
Transazioni economiche, flussi informativi, scambi culturali e connessioni emotive: lungo le autostrade del cyberspazio scorrono fiumi ininterrotti di byte che sono la matematizzazione del nostro ritmo vitale. Le tecnologie digitali stanno cambiando l’organizzazione della società e l’immagine che l’uomo ha di sé e della realtà. Se tutto avverrà secondo le attuali prospezioni si aprirà un’epoca di radicali novità nel nostro modo di essere al mondo e di relazionarci. Ne risulteranno potenziate non solo le modalità del comunicare, ma anche quelle dell’agire personale e sociale. Identità, informazione, privacy, virtualità: con un approccio transdisciplinare che non rinuncia al rigore metodologico gli autori tratteggiano i contesti odierni e prefigurano gli scenari futuri della postumanità.
Questo libro fornisce al lettore una serie di strumenti per acquisire la sensibilità metodologica necessaria all'analisi del web e dei nuovi media. A tale scopo presenta una ricostruzione dei percorsi storici degli Internet Studies particolarmente attenta alle questioni metodologiche (Tosoni) e una serie di approfondimenti tematici su quelli che oggi costituiscono i principali filoni di ricerca. Ciascun saggio inquadra storicamente il proprio oggetto di studio, approfondisce il rapporto tra elaborazione teorica e strumenti metodologici di volta in volta utilizzati, ed esemplifica i principali punti esaminati con la presentazione di una ricerca empirica. Vengono così affrontati i seguenti settori di studio: la 'domestication' e l'appropriazione dei nuovi media da parte degli utenti, focalizzando le esigenze di triangolazione metodologica (Vittadini); la convergenza e ibridazione mediale, illustrando le nuove forme di etnografia virtuale multisituata necessarie per leggerle (Barra, Tarantino, Tosoni); la politica in rete, chiarendo lo stretto legame tra opzioni teoriche - e ideologiche - e scelte metodologiche (Murru); il tema emergente delle folksonomy - i sistemi cooperativi di catalogazione dei contenuti tipici del web 2.0 - e i nodi problematici di ordine metodologico (Vergani); il marketing digitale e gli specifici approcci alla rete che lo caratterizzano (Paruzzi).
Nell'era delle tecnologie per la comunicazione gli acronimi e le sigle sono in continua evoluzione. Fino a qualche anno fa non si era ancora sentito parlare di web 1.0 e ci siamo dovuti confrontare immediatamente con la sua versione 2.0. Al di là delle considerazioni tecniche, dobbiamo fare i conti con questi continui e rapidi cambiamenti. Occorre capire quali sono le opportunità che la tecnologia ci offre per poterla utilizzare nel migliore dei modi, affinché non sia un fine ma un mezzo per migliorare il nostro modo di comunicare. Questo processo sta coinvolgendo in modo profondo anche le pubbliche amministrazioni nel loro percorso di rinnovamento interno e nelle relazioni con i cittadini e il sistema dei media. Comunicazione pubblica 2.0 significa pensare a un modo diverso di progettare, realizzare e gestire la comunicazione: non solo tramite l'implementazione e l'uso di tecnologie informatiche, ma anche attraverso un processo che metta al centro dell'agire pubblico la partecipazione, nuovi linguaggi e formati innovativi per coinvolgere cittadini sempre più digitali e consapevoli dei propri diritti.
Il rapporto tra "Corriere della sera" e televisione è una storia affascinante e curiosa, che prende le mosse negli anni Cinquanta, quando si comprende che la tv non va presa sottogamba e che occorre qualcuno che aiuti il lettore (e il quotidiano) a capire il nuovo mezzo di comunicazione. È un racconto tanto ricco di singolari aneddoti quanto generoso di spunti per comprendere la funzione di un'attività sulla quale gravano, fin dalle origini, non poche incomprensioni. Il percorso verso la definizione dei criteri su cui si deve fondare la critica televisiva è stato lungo e tortuoso: la lettura delle critiche apparse sul "Corriere", dal 1954, anno di nascita della tv italiana, fino alla fine degli anni Ottanta, apre un universo inesplorato che aiuta a comprendere come e quanto è stata importante la televisione e la sua evoluzione in Italia.
