
DESCRIZIONE: Matteucci muove da due assunti principali: il primo è che il costituzionalismo è antico ma, dopo una grande manifestazione di vitalità nel Medio Evo e in età moderna, è ancora attuale nel mondo contemporaneo; infatti, anche se ci sono stati un tempo regimi costituzionali non democratici non esistono regimi democratici che non siano costituzionali. Il secondo è che il costituzionalismo è prima di tutto limitazione del potere politico. Proporre alla cultura e alla politica italiana il costituzionalismo, inteso come in questo denso ed efficace saggio del 1964 quale insieme di valori e di tecniche per la difesa istituzionale delle libertà individuali, sociali, civili e politiche, è una presa di posizione chiara. Il costituzionalismo a cui fa riferimento Matteucci non si esaurisce nella separazione dei poteri o nello Stato misto, ma prevede una costituzione antecedente al potere del governo e del parlamento, che li limita secondo la legge.
(Carlo Galli)
COMMENTO: La prima edizione di un piccolo classico che spiega che cosa è il costituzionalismo nelle sue origini storiche e nella sua attualità (dalla Magna Charta alle Rivoluzioni americana e francese, fino ai giorni nostri), da parte di uno dei massimi storici del costituzionalismo liberale del Novecento.
NICOLA MATTEUCCI (1926–2006) politologo italiano, fondatore della rivista «il Mulino» e della stessa casa editrice, è uno dei maggiori teorici del costituzionalismo liberale del Novecento.
L'edizione 2010 dell'annale curato dall'Istituto Affari Internazionali (Iai) e dall'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), si presenta rinnovato: ridotta nel numero complessivo di pagine, è interamente incentrata sulla politica estera del nostro paese e sul ruolo giocato dall'Italia nella politica internazionale nell'anno che si è appena concluso, del quale vengono passati in rassegna gli avvenimenti fondamentali - sia sul piano strettamente nazionale sia sul piano europeo e mondiale. A un Rapporto introduttivo che analizza il ruolo del nostro paese nello scenario internazionale segue una seconda parte nella quale sono prese in esame le politiche italiane rispetto a problemi-chiave quali la crisi economica e finanziaria, le organizzazioni multilaterali e la governance globale, la sicurezza e la difesa, l'Unione Europea, i rapporti transatlantici, l'Est Europa, il Mediterraneo, il Medio Oriente e il Golfo, La politica energetica e l'ambiente, le migrazioni, la politica estera delle regioni. Chiude il volume una sezione di documentazione che consta fra l'altro di una cronologia della politica estera italiana e di una cronologia dei principali eventi europei e internazionali per l'anno 2009.
Centotredici parlamentari con doppi, tripli e quadrupli
incarichi, un politico alla presidenza di una
banca che finanzia i suoi amici, funzionari pubblici e imprenditori
con mogli e figli soci in affari, l’assessore alla
sanità che vende apparecchiature mediche agli ospedali,
il capo di una compagnia statale che diventa presidente
della società privata di cui è cliente, avvocati di destra e
di sinistra che litigano in tribunale ma poi in parlamento
fanno le leggi insieme, il figlio del ministro che apre una
ditta nel settore controllato dal ministero di papà…
Un'inchiesta senza peli
sulla lingua nel paese dove
il confine fra l'interesse
di tutti e gli affari di
pochi ormai non esiste più.
Lo scandalo che ha coinvolto i vertici della Protezione civile ha acceso i riflettori su un gruppo di affaristi, imprenditori, magistrati, funzionari e familiari di una compagnia male assortita, che gestiva appalti pubblici in un micidiale coacervo di conflitti d’interesse. Un intreccio sfrontato, portato avanti con la consapevolezza dell’impunità. Perché in Italia, quando si nomina il conflitto d’interessi il pensiero corre subito a Silvio Berlusconi, al suo strapotere televisivo, alle leggi ad personam, ma il Cavaliere è solo l’ultimo erede di un sistema consolidato, che comprende tutti: politici, professionisti, manager, sportivi, giornalisti. I casi si sprecano: magistrati che si arricchiscono con gli arbitrati, rettori universitari che amministrano gli atenei come beni di famiglia, imprenditori finanziati da banche di cui sono azionisti, società di brokeraggio presiedute dai loro clienti, medici che diventano strumento per aumentare i profitti delle case farmaceutiche, deputati e senatori che piegano con destrezza le leggi ai loro disegni. Per farsi la pensione d’oro, sistemare una fabbrica, assumere qualche amico, basta un provvedimento ad hoc… Nella giungla di enti, ministeri, aziende statali e parastatali e ordini professionali si annida una classe dirigente abituata a usare il Paese per fare gli affari propri.
