
Una carabina sgangherata, un manuale di tiro scritto in cirillico ("ma con molte illustrazioni"), un bersaglio perennemente occupato da una coppia di colombi che ha fatto il nido "nel posto più sbagliato della terra". Ma soprattutto tanta, tanta voglia di vincere. Il giovane Niccolò Campriani è uno studente d'ingegneria ma è anche il miglior tiratore "in piedi" mai nato nella storia del suo sport. Un predestinato. Nel giorno più importante della sua vita, alle Olimpiadi di Pechino del 2008, proprio nell'istante in cui sta per stringere tra le mani quello che ha sempre sognato, la medaglia d'oro, scopre di avere un avversario imprevisto e imbattibile. L'ultimo colpo. Quello decisivo. Il "blocco dell'ultimo colpo" si rivela un problema più grande del previsto. E per superarlo, Niccolò finisce per lasciare l'Italia e rifugiarsi in America. Lì, intraprende un viaggio dentro se stesso, alle origini dell'ambizione, alle radici stesse della propria essenza di uomo, tra i sogni di gloria e gli equivoci imposti da un ambiente e un paese, l'Italia, che non sa più vincere, ma neppure più perdere. Quattro anni di studio, allenamenti e riflessioni da "cervello in fuga", per scoprire infine che "tra il mirino e il bersaglio non c'è solamente aria e distanza", ma anche paura. Paura di fallire e di deludere gli altri e soprattutto se stessi. Paura, insomma, di dover fare i conti con la propria identità.
Per pochi anni, fino all'adolescenza, la vita di Pacem è stata serena. Nata in una famiglia relativamente agiata, ha potuto studiare nelle migliori scuole del Malawi, il suo paese. Ma tutto cambia quando prima la madre e poi il padre vengono portati via dall'Aids, una malattia che per ignoranza, pregiudizio e tabù, in quelle parti dell'Africa vale ancora come un marchio di infamia e come una condanna a morte. Da quel momento nella sua vita tutto prende una brutta piega. Si sposa con l'uomo che ama ostinatamente, ma che si rivelerà violento e infedele, oltre che assolutamente incosciente. Quando la seconda figlia, Melinda, ancora neonata, presenta sintomi preoccupanti, Pacem vede aleggiare lo spettro della sventura. Di nuovo, la sua vita e quella dei suoi figli è appesa alle due lineette rosse del test. Ma questa volta Pacem è decisa a lottare per se stessa e per i suoi bambini.
Per l'italiano medio come per quello colto, la figura e l'opera di Giuseppe Verdi potrebbero apparire un dato acquisito, parte integrante dell'identità nazionale. Forse, però, a duecento anni dalla nascita, non è più così. O forse l'immagine di un grande artista necessita comunque di un processo continuo di messa a fuoco. Sulla scorta di una ricerca internazionale che negli ultimi decenni si è dimostrata vivacissima, il libro di Raffaele Mellace propone una ricognizione completa del personaggio Verdi e del suo teatro musicale, con la sommessa ambizione di aggirare le secche del taglio tradizionale "vita/opere". La biografia verdiana è accostata attraverso la geografia delle città decisive per la vicenda dell'uomo e dell'artista, nel percorso politico tra Risorgimento e Unità, e nelle dinamiche della vita professionale e di quella privata. Il teatro di Verdi è discusso nel complesso dei suoi fondamenti estetici e drammaturgici e dei suoi riferimenti ideali, decifrato nel microcosmo abitato dai suoi personaggi, seguito dal primo all'ultimo titolo, senza tralasciare i lavori non operistici. Una serie di apparati completa il quadro dotando il lettore/spettatore di importanti strumenti d'indagine.
G. B. Shaw la ribattezzò "l'ottava meraviglia del mondo", fu grazie a lei che Rita Hayworth conobbe il principe Ali Khan e fu sempre lei a presentare Aristotele Onassis a Maria Callas. Pianista in una taverna, autrice di canzoni, proprietaria di due locali notturni a Parigi, consigliera di stilisti, attrice, giornalista di gossip, Elsa Maxwell è stata per due generazioni la confidente e l'amica dei più celebri nomi della società, della politica, del cinema e dello spettacolo del XX secolo. Insuperabile deus ex machina dello scandalo, in questo libro la Maxwell racconta con stile pungente e ironico una vita straordinaria, quella di una donna che creò dal nulla e con grande anticipo sui tempi la figura dell'organizzatrice di eventi mondani; una donna che conosceva principi, arrampicatori sociali, stelle, attori, imbroglioni e personalità di vario genere non soltanto come apparivano in pubblico ma, soprattutto, come apparivano in privato: vizi, debolezze e segreti vengono qui svelati senza rimorso ma anche con la cinica saggezza di chi sa come va il mondo. Un viaggio a ritroso nel tempo e nella storia del costume di un'epoca di figure leggendarie come Greta Garbo, Rita Hayworth, Sigmund Freud, Gary Cooper, Christian Dior, i duchi di Windsor, Charlie Chaplin, Albert Einstein, Marlene Dietrich, Winston Churchill...
