
Cosa è stata l’Italia nei decenni che vanno dall’Unità alla fine della “Prima repubblica”? Dal conte di Cavour a Silvio Berlusconi, come è cambiato il modo di parlare della nostra classe dirigente? Gabriele Pedullà antologizza i sessanta discorsi più significativi pronunciati dai nostri politici tra il 1861 e il 1994, e ripercorre un secolo e mezzo di storia unitaria attraverso i duelli oratori che l’hanno contrassegnata. Il suo viaggio nei programmi di governo e negli appelli al voto racconta anche una vicenda parallela: quella di una parola letteraria che si è offerta, alternativamente, come modello autorevole per la lingua della politica e come diretta antitesi agli slogan di partiti e movimenti. Emerge così il filo rosso di un tormentato rapporto tra cultura e potere che, muovendo dalla stagione del poeta vate dannunziano, conduce sino alla generazione di narratori degli anni Venti e Trenta: intellettuali come Bianciardi e Pasolini, Calvino e Manganelli, la cui opera ha sovente preso di mira vezzi e vizi della classe dirigente, rivelando agli italiani quanti e quali non detti contenga anche il più cristallino dei proclami politici.Compralo su LibreriaColetti.it
Gabriele Pedullà (Roma, 1972) insegna Letteratura italiana contemporanea all’università Roma Tre e scrive su “Il Sole 24 Ore”. Ha pubblicato: La strada più lunga. Sulle tracce di Beppe Fenoglio (2001), Racconti della Resistenza (2005), In piena luce. I nuovi spettatori e il sistema delle arti (2008) e la raccolta di racconti Lo spagnolo senza sforzo (2009, premio Mondello opera prima). Con Sergio Luzzatto è il curatore dell’Atlante della letteratura italiana (2010-2011).
Tutto tende all’Uno: una è la radice culturale e politica dell’Europa, una la via per governare e sanare l’economia, una per costruire l’Unione europea. Da tempo si è smesso di contare oltre l’Uno. Eppure di pensare anche il due se non il tre ce ne sarebbe un bisogno grande. Se nel formulare un’opinione non vengo confrontato con forti obiezioni, sarò contento. Se sono un politico, avrò addirittura l’impressione che si sarà creata una sorta di pace. La pace dell’Uno non è tuttavia pace. È stasi. La verità, lasciata sola con se stessa, non splende più forte. Al contrario: si spegn
In occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia e della morte di Camillo Benso Cavour (1861) riedizione con stampa anastatica (I ed. 1925). Il libro nelle intenzioni dell'autore è dedicato ai giovani liberali dell'epoca per metterli in guardia contro coloro "che si chiamano liberali e non lo sono" e rispecchia "l'agitato periodo della vita politica italiana" che ormai imponeva alla retta coscienza liberale di Belotti la presa di distanza dal regime. Ora, a centocinquant'anni dalla morte di Cavour e dal compimento dell'unità nazionale, la ristampa del libro di Belotti ripropone la interpretazione storiografica del rapporto fra il Risorgimento ed il fascismo. Attraverso la mediazione di Belotti la parola di Cavour parla ai giovani liberali del 1924 della libertà di stampa, del libero scambio nei commerci internazionali, del rispetto per le garanzie statutarie, della separazione fra potere civile e potere religioso; le libertà ormai destinate a cadere ad una ad una sotto altrettanti colpi di maglio. Un libro di sconcertante attualità.
Nel 50ESIMO anniversario dell’uccisione di Robert F. Kennedy, il volume rende omaggio a un grande protagonista del secolo scorso, facendo riecheggiare parole che suonano oggi di un’impensabile potenza “profetica”. I testi, selezionati dai giornalisti Mauro Colombo e Alberto Mattioli, e riuniti in tre aree tematiche (L’uomo, diritti e doveri, Un mondo da cambiare e Per una nuova politica), sono commentati da autorevoli interpreti del nostro tempo: studiosi, uomini e donne di legge, esponenti del mondo accademico e culturale.
Le pagine di Bob Kennedy, scrivono i curatori, «sono ancora capaci di rivoluzionare i cuori e accendere passioni, esattamente come accadde nei giorni esaltanti della sua campagna elettorale e in quelli tragici della sua morte. Il suo pensiero è una porta aperta alle novità, al cambiamento possibile: “Molti uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno cose che non sono mai state e dico: perché no?” Robert Kennedy metteva in guardia i suoi contemporanei dai pericoli dell’inerzia rassegnata, del realismo di basso profilo, della pavidità e dell’agiatezza, spronando ogni persona a essere una scintilla per il cambiamento: “Pochi avranno la grandezza necessaria a piegare la storia, ma ciascuno di noi può operare per modificare una minuscola parte degli eventi e tutte queste azioni formeranno la storia di questa generazione”.» Un monito e prospettive che ancora interpellano la vita dei nostri contemporanei, che mettono bene in luce i commenti raccolti nel volume.
Con un contributo di Kerry Kennedy, figlia di Robert, e l’introduzione di Marco Tarquinio, direttore del quotidiano «Avvenire».
«Attraverso il racconto della cronaca quotidiana ho cercato di far emergere la realtà di una guerra ignorata da gran parte del Paese. Questo libro e questo Dvd raccontano storie sconosciute, a volte dimenticate o colpevolmente rimosse.
Storie che mappano la mia terra e ne tracciano una geografia diversa da quella ufficiale, e a parlare sono le testate locali: titoli e articoli scritti con il sangue, che gridano vendetta».
