
Un classico del pensiero politico dell'Ottocento, il libro di Tocqueville offre anche oggi spunti interessanti di riflessione.
La democrazia ibrida che stiamo attraversando denuncia la crisi della democrazia rappresentativa, apertamente sfidata dalla democrazia diretta. Diventa difficile capire quel che succederà domani. Perché i segni dell'ibridazione si riproducono, senza soluzione di continuità. Ma insieme agli spazi politici e comunicativi, è cambiata anche la società. Al suo interno avanzano i 'cittadini ibridi', che sperimentano forme di partecipazione e parlano linguaggi di segno diverso. Fra televisione, piazza e rete. A loro è affidato il compito (la speranza?) di restituire un futuro alla democrazia rappresentativa. Che è ibrida per 'costituzione'. Crocevia fra governo e partecipazione, efficienza e passione, istituzione e mobilitazione. Diventare ibridi: non è un vizio, ma una virtù (e una necessità) democratica.
Può la politica odierna rispondere alle esigenze che le pongono economia e società? Quali strategie può mettere in atto la democrazia per conseguire e mantenere un grado di benessere generale, e quindi per costruire il proprio futuro? La presente ricerca cerca di rispondere a queste domande, interrogandosi su come la democrazia può produrre la possibilità del proprio futuro, reputando che la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica costituisca un vantaggio rispetto ai sistemi autocratici. Infatti, il pluralismo che la caratterizza e la legittimazione su cui è costruita, consentono alla democrazia una grande flessibilità nei confronti dell'evento possibile e non prevedibile. Attraverso tradizioni e culture differenti l'Autore ricava modelli di decisioni politiche rivolte al futuro, analizzando anche alcune figure di matrice religiosa che diventano esempi di una sapienza secolarizzata.
Nel presente volume si propone l’espansione del modello della democrazia rappresentativa alla sfera della politica globale. Nell’epoca della globalizzazione sempre più i cittadini subiscono le conseguenze di decisioni prese oltre confine senza avere la possibilità di esprimere il proprio consenso o piuttosto il proprio dissenso. Come risposta a tale deficit di partecipazione politica negli affari internazionali, il libro sviluppa un progetto di democrazia globale che intende restituire voce politica agli individui e legittimità alle istituzioni pubbliche. Questa originale posizione è sviluppata attraverso una critica analitica delle più significative teorie pro e contro la democrazia globale. Le principali posizioni rivali (realismo, nazionalismo, civilizzazionismo e internazionalismo liberale) sono respinte sulla base della loro limitata capacità di inclusione democratica. Utilizzando una nozione di giustizia interazione-dipendente, tali teorie forniscono infatti un supporto ideologico cruciale all’esclusione che è tipica dell’attuale sistema internazionale. Contro tali paradigmi esclusivisti, il libro sostiene un modello cosmo-federalista che si presenta come inclusivo, multilivello e radicato. Il testo adotta una prospettiva interdisciplinare che unisce tre principali aree di ricerca: la teoria politica internazionale, le relazioni internazionali e la sociologia politica. All’interno di esse vengono analizzate le più importanti controversie sulle questioni politiche globali oggi al centro della discussione pubblica: la disputa etica sulla giustizia globale, il dibattito istituzionale sul sovra-nazionalismo e la discussione sulle lotte politiche transnazionali. Da questa prospettiva interdisciplinare deriva un testo che sarà di interesse per gli studenti e i ricercatori impegnati negli aspetti politici della discussione sulla globalizzazione e sull’ordine democratico globale.
Nel volume gli autori spiegano le ragioni, essenzialmente legate allo sviluppo dello Stato sociale, che sono all'origine della crescita del potere giudiziario nelle democrazie contemporanee. Mettono poi a confronto la situazione dell'Italia con quella di altri paesi, sia di "common law" (come USA e Gran Bretagna) sia di "civil law" (come Francia e Germania), individuando tendenze comuni e specificità nazionali. Formulano infine alcune proposte per l'Italia, tese a ripristinare una situazione più equilibrata, che riguardano il reclutamento e la formazione dei magistrati, il rapporto tra magistratura inquirente (i pubblici ministeri) e magistratura giudicante (i giudici veri e propri) la composizione e il funzionamento del CSM.