"Un giorno di molti anni fa ho incontrato il Male: sembrava poca cosa, appena un leggero impaccio alla mano. E invece... malattia di Parkinson giovanile. Avevo trentasei anni e trentanove al momento della diagnosi. Ho 'dato fuori di matto' e ho fatto un mucchio di sciocchezze - proprio non ne volevo sapere! Eppure, eccomi qua, ventisei anni più tardi, con due elettrodi piantati nel cervello e due batterie sotto la pelle ma VIVA, fuori dal letto e in piedi." Lucilla Bossi è nata sotto una buonissima stella. Figlia unica di una bella famiglia milanese, è stata una splendida ballerina della Scala di Milano, in seguito una spensierata giramondo e infine sposa e mamma di Federico. Poi è arrivato quel maledetto giorno in cui la mano destra non riusciva ad arrotolare gli spaghetti nel piatto. Il primo sintomo, inequivocabile, di quello che qualche anno dopo le verrà diagnosticato: Parkison giovanile. Da quella terribile scoperta, Lucilla Bossi ha provato tutto e il contrario di tutto: sia luminari della medicina che icone della spiritualità. Una lunga via crucis che però ha avuto il merito di guidarla inconsapevolmente al centro più profondo del suo essere. Molto spesso i malati di Parkinson sembrano persone depredate dell'anima. Le spire della malattia li trasformano in gusci vuoti e tremanti, privi di quella scintilla vitale che sta nascosta dentro di noi. Lucilla Bossi non è riuscita ovviamente a debellare la malattia, ma si è tenuta l'anima.
Machiavelli o Niccolò Machiavelli è stato testimone e partecipe di avvenimenti e di sentimenti che segnano la nascita del mondo moderno: il tempo delle idee razionali e laiche dell'Umanesimo, delle arti e del "libertinismo" del Rinascimento e di irrisolte contraddizioni religiose e ideologiche. Teorico di un sistema politico di governo fondato sulle "equalità" sociali e su magistrature stabili, e con il sogno di una Italia unita e di uno Stato-Principe promotore e difensore del "vivere civile", Machiavelli è stato osservatore attento e appassionato della "crisi italiana" tra il Quattrocento e il Cinquecento e anche protagonista perdente e profeta disarmato di una Italia dilaniata dai conflitti interni, divisa e terra di conquista. Lucio Villari affronta i momenti fondamentali del pensiero di Machiavelli, le scritture letterarie, la vicenda umana. Una narrazione nel drammatico scenario del Cinquecento fiorentino, italiano, europeo.
Uto Ughi ha soltanto tre anni quando il suo primo maestro, l'amico di famiglia Ariodante Coggi, gli mette in mano un violino minuscolo, e glielo lega al collo perché non cada. Nasce cosi uno dei più grandi talenti musicali del nostro tempo, un esecutore dalla naturale e precoce attitudine a "tirar l'arco", che calca, ad appena sette anni, i palcoscenici dei teatri per i primi concerti in pubblico. Tuttavia questo libro non si limita a ripercorrere l'apprendistato del musicista, le lezioni con George Enesco, i concerti tenuti in tutto il mondo, i sodalizi artistici con i più grandi interpreti degli ultimi cinquant'anni. Questo libro ci svela un inedito Uto Ughi, un uomo che, lontano dai riflettori, ama la letteratura, i viaggi e la natura, il silenzio consapevole e i luoghi del mito, dove poter ritrovare se stesso. Capace come pochi di mantenere intatto nel tempo il rapporto con il pubblico, Uto Ughi condivide per la prima volta con i lettori i tesori accumulati durante il suo cammino professionale e umano, e mette insieme il racconto di una vita ricca di passioni.
Lilia è una giornalista. Sposata con un uomo violento e madre di due figli, un giorno decide di lasciare una Moldavia soffocata dalla povertà per cercare fortuna in Italia. Passata la frontiera illegalmente, presto si rende conto dell'impraticabilità del suo sogno: i suoi studi lì non valgono niente e l'unico lavoro che trova è come badante. Vorrebbe imparare i costumi e la storia degli italiani, ma la sera è esausta e non riesce a studiare. Può solo scrivere ai suoi figli in Moldavia, per sentirli crescere, raccontare loro "la vita dello straniero" e vincere cosi l'enorme solitudine che si porta dentro. Dall'avventuroso esilio dei nonni in Siberia alla disperazione di un giovane rumeno arrestato per sbaglio, la storia vera di Lilia si popola di personaggi memorabili: uomini e donne senza radici che vivono tormentati da una nostalgia senza fine. Dalla voce della protagonista, un romanzo che ha l'intimità di una lettera e la forza - e il coraggio - di raccontare l'Italia da una prospettiva tutta nuova.