L'attentato alle Twin Towers è stato certamente l'evento più fotografato della storia dei media. Ma, paradossalmente, la stampa ha diffuso un numero molto limitato di quelle immagini. La copertura dell'evento da parte dei giornali americani è avvenuta principalmente attraverso sei immagini-tipo ripartite in sole trenta diverse fotografie. L'11 settembre permette di comprendere quali siano gli effetti della globalizzazione sulle rappresentazioni fotografiche dell'attualità. Nella loro rappresentazione mediatica, gli eventi di oggi assomigliano sempre più a quelli di ieri: la fotografia dei tre pompieri che issano la bandiera americana sulle macerie del World Trade Center sembra una citazione diretta dei sei marines che issano la bandiera a stelle e strisce sull'isola di Iwo Jima nel 1945; le nuvole di fumo alte sul cielo di Manhattan somigliano a quelle che salivano da Pearl Harbor dopo l'attacco giapponese. Gli eventi di oggi, nelle loro rappresentazioni mediatiche, somigliano sempre più a quelli di ieri. Insommal'11 settembre è il segno di una differente forma di globalizzazione che agisce in tutto il pianeta, non più solo orizzontalmente, ma anche verticalmente, lungo la linea della storia.
"Mainstream. Parola di origine americana che può voler dire grande pubblico, dominante, popolare. L'espressione ‘cultura mainstream' può avere una connotazione positiva, nel senso di cultura per tutti, ma anche negativa, nel senso di 'cultura egemonica'."
Come si fabbrica un bestseller o un prodotto che vada a ruba sotto ogni latitudine? Perché il popcorn e la Coca-Cola rivestono ormai un ruolo centrale nell'industria cinematografica? Perché trionfa il modello americano di intrattenimento mentre al contempo declina sempre più velocemente quello europeo? Come fa l'industria indiana del cinema, Bollywood, a sedurre così facilmente il mercato africano? E infine, perché i valori difesi dalla propaganda cinese e dai media musulmani ricordano così da vicino quelli della Disney?
Per rispondere a questi interrogativi, il ricercatore e giornalista Frédéric Martel ha condotto una lunga inchiesta che lo ha portato in oltre trenta paesi, da Hollywood all'India, dal Giappone all'Africa subsahariana, dal quartier generale di Al Jazeera nel Qatar fino alla sede del gigante messicano Televisa. Il risultato che emerge dalle oltre 1200 persone intervistate è inquietante: è cominciata la nuova guerra mondiale per il controllo dei contenuti. E al cuore di questo nuovo conflitto si situa proprio la cultura mainstream, la cultura che piace a tutti in tutto il mondo. Martel ci racconta questa storia con uno stile frizzante e coinvolgente, in cui finalmente compaiono i volti e
i retropensieri dei protagonisti di questa vera e propria nuova guerra mondiale, il cui esito andrà a disegnare il futuro dei grandi conglomerati dei media e l'immaginazione e le modalità progettuali non solo nostre, ma anche dei nostri figli.
"La distinzione tra culture non è più netta. Più che l'oggetto cambia lo sguardo, impegnato o disattento. E per un udito disattento si può usare Wagner come colonna sonora dell'Isola dei famosi."
Umberto Eco
Per Hegel «il giornale è la preghiera del mattino dell'uomo moderno». Oggi però la stampa sembra attraversare una crisi irreversibile: riviste e quotidiani chiudono, le redazioni vengono decimate dalle ristrutturazioni, i ricavi della pubblicità continuano a calare. Le cause sono diverse: l'avvento dei nuovi media, la gratuità della rete, i giovani che leggono sempre meno i quotidiani...