Le vicende politiche e umane dei grandi protagonisti della storia, le luci e le ombre del loro dominio, l’impronta di quei potenti che ancora oggi ci condiziona.
Da Pericle a Papa Wojtyla, passando per Augusto, Napoleone, Hitler, Stalin, De Gasperi e altri, scaltri simulatori, trascinatori di folle, imperatori, dittatori feroci, abili uomini di Stato o più umilmente pastori di anime hanno segnato il destino dei popoli. Nelle lezioni tenute con grande successo all’Auditorium di Roma (delle quali questo volume raccoglie i testi) tra ottobre 2008 e maggio 2009, alcuni fra i maggiori storici italiani e l’autorevole studiosa francese Michelle Perrot raccontano le vicende politiche e umane dei grandi protagonisti della storia e svelano le luci e le ombre dei tanti modi di governare gli uomini, quanto sia stata e sia ancora forte l’impronta di quei potenti, quanto ancor oggi quel modello e quel potere ci condizioni.
Indice
La democrazia di Pericle di Luciano Canfora - L’impero di Augusto di Andrea Giardina - La santità governata. I tre papi di san Francesco di Chiara Frugoni - Solimano il Magnifico di Alessandro Barbero - Napoleone e il bonapartismo di Alberto Mario Banti - Mussolini e il fascismo di Emilio Gentile - Stalin e il comunismo di Andrea Graziosi - Hitler e il nazismo di Vittorio Vidotto - La repubblica di De Gasperi di Giovanni Sabbatucci - La Chiesa di papa Wojtyła di Andrea Riccardi - Donne e uomini di fronte al potere di Michelle Perrot - Gli autori - Referenze iconografiche
Le libertà liberali e i diritti politici democratici sono imprescindibili perché tutti siano considerati membri alla pari nella comunità politica in quanto condividono la condizione morale di essere persone.
«Perché ci dovrebbe importare che le nostre libertà siano eguali, quando magari qualcuno non ne fa uso e le baratterebbe volentieri con più benessere, se non il fatto che il disconoscimento di un eguale spazio di libertà per tutti implicherebbe una minor considerazione e rispetto per alcuni? E perché dovremmo tenere all’eguale partecipazione alla vita politica, quando sappiamo che il nostro voto non fa la differenza, se non il fatto che la mancanza dei diritti politici per qualche gruppo ne afferma implicitamente la condizione di minorità e disparità, in una parola di sottomissione? La ragione per cui le libertà liberali e i diritti politici democratici siano imprescindibili, al di là delle effettive opportunità di vita offerte ai singoli, sta proprio nel loro essere segno che tutti e chiunque sono trattati e considerati membri alla pari nella comunità politica».
Il principio politico dell’eguale rispetto afferma che gli appartenenti alla comunità politica devono essere considerati e trattati da pari perché condividono la condizione – morale – di essere persone, degne in quanto tali di essere rispettate. Un concetto che, da una parte, ha un ruolo fondante nei confronti della legittimità liberaldemocratica e, dall’altra, comporta oneri precisi relativi alle scelte e alle azioni politiche che regolano la vita e la convivenza delle democrazie contemporanee.