Bernard Mandeville è stato a lungo interpretato come un mero provocatore, un irriverente osservatore dell'essere umano e della società, che con la sua satira pungente colpiva coloro che si ostinavano a vedere nell'uomo una creatura benevola e altruista. Generazioni di filosofi e di studiosi non hanno visto in lui altro che questo. Lo scopo di questo volume è quello di proporre una diversa chiave di lettura del pensiero del filosofo olandese, mostrandone gli aspetti più seri e meno votati alla satira. Nello specifico, l'interpretazione che viene qui presentata ruota attorno al rapporto tra ragione e passioni, cardine delle riflessioni non solo antropologiche e morali, ma anche economiche e politiche di Mandeville. L'uomo agisce guidato dalle inclinazioni, tra le quali dominano in assoluto quelle egoistiche. E la razionalità ne esce doppiamente sconfitta: da un lato incapace di governare e dirigere le azioni umane, dall'altro incapace di prevedere l'esito delle azioni presenti o di comprendere fenomeni complessi e a lungo termine, come la nascita, la costituzione e il funzionamento della società civile. Ed ecco che Mandeville rompe lo schema che pareva legare la concezione "negativa" dell'essere umano a una forma di governo e di gestione delle attività dello stato dispotica e repressiva, per consentire solo ai teorici delle virtù morali innate di sostenere idee più orientate verso il liberalismo. Perché non è teorizzando qualità morali o intellettuali innate nell'uomo che si apre la via verso una teoria politica o economica fondata sulla libertà, tutt'altro: dal pensare che l'uomo sia in grado di tracciare una linea tra bene e male, giusto e ingiusto, e dall'attribuire a chi governa questa capacità all'imporre questa visione in modo dittatoriale il passo è fin troppo breve. Mandeville adotta una prospettiva che ha ancora oggi da insegnare qualcosa: non solo non si arreca un danno sostenendo che l'uomo sia schiavo delle passioni e dotato di razionalità limitata, ma anzi, è su questa idea che si fondano le premesse teoriche per sconfiggere le visioni assolutiste.
La figura di Garibaldi ovvero l'incarnazione della contraddizione. Amato e odiato, celebrato e vilipeso, emulato e disprezzato; il susseguirsi e il sovrapporsi di opposti atteggiamenti testimoniano l'esistenza di diversi Garibaldi: c'è un Garibaldi "di destra" e un Garibaldi "di sinistra", un Garibaldi "nazional-fascista" e un Garibaldi "brigatista ante litteram". Ecco perché Mario Isnenghi prova oggi a rileggere la vicenda di Garibaldi alla luce del nostro contraddittorio e conflittuale presente. Il Garibaldi di Isnenghi, dunque, è innanzitutto il fondatore dello stato, capace di accettare pro tempore che lo stato sia monarchico pur non nascondendo di preferirlo repubblicano. E cento anni dopo, nel 1946, l'Assemblea costituente repubblicana segna la vittoria di Mazzini e di Garibaldi. In secondo luogo, Garibaldi è il fondatore dello stato con la partecipazione attiva e critica di cittadini non più sudditi, che si mobilitano e fanno politica. Garibaldi è infatti un grande internazionalista libertario, e non un semplice nazionalista. Ecco uno dei tanti lati in ombra che Isnenghi tratteggia in queste pagine: la portata internazionale e internazionalista di Garibaldi.
Miles Davis (1926-1991) è uno dei massimi protagonisti del jazz moderno e contemporaneo, e in senso generale di tutto il Novecento sonoro. Non c'è novità stilistica che non l'abbia visto fra i principali protagonisti, se non fra gli ideatori. Davis è stato un maestro della tromba, che suonava con lirismo incomparabile, e un improvvisatore di genio assoluto; un uomo dal talento sconfinato ma anche dal carattere difficile, ambizioso ed esigentissimo; un collezionista di donne bellissime e intense, ma anche una persona profondamente legata alle sue radici afroamericane. È stato un punto di riferimento della vita jazzistica, e più in genere musicale e sociale, dal dopoguerra all'epoca della collaborazione con Gil Evans e John Coltrane, dagli anni del jazz-rock alla sua finale assunzione in una sorta di pantheon mediatico. Questo libro è lo strumento ideale per carpirne i segreti, apprezzando tutte le sfumature del suo talento e della sua straripante umanità.
"Facebook non è stato originariamente creato per essere una società. È stato costruito per compiere una missione sociale: rendere il mondo più aperto e interconnesso", ha detto Mark Zuckerberg agli investitori in occasione del debutto in Borsa, nel febbraio 2012. Oggi sappiamo che l'operazione non è stata un successo, ma l'opinione del fondatore non appare cambiata. In questo ritratto di Facebook e del "billionaire boy" che l'ha creato, attraverso le parole dello stesso Zuckerberg e le opinioni di un selezionato numero di "commentatori" (amici, colleghi, critici, insider, ammiratori ma anche detrattori), George Beahm fornisce diverse prospettive su di lui e il social network più usato al mondo, con particolari dall'interno, strategie di business e "lezioni apprese". Dagli inizi ad Harvard ai rapporti, a volte turbolenti, con i soci; dai modelli ispiratori primo tra tutti Steve Jobs alle contraddizioni sulla privacy, fino allo "stile hacker" che ispira l'innovazione continua in azienda, il libro è una lettura per comprendere l'anti-conformista con la felpa al quale tutti abbiamo affidato le informazioni più personali (e qualcuno anche il proprio denaro).