Tuttavia un'informazione libera, indipendente e di qualità, che sappia svolgere anche il ruolo di «cane da guardia del potere» e di punto d'incontro delle comunità, è un ingrediente indispensabile della democrazia. Senza di essa, diventa impossibile formare un'opinione pubblica competente e attiva.
Enrico Pedemonte ha studiato quello che sta succedendo nel mondo dell'informazione negli Stati Uniti e in Europa. Racconta la crisi della carta stampata e ne coglie le motivazioni più profonde. Valuta le differenze tra informazione generalista e riviste di settore, tra testate di impatto nazionale e d'interesse locale.
In questa fase di cambiamento rivoluzionario nel mondo dell'informazione, suggerisce che lo stesso concetto di servizio pubblico debba essere ripensato e rovesciato, consapevole del ruolo irrinunciabile del «quarto potere» e della sua importanza nella vita civile di ogni collettività moderna.
Alla fine, delinea l'identikit dell'«ipergiornale», quello al quale le migliori testate del mondo oggi cercano di assomigliare: un giornale nel quale la partecipazione dei lettori (che sono anche cittadini) diventa un ingrediente fondamentale.
Senza dimenticare l'emergenza che sta vivendo l'Italia, degradata da Freedom House tra i paesi «parzialmente liberi» per quanto riguarda la libertà d'espressione e i diritti umani, al di sotto di Ghana, Tuvalu e Nuova Guinea.
Le statistiche ci dicono che in Italia si legge poco, drammaticamente meno che negli altri paesi. Il 'lettore forte', come l'Istat definisce chi legge almeno un libro al mese, è una persona che non fa parte della maggioranza degli italiani, è fuori dalla 'norma'. E il futuro che si annuncia non sembra migliore. Le differenze per genere, fascia d'età, area geografica, livello culturale e sociale non solo si confermano ma si radicalizzano.
Giovanni Solimine analizza i numeri di questa incrollabile allergia alla lettura, riflette sul profilo di chi legge, sui suoi gusti e sui suoi stili di vita, confronta i dati del panorama del libro e dell'editoria con gli altri consumi culturali e delinea qualche possibile strategia per voltare finalmente pagina.
Perché, se la televisione è così potente, Berlusconi si è premurato di avere dei giornali che lo fiancheggino, e mostra di sapersene servire contro i suoi avversari? E perché Massimo D'Alema dice di preferire la televisione, con cui si parla a tutti, mentre la sua influenza sugli affari politici è dovuta soprattutto a messaggi in chiave affidati ai giornali, di cui pochi possono cogliere pienamente le implicazioni? Dal 18 aprile 1948 ad oggi spettacolarizzazione della politica e messaggi in politichese rappresentano le due facce della democrazia in Italia, dando luogo a fasi alterne e a volte combinandosi tra loro. Nella Repubblica dei partiti i "messaggi di fumo" di Aldo Moro e il suo lessico fatto di "convergenze parallele" e "strategie dell'attenzione" risultavano funzionali per evitare tensioni politiche e sociali. Negli anni Ottanta al pubblico di massa, passivo e indifferenziato, si sostituì un'audience segmentata e mobile. Ciò ha aperto la strada alla politica pop e a Berlusconi, che servendosi degli effetti di iperrealtà generati dai media si accaparra il consenso con annunci clamorosi e promesse ottimistiche spesso non mantenute. Ma con la crisi economica il pendolo torna ad oscillare. Dalla Repubblica dei media si tornerà indietro alla Repubblica dei partiti e ai suoi rituali?
Come vivere meglio con meno risorse? Come risparmiare. Questa che fino a poco tempo fa poteva essere una "libera" scelta, oggi, di fronte alla crisi economica, diventa una necessità soprattutto per chi, come l'autore, ha alle spalle una famiglia. Le circostanze ci impongono di modificare i nostri comportamenti, usando solo ciò che è veramente essenziale, per acquisire uno stile di vita migliore per tutti: per se stessi, per gli altri, per la salute propria e del pianeta. Un libretto di "istruzioni per l'uso", non esaustivo, forse, ma semplice ed autentico. Alla portata di tutti.