Roberto Saviano
Giugno 2004: i cittadini di venticinque paesi vanno alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo. Si tratta delle più grandi elezioni democratiche dell'Occidente, non solo per il numero degli elettori, ma anche per la rilevanza delle nuove sfide che il Parlamento europeo dovrà affrontare: il cammnino verso la nuova Costituzione, i primi effetti dell'allargamento e la ridefmizione del ruolo del Parlamento europeo nell'architettura costituzionale comunitaria. Questo volume, ripresentato in edizione completamente aggiornata, traccia una breve storia del Parlamento europeo attraverso le varie tappe dell'unificazione, si sofferma sui sistemi e le varie consultazioni elettorali ed illustra con chiarezza l'intricato panorama dei partiti, delle federazioni, dei gruppi parlamentari.
Le degenerazioni della democrazia di massa, i processi di burocratizzazione, l'emergenza demagogica di capi carismatici, la selezione delle classi dirigenti. Weber utilizza le più mature categorie del suo pensiero per cogliere la transizione politico-istituzionale che dal Reich guglielmino conduce alla repubblica di Weimar. E le sue intuizioni fanno discutere ancora oggi chiunque voglia seriamente con i nodi più profondi della crisi attuale. Max Weber (Erfurt, 1864- Monaco, 1920) insegnò nelle università di Friburgo, Heidelberg e Vienna.
A sessant'anni dalla firma dei Trattati di Roma, l'Unione Europea vive la più profonda crisi della sua storia: nazionalismi, populismi, divisioni politiche ed economiche minacciano di distruggere il sogno di un'Europa unita e pacificata. Rivolgendo uno sguardo particolare alla difficile situazione politica del suo Paese, l'Ungheria, assediata dal razzismo e dalla questione rom, Ágnes Heller mette in discussione i cosiddetti "valori comuni europei", si interroga sul ruolo dei singoli cittadini e solleva una domanda scottante: l'Europa è qualcosa di più di un museo? Da questo libro emergono i grandi paradossi che caratterizzano tanto il continente europeo quanto l'intera cultura occidentale: universalismo umanista e fanatismo nazionalista, tolleranza e xenofobia, totalitarismo e libertà. Conflitti che si fanno più drammatici nella crisi dei rifugiati e che mettono in serio pericolo l'intera costruzione di una comunità europea. Ma Heller, con tenace fermezza, suggerisce che non bisogna rinunciare a realizzare il sogno di una Europa umana: questa utopia dipende da noi.
Far politica con le immagini: bene comune, giustizia e pace contro bene proprio, violenza e paura.
Nel Medioevo il diritto all’immagine appartiene soprattutto ai protagonisti del mondo religioso, della Chiesa come delle Sacre Scritture, o a grandi personaggi laici e famosi. Con gli affreschi di Palazzo Pubblico a Siena Ambrogio Lorenzetti ci propone una straordinaria novità, rappresentando gente comune, senza storia. Ad essa per la prima volta è affidato il compito di illustrare la ridente vita in città e in campagna assicurata dall’ottimo governo dei Nove. Non importa che la realtà, ben diversa, fosse fatta di carestie, rivolte, corruzione. Nella prestigiosa Sala dei Nove i cittadini e i contadini senesi del tempo – siamo intorno al 1338 – vedono raffigurata una città orgogliosa dei suoi splendidi palazzi, una lieta e fertile campagna dove vecchi e giovani, donne e bambini, e poi artigiani, mercanti, nobili e intellettuali, contadini e pastori sono partecipi di una convivenza operosa e felice. è il trionfo del Bene Comune, e della guida illuminata dei governanti cittadini. Dove invece ognuno tende al bene proprio ecco infuriare un corteo nefasto: anarchia, violenza, distruzione, soprusi, guerra. Un capitolo vivo di storia medievale, ma non solo: additando il pericolo della Tirannide e le sue conseguenze, questo grande manifesto politico ha parlato a tutte le epoche, e oggi parla a noi con voce particolarmente forte.
Nella scoperta del capolavoro di Ambrogio, ad accompagnare il lettore un ricchissimo corredo di immagini smaglianti.
Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni.
Veronica Lario
La distinzione fra pubblico e privato è manichea: un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico.
Augusto Minzolini, oggi direttore del Tg1, 29 ottobre 1994
Così si sceglie la nuova classe politica italiana. Prima nelle residenze del Cavaliere, poi al Parlamento europeo o negli enti locali. Tra escort, ballerine, modelle e tanta musica. Dal vivo.
Uno spettacolo come in tv, quella che piace al premier. Con l’aggiunta di personaggi alla Gianpi Tarantini, grande navigatore nel mare della politica truccata a colpi di mazzette e party da jet set, tra cocaina e frequentazioni pericolose. Telefonate su telefonate e testimonianze dirette. A partire da quella di Patrizia D’Addario, la squillo all’ultimo momento esclusa dalle elezioni europee.
Questo libro ricostruisce fatti privati che diventano pubblici ed espongono Papi-Silvio a ogni sorta di ricatto, trascinando l’Italia al punto più basso del suo discredito internazionale.
Peter Gomez è inviato de "L’espresso". È autore, con Marco Travaglio, di Regime, Inciucio, Le mille balle blu, pubblicati da Bur. Con Lirio Abbate ha pubblicato I complici (Fazi 2007).
Marco Lillo è giornalista de "L’espresso". Con Peter Gomez e Marco Travaglio ha scritto Bavaglio (Chiarelettere 2008).
Marco Travaglio è autore, tra l’altro, di Mani sporche (con Gianni Barbacetto e Peter Gomez), Se li conosci li eviti (con Peter Gomez) e Italia Annozero (con Vauro e Beatrice Borromeo) pubblicati da Chiarelettere. Di grande successo il suo spettacolo teatrale Promemoria (libro
e dvd, Promomusic).

