
Politici, governanti, uomini d’affari, profittatori di ogni risma: tutti, chi più chi meno, hanno incontrato sulla loro strada il sottile e penetrante olezzo della corruttela, dal latino Verre ai “barattieri” descritti dall’Alighieri, da Fouquet a Craxi, dai seguaci di Simon Mago ai grandi venditori di cariche pubbliche nell’Italia della dominazione spagnola, da Francis Bacon a Samuel Pepys. Un’erudita e divertita breve storia, che ripercorre le “gesta corruttive” di grandi e meno grandi lungo oltre quattromila anni di storiografia, filosofia, memorialistica, letteratura e cronaca: dal Codice di Hammurabi alla bancarotta della Parmalat, dallo scandalo dell’oro di Arpalo a Tangentopoli, dall’affaire francese del Canale di Panama a quello della Banca Romana nell’Italia di Giolitti. Un viaggio tra politica e storia che porta l’autore a chiedersi, di fronte alla tenace sopravvivenza del malcostume tangentizio, se non sia necessario evitare almeno l’ipocrisia dilagante e la tendenza a dimenticare chi è ancora convinto, come scriveva Longanesi, “che la morale sia la conclusione delle favole”.
È possibile ripensare la Sinistra? È possibile riavere un soggetto politico che dia voce a chi non è rappresentato ed è di fatto invisibile? Le risposte di tre grandi voci del Ventunesimo secolo.
Tre grandi intellettuali del nostro tempo discutono la crisi di identità della sinistra. Perché è così difficile proporre oggi politiche di emancipazione? Quali temi sono stati tralasciati dal dibattito? È possibile un soggetto politico di sinistra quando proliferano esigenze di frammentazione e di chiusura nelle proprie identità? L’urgenza di questi quesiti è data dal tracollo delle utopie di emancipazione e dalla pervasività del sistema economico e dell’immaginario capitalista che oggi, dopo quest’ultima grande crisi, si riafferma a livello planetario. Le possibili risposte sono molteplici e ricche di spunti: Butler – la maggiore teorica femminista americana – a partire dalla fluidità dell’identità sessuale, propone un soggetto come essere vulnerabile, stretto fra senso del limite e desiderio che muove l’azione; Laclau riprende il concetto gramsciano di egemonia, per uscire dalle strette del veteromarxismo e del decostruzionismo postmoderno; Žižek, uno dei più originali e provocatori pensatori di oggi, scompagina, anche a costo del politicamente scorretto, la paralisi della sinistra e rinnova il linguaggio politico con l’innesto di categorie psicoanalitiche.
Cambiare política, nell'Italia attuale, è possibile e urgente. Ma non sarà possibile farlo se non cambiando la politica come tale, cioè il modo in cui viene concepita e praticata. Questo libro propone una diagnosi delle cause della crisi di civiltà che investe la vita pubblica, ma soprattutto indica una via di rigenerazione della convivenza democratica. Tale via si chiarisce nella delineazione del metodo adatto a generare un'altra politica.
Roberto Mancini è professore ordinario di Filosofia teoretica all'Università di Macerata. I suoi libri più recenti sono L'interpretazione come servizio. Modelli di ermeneutica nel pensiero contemporaneo (Il Pozzo di Giacobbe), Idee eretiche. Per un'economia della cura, delle relazioni e del bene comune (Edizioni Altreconomie).
Un libro di fatti e di rivelazioni che getta una luce inquietante sui meccanismi profondi dei vertici del berlusconismo. La P3 si rivela come un vero e proprio sistema di potere, con i suoi capi, i suoi manovali, la sua storia e i suoi metodi. Fino all'inquietante ipotesi conclusiva: Silvio Berlusconi, alias "Cesare", capo di un'associazione segreta, la vera cupola della politica italiana, versione più potente e moderna del progetto strategico di Licio Gelli.
“Avvenire”, “Il Sussidiario.net”, “l’Occidentale”, “l’Opinione delle Libertà” e altre testate giornalistiche italiane. Il criterio utilizzato nella redazione degli articoli è quello di un giudizio che scaturisce dalla valutazione di un preciso fatto di cronaca, con uno sguardo particolarmente rivolto a ciò che sta accadendo in Gran Bretagna, possibile futuro paradigma dei rischi che corriamo. I temi toccati – che spaziano dalla bioetica alla libertà religiosa – non sono mai affrontati nell’ottica di un’astrazione intellettuale, ma vengono analizzati partendo sempre dall’osservazione di un episodio realmente accaduto, dalla concretezza dell’ordinario vissuto quotidiano. Questo metodo della narrazione cronachistica rende ancora più immediatamente percettibili i pericoli che sta correndo la società contemporanea nel suo disperato tentativo di esiliare Dio. Il titolo scelto per il libro, Un anno alla finestra, nasce proprio dal desiderio di osservare la realtà con uno sguardo umano libero e intelligente, ovvero cristiano. L’arco temporale preso in considerazione è di dodici mesi esatti: dal marzo 2009 al marzo 2010, e la lettura sequenziale degli articoli riesce a mostrare un’impressionante vision d’ensemble dei mutamenti antropologici in atto nella società contemporanea. Un solo anno è più che sufficiente per rendere efficacemente l’idea di quello che sta accadendo attorno a noi, e per offrirci la fotografi a impietosa di una civiltà che sta per smarrire il senso della sua stessa esistenza.
