
Dopo aver sanato le ferite delle guerre e dei totalitarismi del XX secolo, la democrazia appare oggi fragile e vulnerabile mentre i suoi valori sembrano perdere forza e significato: ne sono prova le difficoltà crescenti dell'integrazione europea, il dilagare dei populismi, la contestazione delle élite, la Brexit, la sorprendente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma come funziona la democrazia? Come opera concretamente nella vita dello Stato, in relazione alle altre componenti dei poteri pubblici, in conflitto con la giustizia, l'autorità, l'efficienza, nella teoria e nella pratica del governo? Sono queste alcune delle domande a cui risponde Sabino Cassese, analizzando l'interazione tra l'elemento democratico dei sistemi politici contemporanei e gli altri elementi che compongono lo Stato, nonché tra la democrazia nazionale e gli ordini giuridici sovranazionali.
La politica ha invaso la televisione con un lungo, ininterrotto talk show; la televisione ha contaminato con la sua logica e i suoi linguaggi l'intera scena pubblica. Un'anomalia tutta italiana, non priva di conseguenze per gli attori e le forme della democrazia rappresentativa. Incrociando ricerca d'archivio e dati quantitativi, il libro ripercorre l'evoluzione del talk show politico puro, impuro e ibrido, analizzandone i meccanismi della "messa in scena" e gli effetti. Un percorso che inizia con la televisione pedagogica di "Tribuna elettorale" e "Faccia a faccia", procede con la deriva spettacolare di "Bontà Loro" e "L'Altra campana", per arrivare alle piazze di "Samarcanda" e "Milano, Italia", alla democrazia del pubblico di Funari leader e "Braccio di ferro", al racconto della seconda Repubblica proposto da "Porta a porta" e "L'Arena". Sino all'attuale ibridazione del talk show con la rete, esperimenti di una nuova scena pubblica orizzontale e democrazia digitale.
Con la preoccupante affermazione dei movimenti antiestablishment nelle principali realtà occidentali, tutte le iniziali diagnosi ottimistiche sulla tenuta delle democrazie liberali appaiono meno fondate. Per spiegare cosa sta succedendo, Giovanni Orsina rilegge le vicende dell'ultimo secolo individuando tre momenti fondamentali. I primi due - la trasformazione del rapporto tra Massa e Potere a partire dagli anni trenta e la cesura rappresentata dal Sessantotto, quando entrò in crisi l'idea che la Storia procedesse secondo una logica - sono comuni a tutto l'Occidente. I caratteri peculiari che rendono più grave la situazione del nostro paese vanno individuati, invece, nella svolta di Tangentopoli, con il trionfo dell'antipolitica. Da allora molte cose sono cambiate: basti pensare che, mentre dopo il 1992 la Lega Nord era il principale alfiere dell'antipolitica, oggi è il più vecchio partito in Parlamento. Siamo di fronte a un ulteriore passaggio: l'avanzata dei movimenti antiestablishment si salda alla crisi dei sistemi democratici. Se l'ultimo ventennio non ha visto sorgere proposte risolutive, cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?
La nostra democrazia è irriconoscibile. Senza una rappresentanza funzionante, senza partiti governanti, senza elettori partecipanti. Una democrazia senza. Al centro della scena politica resistono solo i leader, ultimo perno di comunicazione, mobilitazione e decisione. Avamposto sempre più isolato della frontiera pubblica occidentale. Ma può la democrazia sopravvivere solo come protesi e baluardo della leadership? Per rispondere, dobbiamo avere il coraggio di capire perché il re è ritornato nudo. E cosa ci aspetta, oltre l’ultima spiaggia.
Da oltre trent'anni l'Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni 'irregolari' delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi. Da tempo i presidenti della Repubblica si regolano come se fosse in vigore da noi la Costituzione della Quinta Repubblica francese, o forse pensano che sia ritornato lo Statuto Albertino: convocano 'qualcuno' che metta le cose a posto. Non possiamo non chiederci se, tra le cause immediate di questa deriva, non ci sia il disinvolto e reiterato ricorso alla cosiddetta 'unità nazionale' e al conseguente assembramento di formazioni politiche ritenute antitetiche ma destinate a perdere, nel corso di tali esperienze, larga parte dei loro connotati. È probabile che tutto questo si sia verificato sotto la pressione incalzante di costringenti strutture extranazionali in grado di imprimere una accelerazione. Ma il problema ineludibile che abbiamo di fronte è: a quale prezzo e con quale riassetto del nostro ruolo internazionale si sia prodotta una tale mutazione, e se essa sia irreversibile.
