
"Questo libro non vuole essere un amarcord. Una raccolta di pentimenti e rimpianti. Ma un contributo alla verità. Un appello a chi sa e non dice. Anche alla malavita. C'è qualcuno che sa. Autore di una lettera anonima. Non parla perché ha paura? C'è un lungo percorso di vita da inviato, dall'Africa alla strage di Nasiriya, alle più drammatiche vicende di cronaca. Ci sono le cene di Arcore, che non sono soltanto il bunga bunga. C'è il tradimento, la paura, l'omertà di chi sa, ma tace. C'è la riflessione di Moro, sull'isola di Gerba, quando temeva che qualcuno potesse fermare - e ha fermato - il suo progetto di un governo di centrosinistra. C'è il "tavolo" attorno al quale nasceva il buongoverno. Ci sono le storie tragiche attorno ai tavoli verdi del casinò. C'è un'intervista a Massimo D'Alema, che torna come fosse attualità".
In anticipo su larga parte del dibattito politico e giornalistico degli anni '70 e '80, Alex Langer ha proposto con originalità e forza i temi del limite dello sviluppo e della necessità di ribaltare il paradigma della crescita e dell'economia consumistica. Al motto olimpico - che per Langer simboleggia l'economia competitiva moderna - Citius, Altius, Fortius (più veloce, più alto, più forte), ha contrapposto i valori che dovrebbero fondare un diverso modello di sviluppo: Lentius, Profundius, Suavius (più lento, più profondo, più dolce). Di fronte a una crisi economica globale iniziata nel 2008 e ai rischi gravissimi dei cambiamenti climatici sul pianeta, le sue critiche a un modello di sviluppo energivoro e onnivoro e le sue proposte di una conversione ecologica dell'economia e della vita nel suo complesso sono oggi di grande attualità.
«Sono convinto che i nostri pensieri migliori sono proprio quelli che non riusciamo a pensare completamente» (Lettera del 29 Febbraio 1940 a Walter Benjamin). «La filosofia, quale solo potrebbe giustificarsi al cospetto della disperazione, è il tentativo di considerare tutte le cose come si presenterebbero dal punto di vista della redenzione. La conoscenza non ha altra luce che non sia quella che emana dalla redenzione sul mondo: tutto il resto si esaurisce nella ricostruzione a posteriori e fa parte della tecnica. Si tratta di stabilire prospettive in cui il mondo si dissesti, si estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparirà un giorno, deformato e manchevole, nella luce messianica» (Minima moralia. Meditazioni della vita offesa).
Quando l'Italia scoprì questa ragazzina dai capelli rossi tutta grinta ed energia, Rita Pavone aveva solo diciassette anni e una voglia infinita di cantare. Forse ancora più determinato era il papà, Giovanni, che continuava a iscriverla ai concorsi anche quando lei si era ormai rassegnata a lasciar perdere la musica per un lavoro più sicuro in una camiceria della sua Torino. La vittoria alla Festa degli Sconosciuti di Ariccia del 1962, organizzata dal futuro marito Teddy Reno, segna l'inizio di un percorso ricco di successi e soddisfazioni: le indimenticabili hit di Rita (La partita di pallone, Come te non c'è nessuno, Il ballo del mattone) sono entrate nella storia del nostro Paese, così come la sua interpretazione nel "Gian Burrasca" di Lina Wertmüller, le apparizioni in "Studio Uno" e "Stasera Rita!", quelle al cinema accanto ad attori del calibro di Totò e Giancarlo Giannini, quelle in teatro. Ma l'Italia è sempre stata troppo piccola per Rita, icona pop in anticipo sui tempi: ospite per ben cinque volte all'Ed Sullivan Show, ha riempito veri e propri templi della musica come la Carnegie Hall di New York e venduto milioni di dischi in tutto il mondo. E se mai ogni tanto si è fermata per un momento è stato solo per programmare nuove avventure e ripartire con più energia. In occasione dei suoi settant'anni, Rita ha voluto fare un regalo a se stessa ma anche a tutti i suoi fan: per questo ha ripercorso tutto d'un fiato le tappe della sua carriera.