Gianfranco Amato è nato a Varese nel 1961 e si è laureato in giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esercita la professione di avvocato dal 1988, e opera attivamente nel campo della bioetica. Collabora con “Avvenire”, “Il Sussidiario.net”, “l’Occidentale” ed altre testate giornalistiche. È Presidente dell’Associazione “Scienza & Vita” di Grosseto, di cui è stato socio fondatore. È membro e consulente legale dell’organizzazione britannica CORE Comment on Reproductive Ethics, con sede a Londra, per conto della quale collabora in diverse azioni legali intentate su tematiche bioetiche. È rappresentante per l’Italia dell’organizzazione Advocates International. Coniugato, con tre figli, vive attualmente a Saturnia, nella Maremma grossetana.
Dall'Atene antica a Montesquieu, da Aristotele a Rousseau, nessuno ha mai considerato le elezioni strumento democratico per eccellenza. La migliore espressione della democrazia è stata vista, semmai, nell'estrazione a sorte, garanzia di rigorosa uguaglianza. Per converso, esiste un'irriducibile componente aristocratica nel governo rappresentativo dei moderni, in origine ritenuto sostanzialmente diverso dalla democrazia. La sua crisi di oggi, dunque, suggerisce di guardare senza nostalgia alla presunta età aurea dei partiti di massa. Le tendenze recenti, che valorizzano il ruolo dei leader e della comunicazione, rammentano a Manin la fase genetica dell'esperienza democratica, fondata sulle persone e i rapporti diretti. Alla "democrazia dei partiti" subentra così la "democrazia del pubblico", il confronto fra individui rimpiazza quello fra grandi ideologie interpretate da grandi organizzazioni. Di questo passaggio scrive Ilvo Diamanti: "Non è detto che una democrazia più tiepida, con partiti più esili, leader più forti, una pluralità di luoghi di controllo e di partecipazione più o meno informali, un cittadino scettico e anche un po' cinico ci riservi un futuro peggiore".
«Se la gente va alle urne non imbraccia il fucile. Sono giunto alla conclusione che questa convinzione rassicurante sia una illusione.» Il nuovo libro di Paul Collier sul rapporto che lega violenza politica e povertà negli Stati in via di sviluppo.
Nelle società dell’ultimo miliardo la democrazia ha fatto aumentare la violenza politica invece di ridurla. Per quanto riguarda l’Africa, l’unica regione i cui dati complessivi sono disponibili, dal 1945 a oggi, 82 sono stati i colpi di Stato riusciti, 109 i tentativi falliti e 145 i complotti sventati sul nascere. Un altro dato: nei 58 paesi a basso reddito che Collier prende in esame, 9 miliardi di dollari vengono spesi in armi, il 40% dei quali è finanziato dagli aiuti per la cooperazione della comunità internazionale. Eppure molti di questi paesi non sono più coinvolti in guerre civili o di confine e negli ultimi decenni hanno avuto libere elezioni. Allora perché? Perché sono paesi i cui governi sono solo apparentemente democratici e non garantiscono né i diritti basilari né le libertà delle persone. «La ragione pura e semplice per cui nei paesi dell’ultimo miliardo gli effetti della responsabilità e della legittimità della democrazia non fanno diminuire il rischio di violenza politica è che in quelle società la democrazia non è né responsabile né legittima.» Questa la cattiva notizia. La buona è che ci troviamo di fronte a una situazione drammatica soltanto perché non siamo stati in grado di gestirla con competenza.
Indice
Introduzione La democrazia nelle zone di pericolo - Parte prima: Negare la realtà: la «demopazzia» - 1. Elezioni e violenza - 2. La politica etnica - 3. Nel calderone: l’assetto postbellico - Parte seconda: Affrontare la realtà: un lavoro sporco, brutale e lungo - 4. Le armi: soffiare sul fuoco - 5. La guerra: l’economia politica della distruzione - 6. Il colpo di Stato: un missile non guidato - 7. La disintegrazione della Costa d’Avorio - Parte terza: Cambiare la realtà: responsabilità e sicurezza - 8. Costruire lo Stato, costruire la nazione - 9. Meglio morti che sazi? - 10. Cambiare la realtà - Ringraziamenti - Appendice L’ultimo miliardo - Bibliografia essenziale - Indice dei nomi e delle cose notevoli
Mentre intorno all’informazione si fa terra bruciata, le inchieste di Riccardo Iacona rappresentano una delle poche finestre ancora aperte sull’Italia.
In questo libro Iacona racconta il paese che ha visto. Tra la gente, registrando storie, rabbia e passioni. In presa diretta.
