
«Le idee non servono più. Sono ritenute d'intralcio al potere e al piacere, agli ascolti, al mercato e alla vita. Di loro sopravvivono solo i gusci vuoti o i loro idoli e al loro posto trionfa la retorica, il puro vitalismo, il culto del denaro o resistono i vecchi residui dell'ideologia e dell'utopia.» Dall'autore della "Cultura della destra", un viaggio impietoso tra gli intellettuali e il potere, i mass media e l'Occidente, animato da una convinzione: nessuna civiltà può sopravvivere alla fine delle idee. (Dalla copertina dell'edizione precedente, nei "Robinson. Letture")
"La memoria di Liliana Segre cerca il suo approdo nel presente. Le sue parole lo svelano: racconta di se stessa in guerra come una profuga, una clandestina, una rifugiata, una schiava lavoratrice. Usa espressioni della nostra contemporaneità affinché la testimonianza del passato sia un ponte per parlare dell'oggi. Qui e ora. E, interrogando il presente, Liliana indica quel futuro che solo i ragazzi in ascolto potranno, senza indifferenza e senza odio, disegnare, inventare, affermare." (dall'Introduzione di Daniela Palumbo). Età di lettura: da 9 anni.
Secondo gli autori, non è vero che è andato tutto bene. Non è vero che abbiamo gestito la pandemia meglio degli altri Paesi europei. Il "modello Italia" è un'illusione. La verità è un'altra: l'Italia si è trovata ad affrontare la peggiore crisi dai tempi della Seconda guerra mondiale avendo nei posti di comando esponenti di una classe politica impreparata. La tragedia del Covid ha avuto almeno questo merito: ha tracciato una linea di separazione definitiva tra i buoni amministratori e gli improvvisati, dimostrandone l'assoluta inconsistenza quando arriva l'ora più buia e le decisioni da prendere si fanno gravi. La prima notizia in Occidente dell'esistenza del Coronavirus in Cina è un lancio Reuters battuto la sera di Capodanno. Quando il virus diventa visibile anche in Italia, e i morti aumentano di giorno in giorno, tutte le scelte sbagliate sono già state prese: protocolli sanitari contraddittori, incapacità di reperire dispositivi di protezione, terapie intensive insufficienti e al collasso. In questo libro-inchiesta i due reporter di "Repubblica" ricostruiscono, documenti alla mano, le mosse degli attori politici durante la pandemia e nella Fase 2, quella della ripartenza.
Questo libro avanza una tesi eretica: l'idea che l'invenzione della scienza moderna abbia fornito gli strumenti cognitivi e morali necessari per far funzionare l'economia di mercato e consentire la nascita della democrazia. Grazie a tali strumenti, la scienza stimola la capacità di pensare in modo controintuitivo, permettendo di spiegare ciò che accade. Essa, inoltre, consente di prendere decisioni morali, economiche e politiche che non sono "naturali" - date le predisposizioni comportamentali di cui ci ha dotato l'evoluzione - ma che, tuttavia, migliorano la società sotto tutti i punti di vista. La scienza ci fa godere i vantaggi materiali del vivere in condizioni che, dalla rivoluzione neolitica in poi, sono diventate via via più innaturali. Le tesi di questo libro sono quasi censurate in Italia, dove una cultura umanistica pervasiva, tradizionalista e antiscientifica è all'origine dell'incapacità del paese di elevarsi moralmente e stare al passo con le economie della conoscenza.
Carl Schmitt (1888-1985) è stato tra i politologi più controversi del Novecento. Allievo di Max Weber, aderì tanto alla Repubblica di Weimar quanto, subito dopo, al nazismo. Dopo la seconda guerra mondiale si ritira a vita privata, rielaborando in maniera sostanziale le proprie posizioni. Le sue contraddizioni ne fanno sicuramente uno studioso in sintonia con le inquetudini del nostro secolo. I saggi raccolti nell'Appendice antologica consentono di avere un quadro della sua produzione e di valutarne i meriti e le insidie del suo pensiero politico.
"Ciascuno di noi si trova di fronte a scelte difficili, nella propria vita", scrive l'autrice all'inizio del suo personale resoconto degli anni vissuti al centro dei più importanti avvenimenti nel mondo. Dopo la sua corsa alle primarie del 2008, Hillary Rodham Clinton si accingeva a riprendere il suo posto di rappresentante dello Stato di New York nel Senato degli Stati Uniti. Con sua grande sorpresa, quello che fino a poco prima era stato il suo rivale, il neoeletto presidente Barack Obama, le offri invece il ruolo di segretario di Stato. Questo libro è la cronaca di quei quattro storici e straordinari anni e delle scelte difficili con cui Hillary Rodham Clinton e i suoi collaboratori si sono confrontati. Il segretario Clinton e il presidente Obama hanno dovuto decidere come ricomporre alleanze incrinate, portare a conclusione due conflitti e far fronte a una crisi economica globale; insieme, hanno gestito i rapporti con un concorrente sempre più temibile, la Cina, le crescenti minacce dall'Iraq e dalla Corea del Nord, le rivoluzioni in tutto il Medio Oriente. I resoconti dei colloqui con i più alti rappresentanti della diplomazia mondiale fanno di "Scelte difficili" una vera e propria lezione magistrale sulle relazioni internazionali, nonché un'analisi efficace e unica di come impiegare al meglio lo smart power per garantire sicurezza e prosperità in un mondo in rapido mutamento... Un mondo in cui l'America rimane la nazione indispensabile.
Tra un bagno di mare e una cena sotto la pergola della casa di Sperlonga, Vittorio Foa avvia intense conversazioni con gli amici che gli sono più vicini (siamo negli anni Ottanta, ai tempi dell'«edonismo reaganiano»). Al centro, le vicende forti della politica: anche di quella che è ormai storia. Vittorio Foa ha da poco finito di scrivere, con travaglio, la sua Gerusalemme rimandata. È assorto ma fuori campo. Da più di quattro anni ha scelto il ritiro dalla vita pubblica.
I temi s'intrecciano con la sua storia (la scelta antifascista e i suoi dilemmi, la crisi delle ideologie e insieme la speranza): discussioni appassionate sulla filosofia del mondo, guardando ai deboli, agli esclusi e al loro riscatto, proprio attraverso la politica, di cui il movimento operaio, i partiti della sinistra, il sindacato sono parti essenziali. Temi cruciali: quasi che Vittorio Foa e coloro che dialogano con lui percepissero profeticamente i segni di una svolta che segnerà in profondità l¿Italia del futuro. Senza conformismi né censure, si affrontano alla radice, rivisitandole, le parole chiave della sinistra: il progresso sociale, l¿esperienza del socialismo, la questione ambigua dei fini e dei mezzi. E poi, su tutte, il tema antiretorico, del rapporto tra biografia e politica: nello sguardo incrociato tra un protagonista che ha fatto la storia e chi la storia la studia (ai massimi livelli), la interpreta.
Di fronte alle difficoltà ricorrenti della storia del processo di integrazione, alle crisi che spesso si sono rivelate occasioni di salti di qualità, ci vogliono energie molteplici e plurali. Ma ci vuole soprattutto la coscienza di un'opinione pubblica informata, attiva, consapevole e determinata. Saremo noi cittadini, eventualmente, a forzare la nascita di un’Europa più rispondente alla sua missione. L'Europa, del resto, non è non è mai stata un dato di fatto, un presupposto, una ovvietà, perché il senso dell'integrazione europea è nell’essere un progetto per il futuro, l'immaginazione
di un percorso nuovo.
(dalla Prefazione di Guido Formigoni)