"Ibsen, Shakespeare, Brecht..." Quando gli insegnanti del Centro universitario teatrale gli sottoposero una lista di autori da portare in scena, il giovane Luigi Proietti per poco non svenne: non ne aveva mai sentito nominare nessuno. Come tanti ragazzi cresciuti nella periferia della capitale, all'ombra del boom economico, Proietti pensava soprattutto alla musica e guardava all'America. Per lui l'unico palco era quello dei night club, dove suonava e cantava insieme agli amici di sempre. Si era iscritto per gioco a quel corso di recitazione, spinto dalla voglia di qualcosa di diverso: non poteva immaginare che quel "gioco" gli avrebbe cambiato la vita. Il "cantante dalla voce ritmico-melodica-moderna" dimostra subito una versatilità senza precedenti, un potenziale che esprimerà al meglio in "A me gli occhi, please" e negli altri one-man show scritti con Roberto Lerici, dei tour de force nei quali salta dal dramma al varietà lasciando il pubblico a bocca aperta. E in cinquant'anni di carriera Proietti ha conquistato generazioni di spettatori, contaminando la cultura "alta" e quella "bassa" senza pregiudizi. In "Tutto sommato" ci restituisce quella voglia di mischiare le carte in tavola, intrecciando le gioie della vita a quelle del palco e lasciando sempre sullo sfondo la sua Roma, città eterna e fragile, tragica e ironica, cinica e innamorata.
"Il ragazzo che si risvegliò uomo" è la storia di Martin, un ragazzino di dodici anni che un giorno tornò da scuola sentendosi poco bene. Rapidamente peggiorò, perse la voce, smise di mangiare, i suoi movimenti si fecero sempre più lenti e faticosi finché, nell'arco di un anno e mezzo, si ritrovò completamente immobilizzato, in stato vegetativo. Una sconosciuta malattia neurologica degenerativa aveva intaccato tutte le sue funzioni vitali. E sebbene la diagnosi fosse incerta, la prognosi non lasciava speranza. Ma contro ogni ragionevole aspettativa, dopo alcuni anni Martin riemerse dallo stato di incoscienza e cominciò a percepire il mondo intorno a sé senza però che gli altri se ne rendessero conto... Fino a quando, dopo otto lunghissimi anni, un'assistente molto attenta comprese che Martin era cosciente, e convinse i genitori e i medici particolarmente scettici a insistere con le terapie: da quel momento, lentamente, Martin si liberò della corazza in cui si era trovato imprigionato. Oggi, Martin ha ripreso l'uso della parte superiore del corpo e, benché non abbia recuperato la voce, grazie all'uso del computer ha potuto raccontare la sua storia, la storia di un'anima impossibilitata a comunicare con il mondo esterno e tuttavia presente a se stessa, ma anche la storia di un risveglio alla vita profondamente emozionante e commovente.
Il 10 dicembre del 1936 Edoardo VIII rinuncia al trono d'Inghilterra per amore dell'americana Wallis Simpson. Il nuovo sovrano è suo fratello "Bertie", Giorgio VI, padre di Elisabetta e Margaret. In quei giorni la piccola Margaret, che ha solo sei anni, chiede alla sorella maggiore: "Questo significa che poi diventerai regina anche tu?". "Suppongo di sì", risponde Elisabetta, improvvisamente molto seria. E Margaret commenta, candida: "Povera te". Quasi ottant'anni dopo, il 9 settembre 2015, la regina Elisabetta II ha superato il record del regno di Vittoria, durato 63 anni e 217 giorni, divenendo il sovrano che ha regnato più a lungo nella storia della Gran Bretagna. Vittorio Sabadin racconta la straordinaria vita di Elisabetta: la lunga storia d'amore con Filippo di Grecia, dal loro primo incontro, a bordo dello yacht reale, quando lui era soltanto un giovane allievo ufficiale della Marina e lei aveva appena tredici anni, sino ai festeggiamenti per le loro nozze di diamante (unici reali nella storia inglese a raggiungere il traguardo); il complesso rapporto con il figlio Carlo e con "la principessa del popolo", Diana; le relazioni, non sempre facili, con i capi di Stato stranieri e con i premier inglesi - memorabili i contrasti con Margaret Thatcher e Tony Blair. Una biografia curiosa e documentata, che intreccia i grandi eventi storici e gli aneddoti più intimi e personali, restituendo un ritratto spesso sorprendente della Regina.
Il fascino della visione di Keynes nasce dalla ricchezza di un pensiero capace di ricollocare l'economia in un vivo dialogo con la storia, la politica, la società, la filosofia. Keynes è stato il pensatore di un'epoca di crisi profonda. La Grande guerra, il crollo di Wall Street nel 1929, la Seconda guerra mondiale segnano drammaticamente il suo tempo. E la forza del suo messaggio non sta solo nell'offrire una spiegazione convincente delle cause storiche e politiche di quella stagione devastante. Sta nel rifiutare di rassegnarsi, nel continuare a cercare soluzioni concrete e sperimentabili, nel riaffermare l'idea scandalosa secondo cui la scienza economica non deve mirare al bene dei mercati ma al bene dell'umanità. Dopo Keynes la scienza economica sembra di nuovo avere perso di vista questa sua ragion d'essere non solo economica. Oggi tocca di nuovo a una crisi violentissima, di cui non vediamo la fine, il compito di riaprirci gli occhi sulla verità dell'economia. Viene meno ogni illusione circa le presunte virtù della "mano invisibile", che avrebbe dovuto condurre i mercati a uno spontaneo equilibrio e le ricchezze a un'armoniosa ridistribuzione. La "mano visibile" della politica torna ad apparire come un ragionevole e necessario contrappeso alla cieca autonomia dei mercati. E nel quadro di questo grande dibattito che va imponendosi con sempre più forza e necessità, Keynes torna a essere una guida indispensabile, per il nostro presente e il nostro futuro.
