
Questo corso di morale fondamentale è caratterizzato da un’attenzione multidisciplinare alla storicità dell’agire e dall’apertura alla pluralità delle culture morali. E, soprattutto, l'autore si cura di salvaguardare sempre la necessaria oggettività dell’agire umano, pur all’interno di un contesto relazionale. Per questo riesce a offrire criteri e strumenti per operare il discernimento morale, alla luce della fede cristiana, nella complessità della vita di ogni giorno.
Descrizione
L’opera si presenta come un corso di teologia morale fondamentale caratterizzato da una particolare attenzione alla dimensione storica dell’agire, dall’esigenza di superare l’etnocentrismo aprendosi alla pluralità delle culture morali, dalla necessità di assicurare l’oggettività dell’agire sempre all’interno di un contesto relazionale. Quest’ultima caratteristica si estende anche a livello epistemologico, mettendo costantemente la teologia morale alla prova delle altre scienze (e viceversa). Lo studio intende offrire alla persona gli elementi necessari per operare il discernimento morale, alla luce della fede cristiana, nella complessità della vita di ogni giorno.
«Da qui un punto catalizzante l’intera riflessione: la rivalutazione della centralità della coscienza morale, apprezzata nella sua ricchezza che va oltre la semplice dimensione funzionale – quella di una macchina distributrice di giudizi e decisioni –, per assumere invece il ruolo di regia di tutta la vita morale. Non si deve affatto temere di sottolineare il potere della coscienza che determina la qualità morale dell’agire e integra l’universo degli elementi moralmente significativi sotto il dominio dell’esperienza della moralità personale. Infatti, più cresce la rilevanza della coscienza morale, più cresce la responsabilità della sua formazione, impostata a partire dalla consapevolezza reale e vissuta dell’importanza dei valori in quanto tali. Del resto, l’autenticità e la credibilità della norma sono determinate proprio dalla sua reale capacità di presentare il valore in termini di esigibilità morale incondizionata» (C. Zuccaro).
In breve
Una trattazione del tema centrale della teologia cristiana, l’escatologia, nella sua versione cattolica costantemente confrontata con la teologia evangelica, in dialogo con il pensiero ebraico e la filosofia contemporanea. Un libro su «la fine di tutte le cose» (Kant), nella sua dimensione individuale e universale.
Descrizione
«Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» (Prefazio I dei defunti): così la liturgia cattolica rievoca quel mistero della “trasformazione” (mysterium transformationis), profeticamente intravisto dall’apostolo Paolo (1 Cor 15,51).
Il presente studio si apre affrontando innanzitutto alcune questioni preliminari: la filosofia dell’ospitalità, il rapporto fra astrofisica contemporanea e riflessione teologica, la tensione fra apocalittica ed escatologia, le conseguenze dell’Illuminismo e della tragedia di Auschwitz sull’escatologia cristiana. In un secondo passaggio, configurando una sorta di escatologia fondamentale, l’autore affronta il tema del rapporto fra tempo ed eternità. Lo fa analizzando svariate posizioni filosofiche che influiscono – o potrebbero influire – su questo nodo concettuale di straordinaria importanza.
La parte centrale del saggio individua tre dimensioni decisive dell’oggetto di studio: Wohlmuth si concentra anzitutto sul linguaggio escatologico, precisamente dal punto di vista della sua qualità poetica ed estetica (escato-estetica); poi sulla dimensione logica e la rilevanza veritativa dell’escatologia (escato-logica); infine sulla questione dell’agire ultimamente responsabile di fronte alla morte, dell’agire verificato escatologicamente (escato-prassi).
L’ultima parte è dedicata a tematiche particolari: il morire e la risurrezione, l’alternativa fra inferno e paradiso come stati escatologici, la beatitudine eterna e la speranza nel compimento. Tali questioni sono affrontate nell’ottica della compenetrazione – o meglio del superamento – di escatologia individuale ed escatologia generale. Una volta ripreso il dibattito fra Ratzinger e Lohfink sulla “risurrezione nella morte” (una teoria escatologica che non ha pari nella storia recente della teologia), Wohlmuth approfondisce quell’approccio paradigmatico: ripensando sia la formula paolina che parla di “trasformazione” radicale, ossia di nuova creazione, sia il rapporto fra anima e corpo.
L’intero sviluppo del testo è contraddistinto da un confronto serrato con filosofi contemporanei come Heidegger e Husserl, ma soprattutto da un dialogo stimolante con pensatori ebraici come Buber, Rosenzweig, Benjamin, Adorno, Levinas, Scholem e Derrida.