Indice
Ringraziamenti - Introduzione - I. L’eguaglianza di rispetto e i fondamenti dell’ordine liberaldemocratico - II. Il rispetto come riconoscimento - III. La politica del rispetto - Conclusioni. L’irrinunciabilità del rispetto eguale per le persone - Cos’altro leggere - Bibliografia - L’autrice
Un ritratto dell'Italia contemporanea, un paese privo di principi, di valori condivisi che non siano il Dio Quattrino, inguaribilmente volgare, senza dignità e onore, spietato senza essere virile, femmineo ma non femminile, corrotto, intimamente mafioso, devastato nel suo straordinario paesaggio, naturale, urbano, artistico, che lo ingentiliva insieme alla sua gente. Una parodia di democrazia sequestrata dai partiti e dai suoi mediocri esponenti che la violentano, la abusano, la stuprano a comodo loro.
"Senz'anima" fotografa uno spazio, mentale, antropologico, politico, quello dell’Italia degli ultimi trent’anni, seguendo l’avventura giornalistica di Massimo Fini, uomo senza appartenenze, dal mitico Europeo all’Indipendente fino al Fatto Quotidiano. Della penna dissacrante di Fini non potevano mancare le “stroncature” e anche i ritratti (mai disgiunti, questi, da una dolente pietas) dei personaggi – da Craxi a Martelli, da Cossiga a Berlusconi, da Gardini a Scalfari, da Costanzo a Vespa – che hanno contribuito a conciare l’Italia così com’è.
Massimo Fini, scrittore e giornalista, è autore di molti libri di successo, ancora oggi ristampati. Tra i più recenti, editi da Marsilio, ricordiamo: "Il denaro. ‘Sterco del demonio’" (1998), "Di(zion)ario erotico. Manuale contro la donna a favore della femmina" (2000), "Nietzsche. L'apolide dell'esistenza" (2000), "Il vizio oscuro dell'Occidente" (2002), "Sudditi. Manifesto contro la democrazia" (2004), "Il ribelle. Dalla A alla Z" (2006), "Ragazzo. Storia di una vecchiaia" (2008). Nel 2009 è uscito, sempre per Marsilio, il suo primo romanzo, "Il Dio Thoth". È stato anche autore e attore della pièce "Cyrano, se vi pare…", regia di Eduardo Fiorillo.
Caterina, la nonna che con il proprio fastidio per fascisti, comunisti e democristiani ha rappresentato il primo esempio di un revisionismo non fazioso; l’amore di Gianna, l’orgogliosa figlia di un fascista rapata a zero per la vendetta dei “vincitori”; i corpi dei partigiani fucilati e dei fascisti impiccati. E ancora i personaggi più influenti di tutta una stagione politica e giornalistica: Giulio De Benedetti, Eugenio Scalfari, Claudio Rinaldi, Junio Valerio Borghese, Almirante dagli occhi magnetici e il doppio Fortebraccio dell’“Unità”. Il revisionista è un formidabile ritratto, affollato di esseri umani, del nostro Paese dal dopoguerra a oggi. Ed è anche il racconto autobiografico dell’avventura umana e intellettuale di Pansa, alla ricerca di verità dimenticate o scomode. Il più controverso tra i giornalisti italiani ci racconta la sua vita e la nostra Storia, viste con gli occhi di chi ha saputo mantenersi sempre fedele ai fatti e lontano dalle ideologie politiche di ogni colore.
Il libro ricostruisce la storia recente delle politiche giovanili nel nostro paese attraverso la recente e ambiziosa esperienza del Forum Nazionale Giovani, la piattaforma nazionale di rappresentanza permanente riconosciuta dall'Unione Europea. Un approfondimento per riflettere sul passato, presente e futuro dell'attività politica delle nuove generazioni.
I grandi mutamenti politici e istituzionali, che hanno sconvolto l'Italia a partire dagli anni Novanta, non hanno ancora trovato un inquadramento analitico soddisfacente. Abbondano metafore alquanto ingannevoli che parlano di seconda e addirittura di terza repubblica, ma si tratta solo di formule ad effetto che non aiutano a comprendere i processi reali. Il libro propone una riflessione d'insieme per interpretare i nuovi paradigmi costituzionali e per scandagliare i soggetti sociali ed economici emergenti che ridisegnano la mappa dei nuovi poteri. Il quadro che emerge dalla ricognizione del caso italiano dopo il collasso dei partiti storici, descrive un lento crepuscolo del politico dinanzi al rilievo preponderante assunto da denaro e media. Il rischio incombente è che la crisi della rappresentanza politica e sociale conduca ad una malattia mortale della sfera pubblica dalla quale possa emergere il capo carismatico quale commissario di una repubblica minata dal populismo e dal leaderismo. La gravità della crisi italiana rilancia con forza le prospettive di un costituzionalismo democratico quale antidoto alla deriva da tempo in atto delle culture istituzionali.