Da oltre trent'anni l'Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni 'irregolari' delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi. Da tempo i presidenti della Repubblica si regolano come se fosse in vigore da noi la Costituzione della Quinta Repubblica francese, o forse pensano che sia ritornato lo Statuto Albertino: convocano 'qualcuno' che metta le cose a posto. Non possiamo non chiederci se, tra le cause immediate di questa deriva, non ci sia il disinvolto e reiterato ricorso alla cosiddetta 'unità nazionale' e al conseguente assembramento di formazioni politiche ritenute antitetiche ma destinate a perdere, nel corso di tali esperienze, larga parte dei loro connotati. È probabile che tutto questo si sia verificato sotto la pressione incalzante di costringenti strutture extranazionali in grado di imprimere una accelerazione. Ma il problema ineludibile che abbiamo di fronte è: a quale prezzo e con quale riassetto del nostro ruolo internazionale si sia prodotta una tale mutazione, e se essa sia irreversibile.
Alla fine dell'Ottocento, in anni di profonde lacerazioni all'interno dell'Opera dei Congressi, Giuseppe Toniolo matura il suo pensiero politico e affronta la questione più delicata dell'epoca, quella della democrazia e della sua accettazione da parte dei cattolici. E lo fa spostando l'attenzione sugli aspetti etico-sociali della teoria democratica, partendo da una visione dell'uomo e della storia, che a ragione giudicava il vero fulcro di tutte le dispute della modernità. Il suo obiettivo polemico è quel positivismo materialistico e meccanicistico che tanta fortuna ebbe in quegli anni. Le accuse di scarso realismo, ancorché comprensibili alla luce della successiva evoluzione in senso istituzionale del pensiero democratico-cristiano, non potevano negare la validità del suo contributo. La sua è una vera e propria metafisica della democrazia, una coerente teoria dell'obbligazione politica e della legittimazione dell'ordinamento civile in chiave teleologica.
La Democrazia Cristiana, dopo cinquanta anni di attività e dopo la crisi di tangentopoli, da cui è stata investita, il 18 gennaio 1994 deliberò di sciogliersi e prendere il nome di Partito Popolare Italiano, assumendo l’atteggiamento di un partito di centro che guarda a sinistra. Il movimento, pur accogliendo gran parte della tradizione politico-culturale della DC risalente alla fine del 1800 e procedendo nel solco della dottrina sociale della Chiesa, era già spaccato in tre correnti, e tuttavia non è neppure mancata la corsa per inseguire inconsistenti iniziative, movimenti al di fuori di ogni immaginazione, alleanze incoerenti e talvolta anche incestuose. Francesco Squillace con il presente libro si è prefisso lo scopo di un sintetico excursus sulla sofferta, ma feconda presenza della DC dalle remote origini sino allo scioglimento, alimentata dal genio e dall’eroismo di eccezionali personaggi.
Il costituzionalismo rigido ha cambiato profondamente la natura del diritto e della democrazia, imponendo alla politica limiti e vincoli sostanziali, a garanzia dei diritti fondamentali costituzionalmente stabiliti. Oggi l'intero edificio della democrazia costituzionale è aggredito, come modello teorico e come progetto politico, dall'asimmetria tra il carattere globale dei poteri economici e finanziari e i confini ancora statali del diritto e della democrazia; dall'abdicazione al ruolo di governo della politica, tanto impotente e subordinata ai mercati quanto onnipotente nei confronti dei soggetti deboli e dei loro diritti; dal generale sviluppo dell'illegalità o peggio dall'assenza di regole sui poteri, sia pubblici che privati. L'espansione del costituzionalismo e la costruzione delle sue garanzie all'altezza dei nuovi poteri economici globali è perciò il compito principale della politica e la sola alternativa razionale a un futuro di disordini, di violenze, di disuguaglianze e devastazioni ambientali, oltre che di involuzioni autoritarie e antidemocratiche.