Che cosa significa difendere la democrazia oggi? Quali pericoli sta affrontando lo Stato di diritto? La visione che ci offre George Soros è quella, unica, di chi sa di essere il nemico pubblico per eccellenza dei sovranisti e populisti di tutto il mondo. Personaggio odiato e invidiato, è a capo di un impero finanziario colossale ma, allo stesso tempo, in prima linea per combattere le tendenze autoritarie a livello globale. Attraverso le sue fondazioni ha donato 14 miliardi di dollari per promuovere i diritti umani. Ed è diventato il bersaglio prediletto di movimenti antisemiti, complottisti, oltre che di Donald Trump, Viktor Orbán e Matteo Salvini. Oggi Soros vede a serio rischio anche le conquiste democratiche in Occidente. È tempo di reagire. Così, in queste pagine sferzanti, critica apertamente i suoi nemici, indaga una varietà di temi attualissimi - dall'uso delle nuove tecnologie come strumenti di controllo sociale, all'andamento dei mercati finanziari, al futuro dell'Unione europea - e ci consegna un distillato del suo pensiero a difesa dell'ideale di società aperta.
Il pamphlet è molto efficace nell'evidenziare tre derive o, se vogliamo, tre malformazioni della democrazia: Il libero mercato è chiamato a determinare la nostra organizzazione sociale e la democrazia ne sarebbe il suo frutto maturo. Povera democrazia! La democrazia è chiamata a trapiantare nel libero mercato una o più delle sue caratteristiche. Un effetto rigetto garantito! L'uguaglianza materiale sarebbe la vera ed esauriente democrazia, cioè la democrazia economica sostituirebbe la politica e aprirebbe così la porta alla sua cancellazione.
Parlare di "democrazia ecologica" significa discutere dell'esigenza di ricondurre all'ambito politico scelte e decisioni di natura tecnica che comportano rischi concreti per l'ambiente. Il volume analizza i presupposti teorici del liberalismo attuale e le difficoltà delle sue istituzioni ad affrontare le conseguenze del progresso tecnologico. Daniele Ungaro è professore associato di Sociologia politica all'Università di Teramo e professore incaricato all'Università di Trieste. Tra le sue pubblicazioni principali: "La transizione italiana. Analisi e interpretazioni sociologiche", "Localismo come cultura politica", "Capire la società contemporanea", "Il rischio ambientale", "Le nuove frontiere della sociologia politica".
In democrazia bisogna rinunciare alla verità pur di garantire la pace civile? Questo è il nodo cruciale, centrale per la filosofia politica, che Nida-Rümelin affronta nel volume. Negli ultimi anni la democrazia come forma politica e sociale, ma anche come forma di vita, è venuta a trovarsi chiusa fra un economicismo neoliberista e un nuovo fondamentalismo culturale: da un lato ha dovuto fronteggiare attacchi di fanatici motivati su base religiosa, o che si spacciano per tali, e dall'altro ha dovuto misurarsi con modelli economici che la considerano un presunto ostacolo sulla strada di un'economia mondiale dominata dai colossi di internet, dove tutti sono produttori e consumatori di beni e servizi scambiati a livello globale. Ci sono dunque soprattutto ragioni politiche per dedicarsi al ruolo della verità nella democrazia. Ma, poiché non esiste un metodo sicuro per separare le convinzioni vere da quelle false, che rimangono perciò sempre rivedibili, che cosa ci rimane allora? Altro non resta nella forma di vita eminentemente umana (Lebenswelt) se non affidarsi alla pratica quotidiana del dare e prendere ragioni - empiriche e normative - che sono certamente permeate dalla razionalità scientifica, ma non sempre con essa coincidenti. La tesi dell'autore è che la verità sia indispensabile in politica poiché senza di essa la democrazia perderebbe il suo volto umano e la sua base partecipativa.
"Non si capisce nulla del nostro sistema di potere se non si è disposti ad ammettere che al di sotto del governo visibile c'è un governo che agisce nella penombra... e ancor più in fondo un governo che agisce nella più assoluta oscurità... un potere invisibile che agisce accanto a quello dello Stato, insieme dentro e contro, sotto certi aspetti concorrente sotto altri connivente, che si vale del segreto non proprio per abbatterlo ma neppure per servirlo. Se ne vale principalmente per aggirare o addirittura violare impunemente le leggi... Del resto chi promuove forme di potere occulto e chi vi aderisce vuole proprio questo: sottrarre le proprie azioni al controllo democratico, non sottostare ai vincoli che una qualsiasi costituzione democratica impone a chi detiene il potere di prendere decisioni vincolanti per tutti i cittadini, se mai, al contrario controllare lo Stato senza essere a sua volta controllato." (Norberto Bobbio)