In questo splendido libro trova posto una presentazione rigorosa e, per quanto possibile, sintetica della ricerca attuale sul Cristo e sulla sua nascita. Ma l'autore offre di più: una bella e solida riflessione meditativa in cui il teologo, superando una concezione ristretta del suo compito, condivide con il lettore e la lettrice la propria fede sul mistero che è al centro del suo studio.
"Come possiamo avere le idee giuste su ciò che va creduto con fede, se non abbiamo le idee giuste neppure sullo stesso atto di fede?", si chiedeva già Ugo di S. Vittore. In questo illuminante saggio di teologia fondamentale, Böttigheimer incentra la sua riflessione sull'atto di fede, allo scopo di elaborarne una teoria teologica sistematica, mettendo criticamente in discussione non solo il fatto di credere, ma la stessa fede.
L'autore affronta in termini inaspettati l'idea di Dio e la questione della sua verità, inserendola nel vivo del dibattito teologico contemporaneo. Analizzando con perspicacia la 'verità cristologica' di Dio così come emerge fra Primo e Nuovo Testamento, ed esaminando la storia della teologia trinitaria, dall'età patristica all'epoca contemporanea, Bertuletti giunge infine a prospettare uno schema sistematico radicalmente ripensato per una teologia trinitaria del XXI secolo.
Il percorso del libro prende avvio dalle 'sorgenti della fede', approfondisce il tema della comunicazione della fede ('la fede trasmessa') ed esamina poi la 'fede professata'. Alla celebrazione che attualizza nel tempo l'opera divina della salvezza è dedicata la sezione sulla 'fede celebrata', mentre della 'fede vissuta' si occupano i capitoli successivi. In un contesto pluralista quale è quello attuale è doveroso riflettere sulla 'fede in dialogo', non senza qualche specifico richiamo alla 'fede in cammino', e cioè al carattere sempre itinerante dell'atto di credere. A mo' di approdo il libro offre infine una considerazione sul 'sorriso della fede'.
"In questo mio libro", annuncia G. Lohfink, "intendo prendere sul serio il fatto che Gesù era un ebreo e che è pienamente vissuto in virtù delle esperienze religiose d'Israele. Egli, nello stesso tempo, ha anche portato tali esperienze religiose al loro traguardo e al loro compimento. Chi vuole realmente comprendere Gesù e che cosa egli fu non può fare a meno di lasciarsi coinvolgere in tale fede religiosa. Mi auguro allora che questo libro possa aiutare tanti uomini odierni ad accostarsi in modo critico, con discernimento e nello stesso tempo con fiducia e con animo aperto, al Gesù reale".
Differenziandosi dal classico "manuale", il presente volume presenta in modo puntuale e coerente i temi fondamentali dell'antropologia teologica: l'elezione (ovvero la predestinazione), la creazione, l'essere umano in quanto creatura, la grazia, l'essere umano in quanto peccatore, la sua giustificazione. Le pagine, appositamente pensate per l'insegnamento e per lo studio, sono scritte con un linguaggio che, senza inutili tecnicismi, facilita l'assimilazione del metodo e dei contenuti principali della disciplina. L'esposizione, evitando inoltre ogni ingenua e deleteria autoreferenzialità, tiene conto degli apporti delle scienze che studiano, secondo differenti prospettive, il mistero dell'essere umano.
Cosa vuol dire essere “cattolico”? Vuol dire praticare i sette sacramenti che accompagnano l’uomo dalla culla alla tomba, o affidare la propria salvezza a una gerarchia piuttosto che a novene, indulgenze e pellegrinaggi? No, questa sarebbe una caricatura. In realtà, il cattolicesimo non è una determinata dottrina cristiana né, tantomeno, una data organizzazione religiosa. Il cattolicesimo è un certo modo di vivere e di pensare il cristianesimo. È viverlo e pensarlo in termini di sacramentalità.
Descrizione
La sacramentalità, ossia la forma di pensiero sacramentale, è l’essenza del cattolicesimo: questa la tesi centrale del libro.
Se il cattolicesimo sta o cade con la sacramentalità – che, si badi, è ben di più del rozzo sacramentalismo – è indispensabile mettere a fuoco che la mediazione sacramentale poggia sulla distinzione (non sulla identificazione) fra il piano visibile e il piano invisibile, pur ritenendoli inseparabili. L’autorità di Cristo e l’autorità del ministero apostolico, la verità in sé e il dogma che la indica sono come il significato e il significante in un simbolo: distinti, ma inseparabili. Ecco perché la chiesa cattolica concepisce come sacramento non solo i suoi sette atti fondamentali, ma pure se stessa.