Il golpe in Cile rovesciò drammaticamente la democrazia nel paese sudamericano. L'evento è esaminato in questo volume dal punto di vista italiano, in particolare attraverso la posizione della Dc e dei suoi dirigenti più autorevoli: Fanfani, Moro, Piccoli, Rumor e altri. La Dc italiana coltivava da tempo un stretto rapporto con la cosiddetta Dc cilena e nonostante ciò non esitò a condannare con forza il golpe che aveva rovesciato Allende e a disapprovare senza sostanziali equivoci la posizione della Dc cilena sul golpe, per certi versi controversa, soprattutto in quei giorni di settembre del 1973. Questo continuando a difendere la propria funzione di partito promotore di democrazia e libertà in Italia. Una penisola segnata da conflitti sociali, attentati, tensioni, estremismi sia di destra che di sinistra nonché da scandali politici.
Sulla volta del Teatro Goldoni domina Marx. Sopra il suo ritratto, lo striscione: "Proletari di tutti i Paesi unitevi!". Il diciassettesimo Congresso del Partito socialista italiano si apre a Livorno il 15 gennaio 1921 e, dopo una settimana drammatica, si chiuderà con la scissione e la nascita del Partito comunista d'Italia. Siamo al punto di non ritorno: è vietato qualsiasi compromesso tra rivoluzionari e riformisti. Sembra passato molto tempo dalla presa del Palazzo d'Inverno, mentre sono trascorsi solo tre anni e poco più. Ma questa è un'epoca nuova: il secolo breve è cominciato e avanza molto velocemente. Mancano meno di settecento giorni alla Marcia su Roma. In una cronaca politica animata dalle voci di protagonisti epici - da Terracini a Turati, da Serrati a Bordiga, a Gramsci defilato e silenzioso - Ezio Mauro ricostruisce un capitolo fondamentale della nostra storia, che raccoglie in sé ideali altissimi di liberazione e riscatto, ma in cui sembrano tutti condannati dentro il perimetro delle loro divisioni, mentre il Paese sta per essere inghiottito dalla reazione che si fa dittatura. Da quella scissione usciranno due partiti che cambieranno per sempre la storia d'Italia, ma quanto accadde a Livorno dev'essere compreso: come un peccato originale, una tentazione ricorrente. Perché "altre dannazioni seguiranno, come sappiamo, nei cent'anni. Ma le occasioni perdute pesano, anche quando svaniscono gli errori e scompaiono i loro protagonisti".
Ci sono i beni privati e i beni pubblici, che sono da sempre al centro degli interessi degli economisti; e poi, però, ci sono i beni comuni. Questi beni, l'acqua che beviamo, la qualità dell'aria che respiriamo, le foreste, i pesci del mare, molti diritti di cui godiamo o dovremmo godere, il senso civico di chi paga le tasse, il clima di fiducia nel quale lavoriamo e viviamo, sono beni che stanno a metà tra beni privati e beni pubblici. Da questa loro natura "ibrida" scaturisce anche la loro fragilità. La più profonda trasformazione che la nostra società sta vivendo in questi decenni può essere descritta proprio come il passaggio dall'era dei beni privati a quella dei beni comuni. Nella dopo-modernità, la presenza dei commons è e sarà sempre più la regola e non l'eccezione, e la qualità del nostro sviluppo risulterà sempre meno legata alla quantità di beni privati consumati e sempre più alla quantità e alla qualità di "beni comuni" che riusciremo a preservare e valorizzare. In queste pagine l'economista Vittorio Pelligra mostra come sia possibile "curare le radici", mitigare le tragedie dei beni comuni a cui assistiamo continuamente, alleviare le patologie della fiducia, che prendono la forma di opportunismo, diffidenza e tradimento. Questa cura nasce dalle scelte e dall'impegno dei singoli ma per essere veramente efficace deve, necessariamente, trasformarsi in norme, leggi e istituzioni.

