
Beppe Sala presenta qui un testo terso di cultura e proposta politica. Interpretando i temi che caratterizzano un'autentica visione globale, propone la struttura di una nuova forma per il socialismo del XXI secolo e affronta i nodi storici che determinano la vicenda internazionale e italiana. Bisogna ragionare su una diversa idea della politica, del governo, del mondo, degli affetti e delle azioni necessarie per pensare a una società più equa. Sala, da sindaco di una città nevralgica come Milano e da politico che crede nella missione civile e politica della sinistra, insiste sulla necessità di una connessione tra le grandi città mondiali, nella prospettiva di una utopia concreta: una comune società per azioni, basata sulle risorse infinite delle persone che vi partecipano. Non la Città-Stato, ma la Città-Mondo è il perno di un mutamento di prospettiva. Essa rappresenta in sé il mondo: chiunque vi è incluso, chiunque ha diritto di cittadinanza, purché intenda e dunque abbia la possibilità di inserirsi nella logica attiva del benessere comune.
Anche se l'Italia è il paese europeo con la minor percentuale di immigrati, il fenomeno è in continua crescita e costituisce una sfida forte e nuova. Bisogna prepararsi a vivere in una società multietnica come quella americana o, comunque, a convivere con consistenti minoranze (come già accade in alcune città italiane) rinchiuse nei loro "ghetti culturali"? Cosa si nasconde dietro il tanto abusato termine di multiculturalismo?
Il Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, enunciando il principio della democrazia partecipativa insieme con quello della democrazia rappresentativa, costituisce un riconoscimento e allo stesso tempo un incentivo per l'impegno profuso dalle formazioni di società civile nel tessere una fitta rete di "piattaforme" e coordinamenti allo scopo di agire in corretto rapporto di scala con l'ordine di grandezza delle istituzioni e dei processi decisionali europei. Il volume indaga su questa realtà che rappresenta un potente fattore di integrazione "dal basso" e, al contempo, di legittimazione democratica del sistema comunitario europeo.
L’analisi di Bauman è di grande attualità nel momento in cui l’ideale socialista viene riscoperto in tutto il mondo, da Bernie Sanders a Jeremy Corbyn. Il filosofo polacco riflette sull’impat­to che l’utopia vivente del socialismo ha avuto sullo sviluppo della so­cietà moderna. Considerando la contrapposizione tra pensiero sociale utopico e scientifico, Bauman presenta il socialismo come contro-cultura della società capitalista, esamina le ragioni del suo fallimento nella sua applicazione alla Rivoluzione russa ed esplora, infine, alcune possibili forme che l’utopia socialista potrebbe assumere nelle società industriali di fine secolo.
ZYGMUNT BAUMAN (Poznan, 1925 – Leeds, 2017)
Filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, si è formato all’Uni­versità di Varsavia e alla London School of Economics. Nel 1968 ha perso la cattedra a Varsavia a causa della ripresa dell’antisemitismo e dei conflitti interni che allora infiammavano la Polonia. Rifugiatosi dapprima in Israele, ha in seguito insegnato Sociologia all’Università di Leeds a partire dal 1971, dove è rimasto sino alla morte. Si è guadagnato una fama interna­zionale grazie alle sue ricerche sui rapporti fra modernità e totalitari­smo. Castelvecchi ha già pubblicato Scrivere il futuro (2016), La libertà, Meglio essere felici (2017) e Le nuove povertà (2018).
Come riaffermare i principi fondamentali del liberalismo senza rinnegare il socialismo come fine. Il libro di Rosselli, stampato per la prima volta a Parigi nel 1930, pone in tutta la sua ineludibilità la questione che ha caratterizzato gran parte del dibattito politico del Novecento: conciliare l'idea di libertà individuale con quella di giustizia sociale. Il socialismo federalista e liberale di Rosselli teorizzato più di sessant'anni fa, prima del crollo del fascismo e dei regimi comunisti, è anche un modo - come sottolinea Norberto Bobbio - per fare i conti con i più recenti contributi al dibattito sul liberalismo socialista (l'americano John Rawls, l'indiano Amartya Sen) in vista del prossimo millennio democratico tutto da inventare, nelle formule e nei contenuti. Questa nuova edizione comprende, oltre all'introduzione del 1979, due saggi critici di Norberto Bobbio, "Attualità del socialismo liberale" e "Tradizione ed eredità del liberalsocialismo". Con la cronologia della vita e delle opere e la bibliografia critica.
Il volume ha l'obiettivo di ricostruire i nessi principali che definiscono la relazione tra social media e comunicazione politica. Con i contributi, teorici ed empirici, di ricercatori e professionisti della comunicazione, si discuterà delle forme moderne della popolarizzazione del discorso politico, di come gli attori politici usano i social network, di campagne elettorali online, pubblici connessi, transmedialità e memetic politics, chiavi di lettura per comprendere il funzionamento della sfera pubblica digitale contemporanea.