Napoleone fu figlio della Rivoluzione francese, e la sua straordinaria parabola è comprensibile solo in relazione a quell'evento, che egli a un tempo proseguì e liquidò. Il libro traccia un bilancio complessivo della figura di Napoleone stratega e statista, facendo il punto sulla sua azione politica e militare e su quel particolare regime autoritario-plebiscitario che fu il bonapartismo. Sono inoltre illustrate la dimensione europea dell'avventura napoleonica, le sue ricadute per l'Italia, e la fortuna che essa ha avuto nei due secoli successivi, nella cultura storica e politica come in quella letteraria.
Questo libro si può considerare la prima completa biografia politica di Alcide De Gasperi, la prima a tener conto, oltre che dei tanti contributi parziali e della memorialistica, di una ricchissima documentazione inedita degli archivi pubblici e dell'archivio privato di De Gasperi, solo in parte fino a oggi esplorato. Il resoconto copre tutto l'arco della vita di De Gasperi, iniziando dalla giovinezza nel Trentino austriaco, dalla formazione universitaria a Vienna, e dalla prima esperienza politica nel Parlamento austriaco. Seguono le pagine sulla Grande Guerra e sull'ingresso di De Gasperi nella vita politica italiana, che lo vedrà succedere a Sturzo alla guida del Partito Popolare. Dopo l'esilio vaticano nel Ventennio, con il dopoguerra la vita di De Gasperi si intreccia strettamente alla storia del paese. Divenuto presidente del Consiglio nel dicembre 1945, egli terrà costantemente quella carica fino al luglio del 1953. Sono gli anni in cui l'Italia fonda la nuova democrazia repubblicana, compie la sua ricostruzione, avvia un processo di riforme socio-economiche, getta le basi del suo sviluppo industriale, si inserisce nella rete delle alleanze atlantiche ed europee. Di questo processo De Gasperi è la figura direttiva centrale; Craveri ne analizza l'opera in tutti i suoi aspetti facendone emergere sia i successi sia le inevitabili contraddizioni.
Frutto di oltre dieci anni di studi e ricerche, ricco di documenti inediti e originali, rintracciati da Melania Mazzucco negli archivi veneziani, "Jacomo Tintoretto & i suoi figli" è la seconda parte del dittico che, col romanzo "La lunga attesa dell'angelo", l'autrice ha dedicato al grande maestro, passando così dalla libera interpretazione dei fatti e dalla dimensione fantastica dei personaggi all'indagine appassionata di una possibile verità storica. Prima importante biografia mai apparsa in Italia su Tintoretto, che torna oggi in una nuova edizione con uno scritto inedito dell'autrice, questa opera storico-documentaria rappresenta un vero e proprio monumento alla grandezza e alla complessità di un pittore immenso, inventore di sterminati teleri narrativi, affollati da centinaia di personaggi e animati da violenti chiaroscuri - un artista ambizioso e discusso, scorretto e devoto, colto e popolare, eccentrico e conformista, incalzato da un perenne furore creativo. In un dialogo continuo e attraverso un confronto serrato con le sue opere, Melania Mazzucco ricostruisce minuziosamente la vita del "più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura". Ma, accanto al protagonista, come in una delle sue tele brulicanti, dal buio della storia riemergono le figure dei suoi familiari: il padre, la giovane moglie Faustina, le figlie suore, i nipoti rinnegati.
«Lo spirito, il principio della natura, è più libero, è più inventivo, è più creativo, e io penso di non aver mai tradito questo principio»: sono parole dello stesso Luzi, che definiscono la centralità del tema della natura nella sua opera. Nel libro viene spiegato il significato che tale tema assume nell'intera produzione luziana, con particolare attenzione a quella poetica e saggistica. Attraverso un'attenta analisi, che mette in relazione la biografia dell'autore con la sua produzione, gli interessi filosofici con quelli artistici, si arriva a chiarire per quale motivo si possa parlare di "sistema". Lungi dall'essere un tema esclusivamente poetico, la natura diventa in Luzi lo spunto per l'elaborazione di un pensiero molto più articolato, dal quale nascono suggestioni attuali e particolarmente illuminanti per il prossimo futuro. L'intera opera luziana, infatti, proprio per la sua natura sistematica, sembra essere un invito a riscoprire il senso della natura e a non tradirlo.