Karl-Heinz Menke prosegue però oltre. Se davvero l’essenza del cristianesimo va individuata nel principio di sacramentalità, allora bisogna riconoscere che al centro più intimo dell’identità cattolica, negli ultimi decenni, sono state inferte delle ferite più profonde di quelle dei tempi della Riforma protestante e dell’Illuminismo europeo. E questo soprattutto per due motivi: in ragione della cosiddetta postmodernità, qui intesa nella sua complessità; e anche a motivo di un ecumenismo irenico e superficiale, che chiude gli occhi di fronte alla differenza fondamentale esistente fra le confessioni cristiane.
La riflessione di Menke a proposito di questa sacramentalità sotto attacco (e a volte incrinata) non si limita al piano teorico e ideale, ma tocca anche temi di spinosa attualità. Si possono accogliere a cuor leggero le aperture di chi chiede di ammettere le donne al sacerdozio, di chi riduce l’eucaristia a banchetto conviviale, di chi relativizza l’indissolubilità del matrimonio e di chi vorrebbe trasformare la “chiesa dall’alto” in una “chiesa dal basso”? Chi non riconosce nella sacramentalità l’essenza del cattolicesimo, risponderà di sì e non vedrà in questo alcun rischio di perdere la propria identità. Il presente libro sostiene invece la concezione opposta: in termini, se necessario, volutamente provocatori.
Un libro sulla storia e la teologia dell'eucaristia che risulta autenticamente innovativo: nel metodo e nel merito. La messa viene analizzata saldando l'approccio della dogmatica (i contenuti teologici) a quello della scienza liturgica (la forma celebrativa), sicché proprio la loro unità risulta essere al centro della trattazione. Viene inoltre approfondito il significato dell'eucaristia a partire da una originale fenomenologia del dono, condotta sulla base degli studi più recenti.
A partire dal XVII secolo, il pensiero sulla creazione è stato in massima parte dominato da un teismo illuministico che concepiva Dio come principio quasi impersonale, privo di soggettività. Oggi, però, di fronte alla crisi ecologica è più che mai urgente che la razionalità teologica prenda in carico, secondo un nuovo profilo, sia il Dio di Gesù Cristo sia il mondo creato. Ecco allora che Christophe Boureux ridà un ruolo centrale alla sola nozione in grado di illuminare la scena: la creazione in Cristo, «primogenito di ogni creatura». Nei testi biblici il Risorto appare a Maria Maddalena in veste di giardiniere. Prende cioè la figura di quel Dio che, al momento della creazione del mondo, realizza un giardino e lo affida alle cure dei progenitori. Il giardino è un luogo di convivialità universale. E il giardiniere è chiamato a orchestrarne gli elementi, lavorando a questa convivialità: egli diviene così, in qualche modo, l'annunciatore della ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Boureux offre una riflessione stimolante sulla posta in gioco ecologica, spingendosi oltre l'abituale concetto di "natura": declinando il tema della "creazione" come paesaggio, egli dice l'instaurazione paziente di un'interdipendenza fra tutte le entità, destinate a dare il meglio di se stesse. L'umano non è né despota né amministratore del mondo, bensì ospite attento, scientificamente e moralmente riconoscente della convivialità di cui è responsabile. Straordinaria avventura intellettuale, questo libro, colto e raffinato, è destinato a sorprendere positivamente e a divenire complemento ideale al percorso suggerito dall'enciclica papale Laudato si' sulla cura della casa comune.
Moltmann qui si conferma essere il grande autore tedesco di fama internazionale, un pensatore di grandi capacità, sempre in grado di stupire, la cui originalità emerge in tutta la sua acutezza. Sul "Dio vivente" e sulla "pienezza di vita", di per sé, il teologo tedesco già ebbe a scrivere. Eppure qui la ripresa di tali temi apre a un esito del tutto nuovo, ancora più sentito. Così, nella prima delle due parti in cui il libro è articolato, l'autore vuole liberare il Dio cristiano dai ceppi delle definizioni metafisiche: Dio è immutabile? Dio può soffrire? E, contemporaneamente: quello annunciato da Gesù Cristo è l'Onnipotente o si tratta forse di un Dio che ritrae la sua forza per lasciare spazio di libertà agli esseri umani? La seconda parte del libro si apre, poi, come un fiore, descrivendo l'esistenza umana nella pienezza della vita di Dio e raccogliendo le diverse considerazioni nel segno di una frase di Atanasio: «Il Cristo risuscitato fa della vita una festa senza fine». Proprio in questo contesto di riflessione emerge anche un piccolo gioiello: un ricordo autobiografico legato a Ernst Bloch e alla sua «verità come preghiera».