Ecco perché l'Italia non è una democrazia compiuta: questo libro ne è la prova. Marco Travaglio racconta come giornalisti e opinionisti di chiara fama (e fame) hanno beatificato la peggior classe dirigente d'Europa. Basta dar loro la parola. Cronache da Istituto Luce, commenti da Minculpop, ritratti da vite dei santi... Un esercito di adulatori in servizio permanente effettivo. Ecco un'antologia, a tratti irresistibilmente comica, di tutto quello che ha cloroformizzato l'opinione pubblica per assicurare consensi e voti a un sistema di potere politico-economico incapace, mediocre e molto spesso corrotto. A Silvio Berlusconi per cominciare, ma anche ai tanti capi e capetti del cosiddetto centrosinistra che hanno riempito i brevi intervalli tra un governo del Cavaliere e l'altro. Fino all'esplosione di saliva modello "larghe intese" per Giorgio Napolitano, Mario Monti e Matteo Renzi. Altro che giornalisti cani da guardia del potere. Il virus del "leccaculismo" è inarrestabile e con la Seconda Repubblica si è trasformato in una vera epidemia. Dalla tv alle radio ai giornali: un esercito di adulatori in ogni campo, dal calcio allo spettacolo. Questo libro propone un catalogo ragionato della "zerbinocrazia" italiota. Un dizionario dei migliori adulatori e cortigiani dei politici e degli imprenditori italioti che, a leggere i giornali e a vedere le tv, avrebbero dovuto regalarci benessere, prosperità e felicità. E invece ci hanno rovinati...
Cos'è accaduto realmente in Siria dalla cosiddetta Primavera Araba cominciata nel 2011? Paolo Sensini descrive con minuzia l'intero armamentario della strategia del caos nel Levante. Nulla di «complottista» o «cospirazionista», come di solito si usa bollare gli studi che contraddicono le narrazioni di regime, ma la scrupolosa ricerca e analisi dei principali tasselli del puzzle mediorientale. Vediamo così da vicino tutte le anomalie e gli interessi geopolitici in atto in quest'area cruciale del pianeta che, se ben inquadrati, ci mostrano la vera posta in gioco del conflitto siriano. In realtà, questa guerra non è stata cominciata dal «popolo», ma si tratta di un conflitto programmato e pianificato in tutti i dettagli. Quindi l'opposto di come ci è stato raccontato dai media mainstream. Che vi fosse del «marcio in Danimarca», per dirla con le parole dell'Amleto di Shakespeare, era cosa ben nota da tempo. Ma dubitiamo che anche la fervida immaginazione del Bardo avrebbe potuto spingersi a tanto. Un viaggio innegabilmente ai limiti della realtà. O forse oltre. Aprono il volume i testi di due studiosi siriani che ricostruiscono la storia del Paese nel periodo moderno e dagli anni '50 al 2005. Saggi introduttivi di Khairiyya Qasimiyya e Samir Aita.
«La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.» Così scriveva Antonio Gramsci oltre ottant'anni fa nella prigione fascista di Turi. Muovendo da questa intuizione, lo storico Donald Sassoon, profondo conoscitore del nostro paese, si chiede quali sono oggi i segnali della crisi che sembra stia condannando al declino la civiltà occidentale. Dalla proliferazione di movimenti nazionalisti e sovranisti alle sempre più frequenti manifestazioni razziste e xenofobe, dalla sfiducia nei partiti tradizionali all'aumento delle diseguaglianze, l'impressione è di trovarsi in un cruciale momento di passaggio, in quell'interregno fra il tramonto del vecchio e l'affermazione del nuovo in cui si corrono i rischi maggiori di rapide regressioni. Al centro della sua analisi, la crisi che sta attraversando il Vecchio Continente: le probabilità di una sua implosione, ma anche le motivazioni e le ragioni della sempre più evidente disaffezione nei confronti di un'Europa unita che subisce attacchi da ogni fronte e viene troppo debolmente difesa da chi dovrebbe rappresentarla. Da «ebreo nato in Egitto con passaporto britannico, con studi in Francia, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti», Donald Sassoon è in una posizione privilegiata per interpretare senza pregiudizi la moltitudine di umori, sensibilità, scelte di vari paesi, e ci offre la lezione di un grande storico capace di decifrare la complessità dell'oggi sciogliendo con maestria gli intricati fili provenienti dal nostro passato.
Nel gennaio 1921 al Congresso del partito socialista a Livorno si consumava la frattura con la frazione di estrema sinistra e nasceva il partito comunista. La sinistra si divideva, come del resto aveva già fatto e non avrebbe smesso di fare. Riletta nel suo complesso, la storia della sinistra si rivela un lungo duello, o serie di duelli di cui è sovente il riformismo a fare le spese, dinanzi alla seduzione della fuoruscita dalla democrazia liberale verso la realizzazione del socialismo. Oppure, più di recente, dinanzi all'arroccamento su posizioni moralistiche (come l'antiberlusconismo, o la difesa dell'intangibilità della Costituzione, o la denuncia della corruzione) su cui, dopo la fine delle ideologie, pare essersi arenata ogni capacità di riforma, ogni tensione verso il futuro.
Non è pensabile che il centro-sinistra vada avanti a oltranza in condizioni così balorde. L'Italia che non si riconosce nella destra merita qualcosa di meglio. Esser stati sinistrati per una dozzina di anni, quelli del berlusconismo onnivoro raccontati in questo libro, non deve ne può tradursi nel fare i sinistrati a vita. Se il centro-sinistra non adotta l'unica possibile contromisura cioè la costruzione di un'efficace guida riformista, può anche vincere la partita delle elezioni, ma quella del buon governo è perduta in partenza.