
Imperfetta, esigente, fragile. Eppure irrinunciabile, perché non ha rivali se si tratta di garantire la ricerca della felicità individuale, nel rispetto e nella considerazione degli altri. È la democrazia. La respiriamo ogni giorno, fa così parte del nostro paesaggio mentale e del nostro vocabolario di base che avremmo difficoltà a delinearne i connotati, come accade quando qualcosa ci sembra troppo familiare. Probabilmente non andremmo oltre la definizione scolastica, "governo del popolo", senza sospettare che niente è ovvio in quei due concetti, governo e popolo, e che coniugarli comporta premesse e conseguenze di estremo rilievo. Di più: implica che ciascuno di noi assuma un ruolo consapevole e attivo, non si accontenti di delegare chi lo rappresenta.. Per governare una società complessa occorre infatti stabilire principi, regole, finalità, limiti, ma anche educare alla cittadinanza. "Democrazia" significa tutto ciò. Lo spiega benissimo Gherardo Colombo, con la semplice cordialità di chi compie un gesto civile. Maneggiate da lui, le parole dense di una elaborazione secolare - libertà, diritti, doveri,uguaglianza, giustizia - rivelano stretta pertinenza con i modi del vivere insieme, qui e ora, e riservano qualche sorpresa. Alla fine è ancora più chiaro che la democrazia, la si chiami forma di governo o modello organizzativo della società, parla di noi, della nostra sofferta perfettibilità.
Come arginare l'ondata populista che rischia di spazzare via le nostre democrazie? Come prevenire la deflagrazione dell'Unione Europea? Per porre termine alle politiche economiche penalizzanti, mettere all'angolo l'austerità e contrastare le diseguaglianze, è urgente democratizzare il governo dell'eurozona. Redatto da una squadra di giuristi, politologi ed economisti, il progetto del trattato, qui presentato e commentato, propone l'istituzione di un'assemblea parlamentare per tutelare e promuovere la giustizia sociale e fiscale. Il trattato potrebbe essere adottato anche nell'immediato, senza bisogno di modifiche, da ogni paese che scelga di aderirvi. L'obiettivo di questo testo è invitare ogni cittadino e ogni forza politica e sociale a sentirsi parte del dibattito europeo per impegnarsi a migliorare questo progetto e dare un futuro all'Unione Europea.
La fine della stagione ideologica può costituire per la politica un'opportunità per ripensare le proprie ragioni e rigenerare il proprio Statuto regolativo. Già da qualche decennio si ripete, da più parti e da varie sedi, che viviamo in un'epoca di transizione. L'affermazione può essere intesa in vari modi ma prevalentemente sta a indicare che, mentre si è chiusa una lunga e definita stagione, non se ne è ancora aperta un'altra. Sicché, saremmo in una fase di passaggio, di transitus, consapevoli della provenienza e incerti della destinazione. La transizione può costituire un paradigma culturale al quale riferire tutta la vicenda umana, accogliendo la suggestione del transitivo. E la politica, che è la più fragile delle attività umane, può assumere la transizione come paradigma del suo agire, riconoscendo la natura necessaria e pur limitata delle sue azioni, assumendo il limite come razionalità del possibile e sofferenza per l'impossibile. La relatività è la concezione finita più che definita del pensare e dell'agire umano, l'esito, paradossalmente più significativo, della modernità. E la laicità non è che consapevolezza e responsabilità del relativo: perciò, misura etica della politica. Anche queste pagine, ispirate alla cultura del cattolicesimo democratico, sono poste sotto il segno del relativo, proprio del sapere problematico, e del limite, come soglia di responsabile ulteriorità del pensiero.
In Italia, in vari paesi europei e negli Stati Uniti, la democrazia di stampo liberal-democratico pare entrata in una fase di crisi profonda, assimilabile a un'agonia. Si deve ormai parlare di Demagonia. È la conseguenza di troppi anni di governi molli, che hanno inseguito il consenso immediato e facile, accantonando i problemi e rinviando le scelte impegnative. La demagonia, però, non è irreversibile. Per arginarla e respingerla occorre una politica seria, fatta da politici responsabili, disposti anche a perdere le elezioni. Occorre che i cittadini-elettori siano più consapevoli ed esigenti. Pie illusioni, sogni? No di certo! Si tratta invece di condizioni essenziali per la sopravvivenza dell'Europa e dell'Italia. Nel nuovo contesto geopolitico, se la politica continuerà a creare e cavalcare illusioni, a operare per i propri interessi e non per quello generale, l'Italia e l'Europa diventeranno periferie di stati totalitari, perdendo indipendenza, sicurezza, libertà, valori, identità, benessere. Sulla base delle sue esperienze di governo - prima di una grande università, poi come Commissario europeo e infine come Presidente del Consiglio italiano in un momento particolarmente critico per il nostro Paese - Mario Monti offre il suo contributo di esperienza e di visione in una fase di sfida decisiva per il futuro delle nostre società e delle prossime generazioni.
