
All'origine del tema sta per un primo lato un'impressione di questo genere: la predicazione della chiesa pare non riesca fino a oggi a proporre un'immagine del Signore proporzionalmente univoca; in tal senso essa manca di disporre l'antidoto necessario agli usi proiettivi, allegorici e in ogni modo arbitrari che della sua figura, sono fatti ad opera della religione soggettiva della stagione tardo moderna. Per altro lato, sta la persuasione che le acquisizioni della ricerca speciali-stica sui Vangeli abbiano ormai prodotto acquisizioni tali, da rendere virtualmente possibile un racconto della vicenda di Gesù abbastanza preciso, il quale potrebbe e dovrebbe costituire il referente indispensabile per la stessa confessione della fede in Lui. Che cosa manca perché questa possibilità sia di fatto realizzata? Quali sono le responsabilità proprie della teologia a tale riguardo? A questi interrogativi intendono rispondere i saggi qui raccolti.
Il "desiderio di Dio" è indubbiamente uno dei temi più classici della storia del cristianesimo e, forse, di ogni autentica esperienza religiosa. Eppure appare oggi come un tema piuttosto trascurato. Forse perché di Dio, in generale, si parla poco, ma forse anche perché molti - intimoriti più che istruiti da elementari nozioni di psicologia - si sentono in imbarazzo di fronte a una riflessione sul proprio desiderio, tanto più se accostato al nome di Dio. Si deve, però, riconoscere che le esperienze cristiane più significative e le pagine cristiane più profonde - in ogni epoca - hanno trovato proprio nel tema del desiderio di Dio la loro origine e il loro fine. È per questo che il Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, ha dedicato al tema una settimana residenziale di studio nel luglio 2005 a Marola (RE) e ora ne raccoglie in un volume gli atti. Bravi maestri hanno aiutato a ripercorre la questione e comprenderla illustrandone il contesto filosofico-culturale nella contemporaneità (Antonio Margaritti), ritrovandone le radici bibliche (Patrizio Rota Scalabrini), approfondendone la comprensione teologica (Alberto Cozzi) e rileggendone alcune esemplari esperienze di santi (Ezio Luca Bolis).
Il presente testo costituisce il quinto titolo della collana "Forum ATI", a cura dell'Associazione Teologica Italiana. In esso ci si occupa degli interrogativi che ruotano intorno alla questione dell'identità umana e alla sua relazione con quanto la circonda. Tale "questione" assume oggi in particolare un peso notevole in rapporto all'ostentato dominio della scienza e della tecnica, che intendono costituirsi come paradigma unico e universale nel farsi dell'umano, proprio della post-modernità. In questo contesto i diversi saperi si sentono impegnati a pronunciarsi autorevolmente intorno alla questione seducente dell'identità umana e tra questi non manca di farlo la teologia con uno stile di confronto-dialogo con quanti intendono dire l'umano, che si traduce nella molteplicità delle esperienze.
Il presente volume, è il risultato di un confronto appassionato e competente che viene da lontano e che ha visto confrontarsi nel 2009, studiosi di alcune Facoltà di teologia e di importanti Università italiane, interessati a chiarire il rapporto uomo-natura e scienza-fede. Gli anniversari darwiniani - nascita e pubblicazione de L'origine delle specie del 1859 - sono stati dunque l'occasione propizia per una discussione, che è irriducibile a mera celebrazione di Darwin e a scontata apologetica della fede, ma che ha attivato invece un corpo a corpo vigoroso e rispettoso tra la fede e la scienza. L'obiettivo della comune ricerca rigorosa e dello sforzo comunicativo attestati da questa pubblicazione è uno solo: render ragione, per quanto è possibile, della singolarità e dell'eccezionalità della realtà integrale dell'uomo che la scienza ha reso più problematica e per questo ancor più interessante.
Jean-Baptiste Saint-Jure (1588-1657), gesuita, tra i più significativi maestri spirituali del Seicento francese, fu direttore e scrittore a lungo apprezzato. Il presente studio, a lui dedicato, si propone di riscoprire un autore oggi quasi dimenticato attraverso l'analisi delle sue numerose opere, colmando così una lacuna nel campo degli studi di storia della spiritualità. Erede della tradizione ignaziana più consolidata, Saint-Jure ha saputo comporre in un insegnamento profondo ed equilibrato i riferimenti biblici, patristici e teologici più tradizionali con le istanze di rinnovamento proprie del suo tempo, accogliendole con prudenza e misura. La sua dottrina spirituale sottolinea costantemente la centralità dell'amore e dell'unione con Cristo, quale elemento caratterizzante l'esistenza di ogni cristiano, in qualunque condizione viva.
