
Un'analisi storica di ampio respiro che parte dal crollo della Prima Repubblica, dovuto secondo Follini all'immobilismo del sistema politico, e arriva fino alle questioni più rilevanti dell'attualità politica. Convinto assertore della democrazia dell'alternanza, l'autore esprime le sue preoccupazioni su un dibattito tutto gridato. Riconosce a Berlusconi il merito di aver aggregato un polo alternativo al centro sinistra, ma gli chiede di portare la sua maggioranza fuori da una concezione proprietaria delle istituzioni, neutralizzando l'estremismo di alcune sue componenti.
Il libro propone il sistema della corruzione e la storia di Mani Pulite nel racconto serrato di Antonio Di Pietro. L'ex magistrato, intervistato dal giornalista di "Repubblica", Giovanni Valentini, ricostruisce dall'inizio la vicenda che a sconvolto l'Italia e i suoi retroscena inediti.
"Il divaricarsi dei doveri rispetto ai diritti ha mandato il paese letteralmente in tilt." Bruno Tabacci racconta un'Italia dove la politica è soffocata dai conflitti d'interesse e chiusa in un bipolarismo 'muscolare' e ideologico; un'Italia strangolata dalle lobby, dallo strapotere delle banche e da una classe dirigente che non ha più risposte da dare.
La storiografia sulla politica di massa può essere scandita in un "prima" e un "dopo" George Mosse, uno storico divenuto celebre soprattutto per i suoi lavori sull'immagine dell'ebreo, sulla cultura dell'Europa occidentale e sulle origini intellettuali del Terzo Reich. Il peculiare approccio di Mosse emerge anche in questa nota e controversa intervista del 1979 su Aldo Moro, riproposta nel presente volume, con un ampio corredo critico. Mosse collega l'esperienza politica dello statista, la sua cultura, le sue analisi, i suoi problemi, alle grandi trasformazioni e sfide della democrazia occidentale, in particolare alla crisi del sistema di governo parlamentare che si è manifestata in tutta la sua gravità nel corso del XX secolo. Quella di Moro, spiega Mosse, era una reale consapevolezza della fragilità dei sistemi democratici contemporanei, strettamente legati alla necessità di tenere in considerazione le aspirazioni, le speranze, i miti delle masse. Ciò si era tradotto nell'elaborazione di una originale e personale soluzione alternativa, connessa a un'idea dello Stato come un processo, come qualcosa continuamente in fieri, un organismo sensibile ai mutamenti. Per Mosse, nel pensiero e nell'azione di Moro era costante la volontà di integrare e far partecipare quanto più possibile le masse italiane, di dare loro un senso di rappresentanza... Prefazione di Renato Moro. Nota critica di Donatello Aramini.
Il libro è una raccolta selezionata di articoli che Noam Chomsky ha scritto, a partire dal 2002, per "The New York Times Syndicate" commentando e analizzando la principale notizia del giorno. Sfidare il potere ed esporre le conseguenze globali della politica estera statunitense sono le ragioni alla base di questo libro. Nonostante questi suoi scritti abbiano avuto e continuino ad avere un'ampia risonanza internazionale, sono stati raramente riportati sui maggiori media statunitensi e non sono stati mai pubblicati sul New York Times. Il libro copre la maggior parte delle priorità nelle agende di politica internazionale: dalla presidenza Bush all'invasione dell'Iraq, dalla questione israelo-palestinese alla sicurezza nazionale fino ad arrivare alla minaccia nucleare. Gli articoli raccolti sono stati aggiornati con note dello stesso autore.
Un quarto di secolo dopo la caduta del Muro, i rapporti internazionali sono ancora in una fase di transizione, di assestamento, in presenza di una miriade di nuovi attori, statuali e non, legittimi e non, persino criminali. Una situazione confusa, inedita nella storia dell'umanità, ma non illeggibile; analizzata ed affrontata nell'urgenza, con delle scorciatoie mentali, politiche ed operative. Siamo invece sostanzialmente tornati alla casella di partenza. A quando, in particolare, nel 1945 con l'ONU fu riproposto quell''internazionalismo liberale' che da due secoli percorre l'Europa come un fiume carsico. Quel cammino è stato interrotto, non cancellato, dalla Guerra fredda. Si tratta ora di ritrovarne le ragioni e il metodo. Riproponendo anche quel 'modello europeo' che, per quanto offuscato, rimane esemplare.
Il concetto di "interesse" ha avuto una vicenda così rocambolesca che viene spontaneo chiedersi se esso possegga realmente una sostanza politica. Il volume affronta le tappe rilevanti di questo percorso: dall'origine dell'utile nel mondo antico all'incerta nascita moderna dell'interesse, dal cosmo degli interessi dell'Ancien Régime all'interesse di Stato, all'interesse nazionale, alla democrazia degli interessi. Filo conduttore della ricostruzione sono i conflitti fra interessi o i loro più o meno instabili equilibri.