Questo libro ci parla di Politica a 360 gradi grazie agli interventi dei maggiori studiosi nel campo delle scienze umane. A coordinare il tutto il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.
La qualità della vita democratica scaturisce innanzitutto dalla capacità di porre e di porsi buone domande, dalla capacità di dubitare. E questo vale tanto per chi il potere ce l'ha quanto, forse soprattutto, per chi apparentemente non ce l'ha. Cioè noi. Perché i cittadini hanno un potere nascosto, che li distingue dai sudditi e che deriva proprio dall'esercizio della critica e dunque della sorveglianza. In queste pagine Gianrico Carofiglio, con la sua scrittura affilata e la sua arte di narratore, ci accompagna in un viaggio nel tempo e nello spazio e costruisce un sommario di regole - o meglio suggerimenti - per una nuova pratica della convivenza civile. Una pratica che nasce dall'accettazione attiva dell'incertezza e della complessità del mondo ed elabora gli strumenti di un agire collettivo laico, tollerante ed efficace. Partendo dagli insegnamenti dei maestri del lontano Oriente e passando per i moderni pensatori della politica, scopriamo un nuovo senso per parole antiche e fondamentali, prima fra tutte la parola gentilezza. Non c'entra nulla con le buone maniere, né con l'essere miti, ma disegna un nuovo modello di uomo civile, che accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione audace e non distruttiva. Per questo la gentilezza, insieme al coraggio, diventa una dote dell'intelligenza, una virtù necessaria a trasformare il mondo. E contrastare tutte le forme di esercizio opaco del potere diventa un'attività sovversiva, che dovrà definire l'oggetto della nostra azione, della nostra ribellione.
Il libro si compone di tre parti. La prima offre riflessioni sul problema della tecnocrazia, quale si è andato svolgendo nella nostra cultura. Il tono d'insieme è più teorico che storiografico, più attento a dottrine che a scelte e prassi di governo. La varietà delle occasioni di studio anche spiega certe riprese di concetti, e ritorni di temi, e affinamenti definitori. La seconda coglie riflessi tecnici o tecnocratici nella nuova fisionomia degli studî giuridici, ormai volti dalla formazione alla competenza, dal sapere al saper fare. L'ultima raccoglie saggi su figure, che o vissero l'esperienza del corporativismo tecnocratico o, su sfondi più alti e gravi, toccarono il rapporto fra decisione politica e competenze esecutive.
Il ventennale carteggio tra Alexis de Tocqueville e Arthur de Gobineau è un documento importante e drammatico, nella storia del pensiero politico contemporaneo. Segnata da un costante quanto leale disaccordo, la discussione tra il teorico della democrazia e il vate del razzismo si dipana lungo i sentieri che conducono al cuore del "moderno" e dei suoi paradigmi ideologici: dal rapporto tra morale, religione e politica, al problema dell'eguaglianza di popoli e nazioni; dal conflitto tra "passioni" e "interessi" alla cruciale "questione della razza". Alla luce delle profonde diversità che contrappongono i due interlocutori, il sodalizio tra Tocqueville e Gobineau appare ancora più singolare: esso attraversa tutta l'esperienza del Secondo Impero francese, resistendo alla sempre più marcata e conflittuale divaricazione tra le opinioni del maestro e quelle del suo "assistente". Altrettanto singolare fu la sorte che toccò ai due pensatori: mentre il razzismo di Gobineau si avviava a compiere, nel secolo successivo, il suo tragico ciclo, diventando dottrina di Stato e metodo di genocidio, la lucida e preveggente analisi dei meccanismi del sistema democratico elaborata da Tocqueville avrebbe conosciuto una lunga fase di oblio, che solo nel secondo Novecento sarebbe stata riscattata da un nuovo interesse scientifico. C'è in questo scambio epistolare, oltre al valore teorico e all'inaspettata attualità dei temi, una grande lezione di metodo.
Il libro indaga la pluralità dei metodi, delle rappresentazioni e delle pratiche testuali tese a ridisegnare i confini dell'"eresia" nella prima metà del '300. Lo studio si concentra sull'attività e sugli scritti di Jacques Fournier/Benedetto XII (Saverdun, ca. 1284 - Avignone, 1342): durante la sua carriera di abate cistercense, vescovo-inquisitore, teologo, cardinale ed infine papa ad Avignone, Fournier predispose un multiforme intervento nella lotta contro il dissenso religioso.