, poetiche, diventando un imprescindibile punto di riferimento per tutte le successive campagne elettorali che a quell'esperienza si rifaranno continuamente. Il libro di Edoardo Novelli ripercorre gli avvenimenti e le strategie di quella storica campagna elettorale soffermandosi sugli aspetti comunicativi e illustrandola con un'ampia selezione di documenti provenienti da collezioni private e archivi pubblici. Mettendo in luce come ancora oggi, a sessant'anni di distanza, nell'Italia della Seconda repubblica e in presenza di uno scenario completamente trasformato, alcuni dei temi e delle contrapposizioni fissati nel lontano 1948 continuino ad animare le campagne elettorali e ad agitare il confronto politico e sociale.
Il ventennale carteggio tra Alexis de Tocqueville e Arthur de Gobineau è un documento importante e drammatico, nella storia del pensiero politico contemporaneo. Segnata da un costante quanto leale disaccordo, la discussione tra il teorico della democrazia e il vate del razzismo si dipana lungo i sentieri che conducono al cuore del "moderno" e dei suoi paradigmi ideologici: dal rapporto tra morale, religione e politica, al problema dell'eguaglianza di popoli e nazioni; dal conflitto tra "passioni" e "interessi" alla cruciale "questione della razza". Alla luce delle profonde diversità che contrappongono i due interlocutori, il sodalizio tra Tocqueville e Gobineau appare ancora più singolare: esso attraversa tutta l'esperienza del Secondo Impero francese, resistendo alla sempre più marcata e conflittuale divaricazione tra le opinioni del maestro e quelle del suo "assistente". Altrettanto singolare fu la sorte che toccò ai due pensatori: mentre il razzismo di Gobineau si avviava a compiere, nel secolo successivo, il suo tragico ciclo, diventando dottrina di Stato e metodo di genocidio, la lucida e preveggente analisi dei meccanismi del sistema democratico elaborata da Tocqueville avrebbe conosciuto una lunga fase di oblio, che solo nel secondo Novecento sarebbe stata riscattata da un nuovo interesse scientifico. C'è in questo scambio epistolare, oltre al valore teorico e all'inaspettata attualità dei temi, una grande lezione di metodo.
Non è vero che la mafia è quella che si vede in tv, e che i corrotti e i criminali sono una malattia della nostra società. Qui, in Italia, la corruzione e la mafia sembrano essere costitutive del potere, a parte poche eccezioni (la Costituente, Mani pulite, il maxiprocesso a Cosa nostra). Ricordate il "Principe" di Machiavelli? In politica qualsiasi mezzo è lecito. C'è un braccio armato (anche le stragi sono utili alla politica del Principe), ci sono i volti impresentabili di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, e poi c'è la borghesia mafiosa e presentabile che frequenta i salotti buoni e riesce a piazzare i suoi uomini in Parlamento. Ma il potere è lo stesso, la mano è la stessa. II libro è questo: racconta il fuori scena del potere, quello che non si vede e non è mai stato raccontato ma che decide, fa politica e piega le leggi ai propri interessi. Ci avviamo verso una democrazia mafiosa? Gli italiani possono reagire, è già successo.
Un miliardo di euro dai versamenti dell'otto per mille. 650 milioni per gli stipendi degli insegnanti di religione. 700 milioni per le convenzioni su scuola e sanità. 250 milioni per il finanziamento dei Grandi Eventi. Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello Stato italiano e degli enti locali alle casse della Chiesa cattolica. A cui bisognerebbe aggiungere almeno il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano e oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione europea: il mancato incasso dell'lci, l'esenzione da Irap, Ires e altre imposte, l'elusione consentita per le attività turistiche e commerciali. Per un totale di circa 4 miliardi di euro, più o meno mezza finanziaria, l'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno. Una somma (è la stessa Conferenza episcopale italiana a dichiararlo) che solo per un quinto viene destinata a interventi di carità e di assistenza sociale.