È possibile oggi pensare un "modello italiano" per le politiche di integrazione, che tenga conto delle caratteristiche demografiche ed economiche, della storia e della tradizione culturale del nostro Paese. È il fatto nuovo che emerge dalle pagine di questo volume. Una "cultura diffusa" dell'integrazione già si manifesta spontaneamente nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle associazioni, negli enti locali. È tempo che essa permei anche lo Stato, e che una regia statale gestisca l'immigrazione, accompagni il passaggio dall'emergenza a opportune politiche di integrazione. È ciò che è accaduto a partire dal novembre 2011, con la creazione di un ministero per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione. "La nostra può essere una città migliore. Per chi viene da altre storie, per chi viene dalla nostra storia. Per chi costruirà, d'ora in poi, l'unica storia degli italiani di domani. C'è un gap da colmare, c'è una casa comune da edificare. Al di là degli umori, dei luoghi comuni, delle parole gridate o superficiali. Perché la realtà - ed è la realtà che ci viene presentata in questo volume - ci dice che i tempi sono cambiati, sono maturi, che è giunto il momento di passare dall'emergenza e dal silenzio all'integrazione" (dalla presentazione di Marco Impagliazzo). Contributi di Lorenzo Bini Smaghi, Gianpiero Dalla Zuanna, Umberto Eco, Andrea Riccardi.
Una valutazione dell'Europa con una visione spietatamente realistica del sistema che essa ha creato negli ultimi cinquant'anni. Klaus riconosce i possibili benefici derivati dall'integrare in termini strettamente economici il vecchio continente, ma spiega quello che per lui è stato il tragico errore dei fondatori dell'Unione: essi vedevano il vizio nelle entità-stato dell'Europa e la virtù nell'unione intercontinentale. Per il presidente della Repubblica ceca la soluzione sta in una profonda e sistematica trasformazione, simile a quella che egli sostenne agli inizi degli anni Novanta nel proprio Paese: propone una trasformazione sia del sistema socio-economico sia del modello di integrazione, tornando a un'economia di mercato e a un'attiva cooperazione fra i Paesi europei.
Il volume raccoglie i contributi presentati nel corso del Convegno internazionale dal titolo "Institutions, society and markets: towards a new international bilance", organizzato dalla Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontefice" e tenutosi il 4 e 5 maggio 2012 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha affrontato un tema particolarmente discusso dalla dottrina sociale della Chiesa, vale a dire i rapporti tra stato, società ed economia. Gli scritti qui raccolti mostrano come, per comprendere l'odierna crisi socio-economica, sia necessario allontanarsi da una visione strettamente economica e affrontare così il problema collocandosi nel contesto più ampio dei rapporti tra istituzioni, società ed economia. Il lavoro si inserisce nella collana "Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice" ed è rivolto a tutti gli imprenditori e i dirigenti cristiani, ma anche alle famiglie e agli studenti delle facoltà economiche.
La testimonianza di come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità, che si riunisce intorno a una motivazione di giustizia, vissuta sia in chiave cristiana sia civica, può davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. Nei comuni della cintura sud-ovest di Milano, si conta un bene confiscato ogni mille abitanti. È un dato che dice chiaramente quanto la presenza della criminalità organizzata è forte, reale, pervasiva. Una presenza che sottrae risorse alla comunità e impatta su tutti. Pensiamo alla fatica che devono fare tante aziende sane per competere con chi non rispetta le regole, anzi le infrange ricorrendo a minacce e violenza. Se da un lato la criminalità toglie, dall'altro i beni confiscati devono essere in grado di restituire, cioè diventare volano di solidarietà, inclusione, accoglienza. In primo luogo, restituire senso di giustizia. E per vincere davvero, lo Stato, inteso come comunità che vive e abita un territorio, deve essere in grado di far generare qualcosa di positivo da quel bene, mettendolo a disposizione di chi ha più bisogno. Ecco che cosa racconta Libera Masseria: un bene confiscato, oggi "liberato", che testimonia come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità possono davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. «Ecco cosa accade quando un sogno incontra la giustizia! E don Massimo è uno abituato a sognare in grande. Grande come un edificio in stato di abbandono che un giorno scopre esistere nel comune di Cisliano, cintura sud di Milano. Si tratta di un immobile appartenuto a una famiglia della 'ndrangheta, giunto quasi al termine di un processo di confisca e il cui destino è ancora incerto. Per fortuna, la consapevolezza dei problemi da affrontare non basta a scoraggiare le persone come don Massimo, né le centinaia di associazioni e gruppi impegnati nel recupero e nella riconversione dei beni mafiosi. Tutte queste realtà hanno capito una cosa fondamentale: l'importanza di mandare segnali di concretezza alle popolazioni colpite dalla prepotenza mafiosa. Segnali senza i quali tutti i discorsi sulla legalità, la responsabilità e la partecipazione civica rischiano di suonare sempre più vuoti e retorici. Questo è un libro che merita di essere letto, perché, nel raccontare una singola storia, ci parla di molte questioni cruciali dell'Italia di oggi.» (don Luigi Ciotti).