
"Una delle questioni scottanti, in vista della II Assemblea del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2024), è quella dell'accesso delle donne al ministero ordinato. In che misura l'"assenza di autorità", che la Chiesa ha riconosciuto a se stessa, può essere pensata per includere, anziché per escludere? Lo sviluppo recente della questione - in presenza di nuove evidenze antropologiche e culturali, che condizionano in radice la verità teologica - ha visto cambiare radicalmente il terreno delle giustificazioni ufficiali dell'"impedimento". Di fronte a ciò, in questo volume si è chiesto ad una serie di esperte ed esperti di valutare gli argomenti proposti dai documenti magisteriali pubblicati dal 1976 al 2018, con analisi di ordine esegetico, patristico, giuridico, ecclesiologico, simbolico e sistematico. Un esame critico e una rilettura dinamica di questi sei ambiti costituiscono la premessa necessaria per un cammino sinodale che sia capace di operare un discernimento significativo e una apertura fondamentale a un "oltre", in vista di una... traduzione della tradizione." Prefazione di Marinella Perroni.
In questo lavoro l'autrice propone una specifica e inedita interpretazione del senso del diaconato, non senza offrire un'ampia panoramica storica, dalle origini al Vaticano II. Restituito dopo secoli di oblio come grado autonomo e permanente, il diaconato sollecita la Chiesa a riconsiderare la teologia complessiva del ministero ordinato, decostruendo il modello tridentino di leadership clericale e promuovendo una chiesa sinodale e missionaria. In più, spinge la Chiesa a estendere la propria presenza oltre le strutture ecclesiali, raggiungendo i luoghi di lavoro e di vita familiare: i diaconi sono coinvolti nella vita ordinaria (spesso coniugati e con figli, svolgono una professione, intrattengono relazioni di amicizia e di vicinato...), sicché il loro annuncio può avere il sapore delle gioie e delle fatiche del quotidiano. In definitiva, l'agire pastorale dei diaconi - e in futuro, si spera, della diacone - introduce nuove voci, nuovi linguaggi, nuove prospettive sulla realtà: favorisce lo sviluppo di quello stile di servizio che deve qualificare l'intera comunità, non solo alcuni singoli. Noceti, così facendo, apre criticamente la riflessione all'oltre, a un di più decisivo. Una affermata specialista internazionale del tema offre una sintesi e apre a nuove prospettive per la teologia e la pastorale.
La nuova cultura visuale ha ricominciato a occuparsi della funzione sociale delle immagini e, altresì, del loro potere simbolico. Le immagini non si limitano a rappresentare la realtà e a esprimere significati, ma si spingono oltre: producono effetti. È un loro tratto intrigante, tutto da esplorare. La posta in gioco diviene chiara ripercorrendo le tappe dell'antico dibattito cristiano sulle immagini sacre, racconto sostanzialmente rimosso dalla Storia dell'Arte. Zanchi svela da par suo l'istanza teologica che alimenta la diatriba a cavallo fra VIII a IX secolo. Quando accedono nella pretesa di mediazione del divino, le immagini sacre si trasformano in idoli e si allontanano dal necessario legame della verità di un'esperienza con la parola che la rende autentica. Immagine, parola e sacramento - i tre termini che, a seconda dell'equilibrio che si stabilisce, distinguono "idolo" da "icona" - ritornano in auge nel contesto dell'attuale imperativo estetico e del suo crescendo infomediale. Lì, ancora una volta, immagine e parola si contendono il campo della mediazione simbolica, svolgendo una funzione fatta di realismo-ed-efficacia che era sempre stata, in realtà, quella del sacramento. La lotta fra iconoclasti e iconofili riguardava, più che la liceità della rappresentazione del divino in figura, un potere di mediazione che le icone stesse contendevano al sacramento. E quel nodo risulta emblematico anche per noi, dato che oggi «l'immagine è tutto». Una raffinata interpretazione del potere sociale delle immagini.
Al cuore di questo lavoro è incastonata la coscienza, vista come esperienza complessa e dinamica influenzata da percezioni sensoriali, impulsi affettivi e interazioni con l’ambiente fisico e virtuale. Voltolin esplora come i media digitali stanno trasformando noi e il modo in cui viviamo e percepiamo le cose, nella quotidianità ordinaria così come nella vita spirituale. Tecnologie digitali e realtà virtuale, concepite come un’estensione del corpo e delle capacità umane, amplificano le esperienze sensoriali e offrono nuove forme di interazione con il mondo e con il trascendente: permettono esperienze immersive che coinvolgono profondamente corpo, mente e spirito. La nostra coscienza, allora, può estendersi oltre i limiti fisici. Ciò in fluisce anche sull’esperienza religiosa, perché i linguaggi digitali possono arricchire la nostra spiritualità, permettendoci nuove modalità di preghiera e contemplazione. Infine Voltolin esplora la coscienza come esperienza vissuta. I media digitali facilitano una comprensione più integrata della coscienza, intesa come un flusso continuo tra percezione, emozione e pensiero, e superano la separazione tra soggetto e oggetto, trasformando l’interazione tra coscienza e realtà.