Chi sono e cosa fanno pm, gip, gup, giudici dibattimentali, imputati, difensori, polizia giudiziaria, ufficiali giudiziari e "terzi" che appaiono sulla scena del procedimento penale. Come si può giungere a privare una persona della libertà. Quali sono i poteri del giudice e delle parti durante la celebrazione di un giusto processo, funzionale alla verifica dell'accusa nel rispetto dei diritti della difesa.
È sempre più difficile conciliare l'alto livello di protezione sociale, di tutela dei diritti, di qualità della vita, che è proprio dei Paesi europei, con le esigenze della competizione globale, la domanda di nuovi diritti e di nuove sicurezze, la segmentazione della società e la diversificazione dei bisogni e delle domande sociali che caratterizza l'inizio di questo secolo. Lo Stato non ce la fa; non ce la può fare senza un ampio ricorso alla mobilitazione delle risorse della società civile, del territorio, delle comunità intermedie, della partnership con il privato e con il no profìt. Sono cresciuti così, in Italia e altrove, lo spazio e il ruolo del terzo settore. E si è riscoperta la sussidiarietà, un'idea più moderna e più articolata del ruolo delle amministrazioni pubbliche, del rapporto tra Stato e società civile, tra politica ed economia, tra amministrazione pubblica e cittadini. Tra Stato e terzo settore però deve dispiegarsi un rapporto positivo, nel rispetto del ruolo e dell'autonomia di ciascuno: una fitta trama di rapporti di interazione, dialogo e reciproca integrazione, in parte già in essere e in parte no, connette il terzo settore alle pubbliche amministrazioni. La ricerca di Astrid ne traccia un quadro compiuto, avanzando proposte innovative, per consentire al terzo settore di sviluppare le sue potenzialità.
Nel dicembre del 1996 il governo guatemalteco e i guerriglieri firmarono uno storico Accordo di pace. Quando, alla presenza del segretario generale dell'ONU Butros Ghali e di diversi capi di Stato e di governo, il presidente Alvaro Arzù e il comandante guerrigliero Rotando Moran uscirono insieme nella piazza centrale di Città del Guatemala per accendere la fiaccola di pace, la folla che gremiva la piazza non poteva credere ai suoi occhi. Si poneva fine così a un conflitto brutale costato circa duecentomila vittime, in maggioranza civili delle comunità indigene maya. Poco si conosce, però, del ruolo che la Comunità di Sant'Egidio svolse per facilitare il raggiungimento di questo risultato: un infaticabile lavoro diplomatico volto in primo luogo a far sì che le parti in guerra si incontrassero direttamente, potessero parlarsi faccia a faccia. Nell'ultima fase del processo di pace in Guatemala, infatti, si realizzarono differenti incontri segreti di dialogo tra i presidenti Ramiro de Leon Carpio e poi Alvaro Arzù da una parte, e la Comandancia General della guerriglia dall'altra. Tramite la sua testimonianza personale, la ricostruzione dei contenuti delle riunioni e una serie di interviste ai protagonisti, l'autore ripercorre un segmento significativo e poco conosciuto dei negoziati di pace, quando il governo e la guerriglia del Guatemala, come avversari e non più come nemici, riuscirono a stabilire quel livello di fiducia e mutuo rispetto che permise infine la firma degli Accordi.
Nei primi mesi del 1946 si preparano in Italia le elezioni per l'Assemblea Costituente. In un clima di grande fervore politico e tensione ideale, un apposito ministero - il ministero per la Costituente - elabora serie statistiche, commissiona ricerche, pubblica studi destinati a facilitare il lavoro della futura assemblea. Ma c'è un prolema più generale da porre prima di tutti gli altri. Promuovere la Costituente, spiegarne il senso e la portata al popolo che dovrà eleggerla, chiarire le grandi questioni, le scelte e i bivi che essa dovrà affrontare: la questione delle autonomie, i poteri dell'esecutivo, le forme del controllo parlamentare, le prerogative del capo dello stato, l'autogoverno della magistratura, il controllo costituzionale e la stessa riformabilità della Costituzione. Un grande giurista, interprete sensibile e preciso delle ragioni della Costituzione, viene chiamato a redigere un opuscolo in cui tutto ciò sia detto con sensibilità e misura, con chiarezza e rigore. Questa edizione è arricchita dal testo di una conferenza che Jemolo tenne nel 1965 all'Accademia dei Lincei nel quale allo slancio utopistico del dopoguerra si sostituisce una lucida analisi del linguaggio della Carta fondamentale: alcune scelte apparentemente solo stilistiche rivelano ambiguità che riguardano la stessa genesi della Costituizione. Emerge così come i nodi di oggi siano assai prossimi, per non dire identici, a quelli di allora.