L'Europa, i contadini, i consumatori: il movimento per la sovranità alimentare
2013, fine della Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea? Molto bene, potremmo dire. Poiché, dopo tutto, i suoi danni sociali, ambientali e nei paesi del Sud forse non giustificano i 50 miliardi annui di questa politica europea. Non bisogna però dimenticare che la PAC, fondata cinquant’anni fa, aveva altri obiettivi: assicurare la sicurezza alimentare, la stabilità dei mercati e prezzi ragionevoli per i contadini come per i consumatori. Per questo occorreva attuare, a livello europeo, una regolamentazione forte dei mercati. A chi giova oggi il suo smantellamento, in un contesto di liberalizzazione dei mercati agricoli? Ai paesi esportatori più ricchi, che hanno costretto i paesi poveri a sopprimere le loro protezioni doganali, pur sostenendo con massicce sovvenzioni la propria esportazione agricola. Alle multinazionali, che ora possono rifornirsi a costi più bassi. Il 2008 e il 2009 sono stati segnati dalla crisi mondiale dei prezzi alimentari e dalle «rivolte della fame». L’Unione Europea non è forse una delle prime responsabili, trovandosi alla guida di organismi come l’OMC, la Banca Mondiale, il FMI, cantori della deregulation dei mercati agricoli? Lo smantellamento della PAC è uno dei passaggi centrali di questo gioco mortifero. Il mito neoliberista è a corto di fiato. Non può risolvere le gravi crisi planetarie che ha creato. Rifondare la PAC in favore di un’agricoltura contadina, ecologica e che offra lavoro e di una alimentazione di qualità per tutti: non è un’utopia, è una necessità, dinanzi alle crisi alimentare, ecologica ed economica. Delle alternative credibili esistono: esse implicano il rispetto del diritto alla sovranità alimentare e una regolazione internazionale degli scambi basata sulla solidarietà e la salvaguardia delle risorse naturali.
L'idea di laicita', il rapporto tra cultura e integrazione, la questione antropologica, l'educazione, la famiglia, il rapporto della persona con i processi economici e con la giustizia: scandagliando i temi piu' rilevanti del dibattito pubblico, Gaetano Quagliariello delinea in questo libro gli antidoti culturali affinche' nella societa', e fra i piu' giovani, non si affermi un'altra religione civile basata sulla ideologia dell'autodeterminazione, sul relativismo, sul nichilismo. E interpreta il senso dell'appello per una nuova generazione di cattolici in politica che dalla Chiesa proviene sempre piu' pressante.
Negli ultimi due decenni si è parlato poco di disuguaglianza, rispetto, per esempio, alla crescita, al debito pubblico, agli andamenti finanziari e, ovviamente, alla crisi scoppiata a fine 2008, che solo molto indirettamente viene collegata a essa. Certo è stato detto che la disuguaglianza è alta, ma poco altro: non si è mai discusso se sia accettabile, quasi che possa essere soltanto pesata e non valutata. Il punto importante è invece proprio analizzare e discutere, a livello culturale e politico, le disuguaglianze accettabili. Il libro lo fa, con riferimento all’Italia anche in confronto con altri paesi, ripercorrendo in modo rigoroso, documentato e accessibile i cambiamenti intervenuti nella distribuzione dei redditi negli ultimi anni e i meccanismi più profondi del fenomeno, inclusa la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza; fornendo dati assolutamente inediti sulla percezione e l'atteggiamento rispetto a essa, e indagando le ragioni per cui le alte disuguaglianze non generano le reazioni che ci si potrebbe aspettare.