Il volume presenta gli Atti del XI corso residenziale del Centro Studi di Spiritualità di Milano, tenutosi nel luglio 2012 a Bienno (BS). Esso punta l'attenzione su ciò che, dai racconti evangelici, da Paolo e da altri ancora, costituisce l'aspetto cruciale del cristianesimo: la croce, la fede nel Crocifisso e la sequela del Crocifisso. Ora, sebbene questa verità non venga espressamente messa in dubbio, si avverte oggi il forte rischio di ridurre la croce a puro simbolo culturale, a mero repertorio e reliquia del passato della quale fare uso archivistico e museale o semplicemente espressivo. Qual è allora il valore della croce come simbolo e quale legame esiste fra questo simbolo esteriore e l'identità cri-stiana? Come riprendere e rivedere seriamente il valore della croce nell'esistenza cristiana? Rispondono a queste domande i saggi raccolti nel volume: per l'aspetto filosofico A. Fabris, per quello biblico R. Vignolo (vangelo di Giovanni) e F. Bargellini (letteratura paolina), per quello iconografico/artistico A. Montanari, per quello sistematico A. Cozzi e per quello spirituale (con riferimento all'e-sperienza di E. Stein) L.E. Bolis.
Il volume raccoglie il lavoro seminariale che ha coinvolto docenti e studenti della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale e dell'Università Cattolica di Milano. La prospettiva teorica all'interno della quale i vari contributi si dispongono può essere caratterizzata ad un doppio livello: da una parte si è cercato di evitare l'enfasi sulla categoria di "male assoluto", dall'altra di superare una certa interpretazione metafisico-ontologica che, accontentandosi di identificare nel male sempre e solo un non-essere, ha finito per perdere di vista l'ampiezza e lo spessore dell'esperienza che il soggetto compie attraversando questo "lato oscuro" della sua e altrui vita. Per quanto riguarda l'interpretazione metafisico-ontologica del male, i diversi contributi si sono sforzati di restare il più possibile aderenti all'esperienza del soggetto, e a tale scopo, anche quando si sono confrontati con alcuni dei momenti più alti della speculazione teologico-filosofica, non hanno mai abbandonato la via dell'analisi e della riflessione antropologiche.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno di Studio promosso dalla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrio-nale di Milano nel febbraio 2017. L'esperienza del male è una leva che scardina l'esistenza, perché ne mette radicalmente in questione il senso. Anche i tentativi razionalistici di ricondurre ad un ordine superiore l'ineluttabilità del male falliscono nell'obiettivo di comprenderlo come il non-dovuto per l'uomo. Tenere aperta la domanda è anzitutto una questione di fedeltà alla condizione umana, da indagare con rispetto e disincanto nei meandri del suo desiderio, fin nell'abisso dei fallimenti deliberati e subiti. La testimonianza della fede cristiana non offre una su-perficiale consolazione. Anzi, per certi versi significa una radicalizzazione del tratto scandaloso del male, perché lo mette sulla scena di un dramma che coinvolge Dio stesso. L'attestazione biblica genera una storia delle dottrine che l'intelligenza teologica è chiamata a ripensare in ordine al mistero della libertà, pericolosamente sospesa alla possibilità del suo scacco, e inauditamente esposta alla sovrabbondanza della grazia.
Sono evidenti i sintomi dell'irrilevanza della questione di Dio nella progettazione dell'esistenza personale e nell'immaginario collettivo della costruzione sociale. Come orientarsi all'interno di questo scenario? L'appello all'immanenza come richiamo all'effettivo dell'esperienza nel suo profilo originariamente morale viene raccolto come un'opportunità per riscoprire la lezione biblico-sapienziale circa la qualità teologica dell'agire umano. Anche dalla tradizione spirituale cristiana è possibile raccogliere la testimonianza di figure e modelli che rimangono emblematici per la nostra responsabilità di oggi.
L'attenzione agli indicatori dell'economia è notevole nel discorso pubblico e nel confronto politico. La trasformazione del mercato del lavoro, le nuove esigenze di welfare, le politiche monetarie sovranazionali, sono soltanto alcune sfide che coinvolgono certo le competenze dei tecnici, ma chiamano in causa ciò che ha la dignità di valere come bene comune. In questo spazio di immaginazione la teologia non
interviene con formule e modelli precostituiti, ma con una specifica sensibilità nei confronti del destino dell'uomo e dell'ambiente in cui vive.
Il libro raccoglie gli atti del convegno della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale del febbraio 2023.
"Credere", terzo volume della trilogia "Percorsi di umanizzazione", è costruito attorno ad una tesi semplice: non c'è umanizzazione e maturazione possibile senza la disponibilità ad accogliere le due sfide che la vita pone a tutti e a ciascuno: imparare ad amare e prepararsi a morire. Ma per rispondere positivamente a queste provocazioni occorre guadagnare una prospettiva in senso lato religiosa: essa aiuta infatti "l'accettazione dell'inaccettabile" -come scriveva Tillich, cioè aiuta ad accettarci per quello che siamo, a vincere l'angoscia per riposare nella fiducia. Questo terzo volume tratta dunque del credere e dell'esperienza religiosa in senso lato, come dimensioni umane tanto universali quanto costitutive e risorse preziose nel compito di divenire uomini e donne adulti. Una esperienza che non è monopolio delle religioni tradizionali, in quanto parte costitutiva dell'umano. Le religioni, da sempre, rivestono numerose funzioni psico-sociali: nella prima metà della vita e nella giovinezza della società contribuiscono alla strutturazione e stabilizzazione dell'Io e danno un fondamento alla socialità. Ma tale religiosità può degenerare, e questo succede quando la dottrina, il dogma, il principio etico, l'istituzione, divengono più importanti delle persone concrete e della loro sofferenza, e la "lettera" diviene più importante dello "spirito".