Giubileo fa rima con indulgenze. O, meglio, faceva rima. Oggi comprendere le indulgenze non è affatto facile. Vuote apologie e semplificazioni riduttive sono all'ordine del giorno. L'oggetto stesso dell'indulgenza, ossia la "remissione della pena temporale", mette a dura prova la nostra intelligenza di cattolici, sicché spesso per toglierci d'impaccio ripieghiamo su qualche richiamo alla preghiera per i defunti o alla misericordia di un Dio che perdona senza misura. Di qui è nato il progetto di questo libro, che vuole parlare a tutti: ai dotti come ai curiosi. E lo fa mediante una struttura agile e diretta: i due curatori hanno rivolto domande a sei esperti, scelti sulla base delle loro diverse competenze. Le risposte, senza troppe citazioni in nota, aiutano a elaborare una comprensione critica della tradizione e soprattutto a rivedere oggi l'indulgenza, inserendoci nell'alveo di una riscoperta del "processo penitenziale". Un dibattito sereno e dialogato sulle indulgenze può e deve fare nuova luce: per evitare i tanti equivoci e per sciogliere i troppi enigmi.
La presente opera di Küng sulla giustificazione si colloca nella linea del dialogo tra teologie di diverse confessioni. La prima parte del volume mira a una lettura obiettiva di K. Barth; la seconda parte è lo sviluppo della dottrina cattolica sulla giustificazione fondato su una penetrante analisi delle definizioni e dichiarazioni infallibili del magistero.
L’opera, ormai collaudata in campo internazionale, è una organica trattazione ecclesiologica che si articola in cinque parti: 1. La Chiesa reale; - 2. Sotto il Regno-di-Dio che viene; - 3. La struttura fondamentale della Chiesa; - 4. Le dimensioni della Chiesa; - 5. Il servizio nella Chiesa.
La 'Teologia della speranza' offre una miniera di informazioni e di critiche: di ogni questione dibattuta l'Autore presenta un'ampia rassegna storica e, attraverso una analisi critica delle posizioni dei teologi che l'hanno preceduto, egli apre un varco alla teologia della speranza.
Dalla quarta di copertina:
Nel momento in cui si rendevano palesi le crepe e la crisi del mondo borghese dell'epoca moderna e si facevano avanti nuove idee rivoluzionarie, veniva riscoperta anche l'escatologia biblica. È stata l'opera di uomini come A. Schweitzer, J. Weiss e F. Overbeck. Ma ci volle del tempo prima che le nuove impostazioni esegetiche e storiche potessero affermarsi in teologia sistematica. Nei grandi progetti di Barth e Bultmann, ma anche di Rahner e di Balthasar, l'escatologia biblica è ancora irretita in categorie astoriche. Solo la teologia più recente ha operato il tentativo di affrontare di petto la struttura-di-speranza della fede cristiana.
Il documento più significativo di questa svolta della teologia contemporanea – svolta che le imprime un orientamento 'politico' – è Teologia della speranza di Jürgen Moltmann. Il recupero della dimensione escatologica e della struttura-di-speranza della fede cristiana avviene in costante dialogo con i grandi filosofi e tologi dell'epoca moderna e contemporanea: Hegel, Marx, Bloch, Barth, Bultmann, Pannenberg.
Ernst Käsermann ha scritto. «Il libro di Moltmann rappresenta la conquista di una posizione avanzata, attestata in un continente inesplorato e quasi inaccessibile, e il segno di una nuova problematica che va delineandosi e va investendo tutto l'impianto della teologia».
A vent’anni dalla prima pubblicazione, esce l’edizione del quinto centenario dell’America Latina, che si presenta come edizione rivista e corretta con una nuova stimolante introduzione dal titolo ‘Guardare lontano’.
Il volume si prefigge due obiettivi: offrire un contributo sia alla cristologia in generale che alla comprensione teologica della filosofia hegeliana in particolare.
I saggi moltmanniani qui riuniti documentano il sorgere della teologia della speranza e le applicazioni, soprattutto in campo prassistico ed etico, che Moltmann è andato svolgendo dal tema della sua opera maggiore ‘Teologia della speranza’.
Moltmann si è occupato della teologia della croce fin dagli inizi dei suoi studi teologici; egli ritiene che il filo conduttore del suo pensiero teologico sia appunto questa teologia della croce. Anche Teologia della speranza – apparsa nell'edizione originale nel 1964 – era prospettata in termini di una eschatologia crucis. Se in Teologia della speranza Moltmann dialogava con la filosofia della speranza di E. Bloch, ora gli interlocutori sono la «dialettica negativa» e la «teoria critica» di Th. W. Adorno e di M. Horkheimer, ma anche le esperienze e le prospettive della prima teologia dialettica e della filosofia esistenziale e della teologia ebraica dell'Olocausto; in una parola: le moderne tematizzazioni della sofferenza del mondo.