Con i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine che combattono una battaglia solitaria contro la ’ndrangheta. Negli uffici pubblici, documentando, telecamera nascosta, come si ottengono le autorizzazioni a costruire eludendo la legge. In provincia di Napoli, dove da anni il tribunale è in una sede provvisoria, senza vigilanza né metal detector: “Qui si può entrare anche con un bazooka”. Sul Canale di Sicilia, tra uomini, donne e bambini sdraiati nei barconi con i corpi ustionati dal carburante rovesciatosi.
E ancora la scuola al fallimento, il grande business dell’acqua ai privati, gli affitti pazzi e la politica inesistente sulla casa…
Questa è l’Italia che la televisione non vorrebbe più raccontarci.
Riccardo Iacona, giornalista Rai da più di vent’anni, è autore e conduttore di "Presadiretta", su Rai Tre.
Francesco Cossiga ha attraversato da protagonista la seconda metà del Novecento italiano. Il dopoguerra, il caso Moro, la caduta del Muro di Berlino, l’inizio di Tangentopoli, il governo D’Alema: con il suo operato e le sue decisioni, come presidente del Consiglio, del Senato e poi della Repubblica, ha segnato come pochi la storia del nostro Paese. In questa lunga e approfondita conversazione con Piero Testoni, avvenuta nel 2000, Cossiga racconta in prima persona: un’intervista-autobiografia provocatoria e illuminante, in cui spiccano le pagine dedicate alla grande amicizia con Moro e alla tragedia del suo rapimento (vissuto come una sconfitta personale) e i ritratti di amici e nemici, da Craxi a Di Pietro, dal giudice Falcone al generale Dalla Chiesa, da Montanelli a Spadolini a Cuccia, e ancora Ciampi, D’Alema e Berlusconi. Un libro spregiudicato che ci consegna il ritratto di un personaggio complesso e contraddittorio, sempre in prima linea, capace, come raccontava lui stesso, di piacere e sedurre ma anche, specie di fronte alla cattiva politica, di essere “un distruttore”.
La Lega, gli operai, i ceti produttivi, l'immigrazione, la paura, il rapporto tra centro e periferia, l'identità nazionale, il «territorio», il rapporto tra libertà e giustizia sociale.
Le parole chiave per un ritorno della sinistra al centro del campo sono il cuore di una riflessione la cui prospettiva non può piú essere la sola difesa dell'esistente. Il giardino dei diritti acquisiti è spazzato da un vento che abbatte le nostre certezze e chiede il coraggio di innesti e contaminazioni inedite.
In questo libro Sergio Chiamparino rilegge le categorie storiche della sinistra in una società italiana strattonata dalla globalizzazione.
Nel libro che apre l'autunno caldo della politica italiana, il sindaco di Torino va oltre i luoghi comuni del centrosinistra, analizza in modo impietoso i difetti del Pd e lancia una proposta nuova per dare un programma d'attacco all'opposizione.
Anche nel Nord dove oggi comanda Bossi.
Questa antologia di scritti politici di Norberto Bobbio ha tra i suoi obiettivi quello di introdurre allo studio dei grandi problemi della politica. ll filosofo affronta, in testi lucidi e di grande capacità comunicativa, alcune questioni fondamentali per l'educazione civica: la democrazia e il suo futuro, la pace e la possibilità di una società non violenta, i diritti dell'uomo, la pena di morte e la tolleranza.
Dalla riflessione di Bobbio è possibile trarre strumenti, concetti, categorie, interpretazioni, per comprendere i problemi del nostro tempo alla luce degli insegnamenti che ci arrivano dai grandi autori, antichi e moderni, del passato.
L'opera, pubblicata per la prima volta alla fine degli anni Novanta, è introdotta da una Premessa di Norberto Bobbio e da una Prefazione di Pietro Polito.
Nella primavera del 1945 l'Europa, benché sconvolta dall'immane catastrofe del secondo conflitto mondiale, si sente rinata. Rinata perché la guerra è finita e perché è reduce dalla vittoria contro un nemico dell'intero genere umano: il nazifascismo. In Italia e in Francia tale successo è stato ottenuto anche grazie all'azione e al sacrificio delle donne e degli uomini che hanno dato vita alla Resistenza, ed è proprio in questi due paesi che si sviluppa con maggior vigore lo spirito costituente, cioè la volontà del popolo di stabilire regole di convivenza civile e un assetto istituzionale che scongiurino per sempre il ritorno agli orrori del recente passato. Fausto Bertinotti ricostruisce la genesi della nostra Carta repubblicana e il ruolo che ha avuto nei "trent'anni gloriosi" seguiti alla promulgazione. Alla luce di alcuni suoi articoli, essa appare agli occhi dell'autore come uno dei punti più alti del diritto costituzionale di tutti i tempi, poiché il suo destinatario non è più il cittadino indifferenziato, reso tale dalla legge, ma la persona così come storicamente si è andata definendo attraverso il suo lavoro, cioè la lavoratrice e il lavoratore in carne e ossa. Oggi le Costituzioni democratiche europee sono seriamente minacciate dalla "globalizzazione" e si registrano forti pressioni affinché vengano progressivamente sostituite da costituzioni materiali, che non sono frutto di assemblee costituenti ma di processi reali, le cui finalità spesso non sono neppure dichiarate.