Pur se interrotto dalla vittoria del centro-destra alle elezioni comunali dello scorso aprile, il ciclo riformatore delle giunte Rutelli e Veltroni ha saputo restituire a Roma, negli ultimi quindici anni, un prestigio da vera capitale e ha lasciato in alcuni campi, come quello della cultura, un bilancio largamente positivo, un "capitale" da difendere e sviluppare. Questo perché, senza più cadere nella trappola della contrapposizione tra "effimero" e "permanente", le giunte di centro-sinistra sono riuscite a promuovere una grande stagione culturale, ma soprattutto a realizzare quegli spazi e quelle strutture di cui la città aveva bisogno. Il volume analizza a fondo per la prima volta il segreto di questo successo, le strategie che lo hanno ispirato, le scelte che lo hanno orientato, descrivendo punto per punto le novità che l'hanno reso possibile: l'Auditorium di Renzo Piano, la rivoluzione nella gestione dei musei, la creazione di un nuovo sistema espositivo, la rinascita delle biblioteche, il sistema delle "case" (delle letterature, del cinema, del jazz, dei teatri, della memoria). E ancora: la film commission, la riapertura delle sale cinematografiche, i teatri di cintura. Tutto questo grazie anche a un diverso rapporto tra pubblico e privato, che è andato ben oltre le norme pur innovative introdotte in precedenza dalla legge Ronchey. Queste iniziative hanno suscitato il consenso dei romani e dei turisti, dimostrando che la cultura può rivelarsi un volano di crescita economica.
Un malato d'eccezione: la sinistra italiana. Una malattia subdola: l'antipatia. Una cura possibile: prenderne coscienza e correre ai ripari. In questo libro si evidenzia come la sinistra sia antipatica non solo alla destra, ma anche ai non schierati, al vasto arcipelago degli elettori che non si sentono né di destra né di sinistra. Quattro sono le sue malattie: il linguaggio codificato (io sì che la so lunga), il politicamente corretto (tu non devi parlare come vuoi), gli schemi secondari (tu non puoi capire) e la supponenza morale (noi parliamo alla parte migliore del paese). Luca Ricolfi insegna Metodologia della ricerca psicosociale all'Università di Torino, dirige l'Osservatorio del Nord Ovest e una rivista di analisi elettorale.
Che cosa sarebbe Al Qaeda senza Internet? A partire da questa semplice e inquietante domanda Guido Olimpio, che da anni si occupa di terrorismo internazionale per il "Corriere della Sera", segue le sue tracce nel labirinto della Rete, alla scoperta di quello che, oltre a essere il principale movimento paramilitare del fondamentalismo islamico, è anche un dirompente fenomeno sociale e di costume che va ben al di là della nostra immaginazione. L'autore, giornalista che da anni si occupa della guerra al terrore, segue le tracce di Al Qaeda nel labirinto del web spiegando i nuovi sistemi di propaganda e le reazioni dell'Occidente. Dal reclutamento e addestramento on-line alle ricette per atroci ordigni "fai da te", dai maghi del computer che operano e truffano nel nome della causa ai cimiteri virtuali che celebrano la gloria dei terroristi suicidi. Il volume è un'indagine che svela i segreti del cyberterrorismo, fenomeno la cui dirompenza supera ogni possibile immaginazione e mostra come la rete ha ridisegnato le frontiere della paura, le gerarchie del potere, l'eco della parola.